sabato 19 febbraio 2011

PER CHI VOTA SIMENON?

Conservatore o scettico egocentrista? Simenon non amava certo la politica, lo abbiamo già visto. Le sue performace giornalistiche a La Gazette de Liège  (questa sì conservatrice, anzi di destra) erano in linea con il giornale e venivano fuori da quel bouillon de culture, dal sapore conservatore, cattolico, con un pizzico di razzismo, condito con una buona manciata di moralismo e abbondantemente spruzzato di perbenismo.Ma quel Simenon aveva 17/18 anni. Una volta a Parigi, iniziato il suo percorso letterario e maturato dalle eserienze della vita, lo scrittore prende le distanze dalla politica, almeno a parole, e per esempio fà dire al suo Maigret (talvolta suo ...portavoce) "... sono felice di non aver mai dovuto districarmi nella politica...   oppure "io odio la politica" (Quand j'étais vieux 1970).
Anche un semplice atto come l'adesione ad una petizione, lo trovava dubbioso ed esitante. Come quella volta che era tentato di firmare per accordare il diritto di diserzione ai soldati francesi spediti in Algeria. Ma al dunque si tirò indietro, sospettoso e diffidente. "...Beh, prima di tutto non sono un francese - diceva a sé stesso Simenon - e poi provo un disagio davanti a certe strumentalizzazioni anche delle idee più nobili...".  E stigmatizzava "l'uso della politica per affari loschi e le mani sporche che bisognava stringere durante certi cocktail".
Ma la politica finì per interessarsi a lui. E fu quando, nel dopo-guerra, il Fronte di Liberazione Francese aprì un dossier-Simenon per i rapporti (e gli affari, vendita dei diritti per lo sfruttamento dei suoi romanzi per diversi film) che lo scrittore aveva concluso durante la guerra con la casa di produzione cinematografica Continental che, prestanomi francesi a parte, dipendeva addirittura da Joseph Goebbels. L'ombra del collaborazionismo aleggiava sopra di lui anche perché questo rapporto con la Continental, non gli aveva fruttato soltanto denaro, ma anche un lasciapassare in un periodo in cui nella Francia occcupata, anche spostarsi era un problema serio. Insomma la sua scelta professionale era stata in definitiva anche politica e le possibili conseguenze da una parte preoccupavano talmente Simenon che si ammalò gravemente (patologia psicosomatica?) e dall'altra lo spinsero ad iniziare i preparativi per la sua "fuga" dalla Francia, nei lontani Stati Uniti dove avrebbe poturo riprendere una vita nuova e senza più angosce... senza più dover pensare alla politica.
E quando tornò dagli Usa, andò a stabilirsi nel Paese più apolitico che esistesse in Europa: la Svizzera

venerdì 18 febbraio 2011

SIMENON: BELGA O FRANCESE?

Posta in questi termini la questione è chiara. Da un punto di vista della cittadinanza Simenon é nato a Liegi, da genitori belgi e anche dopo diversi anni che era in Francia rifiutò la nazionalità francese. Quando poi nacque Marc, il suo primo figlio, andò a Bruxelles perché la moglie lo partorisse in Belgio. E per altro quando Simenon decise a 19 anni di lasciare Liegi, il suo lavoro da giornalista a La Gazette de Liége, la madre, il fratello e una promessa sposa, non lo fece  perché gli piacesse Parigi, ma perché la città era allora la capitale internazionale della cultura e chiunque, musicista, pittore, poeta, scrittore che fosse ne era attratto inesorabilmente e lì aveva molto più chances di raggiungere i proprio traguardi.Ma, come ci fanno notare diversi studi critici, la società che Simenon ci racconta nei suoi romanzi, come in Maigret, è essenzialmente una società francese, parigina o provinciale ma sempre francese. Anche quando visse dieci anni in America, molti dei suoi romanzi facevano riferimento alla Francia, alla sua cultura, alla sua atmosfera. Insomma come scrittore è senz'altro francese e questo non vale solo per i romanzi, ma anche la sua attività giornalistica che si espresse in parte maggioritaria su quotidiani e periodici frnacesi.
Certo non ruppe mai il suo cordone ombelicale con il Belgio, ma la sua scelta di residenza dopo la Francia, furono gli Stati Uniti e infine, al rientro in Europa, la Svizzera. Certo ci sono romanzi, e anche famosi, ambientati a New York (Trois chambres à Manhattan 1947) o a Tahiti (Touriste de bananes 1937), come pure Maigret che indaga anche lui a New York oppure in Olanda. Ma nel complesso il suo iter formativo letterario si era compiuto in Francia, era cresciuto con editori francesi e, anche se come Simenon stesso diceva nei suoi scritti era alla ricerca dell' homme nu, cioè dell'uomo libero dalle sovrastrutture e dai condizionamenti cuturali, razziali, nazionali, non poteva comunque sottrarsi alla sua formazione prettamente francese. Per esempio anche quando viaggiava si presentava sempre come francese e in Quand j'étais vieux (1970 scriveva "...la Francia, il paese che mi è più vicino" oppure " ...Io non sono francese. Non abito nemmeno in Francia. Quando ne parlo però dico, quasi senza accorgermene, chez nous...

giovedì 17 febbraio 2011

SIMENON. FACILE SCRIVERE?... BASTA UN RITUALE E UN PROCEDURA?

Abitudine. Ripetitivita delle azioni. Oggetti indispensabili per il rituale. Ogni volta che si verificava l'evento. Cadeva in état de romans e poi piano piano scattava il rituale. Così lo descrive Simenon nel suo libro autobiografico Quand j'étais vieux (1970)."Ieri, verso le 15.45 mi sono sistemato in questo stesso studio, il "Do not Disturb" alle due porte, il caffè accanto a me, quattro dozzine di matite nuove accuratamente appuntite, un blocco altrettanto nuovo di carta grigiastra e la busta gialla con i nomi, l'età, gli indirizzi dei miei personaggi - una pila di orari del treno... Tende chiuse, macchina per scrivere e pipe ben pulite... In definitiva, una routine che ha finto per divenire una sorta di superstizione...". Detta così sembra facile, vero?

SIMENON, MATRIMONIO E LA LIBERAZIONE DELLA DONNA

In un'intervista del 1971 al settimale scandalistico Noir e blanc  il quale titola in copertina A bas le mariage, vive la liberté, Simenon si lancia in una serie di affermazioni che riguardano la donna, il matrimonio, la parità uomo-donna e la sua emancipazione. Spira ancora forte il vento del '68 e del femminismo. E lo scrittore, considerato un maschilista, per il suo "disinvolto" rapporto con mogli, amanti, prostitute (di cui per altro aveva un alta considerazione) sembra esserne stato raggiunto. Abbiamo qui voluto sintetizzarne le  frasi più significative e ve le sottoponiamo, ad ennesima dimostrazione di come la personalità, anche dei grandi artisti sia non solo complessa, ma anche mutevole e influenzata dal contesto sociale. Previsioni in qualche modo ottimistiche. Dopo quarant'anni le cose non vanno proprio tutte come allora pensava Simenon."Sì al matrimonio ... ma per non più di tre o sei anni. Il matrimonio, come lo intendiamo noi, diventerà obsoleto entro i prossimi 25 anni le coppie si uniranno per tre, sei o nove anni...
Oggi sono rari sono i giovani che aspettano un sindaco panciuto o un funzionario pubblico che dia loro il permesso ufficiale di dormire insieme. Se vogliono andare a letto o vivere insieme, semplicemente lo fanno. E' un comportamento molto più sano...
La liberazione della donna è un fattore importante, forse il più importante di questa evoluzione. Grazie alla pillola, la donna ha finalmente raggiunto la parità con l'uomo. Nel futuro sarà di sicuro lei la prima a cambiare partner. E la donna sa gestirsi molto bene. E' in grado di guadagnarsi da vivere ed è finanziariamente indipendente, interessata alla propria carriera, sarà lei quella in grado di dettare le proprie condizioni.
 In ogni caso, il milionario cinquanta anni, non abbandonerà più la sua compagna di mezza età per una stellina di 18 anni, perché non saranno solo gli uomini ad essere milionari. Già le star guadagnano quasi quanto un uomo d'affari e non sono più interessate al grigio dei capelli maschili...".

SIMENON. L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE GLI ANNI IN SVIZZERA

La copertina raffigurata, qui a fianco, è solo un gioco, non esiste nessun libro del genere scritto da Simenon e da nessun altro, tantomeno editato da una fantomatica casa editrice Noland.

Nei suoi ultimi trentadue anni Simenon visse in Svizzera. Ci arrivò maturo, a cinquantaquattro anni, al culmine della sua fama e con una produzione letteraria di gran livello. Anche se in crisi, ma ancora sposato con Denyse. Ci arrivò con i suoi tre figli, il quarto Pierre Nicolas arriverà nel 1959. Ma come mai la Svizzera?  Intanto va ricordato che in quegli anni la Svizzera era considerato uno stato ricco, con istituzioni e strutture efficienti. Certo non era un paese per poveri. Ma era anche la nazione dove coesisteva il rispetto delle tradizioni più antiche con l'attività finanziaria di livello mondiale in città come Zurigo. Era il paese dove la fiscalità, pur di attirare capitali, era molto benevola con le rendite finanziarie e le banche assolutamente discrete su depositi, conti correnti e relativi intestatari. Era la nazione dove tradizionalmente sopravvivevano insieme da secoli quattro culture, quattro lingue e quattro anime diverse, ma era anche il Paese che allora diffidava degli immigrati, relegati alle incombenze più umili e che non potevano nemmen sognare gli standard di vita degli svizzeri che li vedevano, in generale di mal'occhio, ma che poi li sfruttavano sul lavoro. Ma quello che affiorava e trapelava negli altri Stati era la nomea di un Paese tranquillo, pacifico (addirittura neutrale), dove un ricco poteva vivere molto bene, senza fastidi e essere ben accolto. Pulizia, ordine, precisione e sicurezza... E nel 1957, di ritorno dagli Usa, per le orecchie di Simenon tutto questo doveva essere una musica ammaliatrice.
C'é chi ci dice che quella fu una scelta  di tipo squisitamente fiscale (a quel tempo Simenon era ormai veramente molto ricco) altri sostengono che, dopo una vita ininterrotta di traslochi e di viaggi, il romanziere avesse bisogno di un porto tranquillo dove buttare le ancore e stabilizzarsi. Probabilmente sono vere tutte e due le introretazioni.
In realtà non si sarebbe sentito a casa sua in Belgio, (nonostante lì avesse ancora la madre) troppo provinciale, non la Francia che forse, dopo dieci anni di Stati Uniti, vedeva un po' calata, soprattutto Parigi che aveva ormai perso il ruolo di polo culturale internazionale che aveva ricoperto nelle prime decine degli anni del '900. Probabilmente Simenon non si sarebbe sentito a suo agio più in nessun posto e l'asettica Svizzera, soprattutto l'appartato canton di Vaud e le sue piccole e quiete cittadine, era l'ideale per un uomo di nessun posto, come ormai si sentiva Simenon.
A questo proposito, sedici anni dopo dichiarava ad un quotidiano di Losanna "Ho scoperto nella Svizzera un paese in cui c'è il rispetto per l'essere umano...Nessuno mi ha mai chiesto quali fossereo le mie idee politiche, religiose o filosofiche. Ho l'impressione di una grande libertà e di una grande discrezione..."
Discrezione, già, quello di cui Simenon aveva bisogno, per sè che invecchiava, per i rapporti familiari che si complicavano, per il suo lavoro che aveva più che mai  bisogno di concentrazione. Quando c'era da stare in prima fila l'aveva sempre fatto, ma adesso non aveva più bisogno di apparire. Questo era il tempo in cui tutti lo cercavano e semmai il suo problema era quello di rimanere tranquillo, in disparte,  "A l'abri de notre arbre", ("Al riparo del nostro albero" , rifugio simbolicamente rappresentato dal gran cedro del Libano che dominava il giardino della sua ultima piccola casa a Losanna), titolo di uno dei Dictée di taglio autobiografico pubblicato nel 1976.

martedì 15 febbraio 2011

SIMENON. IL GUSTO DI BERE E L'ALCOLISMO

A Simenon piaceva bere, non è un mistero. Il suo personaggio più famoso, il commissario Maigret, beve anche lui abbastanza, il calvados nei bistrot, la birra nella brasserie Dauphine, la prunella (quella fatta in casa dalla cognata alsaziana). Bevono anche diversi personaggi dei suoi romanzi, chi più chi meno, chi occasionalmente chi cronicamente. Insomma l'alcol sembra essere un elemento importante nella narrativa simenoniana, non tanto in sè ma per quello che evoca e cui rimanda.Simenon dichiarava tranquillamete in un intervista a Roger Stephane: "Non vedo alcuna vergogna ad essere ubriaco, non più che essere malati di cuore o avere un callo ad un piede...". Ma, al contrario, alcuni personaggi dei suoi romanzi come in Antoine e Julie (1953) spinti a bere da una serie di problemi, entrano in un vortice che li risucchia fino ad annegarli nell'alcolismo.
Ancora più esplicito in Le Fond de la bouteille (1949) Simenon scrive "Egli si sente appena un po' confuso, cammina ondeggiando leggermente, ma è certo che tutto ciò non si veda. Va verso i lavandini per guardarsi nello specchio e capire così se ha ancora diritto ad un altro bourbon...". E quando Simenon deve descrivere un ubriaco lo fa in modo asciutto, ma ordinario. Sale le scale a quattro zampe, non riesce ad infilare la chiave nella toppa, ed è uno al di la della linea (per usare un concetto simenoniano), che non riesce a raggiungere i suoi sogni, che ha delle aspettative troppo alte rispetto a quello che la vita reale gli può offrire e che soffre per tutto ciò. Simenon tocca questo argomento anche nel bellissimo Lettre a mon juge (1947) dove il protagonista, spiegando le cause del suo alcolismo, chiede retoricamente al suo giudice se motivi di questo tipo potranno mai essere capiti in un tribunale.
E Simenon era bravo a descrivere questo stato, tanto che un grande scrittore, e grande conoscitore della materia, per esperienza personale, Henry Miller scriveva in una lettera a Simenon "...ci sono pochi scrittori  capaci di esprimere questo universo di pensieri, sensazioni che è allo stesso modo universale, intimo e quotidiano..."
Infine una sorta di curiosità. Infatti anche se, come abbiamo detto più sopra, Simenon non considerava riprovevole essere ubriachi, nella famosa seduta del 1968 con gli psicoanalisti di Medicine et Hygiène, elabora una singolare teoria che suona un po' a giustificazione. "Ho scoperto un motivo fisiologico per cui bevo alcol: soffro un po' di aerofagia che si manifesta insieme a qualche vertigine; uno o due bicchieri d'alcol fermano o diminuiscono questo fastidio. Ma il giorno seguente l'aerofagia si ripresenta più forte e io aumento la dose d'alcol ed è l'inizio di un circolo vizioso.... La mia aerofagia credo sia decisamente di origine psicologica, mi prende qindici giorni o tre settimane prima di iniziare un romanzo - spiega Simenon ai medici che lo interrogano - In altre parole si verifica quando non mi sento su un terreno solido, quando penso di non riuscire a iniziare un libro e che non esista un motivo per cui questo miracolo, che si è verificato 180 volte, si verifichi ancora una volta. Ma dal momento che inizio il mio romanzo e mi metto alla macchina per scrivere, l'aerofagia scompare".

• APPELLO • LIBERTA' PER LE BLOGGER E I BLOGGER DI TUTTO IL MONDO

Tal al-Mallouhi blogger siriana di 19 anni è stata condannata oggi a 5 anni di carcere da un Tribunale per la sicurezza dello stato. Tutta la mia solidarietà a Tal al-Mallouhi e ai blogger che vivono in paesi dove democrazia e libertà di espressione non sono solo parole vuote, ma diritti che vengono negati e dove chi si ribella viene punito con la prigione, la tortura e qualche volta anche con la morte.
Lancio un appello affinchè i blogger di tutto il mondo, la stampa, l'informazione on-line, quella radio-televisiva, si mobiliti per Tal al-Mallouhi e per tutti gli altri blogger che si trovano nella sua stessa condizione.
I blogger in alcuni paesi sono l'unico strumento di informazione e l'ultimo scampolo di libertà, non permettiamo che venga soffocato anche questo, né oggi, né mai. 

lunedì 14 febbraio 2011

SIMENON, LE SUE COMPAGNE E... L'AMOUR

Da sinistra, Tigy, Denyse e Teresa.
L'amore con Tigy, quello dei diciassette anni, quello del matrimonio, quello che sogna il futuro. L'amore dei primi anni parigini, da giovanissimi sposi nella povertà che lottavano per sopravvivere, per vivere e per emergere. Esperienze che cementano un rapporto che reggerà anche quando l'amore non ci sarà più e in Simenon si accenderà la fiamma della passione per Denyse. Un rapporto che durerà anche dopo il  fallimento del secondo matrionio, come due vecchi amicizi affezionati e ancora attenti uno all'altro.
Georges e Denyse, la passione, il sesso, la trasgressione che Tigy non gli aveva mai dato. Il colpo di fulmine a New York. L'inizio di una nuova vita. Una relazione elettrica, tra il negativo delle pretese e delle crisi dell'ormai M.me Simenon e il positivo della completa indipendenza sessuale, che soprattutto lei concedeva a lui, ma anche del grande amore che Georges provava per lei. Poi la china. Una discesa lenta verso l'inferno di una Denyse alcolizzata, maniacale e sempre più tormentata dall'alternarsi di depressione e di esaltazione e iI marito sempre meno disposto a subire quella continua tensione e quelle furibonde liti. Un matrionio concluso infine con la stessa forza (allora passionale ora distruttiva) con cui era iniziato. Infine la separazione traumatica con Denyse che esce dalla famiglia, dovendo lasciare figli e marito per una casa di cura.
L'amore per Teresa, che era entrata nella casa dei coniugi Simenon come femme de chambre, e che invece fu accanto a Georges anche quando, ormai senza più moglie, con i figli ormai grandi, era rimasto solo e iniziava ad invecchiare. Di questo rapporto il romanziere ce ne dà sempre una descrizione idilliaca, di pace e di quiete. Il dolce carattere di Teresa e la sua totale dedizione sono elementi di inestimabile valore per quel periodo in cui Simenon si sente solo, scrive sempre meno, ha smesso di viaggiare, e si ritrova a fare una vita ritirata e quasi modesta. Teresa é la compagna della tranquillità cui si appoggia negli ultimi anni della sua vita, tanto da spingere Simenon ad affermare che con Teresa " ... ho conosciuto il vero, quello che io chiamo il vero amore, vale a dire l'integrazione tra due esseri...". (intervista con Bernard Pivot - 1981)

domenica 13 febbraio 2011

MINISTRI E POLIZIA...

"Quando si chiama un poliziotto per mandarlo da un ministro, c'è una storia più o meno sporca da coprire. E non si sa mai su quale terrenno si sta camminando". (Georges Simenon 1963 - da un 'intervista di Roger Stephane)

SIMENON... GRAFICO E PRECURSORE

Chi ha seguito un po' questo blog, avrà sicuramente capito che Simenon, non era uno che scritto il romanzo e inviatolo all'editore se ne disinteressasse. Almeno non negli anni trenta in cui, soprattutto nel periodo "Fayard", curava le sue pubblicazioni mettendo becco anche su quello che oggi chiameremmo strategia di comuncazione e sull'impostazione grafica delle copertine.A questo proposito SImenon, grazie anche alla sua eseprienza con i romanzi popolari, conosceva molto bene l'importanza dell'impatto del titolo, ma anche e soprattutto della copertina, che da sempre costituiscono il primo messaggio che colpisce il probabile lettore. Ad esempio le prime serie di Maigret edite da Fayard (1931-1932), sono molto ricercate dagli appassionati perchè si tratta di libri  con copertine fotografiche. Questo per l'epoca era un'innovazione di grande rilievo. Allora infatti predominavano o le copertine cosiddette tipografiche, oppure quelle con illustrazioni disegnate.
E questa era stata proprio un'idea di Simenon che, tra gli altri, frequentava anche un giro di fotografi, ormai divenuti amici e su questo aveva sviluppato una certa sensibilità (senza scordare poi che sua moglie, Tigy era una pittrice).
Questa scelta estremamente innovativa, si dimostrò efficace a tal punto che fu copiata da altri editori come Ventillard e addirittura Gallimerd per una delle sue collane (Chef d'Oeuvre), dove venivano pubblicati autori come Dashiell Hammett e Edgard Wallace.