mercoledì 23 marzo 2011

SIMENON. UN GIORNALISTA DI SEDICI ANNI

Dal momento in cui il padre, Desiré, si ammalò e non fu più in grado di lavorare, toccò a Georges rimboccarsi le maniche per portare qualche soldo a casa. Le prime esperienze non furono positive, da lavorante in una pasticceria a commesso in un libreria, ci furono sempre dei problemi. Dove invece filò tutto liscio fu alla Gazzette del Liège. Non si è saputo mai bene se sia arrivato a quel giornale grazie ad una raccomadazione partita da una conoscenza influente (forse un vescovo di Liegi suo parente), oppure se il giovane Simenon si sia proposto senza nessuna presentazione. Sta di fatto che il direttore Joseph Demarteau dovette rimanere ben impressionato da questo ragazzino che non aveva ancora compiuto sedici anni. Era il gennaio 1919, la grande guerra era appena terminata e a Liegi questo quotidiano decisamente conservatore, apertamente cattolico diffuso soprattutto nella Liegi bene tornava ai ritmi d'anteguerra.La redazione fu una utile palestra per il giovanissimo Georges che imparava in fretta i meccanismi del lavoro in un quotidiano, ma altrettanto velocemente faceva progressi nella scrittura. Il ragazzo aveva del talento e Demarteau se n'era accorto e non fece che incanalare questa voglia d'imparare, le sue qualità con la certezza che l'entusiasmo e l'ambizione lo avrebbero portato lontano.
Georges iniziò imparando a scirvere a macchina, poi cominciò a chiamare due volte al giorno i commissariati, a recarsi a fine giornata al Palazzo di Giustizia per farsi amici e raccogliere confidenze. Poi la sera a far baldoria nei cabaret per finire poi con le prostitute. I tratti del futuro Simenon c'erano già tutti: il lavorare in modo forsennato, l'abilità nello scrivere, una buona dose di comunicatività e la precoce esuberanza sessuale. Tutto, all'inizio, per 45 franchi al mese.
Ma la sua intraprendenza e le sue capacità gli permisero di guadagnare sempre più. Dopo un anno il suo stipendio mensile era arrivato a 180 franchi e non si fermò lì. Il suo tavolo era già ingombro di pipe, scriveva di tutto senza alcuna difficoltà e con una velocità già allora notevole. Frequentava le conferenze stampa della polizia, delle associazioni cuturali, dei politici. Il giovane Simenon imparò a conoscere gli ambienti e le persone più diverse e iniziò a sapersi muovere in tutti gli ambiti. Finché, proprio dal direttore venne, dopo nemmeno tre anni, la consacrazione, la titolarietà di una rubrica Hors de poullailler (che poi cambiò titolo in Causons). Questo gli permise di compilare quotidianamente notazioni di costume a volte molto satiriche sulla società di Liegi prima sotto il nome di Monsieur Le Coq e poi come Georges Sim. Quasi ottocento pezzi. Ormai il Simenon giornalista era lanciato...

MAIGRET. BUON 80° COMPLEANNO, COMMISSARIO! DURANTE TUTTA LA PROSSIMA SETTIMANA NON PERDETEVI NULLA DELLO "SPÉCIAL-MAIGRET"

2011: ottant'anni di Maigret. E allora noi di Simenon-Simenon, la prossima settimana festeggeremo questa ricorrenza dedicando tutti i post da lunedì 28 marzo a domenica 3 aprile al celeberrimo commissario di 36 Quai des Orfévres.

Non perdete nemmeno un giorno se volete sapere tutto su Jules Maigret, la sua vera nascita, il suo percorso letterario, gli incipit più famosi, i personaggi della serie da M.me Maigret al giudice Comelieu, dai suo fidi ispettori alle locations delle sue inchieste. E poi ancora il rapporto tra creatore e personaggio, come iniziò l'avventura di Maigret e come finì.Insomma una vera indigestione di tutto quello che avreste voluto sapere del nostro caro commissario.

martedì 22 marzo 2011

SIMENON, LE TENSIONI CON LA MADRE E LA MORTE DEL FRATELLO

Morto il padre, Désiré, quando il giovane Simenon aveva 17 anni, tutta la sua famiglia é la madre Henriette Brulls, allora quarantunenne, e il fratello minore Christian, quattordicenne. La madre tira la carretta e per la verità lo faceva da quando il marito si era ammalato tre anni prima. In casa Simenon si spacca il soldo in quattro e per aiutare il bilancio familiare, vengono presi degli affittuari, spesso giovani russi o polacchi che venivano per studiare all'Università di Liegi. La madre ha un carattere dominante e il padre recessivo e per di più, da quando é malato, viene trattato dalla moglie come un peso, come un fastidio e un'impiccio per gli affittuari sui cui lei conta molto. Questa situazione aveva colpito Georges sin da quando era più piccolo, e lui aveva sempre parteggiato in cuor suo per il padre, pur estraniandosi dalla famiglia, chiudenosi nel mondo dei libri che divorava come nessun suo coetaneo faceva. Quando poi il padre venne a mancare il rapporto con la madre subì un peggioramento. La già chiara predilezione per il fratello minore fu ancor più esplicita e questo andrà avanti per tutta la vita. Anche quando nel '45 la madre chiese a Georges (cui rimproverava tanta ricchezza e tanta popolarità) di salvare Christian. Infatti questi aveva fatto parte delle squadre belga-naziste che avevano sterminato intere famiglie ebree e comuniste. Il Fronte di Librazione Nazionale belga quindi gli dava la caccia per giustiziarlo per crimini di guerra. Georges attraverso le sue conoscenze riuscì a farlo arruolare nella Legione Straniera, salvandogli la vita. Ma nel '47 mentre combatteva nel Tonkino il più giovane dei Simenon muore in uno scontro fuoco. Quando la madre lo seppe incolpò Georges e fece un lapidario commento "Sarebbe stato meglio che fossi morto tu, invece che Christian".
Questo la dice lunga sui rapporti tra Simeon e la madre, rapporti sui quali sicuramente torneremo più approfonditamente.

lunedì 21 marzo 2011

SIMENON. UN DIVORZIO E UN MATRIMONIO IN NEVADA

L'unione tra Simenon e Tigy era sempre stata segnata dalla tensione che l'esuberanza sessuale di lui creava nel loro rapporto. Il sesso, nemmeno quello matrimoniale, non era nelle priorità di Tigy e figurarsi quanto questo potesse procurare problemi a Georges. Era quindi costretto a continue menzogne, per giustificare le sue scappatelle quotidiane e a mille sotterfugi per i suoi rendez-vous sessuali con la Boule, che andavano avanti da anni. Da quando poi erano arrivati in America (la Boule non li aveva potuti seguire per motivi di passaporto e li raggiungerà in seguito) c'era questa nuova segretaria personale di Georges, Denyse Ouimet, che viveva con loro. Tra le due donne non era tutto rose e fiori, anche perchè la "segretaria", era un po' invadente, cercava di occuparsi anche dei diritti dei libri di Georges, delle sue questioni economiche, tendendo ad amministrare gli affari della "fabbrica Simenon".
Denyse e Georges tra il '46-'47 intanto vivono in incognito la fase più passionale del loro rapporto che lentamente dà prima i suoi segnali, poi diventa un realtà evidente di cui Tugy non può che prendere atto. E a poco a poco il ménage à trois diviene una routine quotidiana, sia pur punteggita da qualche screzio, ma con un suo pur instabile equilibrio. L'anno seguente, il 1948, arriva dalla Francia la Boule e con lei tornano le vecchie abitudini con monsieur Georges, quelle del dopo pranzo, quando lui si ritirava per la sua siesta, lei si infilava furtivamente nella camera e i due consumavano un rapido ma non frettoloso rapporto sessuale. Ma questa volta Tigy crede di averla alleata e di aver ancora una carta da giocare nei confronti di Denyse. Non vuole fare con la sua concorrente l'errore che un tempo fece con la Boule stessa: una scenata a Georges perché l'aveva scoperto con la Boule. Lui allora le rivelò candidamente tutta la verità, la natura e la durata di quegli incontri. E così l'unico risultato di Tigy era stato quello di allontanare Georges da lei. Ma il vero problema, cioè Denyse, non emerge in tutta la sua importanza finchè nel '49 non rimane incinta. A quel punto le cose si chiariscono definitivamente e Tigy sa per certo di essere fuori dal gioco. Sta per nascere il secondo figlio di Georges (si tratta di Johnny) e non sarà lei la madre. Il segnale più chiaro non potrebbe essere e nel '50, dopo una non facile trattativa, viene deciso il divorzio.
Lei ottiene la custodia di Marc, la casa di Nieul, la collezione di quadri (composta anche di Utrillo e Vlaminck), azioni, alimenti pari a quelle di un manager americano. Simenon però conquista una fondamentale clausola: Tigy deve accettare di vivere a non più di sei miglia dall'abitazione di Simenon, dovunque questa sia nel mondo, pena la perdita della custodia del figlio.
Il 21 giugno 1950 davanti al giudice, nel palazzo di giustizia di Reno (Nevada), si consuma il divorzio dopo ventisette anni di matrimonio.
Il 22 giugno, stessa città, stesso palazzo di giustiza, si celebra il matrimonio con Denyse che diventa così non solo di fatto, ma ora anche di nome, madame Simenon.

domenica 20 marzo 2011

SIMENON. COME TI COSTRUISCO UN PERSONAGGIO

Pensate ad una di quelle inchieste che iniziano con un povero diavolo, che passa una notte d'interrogatorio nell'ufficio di Maigret. Il commissario è famoso per la sua aria sorniona mentre sbuffa cortine di fumo dalla sua pipa, per i suoi lunghi  silenzi, quando ravviva il fuoco della stufa o beve lentamente una birra ordinata alla brasserie Dauphine. Ma sono note anche le sue sfuriate improvvise, quelle che in un uomo calmo e tranquillo fanno sempre più effetto. Ecco, sì, immaginate i due faccia a faccia. Questo povero diavolo che magari si è rovinato per una donna, che ha passato, come diceva Simenon, la linea e, per esempio, da piccolo impiegato onesto e modesto era divenuto un ladro e magari, inesperto com'era, ha combinato il "pasticcio" e così per puro caso c'è scappato il morto. Sappiamo bene che Maigret, e Simenon dietro di lui, non è affatto appagato di provare che quel poveraccio sia il colpevole. Lui vuole capire il perchè... perchè è stato attratto da quella donna, perchè ha trascurato la moglie, perchè da mite passacarte si è messo in testa di fare un colpo, neanche fosse un gangster incallito. E ora se lo vede lì, seduto davanti a sè, con gli occhi persi, come fosse rientrato in sé stesso. Come se alla fine avesse preso coscienza di tutto quello che aveva combinato e.... E il personaggio si costruisce da solo, così almeno ci spiega Simenon ne Il romancier (1945) "...I miei personaggi, se sono verosimili, hanno una loro logica contro la quale la mia logica di autore non può nulla..." E ancora. "D'altronde se inizio con dei personaggi inverosimili, me ne accorgo automaticamente. Non credo che, se i miei personaggi fossero falsi potrebbero andar avanti fino alla fine del romanzo... - spiegava Simenon nella famosa intervista a Médicine et hygiène (1968) - E' una cosa che mi ha sempre incuriosito e intrigato...".
Questa costante di creare dei personaggi "veri" e che poi seguano una sorte che lo scrittore può solo assecondare, è un concetto che Simenon ha espresso più volte. Ma chi sono per Simenon i personaggi veri? Gli uomini e le donne qualsiasi che vanno dritti alle conseguenze estreme dei loro gesti e delle loro scelte di vita. Ma é la gente semplice, gente del popolo, quella che non ha maschere e pesanti convenzioni sociali dei ricchi borghesi, dei facoltosi uomini d'affari o dei nobili più o meno decaduti.  "...Ecco perché nella gran parte dei casi scelgo delle persone di origine modesta e di intelligenza media - dichiarava lo scrittore in un'intervista del '70 - Queste vivono molto più liberamente i sentimenti, le emozioni proprio per quello che sono... Credo che non più del 10% dei miei libri raccontino di ambienti socialmente elevati. Ci ho pensato molto verso il 1930-1940. In quel periodo non troverete né ministri, né presidenti, né presidenti di consigli d'amministrazione, né banchieri. Questo è successo in seguito, ma è stato voluto...".
E poi c'è il famoso declic simenoniano, cioé un qualsiasi avvenimento o un incidente, anche di trascurabile importanza, che cambia vite tranquille, a volte monotone, così all'improvviso. "Può trattarsi di qualsiasi cosa che succede al mio protagonista, una lettera che non aspettava e che sconvolge la routine della vita alla quale si era rassegnato" (intervista ad A. Parinaud - 1955) 

sabato 19 marzo 2011

SIMENON: OGGI FUGA DALL'AMERICA

Esattamente cinquantasei anni fa', Georges partiva definitivamente dagli Stati Uniti per far rientro in Francia. Ne abbiamo già parlato, ma questa volta sentiamo la versione che ne dà Tigy, la sua prima moglie, che lo aveva seguito, con il figlio Marc e la Boule, praticamente in tutti i suoi spostamenti e i suoi insediamenti dal nord al sud degli Usa (in Souvenirs - edito postumo da Gallimard nel 2004).
Racconta quindi Tigy che, nemmeno un paio di settimane prima, Georges l'era andata a trovare per dirle che voleva tornare a vivere in Francia, lamentandosi del fisco americano, facendole notare: "Ero più benestante in Francia quando avevo trent'anni che adesso qui che ne ho cinquanta".
Evidentemente Simenon alludeva al fatto che in quel momento era molto più famoso, guadagnava molto di più, ma sia per le sue entrate in valuta francese (che si era svalutata rispeto al dollaro nel '47-'48) che per il regime fiscale made in Usa il suo standard di vita non era cresciuto (altro tassello sulla spiegazione del perché poi si stablirà in Svizzera).
Tigy ricorda nei suoi Souvenirs "....Partirà il 19 di questo mese. Deve partire rapidamente, prima della dichiarazione dei redditi. Non ha il denaro per pagare la cauzione... Mi chiede di non dire a nessuno che sta lasciando gli Usa. Questo gli creerebbe dei fastidi. Porterà con sé Marc, perchè secondo lui è assolutamente necessario che inizi a frequentare una scuola francese, appena dopo le vacanze di Pasqua. Ma questo è assolutamente falso, sono le solite scuse. La realtà è che non vuole rientrare in Francia senza suo figlio... si preoccupa di che cosa penserebbe la gente... Quanto a me, consiglia di aspettare fino a giugno prima di vendere la mia casa e di partire..."
Insomma, da come ce la racconta Tigy, una vera e propria fuga. Tutti dovevano far finta di effettuare un tour europeo da cui poi sarebbero rientrati, come avevano già fatto in precedenti occasioni. Invece era l'addio agli Stati Uniti.
Ma é possibile che Simenon stesse fuggendo come un ladro e che non avesse nemmeno i soldi per pagare le tasse? La realtà era ben più complessa. Ad esempio entrava in ballo anche una certa insoddisfazione sulle sue quotazioni come scrittore negli Usa. Non era riuscito a conquistare gli americani, critica e pubblico, come avrebbe voluto. E non è nemmeno da trascurare il fatto che non si sentiva a suo agio perché la mentalità puritana degli americani mal sopportava il fatto che se ne andasse su e giù per gli States con una carovana familiare atipica formata da una moglie, due figli, una ex-moglie, un'altro figlio e una femme de chambre molto particolare. Ed era mal sopportata anche la sua reputazione non proprio irreprensibile in merito ai comportamenti sessuali.
Insomma una serie di fattori che erano maturati lentamente, ma che ad un certo punto avevano creato in Simenon quello stato d'impellenza di fuggire, proprio così come una decina d'anni prima (anche se per motivi del tutto diversi) era scappato dalla Francia.

venerdì 18 marzo 2011

SIMENON. L'AMICO D'INFANZIA DI MAIGRET

Da qualche giorno è arivato nelle librerie un nuovo titolo delle inchieste del commissario simenoniano, L'amico d'infanzia di Maigret (L'ami d'enface de Maigret). Fu scritto da Simenon nel 1968, ad Epalinges, in Svizzera, e pubblicato nello stesso anno da Presses de La Citè. Era l'anno in cui Simenon si sottopose alla famosa intervista psicanalitica da parte degli psichiatri del periodico Mèdicine et Hygiene, in cui si pose su una "graticola analitica" che poi sarebbe divenuta pubblica. Anche in questa inchiesta il commissario Maigret, scava nel suo passato. Quello suo e di un certo Léon, vecchio compagno di liceo, che si vede piombare al 36 Quai des Orfèvres. C'è di mezzo l'omicidio della sua amante, Josée. Ma nella vita della donna ci sono altri uomini. Tre erano ricchi e rispettabili uomini d'affari che godevano delle sue grazie pagando, ma esisteva anche un misterioso quarto uomo che invece aveva con Josée un rapporto sentimentale e che non doveva certo pagarla. Léon assicura di esser all'oscuro di tutto, ma... Ma Maigret non si fida di lui, l'aveva perso di vista da molto tempo, ma ricorda benissimo come al liceo fosse il burlone della compagnia e di quanto fosse poco affidabile... e i ricordi gli danno ragione. Lèon ne combina di tutti i colori e dà il via ad una intricata vicenda di ricatti e colpi di scena.
Una notazione va fatta in merito al titolo, anche quello originale, che fà pensare ad compagno di giochi del piccolo Jules, quando viveva a Moulins. E invece Léon era un adolescente troppo estroverso e furbetto per aver qualcosa da spartire con il timido e riservato giovane Maigret. Insomma non era affatto amici. E il commissario, ora furbo e smaliziato, non si farà ingannare e vedrà lungo, aldilà delle apparenze, riuscendo a capire la vera indole attuale di Léon e di come si è arrivati all'omicidio.
Dal romanzo sono stati tratti due sceneggiati televisivi francesi, uno con Jean Richard (1984) e uno con Bruno Crèmer (2002), e un telefilm inglese con il Maigret britannico interpretato da Michael Gambon (Maigret's Boyhood Firend - 1993).

sabato 12 marzo 2011

SIMENON, GLI INGLESI E GLI AMERICANI

Da alcuni articoli di Simenon che riguardavano gli anglosassoni risultava che la propria opinone su di loro non era delle migliori. Ma in un 'intervista fiume nel '65 a Francis Lacassin smentì e corresse questa impressione.
" ...ho cambiato opinione su questo argomento. perchè sono andato spesso in Inghilterra, quasi ogni anno prima della guerra,  e in seguito ho abitato per undici anni negli Stati Uniti dove ho incontrato anche molti anglosassoni che mi sono piaciuti molto. Ce ne sono di due tipi. quelli che appartengono all'etablishment, sapete di cosa si tratta... D'altronde li si riconsce subito dall'accento appena aprono bocca. Hanno un modo di apire al bocca diverso dagli altri. Questo non mi piace, come non mi piace l'alta borghesia  e nemmeno la media; sono delle classi che mi sembrano divenute superflue nel mondo in cui viviamo, delle classi parassitarie - allo stesso mondo dei grandi capitalisti d'altronde - sono loro i proprietarie delle grandi società... Invece il semplice americano ha, al contrario, un vantaggio, è quello di essere naturale: assolutamente diretto. Voi he siete stato in America, penso, sì insomma che vi siate potuto rendere conto di quanto siano diretti..."
E poi Simenon continua a raccontare le sue esperienze di vita con gli americani. "... In America c'è un grande senso dell'ospitalità. Qualsiasi casa, anche la più modesta ha una camera per gli ospiti.... Ma mi piace molto anche un'altra cosa, nonostante siano individualisti - ma io lo sono più di loro - è che per essere a posto dovete appartenere a qualcosa. Non importa a cosa, che sia il Rotary o il comitato d'assistenza della vostra cittadina, o il club delle madri e degli alunni della scuola  dei vostri figli, ma dovete appartenere ad un gruppo. Non si riesce in America ad immaginare ad un uomo che non appartenga a niente. D'altronde quando entrate negli Stati Uniti c'è una domanda nel questionario: quale religione?  Ebbene non bisogna mai rispondere: nessuna. Io avrei voluto farlo, ma fortunatamente un amico che era con me, che era stato nei servizi segreti, e aveva vissuto  lungo a Parigi, mi dissse: Inventate una parola qualsiasi, ma non rispondete "alcuna". Si ammette qualsisi religione, ma "senza religione" è male acettato, meglio dire che avete una vostra religione, che credete alle stelle, ma non "alcuna"...".
Simenon in fondo si era trovato bene con gli americani, soprattutto perchè le sconfinate distese di terra gli consentivano una privacy che in Francia non era nemmeno pensabile. Immaginate che  visse per ben tre anni e mezzo in Arizona, vicino a Tucson, praticamente nel deserto. Poi però, soprattutto con la seconda moglie Denyse,  faceva dei viaggi a New York dove si rituffava nellasocietà mondano-culturale din cui era sempre ben accolto e dove poteva riprendere le sue avventure con l'altro sesso.

venerdì 11 marzo 2011

SIMENON, QUANDO PREPARAVA I MAIGRET E I SUOI... CLIENTI

Non c'é dubbio che Simenon man mano che scriveva le indagini di Maigret, abbia voluto ambientare le vicende nei luoghi più disparati e negli ambienti più differenti. In questo modo, nelle oltre cento inchieste, lo ha messo a confronto con un'infinità di tipologie umane, dai ministri e i nobili, ai barboni e i derelitti. In questa schiera appaiono i delinquenti incalliti (che diverranno poi sue vecchie conoscenze) e poveri diavoli travolti da tragiche circostanze che li hanno portati a rubare o a uccidere. E tra tutti questi ci sono i tipi che piacciono al commissario (anche un certo tipo di delinquenti abituali), quelli che gli fanno pena (le sprovvedute vittime del destino) e quelli che non sopporta (quelli per cui la facciata e le apparenze sono tutto, dietro succeda quel che succeda, basta non si sappia).
Qui si potrebbe addirittura fare, anche se un po' tirata per i capelli, un po' di sociologia spicciola e considerare che nelle classi dominanti, tra nobili, politici e finanzieri, Maigret incontra in genere una certa propensione alla doppia morale: pubblicamente irreprensibili e rispettati, corrotti e depravanti nel privato. E anche nell'alta borghesia  trova una certa tendenza a far di tutto, anche l'illecito, per salvare la propria rispettabilità. Nella classe media, quella che vive del proprio lavoro quotidiano, quella che fatica che non ha grilli per la testa, il commissario incontra coloro che qualche volta non ce la fanno e "passano la linea" (ricorrente concetto simenoniano), lasciandosi alle spalle una vita onesta, dignitosa e andando incontro ad una spirale involutiva che li porterà inevitabilmente alla degradazione sociale, alla solitudine e quindi alla delinquenza. E poi ci sono i recidivi che vivono al confine tra legalità e crimine, sempre in bilico tra la galera e la libertà, piccoli furfanti che sono ospiti di 36, Quai des Orfévres come fossero affezionati clienti di un albergo. Infine i professionisti del crimine, quelli che conoscono quali sono le regole nel gioco guardia-e-ladri, sanno fino dove possono spingersi e accettano le conseguenze quando vengono presi con le mani nella marmellata.
Questa d'altronde è una fotografia, per quanto tratteggiata sommariamente, della Parigi e della Francia degli anni '30/'40 (ma non solo), le simpatie e le antipatie di Maigret sono ovviamente quelle di Simenon, in una società in gran fermento e in veloce cambiamento.
E anche in questa visione, le inchieste del commissario non differiscono granché dai romanzi. E' vero che una volta, in un'intervista del '56, dichiarò "Maigret non può entrare nella pelle di un personaggio. Egli arriverà, spiegherà, e capirà, ma non attribuirà al quel personaggio il peso che avrebbe in un altro dei miei romanzi...". Ma poi lo scrittore cade in contraddizione. "...verso la fine (della serie delle inchieste) ho confuso un po' i Maigret con gli altri romanzi - spiegava a Bernard Pivot nell'81 - con i suoi personaggi andavo sempre più a fondo... E poi è faticoso.... In due ore e mezza completare un capitolo di venti pagine dattiloscritte di un "roman dur" è stancante come per un Maigret ". E infine basterebbe leggere il seguente aneddoto per capire davvero l'impegno che Simenon metteva anche nei Maigret, pure se aveva più volte affermato che scrivere i Maigret, soprattutto i primi, era soprattutto stato un divertimento.
"Volete sapere cosa mi è successo esattamente un mese e mezzo fa'? - racconta nel 1970 il romanziere a Gilbert Sigaux e a Bernard de Fallois - Avevo iniziato a pensare durante le vacanze a La Baule al prossimo romanzo, doveva essere un roman dur, come io generalmente scrivo in autunno. Avevo già un'idea della vicenda, una idea un po' vaga, ma già una linea musicale e anche un colore. Ma ogni volta che volevo approfondire i personaggi o che volevo saggiarli, questi sparivano. Mi dicevo: non é possibile, perchè non riesco a tenere insieme i questi personaggi e a integrarli in un'azione? Niente da fare. Poi una mattina, dopo più di tre settimane, alzandomi dal letto, e prima di toccare il pavimento con i piedi, mi sono detto: ma è così semplice, non devo far altro che scrivere un Maigret! Ed è quello che ho fatto. E' stato un Maigret pensato e in qualche modo preparato e  sentito non come un Maigret, ma come un altro romanzo e, per l'ultima volta nella mia vita, partendo da un roman dur sono arrivato ad un Maigret".
Siamo tentati di credere che Simenon si riferisse a La folle de Maigret, finito di scrivere ad Epalinges il 7 maggio del 1970 (d'altronde l'unico Maigret scritto in quell'anno)
Ma sarà stata davvero la prima e l'ultima volta?

giovedì 10 marzo 2011

SIMENON E L'ANTISEMITISMO

Ben diciassette articoli tra giugno e ottobre, più di uno a settimana. Una sorta di rubrica apparsa sulla Gazette de Liège dal titolo Le péril Juif! Sono firmati Georges Sim che, in questa serie di scritti, dà fondo alle più consumate e trite teorie e tesi sulla presunta pericolosità ebraica. Siamo lontani, almeno cronologicamente, dall'antisemitismo di stampo hitleriano, siamo nel 1921, quindi quasi una ventina d'anni prima. Ma questo testimonia come allora in Belgio, ma non solo in Belgio, questi preconcetti fossero un bagaglio di una destra molto conservatrice, ma anche del più radicale cattolicesimo, o meglio dei cattolici più radicali. Insomma, non per sminuire le responsabilità di Simenon, ma l'antisemitismo allora permeava la società nel forme più diverse. Quello che può suonare a parziale discolpa dello scrittore, allora redattore del quotidiano belga, è che in quell'anno compiva appena diciotto anni. Ecco qualche estratto da uno di quegli articoli.
"...Non è meno urgente conoscere le mosse israelite, anche in modo incompleto, proprio ora che gli Ebrei sembra approfittino del caos economico e politico  per aumentare il loro controllo sugli affari del mondo....".
E poi ancora sulla questione della famosa bufala dei Protocolli dei Savii di Sion, prodotta ad arte dai servizi segreti zaristi, per far credere ad una cospirazione ebrea a livello mondiale, ma poi definitivamente sconfessata in una serie di articoli del Times nel 1903.
E quasi vent'anni dopo Georges Sim scrive ancora:
"...Ho scordato di segnalare la polemica prodotta in merito ai Protocolli dei Savii di Sion. Non si dovrebbe essere lontani dal dimostrare che questi documenti siano apocrifi. Si tratta di un argomento di tale scarsa importanza tanto che non ho scritto né di Ebrei né di pro-Ebrei, non essendo una gran tema..... Però costituiscono un documento prezioso... perchè ci forniscono la migliore visuale della dottrina e dei continui sforzi degli Ebrei...".
Ma il tempo passa, Simenon evidentemente cambia, durante la seconda guerra mondiale ricopre anche l'incarico di Alto Commissario per gli sfollati belgi in Francia, in fuga dai nazisti, e vive l'occupazione delle truppe di Hitler. Nel 1985, ormai vecchio e lontano dai clamori del mondo, in una lettera a Jean Christophe Camus, scrive"...vi segnalo poi una cosa che può avere una certa importanza. Si tratta di due o tre saggi che scrissi sui Savii di Sion. Questi articoli, in effetti, non riflettono il mio pensiero d'allora né di oggi. Era un'ordine e io ero tenuto ad eseguirlo. Nello stesso periodo, tra gli affittuari polacchi e russi di mia madre, più della metà erano ebrei con cui io andavo perfettamente d'accordo. In tutta la mia vita ho avuto degli amici ebrei, compreso il più intimo di tutti, Pierre Lazareff. Quindi non sono affatto anti-semita come quegli articoli commissionati potrebbero far pensare...". 
Non crediamo ci sia bisogno di alcun commento.