martedì 31 maggio 2011

SIMENON. ACCADEMIE, ACCADEMICI E PREMI LETTERARI

Il rapporto tra il mondo letterario e Simenon non è sempre stato idilliaco, tanto che lui stesso amava ripetere che avrebbe frequentato più volentieri un congresso medico che uno di letterati. Si teneva infatti lontano dai salotti, dalle compagnie e dalle congreghe fatte di scrittori, critici e i cosiddetti uomini di lettere. Anche con i suoi editori aveva sempre tenuto un po' le distanze, niente rapporti amichevoli, solo relazioni di lavoro (cosa di cui fece le spese anche Gallimard).
Peggio ancora con le istituzioni letterarie e ancor meno con le accademie.
"...Quando Mauriac mi propose nei suoi Bloc-notes  di entrare nell'Accademia francese, domandandoi di assumere la doppia nazionalità, io ho risposto di no - racconta Simenon a Bernard Pivot -  Innanzitutto non voglio la doppia nazionalità e soprattutto non voglio infilarmi nei panni dell'esattore di banca...".
D'altronde Simenon infatto aveva rifiutato più volte la nazionalità francese. Voleva restare belga. Forse per questo si fece convincere nel '52 ad entrare nell'Accademia Reale del Belgio. Come scrisse su Quand j'ètais vieux, non era però contento "...mi hanno forzato la mano...Vi ho messo piede una sola volta... " E spiegò in un lettera: "...detto tra noi, vi giuro che questo non mi ha fato certo piacere, ma io ho approfittato di questa occasione per dimostrare ai miei compatrioti che sono rimasto uno di loro...".
E nei confronti dei premi letterari Simenon aveva un'avversione non da poco. Stigmatizzava con forza quei consessi dove un gruppo di persone per i motivi più vari si riunisce per decidere chi premiare: " ...vi giuro che ho iniziato ad odiare davvero la letteratura e tutto quello che essa comporta. La parola odio potrebbe sebrare un po' troppo forte. Ma l'dea che nove o dieci scrittori si riuniscano intorno ad un tavolo per leggere il miglior romanzo dell'anno (?), che un certo numero di vecchie signore facciano altrettanto in un ristorante, che anche dei giornalisti si mettano a giudicare, mi pare inaccettabile..."
Altro atteggiamento verso il premio dei premi, il Nobel che, aldilà delle smentite, Simenon avrebbe davvero voluto ricevere.
Scriveva infatti nel '51 al suo editore (Sven Nielsen): "...Giuro che sarei davvero onorato di essere uno premio Nobel. E' infatti la sola onorificenza alla quale ho sempre attribuito un certo valore...".
Ma nel '61 già parlava diversamente: "...Qualche anno fa' il Nobel mi avrebe fatto piacere. Oggi non sono più sicuro che l'accetterei..."
Nel '73 la sua posizione su Nobel si é completamente ribaltata : "...A quarantacinque anni l'avrei accettato. In questi utimi anni i tedeschi e gli americani si sono dati da fare affinchè fossi candidato al Nobel. Ho tagliato corto, non l'avrei accettato per nessuna ragione...".

lunedì 30 maggio 2011

SIMENON. COSA NE DICEVA ANDRE' GIDE

Che Gide fosse un ammiratore di Simenon è cosa nota. Ma come si sono conosciuti? Beh, intanto erano entrambe scrittori per Gallimard. Che sia stato patron Gaston a farli incontrare o che sia stato Gide a sponsorizzare l'entrata di Simenon nella case editrice, poco cambia. L'ammirazione che il premio Nobel nutriva per il romanziere e soprattutto la fiducia per le sue future possibilità era davvero notevole.
In una delle sue prime lettere a Simenon Gide scrive:"...Ho appena letto uno dopo l'altro nove dei suoi libri, ovvero tutti gli ultimi pubblicati...Inoltre ho voluto tornare indietro e dalla collezione Fayard, ho ritirato fuori Le fou de Bergerac, Au rendez-vous de Terre-Nuevas, che ancora non conoscevo... I libri mi hanno colpito notevolemente Le cheval blanc che ho finito proprio ieri sera e di cui poco fa ho letto ad alta voce una serie di pagine a Jean Schlumberger e poi subito a Roger Martin du Gard..."
Ma non fà dichiarazioni di ammirazione solo in privato, infatti Gide ne scrive anche nel suo Journal: " ...leggo soprattutto in tedesco e in inglese; ho appena divorato, uno di seguito all'altro, otto libri di Simenon al ritmo di uno al giorno (una seconda lettura per Long cours, Les inconnues dans la maison e Le pendu de Saint-Pholien).

E ancora, rivolgendosi a Simenon: "Lei avrebbe certo riso a vederci, nella stessa stanza, immersi nella lettura, Richard Heyd di Lettre à mon juge e Jacquelin H. di Il pleut, bergére... Jean Lambert, mio genero, leggeva Le haute mal; Catherine, mia figlia, Le bourgomastre de Furnes e io... in quindici giorni riletti dodici dei suoi primi libri. Gallimard é stato così gentile da spedirci quattordici suoi volumi; inoltre nelle librerie di qui tutti i Fayard disponibili (pensare che non avevo ancora letto Les fiancailles de M.Hire!). Aggiunga poi i volumi della nuova serie, sia quelli comprati qui, sia quelli che ci ha mandato lei (grazie!), divorati in breve tempo... Ero pieno di lei e lo sono ancora".
E infine gli scriverà nel '42 "Lei ci sorprenderà. Ne ho il presentimento; resto in attesa".
Più di così.

domenica 29 maggio 2011

SIMENON E CERVI... CHEZ MAIGRET

"...Ormai le  posate erano incrociate sui piatti, il sauternes era agli sgoccioli e M.me Maigret si dava da fare per sparecchiare la tavola.
- Signori che ne dite di andarci amettere comodi in salotto e magari farci una fumatina? - li invitò Maigret.
I tre sedettero sul sofà. Maigret e Simenon si diedero da fare per accendere per accendere ognuno la sua pipa. Più lunga e sottile quella dello scrittore, massiccia e capiente quella del commissario.
Cervi li osservava...
- Lei non fuma? - chiese un po' stupito il padrone di casa.
- Ho dimenticato la mia pipa... Beh io non sono un accanito fumatore di pipa come voi. Ho iniziato mentre giravo gli sceneggiati poi un po' ci ho preso gusto....anche perché mi hanno regalato tante di quelle pipe! Ogni occasione era buona: un compleanno, una festività, una ricorrenza...zac!...arrivava invariabilmente una pipa. Prima avevo fumato sempre sigarette, ma anche in questo caso mai più di una decina al giorno.
-Ah, questa è bella! Non lo sapevo proprio... - fece sorpreso Maigret - Non aveva mai toccato una pipa? Ha sentito Simenon?
- Mai... ve lo assicuro... - confermò Cervi.
- Eppure ho visto qualche puntata dei suoi sceneggiati... - riprese il commissario  - Lì fumava con una naturalezza, trattava la pipa con una dimestichezza che... complimenti lei é un ottimo attore.
Cervi era lusingato, ma si sentiva un po' a disagio tra quei due fumatori incalliti che si scambiavano curiosità, consigli, gusti...

- ...Sono stato alla Dunhill... - raccontava Simenon - Una volta ho chiesto loro una certa mistura e  poi hanno continuato a fornirmela in omaggio. L'hanno chiamata "Maigret Cut"...
- Ah, così lei fumava a sbafo un tabacco con il mio nome! - celiò Maigret - E io che non ne sapevo nulla...
- Beh non le piacerebbe...
- Già, quelle misture inglesi con tutto quel Latakia, sono troppo aromatizzate... troppo lavorate. Io preferiscco lo scaferlati gris, quelo della Caporal, un bel trinciato grosso con tabacchi sud-americani, senza tanti additivi. E poi la pipa deve essere bella grossa, con un fornello capiente...a me piace dare delle belle boccate... e farmi delle lunghe fumate...
- No, io preferisco le pipe dritte, con un cannello abbastanza lungo, così fumo più fresco...
- E invece lei, Cervi? come ha fatto a fingere così bene... - chiese Maigret, sbuffando un funo denso e azzurrino dopo un intensa boccata.
-Ma sa, questo è il mestiere dell'attore. Bisogna imparare di tutto. A tirare di scherma, a cavalcare, a bere come un vecchio ubriacone... per la pipa é stata la stessa cosa...
Intanto M.me Maigret, sistemata a sala da pranzo, aveva schiuso la finestra del salotto, in cui andavano addensandosi nubi di fumo e ora offriva una prunella d'Alsazia fatta da sua sorella che viveva da quelle parti..." (Chez Maigret - ElleU - 2003).

sabato 28 maggio 2011

SIMEON E IL PUDORE DI FAMIGLIA

Fà una strana sensazione sentire o leggere Simenon che parla di pudore. Uno come lui che ha messo, staremmo per dire, in vetrina la sua vita e le sue più intime vicende. Uno come lui che ha scritto (secondo una classificazione più o meno universalmente riconosciuta) almeno una trentina di titoli strettamente autobiografici, a partire da Les Tois Crimes de mes amis (1938), a Je me souviens (1940) a Quand jétais vieux (1963), a Lettre a ma mère (1974) fino a Mémoires intimes (1981). Tralasciando tutti i morceaux de vie di non poca imprtanza che da le Testament Donadieu (1937), a Pedigree (1948), a Trois chambres à Manhattan (1946), solo per citare qualche titolo, ritroviamo nei suoi scritti.
E poi non scordiamo che Simenon ha permesso la pubblicazione dell'intervista che cinque tra medici e psichiatri della rivista Médecine et Hygiène gli fecero nel 1968. Fu una sorta di seduta psicoanalitica di gruppo i cui risultati e le cui considerazioni finali furono poi rese pubbliche. C'erano tutte o quasi le sue ossessioni, i suoi complessi, le sue paure, i suoi rapporti con le sue mogli/compagne, insomma una sorta di radiografia che mal si accorda con il concetto di pudore. Eppure in Traces de Pas, uno dei Dictée (1973) affermava che "...fin dai tempi di mio nonno, e forse da quelli del mio bisnonno che non ho conosciuto, è esistito un 'pudore Simenon', una sorta d'incapacità di esprimere i sentimenti familiari. Questo pudore l'ho notato da ragazzo anche tra mio padre e mia madre... Mio padre, che mi adorava, non mi ha mai abbracciato...".
Questo, potrà ribattere qualcuno, riguardava i rapporti interni alla famiglia.
Ma Simenon spiega che questo pudore riguardava anche il leggere quello che veniva scritto su di lui. Non era modestia, ci teneva precisare, ma il famoso pudore Simenon. D'altronde lo scrittore ammetteva che anche lui raramente si abbracciava con i propri figli, si limitavano a dei più discreti baci sulle guance.
Poi nel penultimo Dictée, (Jour et nuit - 1979) cambia un po' versione.
"... quello che chiamavo 'pudeur Simenon', che si attagliava così bene ai comportamenti di mio nonno, di mio padre e a miei, vedendo i miei figli, mi sono reso conto che non aveva nulla a che fare con la parola pudore, non era altro che timidezza. Quella che ho sempre avvertito anche nei confronti dei miei stessi figli...".
Certo, ma allora come si spiega la sua disinvoltura sessuale? Si dirà quello è un'altro piano e valgono altre motivazioni. Come si spiega il Simenon che negli anni '30 a place des Vosges dava feste e festini o si faceva coinvolgere nelle storie tipo 'il romanzo in una gabbia di vetro' ? Si dirà, ma allora era giovane, nemmeno trentenne. E come padre di Maigret che s'inventa quel can-can del Bal Anthropometrique per lanciare il suo personaggio? Si dirà, ma quello aveva a che fare con la sua attività lavorativa.
Insomma il pudore Simenon afferiva solamente alla sua sfera personale e familiare? A nostro avviso la questione rimane aperta e le poche righe di questo post crediamo non basterebbero nemmeno a chi, professionalmente più indicato di noi, volesse trarre qualche conclusione.
   

venerdì 27 maggio 2011

SIMENON E MAIGRET NEL LINGUAGGIO DEI MEDIA

L'uso del nome di Simenon e della sua creatura più famosa, il commissario Maigret, sembra ormai entrato nell'uso comune e, soprattutto stampa e altri media, lo tirano in ballo ad esempio per citare un caso di cronaca nera, un giallo, oppure per richiamare le atmosfere dei romanzi simemoniani, ma non solo. Per curiosità siamo andati a spulciare nelle notizie recenti e vogliamo riportare alcuni tra gli esempi che abbiamo trovato, tanto per dare un'idea del fenomeno.

Agenzia ANSA - Dando la smentita di un presunto mistero intorno al testamento  del conduttore televisivo Mike Bongiorno, e in merito al trafugamento della salma del celebre presentatore: "Non c'e' alcun mistero sul testamento di Mike - dice la vedova Daniela Zuccoli, amareggiata dai ''gossip usciti ieri - Quella di ieri é una non notizia, perché già sapevamo che il commercialista di Mike aveva subito un furto e in ogni caso il nuovo testamento annulla il vecchio''. ''Qui pare che abbia trafugato io la salma, ma non c'e' - ribadisce - nessun giallo alla Simenon''. Per quanto riguarda il furto della salma ''la morte é una cosa naturale, il trafugamento no, tutta Italia - conclude Zuccoli - vuole ritrovare Mike''.

•  Lo Spazio Bianco.it - In un'intervista Igort, illustratore e disegnatore di fumetti, a proposito di una collaborazione con lo scrittore Massimo Carlotto per un lavoro con protagonista l'ormai famoso "Alligatore", cita in merito ai viaggi e all'allontanarsi dalle proprie radici "... C’é che impara l’arte del distacco stando seduto nello stesso luogo per del tempo. Io capisco meglio le mie radici se mi allontano fisicamente. Era Simenon che diceva questo: non ha mai scritto tanto bene dell’Europa sin tanto che non é andato a stare in America...".

La Repubblica - Siamo addirittura nelle pagine sportive, ciclismo, e a proposito della tappa del Giro d'Italia sul Grossglockner, Maurizio Crosetti commenta: "...All'ora di pranzo, lo oscuravano nuvole cattive ma scenografiche, poi spostate appena da una spallatina di sole nel pacchetto di mischia delle rocce. La neve era sporca, come avrebbe detto Simenon... tuttavia suggestiva..."

Cinecittà News - Citando uno dei due film che hanno chiuso la kermesse cinematografica di Cannes, Once upon a time in Anatolia di Nuri Bilge Ceylan, Cristiana Paternò scrive: "...con "Once upon a time in Anatolia" ha composto un giallo dalle atmosfere misteriose e sospese, che a tratti ricordano Georges Simenon, dove il colpevole è noto fin dall'inizio dell'indagine...".

LeiWeb - il sito di Io donna settimale femminile della Rizzoli, allegato al Corriere della Sera, in un'inchiesta, dedicata ad un'agenzia investigativa gestita da una donna, l'articolista Pierangelo Sapegno, raccontando la storia di un appostamento per raccogliere le prove di un tradimento, scrive : "...c’è qualcosa che colpisce entrando dentro a queste vite, una melanconia tutta femminile, nella scansione ripetuta dei tempi e dei gesti. C’è qualcosa della tristezza delle donne. I due amanti compiono sempre gli stessi movimenti, ripetono assiduamente gli stessi appuntamenti, all’apparenza così noiosi, come se venissero fuori da un romanzo di Georges Simenon, nel grigiore di una città che ha qualcosa della provincia francese, della sua lentezza...".

• Il Giornale - A proposito del reato di violenza sessuale ai danni di una cameriera di un hotel newyorkese, di cui è stati incriminato Dominique Strauss-Kahn, ormai ex-direttore del Fondo Monetario Internazionale, Luciano Gulli addirittura attacca l'articolo scrivendo "Simenon, che era Simenon, se c’era una femmina in giro faceva terra bruciata, e le cameriere lo ingolosivano non meno delle baronesse, non avrebbe mai commesso una simile connerie, per dirla in francese. Perché anche con le cameriere, soprattutto con le cameriere, avrebbe fatto dire Simenon all’ispettore Maigret, ci vuole stile...".

Il Corriere della Sera - Nelle pagine del Corriere del Mezzogiorno.it si parla della Festa della polizia a Salerno, con un intervento di Enzo Todaro in cui cita tra l'altro i commissari che lì hanno fatto storia: "...Guardo al passato e mi viene in mente il mitico Ugo Macera. Conosciuto in Italia e all'estero come il Maigret italiano...".

Lettera 43 - Il quotidiano on-line indipendente dedica un articolo all'occupazione del mezzo televisivo attuata dal premier e dagli uomini del suo governo e/o del suo partito. Scrivendo degli "onnipresenti della tv" e degli "stakanovisti degli studi televisivi", Massimo Del Papa scrive tra l'altro: "...Per alcuni, è fondato il sospetto che dormano direttamente negli studi, forse su una poltroncina pieghevole, come Maigret al Quai...".

Come avete potuto constatare si passa dalla cronaca nera allo sport, dagli scandali alle rievocazioni, dalle inchieste allo spettacolo. Ma fare riferimento a Simenon o a Maigret sembra venga comunque spontaneo nel mondo dei media.
E abbiamo preso in esame solo questo mese di maggio.

giovedì 26 maggio 2011

SIMENON GIORNALISTA E I GIORNALISTI

Iniziò prima di tutti. Lo possiamo dire? A sedici anni entrò alla Gazzette de Liège. Poi, una volta a Parigi, scrisse per diversi giornali, e non solo racconti, ma allora ancora si firmava Georges Sim. E' stata solo una fase trasitoria che non ha lasciato tracce rilevanti, oppure un'esperienza con i connotati dell'impriting, con cui fare i conti per tutta la vita?
La risposta dello scrittore "...il giornalista è soprattutto un uomo che scrive una o due colonne su un argomento di cui non conosce neanche una parola...".
Descrizione riduttiva se non ingenerosa, per uno come lui che conosceva bene i meccanismi di quel mestiere. Certo scrivere qualcosa commissionato da un capo-redattore o da un direttore è ovviamente tutt'altro che scrivere in état de roman. A Simenon, soprattutto in età avanzata, nonostante ne avesse fatte tante anche lui, capitava spesso di lamentarsi delle interviste. Sosteneva che o si trattava di reporter impreparati, che facevano domande troppo banali, del tutto fuori centro. Oppure arrivavano quelli che già sapevano tutto di lui, che conoscevano benissimo come Simenon la pensava o come era successo un determinato avvenimento. E questo se non proprio di fastidio, era fonte di grande noia per lo scrittore.
Nella chiacchierata con Raphael Sorin, pubblicata su Le Monde nell'81, raccontava: " I giornalisti arrivano, si siedono davanti a me... e poi chiacchieriamo. Faccio vedere loro le pipe su questo camino. Ognuna corrisponde ad un momento della giornata... Poi mi chiedono di toccare il cedro nel giardino...Dopodichè, quasi tutti, scrivono su di me delle cose incredibili. Parlano di un Simenon che non esiste...".
Certo Simenon era stato il giornalista dei notevoli scoop, come l'intervista a Trotsky, ma anche quello di grandi flop, come il caso Stavisky. Il giornalismo era la professione che l'aveva salvato dall'indigenza quando era un adolescente orfano di padre e aveva dovuto smettere gli studi. E proprio un altro giornale, Le Matin, fu quello che, grazie a Colette, gli pubblicò il primo racconto e che diede il via alla sua scalata al mestiere di scrittore. E poi i suoi viaggi, da cui traeva reportage, finivano sempre tra le pagine di qualche quotidiano o di un settimanale. Anche a settantaquattro anni pubblicò un'intervista che fece epoca, come quella al regista e suo caro amico Federico Fellini, commissionatagli dall'Express (quella in cui Simenon dichiarò di avere avuto le famose diecimila donne).