Iniziò prima di tutti. Lo possiamo dire? A sedici anni entrò alla Gazzette de Liège. Poi, una volta a Parigi, scrisse per diversi giornali, e non solo racconti, ma allora ancora si firmava Georges Sim. E' stata solo una fase trasitoria che non ha lasciato tracce rilevanti, oppure un'esperienza con i connotati dell'impriting, con cui fare i conti per tutta la vita?
La risposta dello scrittore "...il giornalista è soprattutto un uomo che scrive una o due colonne su un argomento di cui non conosce neanche una parola...".
Descrizione riduttiva se non ingenerosa, per uno come lui che conosceva bene i meccanismi di quel mestiere. Certo scrivere qualcosa commissionato da un capo-redattore o da un direttore è ovviamente tutt'altro che scrivere in état de roman. A Simenon, soprattutto in età avanzata, nonostante ne avesse fatte tante anche lui, capitava spesso di lamentarsi delle interviste. Sosteneva che o si trattava di reporter impreparati, che facevano domande troppo banali, del tutto fuori centro. Oppure arrivavano quelli che già sapevano tutto di lui, che conoscevano benissimo come Simenon la pensava o come era successo un determinato avvenimento. E questo se non proprio di fastidio, era fonte di grande noia per lo scrittore.
Nella chiacchierata con Raphael Sorin, pubblicata su Le Monde nell'81, raccontava: " I giornalisti arrivano, si siedono davanti a me... e poi chiacchieriamo. Faccio vedere loro le pipe su questo camino. Ognuna corrisponde ad un momento della giornata... Poi mi chiedono di toccare il cedro nel giardino...Dopodichè, quasi tutti, scrivono su di me delle cose incredibili. Parlano di un Simenon che non esiste...".
Certo Simenon era stato il giornalista dei notevoli scoop, come l'intervista a Trotsky, ma anche quello di grandi flop, come il caso Stavisky. Il giornalismo era la professione che l'aveva salvato dall'indigenza quando era un adolescente orfano di padre e aveva dovuto smettere gli studi. E proprio un altro giornale, Le Matin, fu quello che, grazie a Colette, gli pubblicò il primo racconto e che diede il via alla sua scalata al mestiere di scrittore. E poi i suoi viaggi, da cui traeva reportage, finivano sempre tra le pagine di qualche quotidiano o di un settimanale. Anche a settantaquattro anni pubblicò un'intervista che fece epoca, come quella al regista e suo caro amico Federico Fellini, commissionatagli dall'Express (quella in cui Simenon dichiarò di avere avuto le famose diecimila donne).
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