lunedì 6 giugno 2011

SIMENON. CRONACA...NOIR

Simenon giornalista. Quando era adolescente a Liegi, poi a Parigi prima quando pubblicava sui quotidiani ogni cosa che gli riuscisse di piazzare, poi quando la sua fama di scrittore gli apriva molte porte e i giornali facevano a gara per avere la firma di Simenon sulle loro pagine.
Siamo nel 1937, ha trentaquattro anni, vive a Marsilly, vicino a La Rochelle in una casa nobiliare di campagna, La Richardière, insieme alla moglie Tigy e la femme de chambre Boule. Come scrittore è ormai lanciato. Ha terminato di pubblicare le prime diciannove inchieste del commissario Maigret (che lui allora pensava fossero anche le ultime), aveva firmato il contratto con la prestigiosa Gallimard  (con cui dal '34 aveva già pubblicato ben venti romanzi), stava passando i famosi cinque anni senza scrivere nemmeno un Maigret. Ma soprattutto era passato alla terza fase che si era a suo tempo prefissata, quella di romanziere. Superato il periodo della letteratura alimentare (i romanzi popolari commissionati), quella semi-alimentare (i Maigret), adesso era nella fase dei romans romans, l'apprendistato era finito e ormai si sentiva davvero maturo per definirsi "romanziere".
Ma tutto ciò non gli impediva di continuare a scrivere per i giornali. Questa volta si tratta di un'inchiesta a puntate sulla criminalità parigina. Il committente è Paris-Soir, che con Simenon aveva avuto una brutta esperienza, nel '34, in occasione del famoso affaire Stavisky, scandalo finanziario con dubbio suicidio del protagonista. Anche lì Paris-Soir, visto che gli inquirenti non facevano progressi, lo aveva ingaggiato grazie alla fama che si era fatto con Maigret. Infatti, affidando l'incarico allo scrittore, era come, soprattutto agli occhi dei lettori, se avessero consegnato un mandato al commissario Maigret. Simenon indagò, fece ipotesi anche azzardate, spese un discreto budget, la tirò un po' per le lunghe, ma alla fine si ritrovò su una pista del tutto sbagliata, dimostrando quanto un buon scrittore di gialli fosse lontano da un bravo investigatore.
Ma nel '37 lo stesso Paris-Soir gli commissiona un lavoro molto più consono alle sue qualità. Infatti questa inchiesta sulla malavita di Parigi, che si intitolerà Police-secours ou les Nouveaux Mystère de Paris, è una serie di dieci articoli che appariranno dal 6 al 10 settembre, i quali saranno poi raccolti con lo stesso titolo nell'85 (editore Mille Et Une Nuits - Petite Collection). In questi articoli...romanzati Simenon passa in rassegna casi criminali che nelle sue mani diventano quasi dei racconti, dove la sua capacità di osservazione e la sua creatività di scrittore li trasformano in brevi noir, dove l'ambiente, l'atmosfera e i personaggi sono quasi più importanti dei crimini.
Stile stringato, a volte secco, quello dei pezzi di cornaca nera da venti righe, geografia della criminalità parigina con i luoghi dei boss e le bettole malfamate, insomma un affresco in noir di una Parigi anni '30 che, fascinosa già di per sè, diventa ancor più intrigante attraverso le parole di Simenon.

domenica 5 giugno 2011

SIMENON. SE MAIGRET INDAGA SU...SIMENON

Josephine Baker - "...Era arrivato a rue Poissoniére, davanti al Café Brebant, un vecchio locale. Entrò e non trovò nessuno che potesse somigliare alla Baker. Si sedette e ordinò un vieux calvados.
Appena lei entrò la riconobbe subito.  Il corpo ancora dritto, avvolto in leggero soprabito color crema, un cappello che le nascondva i capelli. I tratti del viso erano un po' spenti rispetto a quelli che Maigret ricordava di aver visto a suo tempo nelle foto o nei manfesti.
Si alzò, levando la pipa di bocca. A piccoli passi la Baker si avvicinò al tavolino e salutò il commissario con un filo di voce....
- Veniamo al motivo di questo incontro.Vede, madame Baker, sto raccogliendo testimonianze su Simenon e siccome so che tra voi c'è stata una certa amicizia, anzi più di un rapporto amichevole, volevo chiederle di aggiungere un tassello al mosaico che sto costruendo.
- Ma quale tassello desidera? Vuole che le parli della nostra storia? Sa, commissario, c'é poco da dire. Eravamo felici insieme, molto felici, tra me e Georges esistevano diversi punti in comune. Avevamo entrambe una gran voglia di vivere, di esplorare sia la vita che i rapporti umani fino in fondo, senza pregiudizi né remore. Amavamo tutti e due il sesso senza tabù e condizionamenti. E poi eravamo due spiriti liberi, molto liberi...
Maigret ripensava a quando era scoppiato il fenomeno Baker. C'era stato un periodo in cui sembrava che Parigi fosse letteralmente impazzita per questa mulatta d Saint Louis, che aveva debuttato al teatro degli Champs Elysées..."

Henry Miller - "...La prima cosa che fece fu mostrargli il premio.
- Ecco guardi qui... - era al Legion d'Onore al merito letterario - dopo tanti anni di ostracismo quei fottuti hano dovuto piegare la testa. Ah ah! Qui li volevo. Quei bastardi delle accademie, quelli che mi accusavano di essere un pornografo. Ecco qui la Legion d'onore della Repubblica Francese. Lo sa che farei se avessi tempo? L'andrei a sbattere in faccia a quelli che mi hanno processato e condannato per oscenità
Lo sfogo di Miller non era cattivo. Maigret  non lo conosceva, ma lo cassificò tra il sarcastico e il canzonatorio. "Questo Miller - pensò tra sé e sé  - deve essere un bel soggetto!".
Appena gli parlò di Simenon, gli occhi dello scrittore americano si illuminarono.
- Simenon? Fantastico, è uno scrittore assolutamente fuoriserie. E' un monarca. Un vero monarca!
- Nel senso che era un dispotico?
- Nel senso che ha ancora sotto di sé milioni di sudditi, di lettori che ogni notte vengono dominati da lui e che non possono dormire se non hanno finito un suo libro....".

Tigy Simenon - "...Aspettò l'ora dell'appuntamento con madame Rénchon, passeggiando pigramente  e godendosi il sole decisamente caldo.
Rue de Tresor, non lontana dalla brasserie, era un piccola via senza uscita e molto tranquilla. Maigret chiese alla portiera qual era l'appartamento. Salì fino al terzo piano. Ripose la pipa e suonò. Gli aprì una giovane dal grembiule azzurro.
- Chi devo dire?
- Il commissario Maigret.
Un po' stupita lo fece accomodare in un salottino verde letteralemente tappezzato da quadri. Il commissario ebbe il tempo di osservare i quadri, tutti firmati Tigy tra cui gli parve di riconscere un ritratto di Simenon.
- Commissario buongiorno.
- Buongiorno. Mi scuso per questa visita, ma vorrei prima di tutto tranquillizarla. Non sono qui in veste di commissario di polizia...
- Conosceva Georges?
- No. Cioè sì, l'ho conosciuto a Quai des Orfévres, ma è stata poco più di una conoscenza occasionale. Suo marito... o meglio il suo ex-marito si accingeva a scrivere una serie di romanzi con il mio nome... cioè con un personaggio che mi...  - Maigret era imbarazzato. Nel dire quelle cose alla persona che forse più di ogni altra era stata vicina a Simenon, si sentiva a disagio. Forse lei e Simenon avevano parlato anche di lui. Probabilmente avevano anche riso...
- Si ricordo quegli anni. Sono stati forse i più belli...
...Madame Tigy era molto magra, i lineamenti un po' mascolini, ma ancora intatti nonostante l'età. Parlava con voce chiara e decisa.
- Ma mi dica commissario, a cosa devo questa sua visita?
- E' una storia un po' lunga, ma cercherò di spiegarle - Maigret chiarì  per l'ennesima volta perchè un commissario di polizia si interessasse a Simenon - Per me è estremamente difficile capire la persona e forse solo lei o gli amici come Paul Lazareff, mi potranno aiutare davvero.
- Ma lei sa che Georges non amava i riconoscimenti? Detestava tutti gli aspetti accademici della letteratura, non si sentiva a sua agio....Non so quanto sarebbe stato contento di questa operazione (farne da parte del governo una sorta di simbolo mondiale della letteratura contemporanea di lingua francese). Ebbe una grade delusione dalla Francia quando, dopo la guerra, fu accusato di collaborazionismo. E pensare che quando partì da Liegi per trasferirsi a Parigi, era al settimo cielo..."(Maigret e il caso Simenon - BdV- 1994).

sabato 4 giugno 2011

SIMENON. RITRATTO DI BALZAC

Nel 1960 Simenon scrisse Portait-souvenir de Balzac. Era un argomento che gli era stato chiesto da Stephane e Darbois di cui avrebbe dovuto parlare in televisione. Si tratta di poco più di una ventina di pagina, in cui traccia una sintetica biografia dell'uomo, dei suoi aspetti più caratteristici, ma con la quale  Simenon approfitta per marcare le differenze tra lui e il romanziere ottocentesco, nonostante che dopo l'affermazione di Gide (possiamo dire che Simenon sia il Blazac del '900), questo connubio gli fosse rimasto appuntato addosso quasi come una medaglia. Quindi prende le distaze, anche se poi cita dei tratti che non sono dissimili dai propri. Balzac scrisse Papa Goriot in tre giorni. Balzac rovinò la sua vita per riuscire nella letteratura. Balzac pubblicò a volte sei o addirittura otto romanzi l'anno. Balzac si sposò per raggiungere quell'equilibrio che non trovava in sé stesso.
In questo ritratto c'è anche una prefazione di Simenon in cui ribadisce: "...io non credo di avere alcun punto in comune con il romanziere de La Comédie humaine, se non forse la prolificità...".
Ma c'è un'altra cosa che a Simenon preme dimostrare. Il suo concetto di romanziere, proprio attraverso l'esempio di Balzac (in cui evidentemente si ravvisa un'altra analogia), che afferma non essere un lavoro come un altro. O per lo meno lui non lo percepisce così e questa spiegazione la dedica a: "...tutti quelli che scrivono i loro romanzi per piacere, per vanità, o nella speranza di un guadagno facile, ai professori, agli uomini politici, alle ragazze o alle giovani mogli che vogliono farci conoscere le loro idee e le loro piccole esperienze e anche a tutti quelli che credono che il mestiere di romanziere sia un mestiere come un altro..."
Simenon insiste sulla sua impellenza a scrivere, sullo stato di malessere in cui si viene a trovare e da cui ne esce solo scrivendo un romanzo, su quella sorta di imperativo che gli viene dal più profondo dell'animo. Come si fa a paragonarlo ad un lavoro qualsiasi?
E infatti chiude la sua prefazione con un sorta di auspicio: "...possa io dimostrare a tutti, attraverso Balzac, che essere romanziere è una vocazione, se non una maledizione o addirittura una malattia...".

venerdì 3 giugno 2011

SIMENON. LA VENDETTA DI DENYSE: UN LIBRO

Un oiseau pour le chat. Letteralmente Un uccello per il gatto. E' il titolo allusivo e molto poco metaforico che Denyse Simenon scrisse nel '78. Con una sorta di legge del contrappasso voleva punire suo marito (non aveva mai voluto divorziare e il suo cognome rimase Simenon) descrivendone i tratti più intimi e meno edificanti, facendosi aiutare da gosth-writer e lavorando in parte di fantasia. Simenon lo definì "buono per gli psichiatri" e in questo giudizio c'era tutta la sua riprovazione, ma anche la pena per un donna che aveva profondamente amato, ma che poi, minata dall'alcolismo e dai suoi problemi pschici ,era diventata un'altra persona, sempre bisognosa di cure, dall'equilibrio instabile e animata da un forte risentimento nei confronti del marito.
Per qualcuno la convivenza di quasi vent'anni con Simenon, non era estranea allo stato in cui si era ridotta. Ma si parla molto anche del suo carattere instabile, delle reazioni al complesso di inferiorità nei confronti del marito, che soprattutto nelle occasioni pubbliche calamitava l'attenzione di tutti, lasciandola in un cono d'ombra.
La scelta del libro, che si abbinò ad una serie di azioni giudiziarie che Denyse intentò contro Georges, era quindi il modo per ripagarlo di tutti quegli anni passati con lui che aveva dato la precedenza alla protagonosta della sua vita, la scrittura.
Denyse non lo accettava, anche se sapeva che nessuno, forse nemmeno i figli, avrebbe potuto rappresentare per il romanziere una ragione di vita più importante della letteratura. E anche lei si sentiva continuamente in secondo piano. Questo però è vero solo in parte. Simenon cercava di essere più vicino possibile alla famiglia, non era un amante della vita mondana, non frequentava il mondo letterario. Certo aveva questa spinta compulsiva sessuale che lo portava alla continua ricerca di donne, ma anche qui Denyse cercò di assecondarlo, addirittura accompagnandolo, quasi per non perderne il controllo. Ma Simenon non era tipo da farsi controllare da nessuno, nemmeno da sua moglie.
Sta di fatto che, aldilà della conclusione drammatica della loro storia, con tutti i problemi e gli strascichi giudiziari, rimane questo libro. Uno dei gosth-writer che l'aiutarono raccontò che una delle ossesioni di Denyse era quella di dimostrare di sapre scrivere meglio del marito.
Più che i contenuti del libro a far rumore quindi fu il notevole colpo mediatico: la vera "signora  Maigret" pubblicava un libro sui segreti del marito! E solo questo bastò per scatenare la bagarre dei media che comunque Simeon incassò tutto sommato bene. Chi ne soffrì molto fu invece la figlia, Marie-Jo, la quale dopo un mese morì, suicidandosi.

mercoledì 1 giugno 2011

SIMENON. "L'AFFAIRE SAINT-FIACRE", E' ROBA DA JEAN GABIN

L'affaire Saint-Fiacre è una delle inchieste del commissario Maigret della serie Fayard uscito nel 1932. Da questo libro  Jean Delannoy trasse nel 1959 una trasposizione cinematografica (Maigret et l'affaire Saint-Fiacre) interpretata dal grande Jean Gabin e Valentine Tessier. In questo video un esempio della bravura dell'attore francese, per ben tre volte nei panni di Maigret sul grande schermo. (Youtube da )

martedì 31 maggio 2011

SIMENON. ACCADEMIE, ACCADEMICI E PREMI LETTERARI

Il rapporto tra il mondo letterario e Simenon non è sempre stato idilliaco, tanto che lui stesso amava ripetere che avrebbe frequentato più volentieri un congresso medico che uno di letterati. Si teneva infatti lontano dai salotti, dalle compagnie e dalle congreghe fatte di scrittori, critici e i cosiddetti uomini di lettere. Anche con i suoi editori aveva sempre tenuto un po' le distanze, niente rapporti amichevoli, solo relazioni di lavoro (cosa di cui fece le spese anche Gallimard).
Peggio ancora con le istituzioni letterarie e ancor meno con le accademie.
"...Quando Mauriac mi propose nei suoi Bloc-notes  di entrare nell'Accademia francese, domandandoi di assumere la doppia nazionalità, io ho risposto di no - racconta Simenon a Bernard Pivot -  Innanzitutto non voglio la doppia nazionalità e soprattutto non voglio infilarmi nei panni dell'esattore di banca...".
D'altronde Simenon infatto aveva rifiutato più volte la nazionalità francese. Voleva restare belga. Forse per questo si fece convincere nel '52 ad entrare nell'Accademia Reale del Belgio. Come scrisse su Quand j'ètais vieux, non era però contento "...mi hanno forzato la mano...Vi ho messo piede una sola volta... " E spiegò in un lettera: "...detto tra noi, vi giuro che questo non mi ha fato certo piacere, ma io ho approfittato di questa occasione per dimostrare ai miei compatrioti che sono rimasto uno di loro...".
E nei confronti dei premi letterari Simenon aveva un'avversione non da poco. Stigmatizzava con forza quei consessi dove un gruppo di persone per i motivi più vari si riunisce per decidere chi premiare: " ...vi giuro che ho iniziato ad odiare davvero la letteratura e tutto quello che essa comporta. La parola odio potrebbe sebrare un po' troppo forte. Ma l'dea che nove o dieci scrittori si riuniscano intorno ad un tavolo per leggere il miglior romanzo dell'anno (?), che un certo numero di vecchie signore facciano altrettanto in un ristorante, che anche dei giornalisti si mettano a giudicare, mi pare inaccettabile..."
Altro atteggiamento verso il premio dei premi, il Nobel che, aldilà delle smentite, Simenon avrebbe davvero voluto ricevere.
Scriveva infatti nel '51 al suo editore (Sven Nielsen): "...Giuro che sarei davvero onorato di essere uno premio Nobel. E' infatti la sola onorificenza alla quale ho sempre attribuito un certo valore...".
Ma nel '61 già parlava diversamente: "...Qualche anno fa' il Nobel mi avrebe fatto piacere. Oggi non sono più sicuro che l'accetterei..."
Nel '73 la sua posizione su Nobel si é completamente ribaltata : "...A quarantacinque anni l'avrei accettato. In questi utimi anni i tedeschi e gli americani si sono dati da fare affinchè fossi candidato al Nobel. Ho tagliato corto, non l'avrei accettato per nessuna ragione...".

lunedì 30 maggio 2011

SIMENON. COSA NE DICEVA ANDRE' GIDE

Che Gide fosse un ammiratore di Simenon è cosa nota. Ma come si sono conosciuti? Beh, intanto erano entrambe scrittori per Gallimard. Che sia stato patron Gaston a farli incontrare o che sia stato Gide a sponsorizzare l'entrata di Simenon nella case editrice, poco cambia. L'ammirazione che il premio Nobel nutriva per il romanziere e soprattutto la fiducia per le sue future possibilità era davvero notevole.
In una delle sue prime lettere a Simenon Gide scrive:"...Ho appena letto uno dopo l'altro nove dei suoi libri, ovvero tutti gli ultimi pubblicati...Inoltre ho voluto tornare indietro e dalla collezione Fayard, ho ritirato fuori Le fou de Bergerac, Au rendez-vous de Terre-Nuevas, che ancora non conoscevo... I libri mi hanno colpito notevolemente Le cheval blanc che ho finito proprio ieri sera e di cui poco fa ho letto ad alta voce una serie di pagine a Jean Schlumberger e poi subito a Roger Martin du Gard..."
Ma non fà dichiarazioni di ammirazione solo in privato, infatti Gide ne scrive anche nel suo Journal: " ...leggo soprattutto in tedesco e in inglese; ho appena divorato, uno di seguito all'altro, otto libri di Simenon al ritmo di uno al giorno (una seconda lettura per Long cours, Les inconnues dans la maison e Le pendu de Saint-Pholien).

E ancora, rivolgendosi a Simenon: "Lei avrebbe certo riso a vederci, nella stessa stanza, immersi nella lettura, Richard Heyd di Lettre à mon juge e Jacquelin H. di Il pleut, bergére... Jean Lambert, mio genero, leggeva Le haute mal; Catherine, mia figlia, Le bourgomastre de Furnes e io... in quindici giorni riletti dodici dei suoi primi libri. Gallimard é stato così gentile da spedirci quattordici suoi volumi; inoltre nelle librerie di qui tutti i Fayard disponibili (pensare che non avevo ancora letto Les fiancailles de M.Hire!). Aggiunga poi i volumi della nuova serie, sia quelli comprati qui, sia quelli che ci ha mandato lei (grazie!), divorati in breve tempo... Ero pieno di lei e lo sono ancora".
E infine gli scriverà nel '42 "Lei ci sorprenderà. Ne ho il presentimento; resto in attesa".
Più di così.

domenica 29 maggio 2011

SIMENON E CERVI... CHEZ MAIGRET

"...Ormai le  posate erano incrociate sui piatti, il sauternes era agli sgoccioli e M.me Maigret si dava da fare per sparecchiare la tavola.
- Signori che ne dite di andarci amettere comodi in salotto e magari farci una fumatina? - li invitò Maigret.
I tre sedettero sul sofà. Maigret e Simenon si diedero da fare per accendere per accendere ognuno la sua pipa. Più lunga e sottile quella dello scrittore, massiccia e capiente quella del commissario.
Cervi li osservava...
- Lei non fuma? - chiese un po' stupito il padrone di casa.
- Ho dimenticato la mia pipa... Beh io non sono un accanito fumatore di pipa come voi. Ho iniziato mentre giravo gli sceneggiati poi un po' ci ho preso gusto....anche perché mi hanno regalato tante di quelle pipe! Ogni occasione era buona: un compleanno, una festività, una ricorrenza...zac!...arrivava invariabilmente una pipa. Prima avevo fumato sempre sigarette, ma anche in questo caso mai più di una decina al giorno.
-Ah, questa è bella! Non lo sapevo proprio... - fece sorpreso Maigret - Non aveva mai toccato una pipa? Ha sentito Simenon?
- Mai... ve lo assicuro... - confermò Cervi.
- Eppure ho visto qualche puntata dei suoi sceneggiati... - riprese il commissario  - Lì fumava con una naturalezza, trattava la pipa con una dimestichezza che... complimenti lei é un ottimo attore.
Cervi era lusingato, ma si sentiva un po' a disagio tra quei due fumatori incalliti che si scambiavano curiosità, consigli, gusti...

- ...Sono stato alla Dunhill... - raccontava Simenon - Una volta ho chiesto loro una certa mistura e  poi hanno continuato a fornirmela in omaggio. L'hanno chiamata "Maigret Cut"...
- Ah, così lei fumava a sbafo un tabacco con il mio nome! - celiò Maigret - E io che non ne sapevo nulla...
- Beh non le piacerebbe...
- Già, quelle misture inglesi con tutto quel Latakia, sono troppo aromatizzate... troppo lavorate. Io preferiscco lo scaferlati gris, quelo della Caporal, un bel trinciato grosso con tabacchi sud-americani, senza tanti additivi. E poi la pipa deve essere bella grossa, con un fornello capiente...a me piace dare delle belle boccate... e farmi delle lunghe fumate...
- No, io preferisco le pipe dritte, con un cannello abbastanza lungo, così fumo più fresco...
- E invece lei, Cervi? come ha fatto a fingere così bene... - chiese Maigret, sbuffando un funo denso e azzurrino dopo un intensa boccata.
-Ma sa, questo è il mestiere dell'attore. Bisogna imparare di tutto. A tirare di scherma, a cavalcare, a bere come un vecchio ubriacone... per la pipa é stata la stessa cosa...
Intanto M.me Maigret, sistemata a sala da pranzo, aveva schiuso la finestra del salotto, in cui andavano addensandosi nubi di fumo e ora offriva una prunella d'Alsazia fatta da sua sorella che viveva da quelle parti..." (Chez Maigret - ElleU - 2003).

sabato 28 maggio 2011

SIMEON E IL PUDORE DI FAMIGLIA

Fà una strana sensazione sentire o leggere Simenon che parla di pudore. Uno come lui che ha messo, staremmo per dire, in vetrina la sua vita e le sue più intime vicende. Uno come lui che ha scritto (secondo una classificazione più o meno universalmente riconosciuta) almeno una trentina di titoli strettamente autobiografici, a partire da Les Tois Crimes de mes amis (1938), a Je me souviens (1940) a Quand jétais vieux (1963), a Lettre a ma mère (1974) fino a Mémoires intimes (1981). Tralasciando tutti i morceaux de vie di non poca imprtanza che da le Testament Donadieu (1937), a Pedigree (1948), a Trois chambres à Manhattan (1946), solo per citare qualche titolo, ritroviamo nei suoi scritti.
E poi non scordiamo che Simenon ha permesso la pubblicazione dell'intervista che cinque tra medici e psichiatri della rivista Médecine et Hygiène gli fecero nel 1968. Fu una sorta di seduta psicoanalitica di gruppo i cui risultati e le cui considerazioni finali furono poi rese pubbliche. C'erano tutte o quasi le sue ossessioni, i suoi complessi, le sue paure, i suoi rapporti con le sue mogli/compagne, insomma una sorta di radiografia che mal si accorda con il concetto di pudore. Eppure in Traces de Pas, uno dei Dictée (1973) affermava che "...fin dai tempi di mio nonno, e forse da quelli del mio bisnonno che non ho conosciuto, è esistito un 'pudore Simenon', una sorta d'incapacità di esprimere i sentimenti familiari. Questo pudore l'ho notato da ragazzo anche tra mio padre e mia madre... Mio padre, che mi adorava, non mi ha mai abbracciato...".
Questo, potrà ribattere qualcuno, riguardava i rapporti interni alla famiglia.
Ma Simenon spiega che questo pudore riguardava anche il leggere quello che veniva scritto su di lui. Non era modestia, ci teneva precisare, ma il famoso pudore Simenon. D'altronde lo scrittore ammetteva che anche lui raramente si abbracciava con i propri figli, si limitavano a dei più discreti baci sulle guance.
Poi nel penultimo Dictée, (Jour et nuit - 1979) cambia un po' versione.
"... quello che chiamavo 'pudeur Simenon', che si attagliava così bene ai comportamenti di mio nonno, di mio padre e a miei, vedendo i miei figli, mi sono reso conto che non aveva nulla a che fare con la parola pudore, non era altro che timidezza. Quella che ho sempre avvertito anche nei confronti dei miei stessi figli...".
Certo, ma allora come si spiega la sua disinvoltura sessuale? Si dirà quello è un'altro piano e valgono altre motivazioni. Come si spiega il Simenon che negli anni '30 a place des Vosges dava feste e festini o si faceva coinvolgere nelle storie tipo 'il romanzo in una gabbia di vetro' ? Si dirà, ma allora era giovane, nemmeno trentenne. E come padre di Maigret che s'inventa quel can-can del Bal Anthropometrique per lanciare il suo personaggio? Si dirà, ma quello aveva a che fare con la sua attività lavorativa.
Insomma il pudore Simenon afferiva solamente alla sua sfera personale e familiare? A nostro avviso la questione rimane aperta e le poche righe di questo post crediamo non basterebbero nemmeno a chi, professionalmente più indicato di noi, volesse trarre qualche conclusione.
   

venerdì 27 maggio 2011

SIMENON E MAIGRET NEL LINGUAGGIO DEI MEDIA

L'uso del nome di Simenon e della sua creatura più famosa, il commissario Maigret, sembra ormai entrato nell'uso comune e, soprattutto stampa e altri media, lo tirano in ballo ad esempio per citare un caso di cronaca nera, un giallo, oppure per richiamare le atmosfere dei romanzi simemoniani, ma non solo. Per curiosità siamo andati a spulciare nelle notizie recenti e vogliamo riportare alcuni tra gli esempi che abbiamo trovato, tanto per dare un'idea del fenomeno.

Agenzia ANSA - Dando la smentita di un presunto mistero intorno al testamento  del conduttore televisivo Mike Bongiorno, e in merito al trafugamento della salma del celebre presentatore: "Non c'e' alcun mistero sul testamento di Mike - dice la vedova Daniela Zuccoli, amareggiata dai ''gossip usciti ieri - Quella di ieri é una non notizia, perché già sapevamo che il commercialista di Mike aveva subito un furto e in ogni caso il nuovo testamento annulla il vecchio''. ''Qui pare che abbia trafugato io la salma, ma non c'e' - ribadisce - nessun giallo alla Simenon''. Per quanto riguarda il furto della salma ''la morte é una cosa naturale, il trafugamento no, tutta Italia - conclude Zuccoli - vuole ritrovare Mike''.

•  Lo Spazio Bianco.it - In un'intervista Igort, illustratore e disegnatore di fumetti, a proposito di una collaborazione con lo scrittore Massimo Carlotto per un lavoro con protagonista l'ormai famoso "Alligatore", cita in merito ai viaggi e all'allontanarsi dalle proprie radici "... C’é che impara l’arte del distacco stando seduto nello stesso luogo per del tempo. Io capisco meglio le mie radici se mi allontano fisicamente. Era Simenon che diceva questo: non ha mai scritto tanto bene dell’Europa sin tanto che non é andato a stare in America...".

La Repubblica - Siamo addirittura nelle pagine sportive, ciclismo, e a proposito della tappa del Giro d'Italia sul Grossglockner, Maurizio Crosetti commenta: "...All'ora di pranzo, lo oscuravano nuvole cattive ma scenografiche, poi spostate appena da una spallatina di sole nel pacchetto di mischia delle rocce. La neve era sporca, come avrebbe detto Simenon... tuttavia suggestiva..."

Cinecittà News - Citando uno dei due film che hanno chiuso la kermesse cinematografica di Cannes, Once upon a time in Anatolia di Nuri Bilge Ceylan, Cristiana Paternò scrive: "...con "Once upon a time in Anatolia" ha composto un giallo dalle atmosfere misteriose e sospese, che a tratti ricordano Georges Simenon, dove il colpevole è noto fin dall'inizio dell'indagine...".

LeiWeb - il sito di Io donna settimale femminile della Rizzoli, allegato al Corriere della Sera, in un'inchiesta, dedicata ad un'agenzia investigativa gestita da una donna, l'articolista Pierangelo Sapegno, raccontando la storia di un appostamento per raccogliere le prove di un tradimento, scrive : "...c’è qualcosa che colpisce entrando dentro a queste vite, una melanconia tutta femminile, nella scansione ripetuta dei tempi e dei gesti. C’è qualcosa della tristezza delle donne. I due amanti compiono sempre gli stessi movimenti, ripetono assiduamente gli stessi appuntamenti, all’apparenza così noiosi, come se venissero fuori da un romanzo di Georges Simenon, nel grigiore di una città che ha qualcosa della provincia francese, della sua lentezza...".

• Il Giornale - A proposito del reato di violenza sessuale ai danni di una cameriera di un hotel newyorkese, di cui è stati incriminato Dominique Strauss-Kahn, ormai ex-direttore del Fondo Monetario Internazionale, Luciano Gulli addirittura attacca l'articolo scrivendo "Simenon, che era Simenon, se c’era una femmina in giro faceva terra bruciata, e le cameriere lo ingolosivano non meno delle baronesse, non avrebbe mai commesso una simile connerie, per dirla in francese. Perché anche con le cameriere, soprattutto con le cameriere, avrebbe fatto dire Simenon all’ispettore Maigret, ci vuole stile...".

Il Corriere della Sera - Nelle pagine del Corriere del Mezzogiorno.it si parla della Festa della polizia a Salerno, con un intervento di Enzo Todaro in cui cita tra l'altro i commissari che lì hanno fatto storia: "...Guardo al passato e mi viene in mente il mitico Ugo Macera. Conosciuto in Italia e all'estero come il Maigret italiano...".

Lettera 43 - Il quotidiano on-line indipendente dedica un articolo all'occupazione del mezzo televisivo attuata dal premier e dagli uomini del suo governo e/o del suo partito. Scrivendo degli "onnipresenti della tv" e degli "stakanovisti degli studi televisivi", Massimo Del Papa scrive tra l'altro: "...Per alcuni, è fondato il sospetto che dormano direttamente negli studi, forse su una poltroncina pieghevole, come Maigret al Quai...".

Come avete potuto constatare si passa dalla cronaca nera allo sport, dagli scandali alle rievocazioni, dalle inchieste allo spettacolo. Ma fare riferimento a Simenon o a Maigret sembra venga comunque spontaneo nel mondo dei media.
E abbiamo preso in esame solo questo mese di maggio.