venerdì 20 gennaio 2012

SIMENON. 1932 L'ANNO DELLA CONSACRAZIONE

Nonostante le duecento e più publicazioni tra romanzi, racconti, romanzi brevi nell'ambito della letteratura popolare che il giovane Simenon aveva già collezionato nel 1931, a nemmeno trent'anni, la sua fama era ancora circoscritta alla Francia, e forse potremmo dire a Parigi, proprio perché erano tutti titoli siglati utilizzando una ventina di pseudonimi. E così erano gli addetti ai lavori che lo conoscevano e lo giudicavano, per la verità ancora con un criterio più quantitativo che qualitativo. Per il pubblico il nome più popolare era Georges Sim, che lo scrittore riservava ai suoi titoli migliori.
Il vero salto di qualità lo fece con la serie dei Maigret. Contrariamente alle previsioni catastrofiche del suo editore Fayard, nonostante la completa estraneità alle regole dei polar di successo, il commissario di Quai des Orfévres si impose prima con un inaspettato successo di pubblico, mentre la critica rimaneva ancora sospettosa. Da una parta la sua imponente produzione ad un 'età così giovane ne faceva uno scrittore fuori del comune, dall'altra però si trattava di letteratura popolare che aveva scarso peso nella cosiderazione dei critici.
Ma Simenon tanto ci credeva che ci aveva messo la faccia. Era infatti la prima volta che uscivano dei libri con il suo vero nome. E infatti il salto con i Maigret, iniziò ad aprire una breccia e a far sì che Simenon fosse guardato con occhi diversi da quelli che avevano giudicato Georges Sim.
E in fenomeno Simenon-Maigret, iniziò a interessare anche la critica di paesi che non fossero la Francia e spesso avvicinandolo ad un altro prolifico e già famoso scrittore di gialli, Edgard Wallace.
Una delle prime ad interessarsene è la giornalista americana Janet Flanner del New Yorker che nel  ottobre del '31 si sbilancia su Simenon e, facendolo consocere agli americani,  conclude il suo articolo con un preveggente "... Simenon fà già scuola per conto suo...". Sempre sull'altra sponda dell'Atlantico il New Yorl Herald Tribune, nel '32, parla di un giovane Simenon che "... furoreggia a Parigi... a ventotto anni e con già duecentottanta romanzi alle spalle...". In Gran Bretagna il prestigioso Times Literary Supplement giudica "...le storie ingegnosamente costruite e ben raccontate..." e l'Evening Chronicle fa giustamente osservare che "... non è corretto paragonarlo a Edgard Wallace quando i due scrittori hanno in comune solamente la grande produzione...".
Già dai primissimi anni d'altronde i Maigret sono tradotti in inglese, olandese, italiano, norvegese e in seguito in un'altra trentina di lingue.
Anche la critica negli anni seguenti si dimostrerà più favorevole, riconoscendo le sue qualità di abile scrittore, di originale giallista e il pregio di essere comprensibile a tutti. Su queste basi Simenon si sentirà sicuro per il suo ulteriore salto verso la letteratra tout-court, lanciandosi in quelli che lui stesso chiamava i romans-durs.

giovedì 19 gennaio 2012

SIMENON. IL GIOCO DEI SOPRANNOMI

L'argomento si presta alle più varie trattazioni. Ma è evidentemente un tratto significativo. A tre delle donne più importanti della sua vita, quando inziarono a frequentare il suo ambito,  Simenon cambiò il nome.
Successe infatti con la prima moglie Régine Renchon, per la quale coniò il diminuitivo di Tigy che le rimasenon solo per tutta le loro via matrimoniale, maanche dopo, anche per i figli, per la famiglia. Lo stesso accadde con Henriette Liberge, la femme de chambre che lui e Tigy avevano scelto giovanissima durante un soggiorno vacanziero in Normandia. Anche lei soprannominata. Divenne infatti la Boule, perché era piccola rotondetta e piaceva molto a Simenon per cui fu un'amante fissa, aldilà delle mogli e delle inummerevoli donne che lo scrittore possedette. Una relazione per la vita, con tanto di scambi epistolari che la donna volle fossero distrutti alla sua morte.
Anche la seconda moglie non sfuggì alla regola. Infatti da Denise divenne Denyse. Quando la conobbe, al suo arrivo in America, per lei ebbe un vero e proprio colpo di fulmine, come mai gli era successo nella sua vità. E oltre l'amore, la complicità e l'immediata intesa, c'era quel sesso passionale che con  Tigy non aveva mai nemmeno sfiorato lontanamente. Anzi. E in quella situazione Simenon si scopri geloso e soprattutto di un altro Georges, precedente amante di Denise. Lei lo chiamava Jo, cosi chiamava anche Simenon. Le impose immediatamente di non chiamarlo più con quel diminutivo e iniziò a chiamarla Denyse, con la "y", come se fosse una donna nuova, cui lui stesso aveva scelto il nome. Poi quando alla fine del loro matrimonio, la loro relazione era peggiorata, Simenon le si rivolgeva e scriveva di lei con una sola lettera: D.
Sembrerebbe facile affermare che Simenon era un egocentrico e tutto quello che girava intorno a lui doveva essere, come lui voleva, nomi inclusi. Ma questo sarebbe semplicistico e poco realistico.
Certo era un preciso e un organizzatore, inoltre era abituato a dare nomi a tutti i protagonisti e ai personaggi dei suoi romanzi, dei suoi racconti e dei suoi Maigret. E, primo di tutti, lui stesso si era dato dei soprannomi: tutti quegli pseudonimi con cui aveva firmato tutti i suoi libri popolari, una ventina circa di cui il più usato era Sim. Georges Sim.

martedì 17 gennaio 2012

SIMENON E I SUOI ACQUIRENTI PER... PROCURA

Vorremmo segnalarvi un post apparso su Vanity Blog, nella versione on-line del settimanale Vanity Fair. Si tratta di un breve e gustoso racconto (vero o verosimile?) di cui però non vi anticipo nulla, tranne il fatto che viene coinvolto Simenon. Il post è intitolato Il signor Simenon ed é stato pubblicato oggi tra i post di Viola . Consigliata la lettura? Assolutamente sì. Gli estimatori del romanziere si trovano dappertutto, anche nei blog... basta  cercarli. Buon divertimento.

SIMENON. DIECI VOLTE DIGITALE

Prima o poi doveva succedere. Anche Simenon, raffinato e allo stesso tempo popolare scrittore,  è approdato alle impalpabili sponde del digitale e ben dieci dei suoi romanzi vengono ora proposti come ebook in italiano. L'editore di casa nostra, Adelphi, fa trapelare che saranno ben presto disponibili anche le inchieste del commissario Maigret.
In Italia il mercato dei libri cosiddetti elettronici è stato stimato a fine 2011 in circa 20.000 titoli in commercio. Nessun (o quasi nessun) editore ne è rimasto fuori e, se fino ad un paio d'anni fa' ci si doveva contentare per la lingua italiana di classici e rari titoli originali, oggi le cose sono cambiate e sono destinate a cambiare ancora.
E quindi Adelphi esce con ben dieci romanzi di quello che probabilmente è il suo autore più venduto. Certo si tratta di titoli già rieditati in economica o super-economica, tutti con diverse edizoni sulle spalle, ma titoli che quando vengono ripubblicati entrano quasi matematicamente in classifica.
Vediamo intanto quali sono questi titoli:
- Il gatto
- Luci nella notte
- Il ranch della giumenta perduta
- La camera azzurra
- La fuga del signor Monde
- La pazza di Itteville
- L'orologiaio di Everton
- Corte d'assise
- Cargo
- L'assassino
Il problema é che in Italia non è ancora decollata la vendita degi "ereader." Cioè quegli strumenti con schermo più o meno grande che servono a leggere. Certo poi ci sono i tablet, i computer di tutti i tipi dai desktop agli utilimissimi ultrabook e qualcuno ci mette dentro addirittura gli smartphone. Ognuno di questi è uno  strumento con cui scaricare e leggere gli ebook. A giugno 2011 erano qusi 400.000 gli ereader venduti in Italia, l'unico strumento davvero adatto alla lettura di un romanzo, perché non è retrolluminato, perchè è opaco (quindi non stanca gli occhi anche se si leggono cinquanta pagine) e perchè costa decisamente meno di tutti gli altri strumenti citati.
Il nostro consiglio è di lanciarsi nel mondo della letteratura digitale. Non temere la scomparsa del libro cartaceo, ma sperimentare che, se si comincia, si apprezzano le qualità degli ereader per gli ebook.

lunedì 16 gennaio 2012

SIMENON SIMENON SALUTA CARLO FRUTTERO

Simenon Simenon partecipa all'ultimo saluto a Carlo Fruttero, uno dei più raffinati scrittori e giallisti italiani che per quasi per mezzo secolo ha formato una coppia straordinaria con Franco Lucentini. Lasciamo ad altri il ricordo della notevole produzione letteraria dei due, romanzi, saggi, articoli e dei film che furono tratti dai loro titoli.
Qui vogliamo solo ricordare come fossero anche loro estimatori di Simenon e di quello che Fruttero disse nel 2003, in occasione della scomparsa dello scrittore papà di Maigret, in un'intervista al quotidiano La Repubblica, di cui vi riproponiamo un brano.
 "... Ciò che stupisce in Simenon - dice Fruttero - è la concretezza della scrittura. Leggevo giorni fa un suo breve romanzo, La pioggia nera. In poche pagine, lui riesce a mettere insieme una vecchia zia, una città, un intero ambiente di provincia. Possiede un senso rigoroso della sintesi: è il suo dono. Il suo è stato l'ultimo occhio 'balzacchiano'. Solo chi crede nella realtà può riuscire a disegnarla con mezzi così strepitosamente succinti...".
Certo potremmo analizzare le analogie letterarie, l'interesse per la provincia, l'attenzione per i caratteri umani, per certe atmosfere, ma non ci pare questa la sede e il momento.

SIMENON E LA CARTA DEI VINI (E DEI LIQUORI) DI MAIGRET

Sulla propensione di Maigret a mangiare e bere se ne è parlato molto. E' una delle caratteristiche esteriori forti del personaggio che, ad esempio assieme alla pipa, contribuisce a costituirne alcuni dei tratti fortemente riconoscibili. Abbiamo quindi detto bere, mangiare e fumare... insomma un personaggio che sembra godersi la vita nonostante la sua professione gli procuri problemi e preoccupazioni non da poco.
Ma Simenon quando ha costruito il personaggio, ha voluto crearne uno quanto più vicino alla gente comune e così anche questa sua passione per il mangiare e il bere non é sofisticata (anche se il commissario mostra in più di un caso una certa cultura in fatto di gastronomia), ma indirizzata verso gusti semplici, piatti e bevande popolari.  Certo nel centinaio di casi scritti da Simenon (tra romanzi e racconti) Maigret ha bevuto e mangiato di tutto. Occasioni di vario tipo lo hanno portato a bere un bicchiere di whisky, anche se non gli piace. Come pure lo chamapagne, che lo lascia piuttosto indifferente. Invece gradisce volentieri il Martini dry,  o meglio ancora, il cognac di cui tiene una piccola scorta anche in ufficio, per le lunghe nottate di interrogatori o per aver qualcosa da offrire quando l'occasione lo richiede. Anche l'armagnac anche fa parte delle sue preferenze ma soprattutto il calvados.
Vorremmo soffermarci su questo liquore che prende il nome dall'omonima regione del nord della Francia e che è un distillato di mele. Negli anni '30 era un liquore molto popolare, economico e senza grandi pretese. Maigret ne beve spesso e volentieri, soprattutto durante gli appostamenti notturni o gli inseguimenti che lo costringono all'aperto durante le fredde notti d'inverno parigine. Poi anche il calvados si è sofisticato, lo hanno iniziato ad invecchiare, in botti di rovere, poi in botti dove era stato invecchiato il cognac... insomma oggi è diventato un distillato di pregio e costoso.
E poi c'è la birra che è un'altro "must" del commissario, tipica di quei vassoi che da Quai des Orfévres ordinano alla famosa brasserie Dauphine, quando gli interrogatori di uno o più sospettati si prolungano nella notte e fanno saltare la cena al commissario e ai suoi ispettori. Birra insieme ai panini che consumano lì in commissariato. Però la birra è anche quella fresca e ristoratrice che durante i mesi esistivi, gli rinfresca la gola secca per la calura e spesso lo rimette in sesto nel bel mezzo di un'indagine difficile. Ma Maigret non si ubriaca mai? Generalemente no. Non è nel personaggio. Stazza imponente, abituato a bere (alcune volte Simenon gli fa trangugiare un doppio kummel da 65°) e che in definitiva regge molto bene l'acol. Anche perché le occasioni per bere sono, come abbiamo visto, tante come ad esempio gli aperitivi e qui le sue preferenze vanno al francesissimo pernod.
Birra e pernod ci fanno da trait d'union per passare ai vini. Quando il commissario è a tavola la sua preferenza va a beaujolais, chateneuf de pape, rosé di Provenza, al sancerre, ma anche a vini italiani come il chianti. Ma anche qui, proprio per fare del commissario uno come gli altri, Simenon gli fa bere molto spesso del vino bianco, quello al bicchiere che Maigret butta giù tutto d'un fiato, magari sul bancone zincato di un vecchio bar.
Il suo amico dotttor Pardon (quello con cui si scambiano gli inviti a cena una volta al mese)  si accorge di questa proponsione al bere dell'amico e gli consiglia ogni tanto di moderarsi.
Ma d'altronde per Maigret le tentazioni sono un po' ovunque. Anche a casa dove non manca mai la prunella fatta dalla sorella di M.me Maigret. Non è il massimo per il commissario, ma dopo quelle cenette a base di fricandeau all'acetosella o di faraona in crosta oppure razza di bue al burro nero preparate dalla moglie, per digerire, insieme ad una pipata, va bene anche un bicchierino o due di prunella.