giovedì 15 marzo 2012

SIMENON SIMENON, IL "BUREAU" E I SUOI ATTACCHE'

• Siete appassionati di Simenon?  • Non vi accontentate di un commento • Volete dire la vostra su Simenon-Simenon? • Avete letto di recente o in passato un romanzo di  • Simenon di cui vi piacerebbe fare sapere la vostra opinione? • Volete dare un contributo, scritto, disegnato, fotografico, filmato su un qualsiasi argomento attinente a Simenon? • Avete scoperto qualcosa sullo scrittore che volete condividere con gli altri appassionati? • Insomma se avete una di questi requisiti potete farparte di una nuova sezione di questo blog: Le Bureau de Simenon-Simenon. Avrete la firma sui vostri contributi, il vostro nome sarà inserito nella lista pubblicata sul blog come Attaché au Bureau de Simenon-Simenon (BSS)
• Scrivete il vostro contributo, aggiungete la prima volta la richiesta di far parte del Bureau de Simenon-Simenon mandando una mail a:
simenon.simenon@temateam.com 

mercoledì 14 marzo 2012

SIMENON. "L'UOMO CHE VOLEVA ESSERE MAIGRET" E GLI SPACCIATORI DI...

Oggi una breve notazione su un fatto che riguarda, me, un libro scritto anni fa' e la più famosa creatura di Simenon, il commissario di Quai des Orfévres.
Il fatto è che, più di una decina d'anni fa', pubblicai un romanzo che si intitolava L'uomo che voleva essere Maigret (Robin Edizioni - 2000). Si trattava di un giallo che fu definito umoristico. E' la storia di tale Giulio Medrès, controllore dei biglietti dell'Atac (l'azienda dei trasporti pubblici di Roma), che fin da adolescente era un più che accanito lettore delle inchieste del commissario Maigret. Anzi diremmo meglio che era un lettore ossessivo-compulsivo dei Maigret, perchè quando aveva finito di leggerli tutti, ricominciava da capo. E questa pratica era andata avanti negli anni senza mai una sosta.
E per di più c'era una fortissma identificazione con il personaggio. Viveva infatti il proprio lavoro di controllore dei biglietti come fosse un incarico ispettivo e ancor più una sorta indagine psicologica nel capire chi dentro quel certo autobus fosse colpevole di non aver pagato il biglietto. E poi lui, che viveva a Roma, vedeva il Tevere e gli sembrava la Senna, l'isola Tiberina era per lui l'Ile de la Cité, l'Arco di Costantino era senz'altro l'Arc de Triomphe e così via.
Non riusciva a fumarla, ma aveva sempre con sè una pipa, o in tasca o fra i denti, ovviamente sempre spenta. Poi all'ultimo piano del suo palazzo viveva una vedova che a lui ricordava moltissimo M.me Maigret. E lui, nonostante fosse timido, goffo e impacciato, faceva quel che poteva per farsela amica... il suo sogno sarebbe stato quello di sposarla, anche se lui per primo, nonotante tutte le sue fantasie, si rendeva conto che era un fatto destinato a rimanere appunto un sogno.
Nel suo sentirsi investigatore "alla Maigret", inoltre coltivava da sempre più che un sospetto, una certezza: a Roma esisteva una centrale di falsari che metteva in circolazione dei biglietti dell'autobus contraffatti. Più volte aveva fatto periziare dei biglietti che, a suo dire non erano autentici, ma sempre con esito negativo. I suoi superiori non sapevano più come minacciarlo per togliergli questa fissa dalla mente che lo portava a seguire piste e a fare indagini che si risolvevano sempre in pasticci e talvolta in guai per l'azienda... Il romanzo ha poi un suo svolgimento che non sto qui a illustrare.
Invece a fronte di quanto vi ho raccontato vi riporto una notizia che l'Ansa ha battuto ieri pomeriggio.
ANSA - Roma 13 marzo - ore 16.56 - Un giro di falsi biglietti di bus messo su grazie a tre dipendenti Atac e alcuni esercizi commerciali compiacenti. A scoprirlo il nucleo tributario della Guardia di Finanza di Roma. Per ora sono indagate 14 persone. Individuati anche 13 esercizi commerciali compiacenti tra edicole, bar e internet point. La truffa riguarda alcune centinaia di migliaia di tickets per un valore di circa 500.000 euro. Le indagini sono partite da una denuncia fatta dai vertici dell'Atac.
Ma allora il povero Medrès, preso in giro da tutti, aveva invece ragione? Oppure io autore devo ritenrmi un po' responsabile. E se tra gli ideatori della truffa ci fosse un mio lettore? O qualcuno che ha fatto venire l'dea a chi poi l'ha messa in pratica?
Insomma per voi forse suonerà come un fatto di cronaca nera come tanti altri. A me. che dodici anni fa' scrivevo queste cose in un romanzo scherzandoci sopra, un po' mi fà pensare. E un po' mi fa anche ridere...
Certo falsari che non spacciano banconote da 100 euro, ma biglietti del tram da 1 euro davvero ci dà la misura dei tempi che viviamo e fà un po' pensare al Totò de La Banda degli onesti... Fossimo davvero tornati alla metà degli anni '50?

domenica 11 marzo 2012

SIMENON SCRIVE, MA E' MARIE-JO, QUESTA VOLTA

Marie-Jo, l'unica figlia di Georges. Delicata, fragile, sensibile. Troppo. Muore il 20 maggio 1978. Suicida. Dal Livre de Marie-Jo incluso da Simenon in Mémoires intimes.
  
Che solitudine stasera
Nel riprendere la strada
Nella notte nera e profonda
Della casa che ben conosco.
Nessuno che mi aspetti
E nessuno da aspettare
Solo musica da ascoltare
Musica per farmi cullare
Eun dio da ritrovare
Il solo a cui parlare.
Dovrei sapermi abituare
A questa pelle che mi porto dietro
Adattarmici almeno
Dimenticare che dentro ci sto male
Che solitudine stasera
E se cambiassi strada
Se sfuggissi a questa notte nera
Se trovassi un "altrove" da far mio?
Con qualcuno che mi aspetti
O qualcuno da aspettare
qualcuno da ascoltare
Qualcuno per farmi cullare
Un amore da ritrovare
Con il quale potermi mescolare.
Ma come buttarla via
Questa pelle che mi porto dietro?
E se non posso cambiarla
Me la porterò in valigia!
Che solitudine stasera
Che solitudine anche domani
Volevo conservare la speranza
L'ho persa, va bene anche così.          
 (Montparnasse- 1 marzo 1974)

sabato 10 marzo 2012

SIMENON. RENOIR, E LA STORIA DELL'INCROCIO TRA UN ROMANZO E UN FILM

"... Arrivò di corsa su una Bugatti rossa. Frenò rumorosamente, l'uomo pressapoco mio coetaneo saltò a terra... aveva un viso angelico... e mi baciò su entrambe le guance.... - con queste parole Simenon descrive l'arrivo di un signore che non conosceva -  Mi domandò immediatamente: Simenon... finalmente!... I diritti de 'La nuit du carrefour' sono liberi?...". Il signore, si scoprì, era addirittura il regista Jean Renoir e si riferiva ad uno dei primi Maigret. "... nessuno mi aveva ancora mai proposto di trasporre un mio romanzo per il cinema... Il cuore mi batteva forte e io gli risposì subito di sì (cioè che i diritti erano liberi. n.d.a)...".
Simenon tra l'altro era un grande ammiratore del cineasta, già allora molto famoso. Si può comprendere quindi l'emozione dello scrittore che a fine etate se ne stava a Ouistreham, nel Calvados, sul suo Ostrogoth, tutto intento alla stesura di un capitolo di un successivo Maigret.
Questo incontro lo ricorda  in uno de suoi Dictées del '77, quando ormai l'industria cinematorgafica aveva  già prodotto più di quaranta film tratti dai suoi romanzi e non solo in Francia.
Ma torniamo a quel giorno del '31 in cui si sentì offrire cinquantamila franchi per i diritti. Però quello che più piaceva allo scrittore era l'idea di Renoir di non voler produrre il film per una major, ma di essere lui stesso il produttore, finanziato da personaggi che non avevano nulla a che fare con il mondo del cinema.
Renoir e Simenon passano parecchi giorni a lavorare nella villa ad Antibes a lavorare a un ritmo forsennato per trasporre quel romanzo di cui il regista è particolarmente innamorato.
"... la mia ambizione era quella di rendere con le immagini il mistero di questa storia... E intendevo far prevalere l'atmosfera all'intrigo. Lo stile di Simenon evoca magnificamente il grigiore di questo incrocio  a cinquanta chilometri da Parigi. Non credo che esista sulla terra un luogo più deprimente - spiegherà il regista nel suo libro Ma vie et mes films nel '74 - Qualche casa, sperduta in un oceano di nebbia, pioggia e fango.... avrebbero potute essere state dipinte da Vlaminnck. Il mio entusiasmo per quell'atmosfera  era riuscita ancora una volta  a farmi dimenticare le mie convinzioni sul pericolo di trarre un film da un'opera letteraria...".
Maigret sarà interpretato dal fratello del regista, Pierre, il direttore della produzione sarà un'altro nome che avrà un futuro, Jacques Becker. Intanto la complicità tra Georges e Jean diventa un'amicizia che durerà una vita.
In realtà la lavorazione del fim avrà dei problemi, anche gravi, alcuni inspiegabili, come quelli che vennero fuori durante la proiezione dell'anteprima. Era infatti tutto così misterioso, troppo misterioso, addirittura incomprensibile, almeno agli occhi dei finanziatori che protestarono per la mancanza di chiarezza... In effetti nel montaggio sembra che due bobine fossero state smarrite... Ma Simenon in seguito dette un'altra versione. Jean Renoir stava passando un brutto periodo per la separazione dalla moglie Catherine Hessling, era spesso ubriaco e spesso non lucido... Insomma c'era un pezzo del copione che non era stato nemmeno girato! Secondo un'altra versione le scene mancanti non sarebbero state girate per mancanza di budget...
I finanziatori chiesero a Simenon di girare un'altra scena in cui lui  stesso sarebbe dovuto apparire sullo schermo per spiegare quello che mancava. Ma lui si rifiutò categoricamente anche se gli erano stati offerti altri 50.000 frnachi per quella performance.
Alla prima ci furono delle critiche feroci, l'atmosfera passò in secondo piano e l'accusa a Renoir fu quella di aver fallito la trasposizione di un opera difficile da rendere sullo schermo e di essere rimasto vittima della sua infatuazione. Il film fu un fiasco.
"... La Nuit de carrfour rimane un'esperienza del tutto folle - ricorderà nostante tutto Simenon - ma alla quale non posso pensare senza nostalgia... ai nostri giorni in cui tutto era così ben organizzato... non si potrà lavorare come allora...".

venerdì 9 marzo 2012

SIMENON E IL DOPPIO TRIANGOLO

In alto: Tigy, Georges, Boule. In mezzo: Georges e Denyse
Georges, Tigy, Boule. Georges, Denyse, Tigy. Due triangoli si intrecciano nella vita dello scrittore. Siamo in America dove i coniugi Simenon (Tigy e Georges) si sono trasferiti con il figlio Marc sin dal 1945.
Tra loro una relazione un po' stanca, che chiaramente non funziona più come vent'anni prima, anche per la gelosia di lei, ma che precipita il giorno in cui lei  scopre l'attività sessuale quotidiana del marito con Boule, la loro storica femme de chambre, a lui legata, oltre che da una continua relazione sessuale, da un grande affetto (e forse da parte di Boule anche d'amore?). In quel momento Georges prende la palla al balzo per rivelare alla gelosa consorte che la sua attività sessuale extra-coniugale non si limita alla loro femme de chambre, ma si estende quasi quotidianamente a molte altre donne. Tigy non accetta la situazione e vorrebbe la cacciata di Boule o altrimenti finirla lì. Ma poi, per il bene del figlio Marc, decidono insieme di continuare la convivenza. Il patto però è che ognuno farà un vita a sé, indipendente dal punto di vista sentimentale (e sessuale), entrambe liberi e svincolati.
In questa situazione i due si trovavano sin dal '45 e a quel tempo erano una ventina d'anni che Boule viveva con loro ed era ormai da tempo considerata a tutti gli effetti una della famiglia. Era ben strano che Tigy non si fosse mai accorta di nulla. La versione di Boule è diversa. A suo avviso invece sapeva tutto da diverso tempo ma, per ragioni imperscrutabili, faceva finta di niente. Sta di fatto che tra moglie e femme de chambre da allora si alzò un muro. E quando il precipitoso trasferimento in America della famiglia, impedì a Boule, per questioni di visto, di partire con loro, questa fu una liberazione per lei, ma una sofferenza per lui.
Riuscirà però a raggiungerli solo dopo qualche anno. Nel frattempo nella vita (e nella casa) di Simenon era però entrata Denyse, ufficialmente come segretaria-interprete personale di Georges. Viveva lì con loro. Non era la prima volta che succedeva e quindi questo non sembrava impensierire Tigy. Poi il romanziere cominciò ad avere un rapporto più che confidenziale anche a casa, lui e Denyse iniziarono a dividere lo stesso letto, quando facevano degli inviti, Georges inviava dei biglietti a nome suo, della moglie e di Denyse. In questo momento arrivò finalmente Boule, Tigy la vide come una potenziale alleata nei confronti di quella che ormai evidentemente non era più solamente un segretaria.
Ma Denyse era molto diversa da Tigy. Sapeva benissimo delle attività sessuali del suo futuro marito le assecondava e qualche volta addirittura le condivideva. E per esempio non aveva nulla da ridire quando Georges riprense i suoi rapporti quotidiani con Boule.
A questo punto Tigy si accorse che la partita era persa. Anche quel matrimonio di facciata si stava sgretolando e Georges le stava definitivamente scivolanndo via dalle mani. Era infatti il periodo di esaltazione del romanziere che era davvero innamorato di questa giovane canadese a volte ingenua come un'adolescente ma a volte navigata come una donna dalle mille esperienze.
Il primo triangolo fece spazio al secondo. E i due caposaldi furono ancora Georges e Boule.

giovedì 8 marzo 2012

SIMENON. I GUADAGNI DI UN GIOVANE SCRITTORE

Si dice che Ernest Hemingway all'epoca d'oro venisse pagato dai giornali un dollaro a parola. Realtà o leggenda? Anche questo faceva parte del suo personaggio, considerando che lo scrittore americano era molto attento alla sua immagine pubblica? E Simenon quanto guadganava? Delle sue cifre di romanziere ormai famoso, tradotto in una trentina di lingue, fonte per le scenaggiature di decine di film, ovviamente era calata un'ombra, anche se il suo trend di vita a volte parlava più chiaramente di una dichiarazione dei redditi
Quello che sappiamo invece sono le entrate del giovane Simenon, quello che sfornava racconti e romanzi popolari, quello degli anni '20 capace di scrivere fino ad 80 pagine al giorno o portare a termine cinque o sei racconti di genere, lunghezza e tipo diverso.
E d'altronde la Francia di quegli anni era un mercato ricchissimo per quelle edizioni vendute spesso a cinquanta centesimi, scritte e pubblicate per un pubblico certo non colto, ma che in quel modo veniva iniziato alla lettura e comunque formava una base solida per una industria editoriale in espansione.
Ad esempio, il solo Ferenczi, uno degli editori per cui in quegli anni Simenon lavorò di più, aveva sei collane dai nomi eloquenti: Le Petit Livre, Mon livre favori, Le livre épatant, Le petit Roman, Les Romans d'aventures. Con queste pubblicazione l'editore raggiungeva le 700.000 copie al mese. Copertine ammicanti o seducenti che dovevano parlare ai sensi o alla fantasia del lettore come faceva anche il titolo.
Ma a seconda delle tirature, del pubblico cui si rivolgeva, le lunghezze cambiavano. Ad esempio Le petit Roman arrivava a circa mille righe, Le Livre èpatant ne contava invece cinquemila.
Simenon impara ben presto che i romanzi d'avventura, a parità di tempo dedicato, sono meno convenienti di quelli sentimentali: con uno di questi, lungo circa 2000 righe e che scriveva in una mattinata riusciva a gadagnare 500 franchi. Invece per un romanzo d'avventura, di circa 10.000 righe che gli comportava tre giorni di lavoro, ricavava "solo" 1000 franchi. Beninteso anche questa era una quotazione ottima per quel tipo di mercato e il lavoro di Simenon era pagato davvero bene. Ma, visto il suo successo, Simenon iniziò capire che poteva trattare con gli editori e giocare al rialzo. E infatti iniziò a dettare le proprie condizioni tanto che pian piano riuscì a portare i prezzi ben più su: per un romanzo di 10.000 righe arrivò prima a 2000 franchi per poi attestarsi ad un prezzo medio di 2500.
Simenon stava imparando a scrivere di storie di ogni tipo, genere e lunghezza, ma nel frattempo apprendeva il meccanismo delle trattative con gli editori, cosa che allora si poteva permettere con editori tipo Margot, ma che poi avrebbe messo in pratica anche con mostri sacri come Gaston Gallimard (vedi il post del 20 novembre 2010 Braccio di ferro tra Georges Simenon e Gaston Gallimard).

mercoledì 7 marzo 2012

SIMENON, COSA FACEVA QUANDO NON SCRIVEVA?

Una domanda che forse sarà sorta spontanea a chi conosce meglio lo scrittore. Vista la velocità con cui Simenon scriveva i suoi romanzi, come passava il resto del tempo? Se, come sosteneva, scriveva un capitolo al giorno, anzi nello spazio di una mattina, poi il pomeriggio e la sera cosa faceva? E se per finire un romanzo gli occorrevano tra gli otto e gli undici giorni, per quanti ne scrivesse, come impiegava il tempo che gli restava? La sua media era di cinque/sei l'anno tra Maigret e romanzi, quindi uno ogni due mesi, due mesi e mezzo. Calcolando anche undici giorni per la stesura e tre quattro per la revisione arriviamo ad un paio di settimane, tra un opera e l'altra passavano quindi un mese e mezzo o due. Cosa faceva Simenon quando non scriveva? Beh, verrebbe da rispondere... à chercher la femme... si insomma le donne che, per quanto, diciamo così, essenziali e veloci fossero i suoi incontri, anche qui il numero e la cadenza giornaliera complessivamente occupavano un bel po' di tempo. Poi la famiglia soprattutto quando iniziò ad avere due o tre figli, una moglie e un ex-moglie da gestire. E poi gli affari, i contratti con gli editori, i diritti per le traduzioni all'estero e quelli per i film tratti dai suoi romanzi. Inoltre non dimenichiamo la sua attività  giornalistica, le inchieste e i reportage che i giornali parigini gli chiedevano. E a proposito delle richieste, con la popolarità arrivarono anche le interviste di quotidiani, settimanali, radio e poi anche della televisione.
Vista così la vita di Simenon sembra già diversa, anche fin troppo affollata di impegni. Ma lui come la viveva.
"... la mia vita è suddivisa in periodi di quindici giorni e in ogni periodo finisco completamente un romanzo  - spiega il Simenon dei primi anni, in un'intrevista del giugno del '31, quando siamo già nel dopo lancio dei Maigret - Scrivo un capitolo ogni mattina, non di più. Questo non mi richiede più di un' ora, un'ora e mezza; ma dopo sono svuotato per il resto della giornata...".
Ancora non parla in quel periodo di état de roman. Ha appena lasciato la letteratura su ordinazione, quella popolare per dedicarsi alla sua nuova  creatura letteraria, Maigret.
Simenon dovette rispondere molte volte all'aspetto che incuriosiva di più i giornalisti, il pubblico: così veloce e così bravo? O meglio come credere alla sua bravura se era così rapido nello scrivere?
E lui così rispondeva : "...batto a macchina io stesso, senza passare prima per un manoscritto... pochi ritocchi e modifiche. I miei libri sono scritti di getto. Lascio i miei protagonisti agire e la vicenda evolversi seguendo la logica delle cose...".
Fretta, no. Forse quel processo creativo in trance non è ancora consapevole?
Quasi un ventina d'anni dopo Simenon, in una lettera dall'America, lamenta: "...sapete ben che anche qui come dovunque i giorni non hanno che ventiquattr'ore, e che purtroppo il mio organismo reclama dieci ore di sonno e in più il movimento, quache ora d' attività esclusivamente fisica...  poi i contratti d'edizione in circa una ventina di nazioni.... ed ho una famiglia, soprattutto un figlio.... ricevo ogni settimana manoscritti di giovani autori... le mie frequentazioni sociali, per quanto ormai ridotte mi occupano ancora un po' di tempo... la corrispondenza... E infine di tanto in tanto mi concedo il lusso raro di quache ora di vuoto... di essere perfettamente vuoto e calmo..."

martedì 6 marzo 2012

SIMENON, MA QUANTO E' ANCORA LETTO? CLASSIFICHE

Siamo alla consueta rassegna delle classifiche di vendite dei libri di cui, dopo ogni weekend, facciamo il punto. Anche questa volta iniziamo da quella degli ebook che viene elaborata da I.B.S. Qui abbiamo una numerosa presenza degli "e-Maigret" (permetteteci in neologismo) che man mano Adelphi sta mettendo sul mercato.
Dobbiamo registrare ben cinque debutti, cioè titoli che nella settimana scorsanon erano in questa Top 50. Si tratta de Il cane giallo al 10° posto, Una testa in gioco al 13°, La balera da due soldi al 14°, Un delitto in Olanda al 15° e Il pazzo di Bergerac al 22° posto. Invece già in classifica erano il Simenon La pazza di Itteville 28° (dal 15°) e il Maigret La Ballerina del Gai Moulin 42° (dal 26°).
Permetteteci una notazione. Sette titoli di Simenon in versione ebook tra i primi 50. E si tratta di titoli che dal 1932 ad oggi sono stati editati e rieditati più volte in tutte le edizioni da più editori, a tutti i prezzi. Titoli di uno scrittore scomparso da ventitre anni e che ha scritto l'ultima di quelle inchieste nel 1972, quarant'anni fa'. Quale autore può vantare altrettanto?
Per quanto riguarda i libri (quelli cartacei) nella classifica di TuttoLibri de La Stampa troviamo  Il destino dei Malou al 6° posto nella sezione "Narrativa Straniera". Mentre invece lo stesso titolo nella medesima sezione della classifica di La Repubblica Cult occupa l'8a posizione. E ancora, per i titoli non italiani, La Lettura del Corriere della Sera pone Il destino dei Malou al 7° posto. Questo inserto ogni settimana presenta una rubrica, Il podio del critico in cui un critico famoso indica i tre libri che preferisce. Questa settimana Roberto Cotroneo ha indicato come primo appunto Il Destino dei Malou.

domenica 4 marzo 2012

SIMENON. PRESENTARE, RACCONTARE, SPIEGARE FINO A....

Mezza pagina. Questo lo spazio dedicato da TuttoLibri de La Stampa  di ieri alla presentazione-critica dell'ultimo romanzo di Simenon, Il destino dei Malou. L'articolo ci dà lo spunto per fare una riflessione su come, di solito, viene presentato un romanzo dalle pagine dei quotidiani. Ovviamente di solito si tratta di un romanzo appena uscito o uscito da poco (non è questo il caso, perchè il libro é uscito da circa un mese) e quindi la maggioranza dei lettori non l'ha ancora letto. Di solito questa presentazione oscilla tra la descrizione della trama e il giudizio sul romanzo. Quando va bene poi c'è anche un inquadramento della figura dello scrittore. Ma, fateci caso, spesso (non sempre, ma spesso) la parte del leone la fà il riassunto della trama (in questo caso 68 righe su un pezzo da 116) che a nostro giudizio scopre troppo il libro, i suoi personaggi, i meccanismi narrativi e talvolta addirittura qualche particolare non secondario.
Lo ammettimo, noi siamo tra quelli che difendono strenuamente il diritto del lettore a scoprire finanche il nome e il cognome del protagonista, e non solo quello che combina nella sua storia, nelle sue relazioni.... tutto quello che gli succede! E infatti siamo nemici giurati dei risvolti o delle quarte di copertina che, per attirare acquirenti (?), spiattellano spesso il cuore del romanzo, togliendo al lettore il gusto di scoprirselo da solo.
Direte voi, se per uno scrittore come Simenon si può comprare il libro ad occhi chiusi, come si fà a comprare il romanzo di un autore poco o affatto noto senza sapere di cosa tratta? Già, e qui è il difficile.
Parlando o scrivendo, l'arte di presentare un libro, riuscendo solo a sfiorare l'argomento, essendo capaci soltanto di accennare allo spirito che lo anima, facendo solo intravedere che tipo di romanzo sia... non è cosa facile. Ad esempio, quando capita a noi di doverlo fare, cerchiamo di rimanere nel vago, di esaurire il tutto in poche righe, di dire e non dire... magari rischiando di peccare in senso opposto.
Ma la nostra convinzione è salda. Molto meglio la reticenza che una puntigliosa descrizione.
Ad esempio in un pezzo di circa 3000 battute, come quello che abbiamo citato (in gergo giornalistico: meno di due cartelle), per un quotidiano non è breve. C'é di che scrivere e l'articolista cerca spesso di dare più informazioni possibili, mentre invece sarebbe, al limite, meglio scrivere meno, dando magari spazio ad un brano del libro (ma non all'incipit che è il primo impatto del lettore con il libro, né mai, per carità, al finale!). Insomma su questo siamo abbastanza convinti, poi ci possono (ed è bene che ci siano) divergenze di opinioni. Ad esempio all'inizio dell'articolo "Nel destino dei Malou si nasconde il giovane Simenon", si scrive "...il rapporto (di Simenon) complesso con la figura paterna...". Certo le relazioni tra padre e figlio non sono mai esenti da screzi, incomprensioni generazionali, visioni diverse della vita... ma il vero rapporto complesso e problematico il giovane Georges lo aveva con la madre Henriette (e lo ebbe per tutta la vita... basta leggersi "Lettera a mia madre").
Alla conclusione dell'articolo troviamo "...Scritto da Simenon nel '47 durante l'esilio americano...". Beh, ci sembra esagerato definire "esilio" un soggiorno di dieci anni negli Stati Uniti, dove Simenon divorziò, trovò la seconda moglie, ebbe due dei suoi quattro figli, girò in lungo e in largo (per altro facendo in quei dieci anni anche diversi viaggi in Europa). L'idea di esilio non si addice proprio al suo soggiorno in America che ammirava per molti versi e primo tra tutti per quello letterario (sosteneva infatti che i romanzieri americani di allora erano i veri interpreti della narrativa moderna). Tanto più che in Francia e in Europa c'era chi avrebbe fatto carte false perché Simenon rientrasse nel vecchio continente.

*Nella rassegna stampa che trovate nella colonna di destra questo articolo è citato, ma come avrete visto, é scritto in grigio perché non ancora pubblicato sul web e quindi non è ancora disponibile il relativo link.