domenica 30 settembre 2012

SIMENON ERA PIU' A SINISTRA DEI COMUNISTI

Delle idee politiche di Simenon sappiamo soprattutto che non aveva una grande stima dei politici, ancor meglio del sistema politico così come negli anni '60 era costituito in Francia. Ed era molto pessimista sull'evoluzione della situazione che prevedeva non potesse che peggiorare. Ad esempio era nota la sua avversione a De Gaulle e all'impostazione autoritaria che aveva impresso al potere.
"... ma ho paura che prima dovremo passare un periodo ancora più reazionario di quello attuale.. insomma, il peggio - affermava lo scrittore in un'intervista del 1969 - ... ma è proprio quello che infine scatenerà la vera rivoluzione...".
Va considerato il momento storico. Quello della protesta, giovanile, partita dall'America e arrivata nel '68 in Europa, dando fuoco alle micce ia Parigi  con il maggio francese, che si propagò velocemente in tutti i paesi "occidentali" dove movimenti studenteschi, partiti extra-parlamentari di sinistra, le neo-nate femministe, circoli anarchici e una parte degli operai squassarono l'ordine costituito (o almento ci provarono), con manifestazioni, attentati, azioni dimostrative, feroci scontri con le forze dell'ordine e proclamando, un po' in tutto il continente, una cultura rivoluzionaria contro quella dominante.
E in proposito Simenon commentava" ... hanno seminato il seme del cambiamento. D'altronde tutti i governi di destra che abbiamo avuto almeno da quindici anni, in realtà da dopo la guerra, ebbene tutti i governi di destra si sono messi paura..."
Simenon critica i governanti dell'epoca (Giscard D'Estaing) "... di aver preso il programma dei socialisti (aborto, pillola, divorzio, voto a diciott'anni...) nella convinzione di governare la contestazione. Possono fare quello che vogliono, ma la rivoluzione è ormai è partita e non la fermeranno. Ci sarà il rischio, che potrebbe verificarsi prima in Italia, di un nuovo fascismo. In Italia le destre sono molto ben armate e dispongono di molti personaggi popolari, si mi è concesso, forti di mano e di tasca... anzi, più di tasca, perché spendono un sacco di denaro...".
Ecco adombrare la corruzione. Si dirà che è sempre esistita e la politica se ne è sempre servita per evitare cambiamenti. Certo. Quella di Simenon non è una profezia, ma comunque la chiara consapevolezza di come il potere sia corrotto e come la corruzione sia un'arma da sempre usata contro il cambiamento.
Alla domanda che gli poneva a quell'epoca Lacassin:
"Se aveste avuto dicott'anni nel maggio del '68 cosa avreste fatto?".
 Simenon rispondeva "Bene, se avessi diciotto anni oggi, sarei di sinistra".
"Vale a dire dalla parte di Geismat, Chon Bendit?
E lo scrittore di rimando. " Si, più a sinistra dei comunisti, perchè a mio avviso i comunisti di certi paesi occidentali, tra cui la Francia e l'Italia, sono dei comunisti imborghesiti, direi addirittura dei comunisti-capitalisti. D'altronde Vandervelder, che io ho consciuto molto bene e che era stato presidente della Seconda Internazionale, diceva: se vogliamo evitare sanguinose rivoluzioni, bisogna che mettiamo a disposizione di ciascuna famiglia una propria casa, e che possiamo disporre di nostre cooperative e di nostre banche...".
Simenon dimostra di non essere così disinformato della politica e anche di quello che succedeva nel suo Belgio:
"...E a Liegi, ho visto nascere le grandi coperative socialiste, Place Saint-Lambert, c'era la grande banca socialista. Sul piano pratico in Belgio, il comunismo e il socialismo, mon dieu, si accordano tranquillamente con la borghesia. Si può dire che questi siano azioni di uomini di sinstra?...". (non fa pensare alla "morettiana" invocazione a D'Alema affinchè dicesse qualcosa di sinistra?).
Comunque una consapevolezza così chiara e netta da che parte stare in quel momento di confusione, ci restituisce dello scrittore, allora sessantaseienne, un profilo meno scontato e niente affatto conservatore, come spesso invece si sente dire o si vede scritto.
E Simenon continua il racconto di quei giorni.
"... io ero elettrizzato. Passavo la mia giornata davanti alla televisione e alla radio.  mio figlio Johnny che studia ad Harward si è fatto malmenare dai C.R.S. Ha preso diverse mazzate sulle barricate. Al telefono mi diceva: Non ce l'hai con me, vero? E io rispndevo: al contrario, vai figlio mio!...".

Per gli scettici, quelle virgolettate sono parole di Simenon pronunciate in una serie di interviste, alla fine anni '60, poi raccolte da Francis Lacassin nel volume Conversations avec Simenon (La Sirène/Alpen Publisher - ottobre 1990 - Ginevra - Cap. 6 - pagg. 84-87)

sabato 29 settembre 2012

SIMENON, SCANDALO AL SOLE... AMERICANO

Quando Simenon arrivò nel'45 in America non aveva la minima idea che quella sua fuga verso la libertà e che in quello che credeva un nuovo mondo, la sua vita sarebbe del tutto cambiata.
Nemmeno lo sfiorava l'idea che, dopo qualche giorno che era sbarcato, il destino gli avrebbe messo tra i piedi, Denyse Ouimet, la donna che gli avrebbe stravolto l'esistenza, sarebbe diventata la sua seconda moglie e madre di suoi tre figli. Certo il matrimonio con Tigy era da tempo solo una convenzione. Da quando lei l'aveva scoperto e lui aveva confessato i suoi convegni sessuali con Boule, la loro femme de chambre (la quale sosteneva invece che Tigy sapesse già tutto, ma che avrebbe avuto una sua convenienza a tirar fuori la storia in un dato momento), le cose erano molto cambiate. Simenon le spiegò che la sua  impellenza sessuale non gli permetteva altrimenti e ammise che aveva quindi rapporto con altre innumerevoli donne, ogni giorno e in qualsiasi posto si trovasse. Tigy tentò di imporre allora il licenziamento di Boule e la separazione. Simenon tenne duro su tutto e alla fine si accordarono: non avrebbero divorziato, né si sarebbero separati, per non creare problemi al figlio Marc, Boule sarebbe rimasta quindi a servizio in casa Simenon e ognuno di loro due avrebbe avuto la propria libertà sentimentale e sessuale, senza che l'altro potesse sindacare alcunché.
Come avrete letto in altri post, Denyse andò a vivere con loro subito, come segretaria personale-tradduttrice e come amante, dopo un po' nient'affatto segreta. La Boule che Tigy aveva voluto far rimanere a Parigi (complici anche alcuni problemi sull'immigrazione), alla fine li raggiunse.
Dei numerosi spostamenti e delle diverse dimore che Simenon ebbe negli Usa è ormai stato scritto molto. Ma questi arrivi nelle diverse zone non passavano certo inosservati.
Innanzitutto va ricordato che Simenon aveva sempre privilegiato la provincia americana. Non aveva mai abitato a New York, San Francisco o Chicago, dove la mentalità era molto aperta e ognuno badava ai fatti suoi, come succede in tutte le metropoli del mondo. Negli stati del sud, nelle cittadine di provincia, nelle regioni montane o rurali, negli anni '50 le cose stavano molto diversamente.
E quella famiglia così allargata e promiscua che girava intorno a Simenon e dove dall'esterno era difficile dare una connotazione precisa ad ogni membro, non riscuoteva la simpatia della gente, spesso conservatrice, puritana e dai costumi castigati. Per tutti questi non era facile capire.
In un certo periodo sotto lo stesso tetto convivevano Tigy, ancora ufficialmente la moglie, Denyse la sua amante passionale, ma per tutti solo la sua segretaria personale, Boule la femme de chambre, che però aveva un rapporto molto particolare con Georges, le istitutrici di turno dei figli. Questo nella vita quotidiana in posti come Bradenton Beach (Florida), Tucson (Arizona al confine con il Messico), Lakeville (piccolo villaggio nel Connecticut) e il comportamento dello stesso Simenon che non di rado, quando il posto gliene offriva la possibilità, non faceva mistero di frequentare i bordelli locali.
Insomma questo europeo che arrivava da quella Parigi (città allora da quell'ambiente spesso considerata peccaminosa), che si comportava così disinvoltamente, dava scandalo.
Lui stesso si rendeva conto di quella notevole differenza tra il concetto di moralità e di libertà sessuale che aveva lui e quello degli americani che non facevano parte degli "hollywoodiani di Los Angeles".
Questo gli creò a volte un certo isolamento, cosa che gli dispiaceva non poco. Proprio lui che per abitudine era desideroso di sentirsi uno della comunità in qualsiasi posto del mondo fosse. Che voleva capire come pensavano, cosa facevano, come si comportavano membri di quell'ambito, quanto fossero diversi e quanto invece uguali a lui.
E da questo punto di vista erano molto diversi e così lo trattavano spesso come un corpo estraneo. Il minimo per uno straniero che arrivava e dava scandalo.

venerdì 28 settembre 2012

SIMENON... CHE FATICA LA 180a VOLTA!

Siamo nel 1961. Simenon ha ormai 58 anni quando nel suo Quand j'étais vieux scriveva come ci si renda conto, anche non essendo ancora anziani, che però a quell'età parecchi anni sono passati e, anche se ci sembra di essere in forma (e talvolta anche la nostra figura allo specchio ci conforta in tal senso) il tempo invece continua inesorabilmente a passare e a lasciare inevitabilmente i propri segni.
E questo è più evidente nella caratteristica più eclatante del romanziere. La capacità di scrivere in fretta, in quella specie di trance, e pubblicare un numero di titoli che ben pochi autori del suo livello possono vantare.
Ma quel ritmo indiavolato che teneva da giovane (fino ad ottanta pagine al giorno) ormai non era più sostenibile da tempo ed ora c'era un'altra frenata.
"...questa mattina alle sei credo per la centottantesima volta - le persone trovano questa cifra enorme, mentre a me pare irrisoria se penso che ho cinquantotto anni e non ho mai fatto altro nella vita! - questa mattina, come dicevo, sono andato per iniziare. Caffè, il "do-not-disturb" alla porta, e così via..."
E' Simenon che racconta un mattina che sembra una come tante altre che hanno costellato la sua vita. Una serie di riti ormai consolidati, come fossero dei gesti più scaramantici che azioni davvero utili (fare la punta alle matite quando ormai scriveva soltanto a macchina). Ma vediamo come prosegue la mattinata.
"...Un'ora dopo, cinque pagine scritte, abbandono la pista. Non è un caso che abbia usato questo termine da circo o da music-hall. In effetti ho avuto il torto di voler scrivere questo romanzo per realizzare una "performance". Ne ho già scritti tre quest'anno. Sognavo di scriverne cinque o addirittura sei, come una volta, era un modo di proclamare che non stavo invecchiando, che ero ancora in piena forma...".
Ma questo è un tema che per ora si affaccia solamente nelle tematiche del romanziere, soprattutto per quanto riguarda la sua vita personale. D'altronde sono solo due anni che è nato il suo ultimo figlio, Pierre Nicolas, l'anno precedente ha energicamente presieduto la presidenza della giuria del Festival del Cinema di Cannes, la sua iperattività sessuale non conosce cedimenti significativi. Insomma la vecchiaia sembra ancora lontana. Ma la stanchezza di scrivere è per lui un campanello d'allarme di non poco conto. Il fatto che i capitoli dei suoi romanzi dell'età giovanile fossero di dieci/undici capitoli derivava dal fatto che riusciva a reggere l'état de romace per dieci/undici giorni.
Passando il tempo non riusciva a reggere quello stato per così tanto e quindi il numero di capitoli dei suoi romanzi scese prima a nove, poi ad otto e alla fine a sette capitoli, anche se riusciva a concluderne sempre uno al giorno. Ma mentre nei confronti di questo argomento di solito si dice che "c'è sempre una prima volta per tutto", Simenon ribaltava i termini e invece dava dell'invecchiamento una definizione diversa: "L'invecchiare è un succedersi di ultime volte".

giovedì 27 settembre 2012

SIMENON. IL DESTINO, IL GIUDICE E I TESTIMONI

Nel 1954, anno della partenza dagli Usa per il suo ritorno definitivo in Europa, Simenon scrive l'ultimo romanzo americano. E' un bel romanzo legato ad un giudice ad un processo... anche se chiamarlo legal-thriller sarebbe un po' riduttivo, o meglio, non ne renderebbe bene i contenuti e il taglio. Si tratta di un romanzo in cui ritroviamo i temi del destino, quelli dell'incomprensione coniugale, di ciò che appare o che crediamo di sapere e ciò che è realmente. Insomma una storia che per personaggi, vicende e motivazioni psicolgiche, s'inserisce a pieno titolo nella produzione classica del romanziere. Ma c'è un'altro motivo per cui gli sono particolarmente legato, se mi è permessa una parentesi personale. Infatti Simenon finì di scrivere Les témoins nel suo ranch Shadow Rock Farm a Lakeville (Connecticut) proprio il 27 settembre 1954, proprio, modestamente, nel giorno della mia nascita.
Ma a parte le coincidenze temporali, vorremmo portare l'attenzione  su questo romanzo che non tutti avranno avuto la possibilità di leggere, dal momento che Mondadori lo pubblicò nella collezione La Medusa nel 1967 di cui poi ci fu una sola ristampa. Insomma un libro poco conosciuto in Italia (e non di rado confuso con un'inchiesta del commissario: "Maigret e i testimoni recalcitranti" Adelphi, oppure "Maigret e i testimoni reticenti" come titolava la vecchia serie di Mondadori). Questo è un romanzo in cui un giudice, una categoria verso la quale Simenon non nutre grande simpatia, durante un processo ha una sorta d'indentificazione con l'imputato, accusato di aver ucciso la moglie. Il magistrato non vuole uccidere la propria consorte, ma ha con lei dei probemi, notevoli. La donna infatti soffre di cuore e da cinque anni vive a letto, ha delle crisi dei momenti migliori, comunque la malattia non migliora né peggiora. Ma siccome le crisi si manifestano sempre quando il giudice ha qualche impegno importante ed avrebbe bisogno di calma e concentrazione, inizia a credere che siano crisi fasulle, solo per disturbarlo, intralciarlo sul lavoro, creargli problemi nei momenti meno opportuni. E più passano gli anni e più questa per il magistrato diventa una certezza. Il destino s'incaricherà di mettere le sue mani sia sulla vita dell'imputato che su quella del giudice, in modo del tutto imprevisto e cambiando la vità di entrambe... in meglio.... in peggio? E il destino prende la forma di testimoni a carico, di quelli a discarico e soprattutto di quelli che non ci sono.
E' il destino e va seguito fino in fondo. Il romanzo scava nelle relazioni interpersonali tra marito e moglie, ma anche sull'idea del giudice di cosa farebbe e cosa penserebbe se fosse lui l'imputato, restituendoci una profondità considerevoli dei personaggi.
Non è un romanzo dei più famosi e citato, ma Les Témoins è un esempio paradigmatico dell'opera simenoniana, che ci porta ad esplorare le più profonde motivazioni umane e che ci mostra l'inutilità degli sforzi e la vanità dei propri convincimenti di fronte al destino, che si tratti di un stimato e rispettato giudice o di un povero ubriacone come l'imputato.

mercoledì 26 settembre 2012

SIMENON E TERESA, IL SESSO INZIA SU UN TAVOLO, MA L'AMORE IN UN... BAGNO


Teresa Sburelin. Veneta, consigliata ai coniugi Simenon dalla moglie di Arnoldo Mondadori. Discreta, affatto ciarliera, gran lavoratrice. I due, e soprattutto Denyse, non era soddisfatta dai rimpiazzi della Boule che da quando erano in America aveva seguito, dopo il divorzio, Tigy e il primo figlio Marc. Così Teresa entra in servizio nel '61, a trentacinque anni, negli ultimi tempi in cui abitavano nel castello di Echandens, prima di trasfersi tutti nella grande villa di Epalinges, già in costruzione. Tutti sono soddisfatti di lei, anche se l'attenzione di Georges e di tutta la casa andavano in gran parte alle condizioni mentali di M.me Simenon, che peggiorava, con momenti di sovraeccitazione e periodi di depressione, con sfuriate memorabili contro il marito, i collaboratori la servitù... Insomma la situazione non era più sostenibile e le terapie in casa o i brevi periodi in varie case di cura, non erano più sufficienti. Nonostante la situazione fosse insopportabile, per Georges fu un grave colpo quando Denyse nel 1964 lasciò la villa per la clinica di Nieul. Anche se non se ne parlava, si sapeva che non sarebbe più tornata, anche se le cure fossero state efficaci. E così fu.
Simenon non era entrato molto nei dettagli dell'assunzione della Sburelin che aveva lasciato alla moglie. E anche i primi mesi i loro incontri furono sporadici, occasionali. Solo dopo Simenon iniziò a prenderla in considerazione. In un primo momento erano solo delle furtive occhiate e poi "... un giorno sono entrato distrattamente in un stanza dove l'ho trovata, protesa in avanti su un tavolo antico che stava lucidando - racconta Simenon in uno dei suoi Dictèes (A l'abri de notre arbre - Presses de La Cité - 1977) - E' stato più forte di me. Mi sono avvicinato a lei, le ho alzato la gonna, abbassato febbrilmente i suoi slip e l'ho penetrata. L'ho già detto, ho posseduto, se si può usare questo termine, delle migliaia, se non qualche decina di migliaia di donne nella mia vita. Mai avevo conosciuto una tale gioia sessuale nella quale si fondevano, allo stesso tempo, altre cose che ancora adesso non saprei definire... La scossa fu violenta per lei quanto per me. Dopo non so nemmeno se ci siamo abbracciati... non ci siamo guardati e mi sono chiuso nel mio studio...".
Lo stesso Simenon ammetteva che Teresa non era una bellezza da copertina, ma la sua presenza gli infondeva calma e serenità. E lo scrittore racconta come non ci fu però nessun colpo di fulmine, imparò a conoscerla e ad apprezzarla con il passare del tempo. Continuava ad avere rapporti con altre donne, ma pian piano iniziò a sentire per lei una particolare attenzione... l'aspettava quando andava in città, la seguiva nei suoi sostamenti casalinghi e si sentiva sempre più coinvolto alla sua presenza.
Ma la scintilla non era scattata e sarebbe  successo qualche anno dopo la dipartita di Denyse. Tutto a causa di un incidente...
"... sono caduto nel mio bagno e mi sono spezzato tutte le costole dalla parte sinistra. I miei figli erano tutti in casa. C'era del personale di serivizio qua e là. Io ero steso per terra sul marmo, come un granchio, e gridavo invano aiuto. E' stata Teresa che è arrivata. L'indomani un'ambulanza mi ha portato in un clinica dove lei è restata con me, dormendo su una brandina, accanto al mio letto, la sua mano a portata della mia. Abbiamo passato tre settimane, insieme dal mattino alla sera, per la gran parte del tempo in silenzio. Era lei che mi curava, molto più delle infermiere, e che si alzava durante la notte per somministrarmi dei calmanti... Quando sono uscito dalla clinica ho capito che D. era lontano dai miei pensieri e che stavo vivendo un amore profondo, di una serenità completa, cosa che non escludeva la passione...".
Teresa è diventata la persona più importante per Georges, non solo da un punto di vista affettivo, ma anche da quello della sicurezza. Lui ormai ultra sessantenne vedeva in lei, quarantenne, un punto di riferimento per ogni sua esigenza. Teresa gli sarà vicino fino alla morte. Questo significa circa 25 anni, meno di quanto sia durato il suo matrimonio con Tigy (27 anni, più circa tre anni di fidanzamento), ma più della sua storia con Denyse (19 anni, compresi i cinque anni in cui erano ancora sposati).
Ma più di qualcuno ha detto che in Teresa Simenon avesse trovato la donna che aveva incosciamente sempre cercato, cioè M.me Maigret. E a chi glielo feceva notare, lo scrittore non negava che la cosa potesse essere palusibile.

martedì 25 settembre 2012

SIMENON, UN ANTI-NUCLEARE ANTE LITTERAM!

Siamo oggi a scoprire un'altra opinione di Simenon che ne fà un uomo... "ecologista". In particolare ci riferiamo all'energia nucleare, nei confronti della quale il romanziere nutriva una vera e propria avversione.
A rivelarlo è una delle interviste che concesse a Lacassin alla fine degli anni sessanta.
"... riguardo all'energia nucleare  sono assolutamente contrario. Del tutto almeno quanto Einstein, d'altronde, che pur tuttavia ne è il padre... -  Simenon continua spiegando che la sua avversione è anche nei confronti di quella per usi pacifici - ... Oh! Sì, anche contro quella. D'altronde si sono già abbastanza sporcati con la bomba dell'altro ieri. Sapete che è stata lanciata una bomba su una centrale nucleare in costruzione? Fortunatamente non c'erano ancora, almeno così pare, dei materiali fissili (quelli che sono in grado di provocare una reazione nucleare a catena). Ma questo prova che è possibile commettere degli attentati...".
Simenon è quindi contrario sia all'uso militare che civile. Quando furono sganciate le bombe necleari a Nagasaki e Hiroshima Simenon viveva negli Usa. Era una situazione di guerra, ma lo sterminio provocatoa quel bombardamento deve aver avuto un effetto di non poco conto su di lui. E quindi a sessantasei anni era un anti-nuclearista convinto:
"...e d'altronde gli americani stanno facendo marcia indietro: hanno già bloccato quasi la metà delle loro centrali nucleari..."
A leggere queste parole, pronunciate da un uomo non certo di sinistra, da molti definito un alto borghese conservatore per lo stile di vita e per l'enorme ricchezza accumulata, fà un certo effetto. Soprattutto se ancora oggi, dopo oltre quarant'anni siamo ancora qui a parlare di nucleare sì, nucleare no.
Sull'uomo Simenon ognuno può esprimere il giudizio che crede, ma gli si deve riconoscere che su certi argomenti sapeva vedere lontano. Magari non per analisi e informazioni, ma per un certo fine intuito. Proprio come il suo commissario Maigret.