martedì 16 ottobre 2012

SIMENON. MAIGRET, L'ABITO FA' IL COMMISSARIO ?

Imparò subito la lezione. "... E' consigliabile che gli ispettori siamo muniti di abito nero, smoking e marsina, senza i quali non è possibile avere accesso a certe riunioni mondane...".
Istruzioni che valevano per ogni ispettori di tutti i commissariati, anche in quello del quartiere Saint Georges dove Maigret nel 1913 svolgeva le funzioni di segretario del commissario Maxim Le Bret. Come invece per altre occasioni sapeva, come recitava sempre il manuale, che "... un berretto, un fazzolettone, e un vecchio abito usato costituiscono, l'esperienza l'ha dimostrato, un efficace travestimento...".
Ci vuole  poco a capire che Jules Maigret non si sentiva affatto a suo agio, con il vestito da cerimonia e quanto soffrisse impazientemente, quando il servizio lo obbligava a frequentare ricevimenti e gala. Dopo tanti anni di servizio sulla strada, i travestimenti erano invece il suo divertimento, o comunque non si sentiva a disagio nei panni di un pover'uomo, quando doveva fare un inseguimento o stazionare ore in una brasserie di terz'ordine.
Queste erano situazioni frequenti, ma non la quotidianetà. Ma anche in quella, vestiti e accessori cambiavano a seconda dei periodi e delle mansioni. Ad esempio la bombetta che molti Maigret televisivi e molte illustrazioni fanno sembrare un accessorio usuale del commissario, era invece un cappello che usava solo per i funerali o le cerimonie ufficiali. Come pure il famoso pesante cappotto con il collo di velluto, non era la sua divisa. Lo stesso Maigret asserisce di utilizzarlo solo nei giorni di pioggia o di grande freddo. Ammette invece che nell'intimità della casa, va a letto con una camicia da notte e non con il pigiama.
E a proposito della sua attenzione nel vestire ecco quello che dice ne Le Mémoires de Maigret (1950 - Presses de La Citè).
"...Io non sono vanitoso. Mi preoccupo assai poco dell'eleganza. Ma, forse proprio per questo detesto farmi notare. E il mio piccolo sarto israelita di rue Turenne non desidera più di me che la gente si volti in strada quando passo...".
Anche in questo Simenon aveva creato un eroe "normale", né un damerino, né uno straccione. Ma un semplice funzionario, che vestiva in modo ordinario, senza concessioni alla moda o all'estrosità. E non solo nel vestire

lunedì 15 ottobre 2012

SIMENON. MA QUANTI SONO GLI SCRITTORI-SCRITTORI?

Traslocare è una bella cosa. Nel fare i pacchi si ritirano fuori cose dimenticate, ci si libera di un sacco di ciarpame, si scoprono altre cose che nemmeno sapevamo di avere... Si risistema tutto e... si pensa alla nuova vita che ci aspetta, nuova casa, nuova città, nuovo paese, nuovo lavoro...
Questo incipit sui traslochi stavolta non è riferito ai tanti che ha fatto Simenon. No. Si tratta più modestamente di una questione personale. Sto traslocando e appunto ho tirato giù libri, giornali, dispense, dvd, dischi, cassette VHS, insomma le cose più varie.
E tra le tante mi è capitato in mano un numero di Mercurio. Beh, non tutti, se non altro per questioni anagrafiche, possono sapere che cosa fosse. Si trattava di un supplemento del quotidiano La Repubbblica. Era un'iniziativa partita ai primi di marzo del 1989. Aveva un cadenza settimanale, 24 pagine, curato da Nello Ajello, si occupava di lettere, arti e scienze. Tutto rigorosamente in bianco/nero, ma già sfoggiava una bella impaginazione ariosa, moderna, caratterizzata da molte illustrazioni e poche foto.
Georges Simenon al Festival di Cannes del 1960 con Giulietta Masina e Federico Fellini
Quello che mi è capitato in mano è il numero del 16 settembre '89. Allora Simenon era scomparso da poco più di una settimana e sull'intera pagina dieci Mercurio pubblicava un'intervista di Alberto Arbasino a Simenon. Era un'incontro, di diversi anni prima, del 1960, a Cannes in occasione del Festival Cinematografico, dove il romanziere quell'anno era presidente della giuria.
Vi ritroviamo un Simenon su di giri, estremamente brillante e pungente al tempo stesso. Non svela segreti o novità, ma il tono ci è sembrato particolarmente sincero e quindi vi riportiamo qualche passo che ci auguriamo possa piacere anche a voi.
"...Gli scrittori sono dei noiosi insopportabili che perdono il tempo in chiacchiere; e stanno lì a raccontarsi dei romanzi che poi non scriveranno più. I caffé letterari li brucerei tutti. Hanno ragione gli scrittori americani, in questo, a vivere ciascuno per prorio conto e non voler mai incontrare i colleghi. Se si incomincia a vedersi tra noi, è finita. E' un circolo chiuso, artificiale. Preferisco vivere nella vita, dove tutti gli ambienti sono interessanti, tranne quelli artistici. Quelli mi fanno orrore...".
Schietto, diretto e senza peli sulla lingua. Che Simenon non amasse gli ambienti e ancor meno i circoli dei letterati, si sapeva, ma forse rare volte si era espresso così chiaramente, soprattutto in considerazione che chi lo stava intervistando era uno scrittore. E poi se la prende con gli scrittori "della domenica"
"... il fatto è che oggi ci sono molti più dilettanti e pochissimi veri scrittori, professionali. Quindi la maggior parte fà in fretta a stancarsi e a innervosirsi e a lasciar perdere: non sono i veri scrittori. A cominciare sono sempre in tanti perché definirsi "scrittore" o "giornalista" oggi pare un biglietto di presentazione simpatico: così credono, poveri coglioni. Però, poi, alla lunga si vede...".
Da chi ha dedicato tutta la vita alla scrittura, da chi si è sempre guadagnato da vivere scrivendo, da chi ha sempre scritto a tempo pieno e da uno come Simenon che, all'epoca dell'intervista, scriveva da quasi quarant'anni, i giudizi sopra espressi trovano la loro giusta angolazione. E non è finita.
"... e senza contare che tutti i professori che una volta scrivevano saggi su saggi, oggi si buttano a scrivere romanzi, perché sono convinti di possedere le ricette. Fino a neanche tanti anni fa', sarebbe parso inconcepibile: ma oggi non c'è un cattedrattico che non stia preparando un'opera di narrativa. Quanti sono però i veri romanzieri tra loro? Vorrei un po' vedere... Pochissimi!  C'é poco da fare: la mentalità analitica taglia le gambe al narratore. Non si può avere uno spirito critico, da professore, ed essere creatori nello stesso tempo. Sarebbe troppo comodo. Però non ci si riesce: per creare bisogna non aver paura né dell'irrazionale né del ridicolo; e non bisogna riflettere troppo sulle cose...".
E' un fiume in piena che travolge tutti clro che non hanno una concezione della  letteratura così totalizzante quanto la sua. Simenon non concepisce chi fa un lavoro qualsiasi e ogni tanto scrive un romanzo. Certo oggi che gli scrittori-scrittori sono sempre più rari, Simenon avrebbe fatto fuoco e fiamme. Ma oggi si può vivere scrivendo. Quanti sono che lo possono fare? Già in America è più facile, ma la situazione in Europa e specificatamente in Italia è molto diversa e lo scrittore "professonale", come lo chiama Simenon, va decisamente scomparendo.

domenica 14 ottobre 2012

SIMENON. MAIGRET C'E' E NON C'E'... STOP & GO... SCOMPARE E RIAPPARE...

Nota di precisazione -  Sembra, ce lo hanno riferito fonti anonime, ma noi non lo abbiamo visto con i nostri occhi, che ieri sera, sabato 14 ottobre, sia andata in onda una puntata delle inchieste televisive prodotte dalla Rai con il commissario Maigret.
Ci viene da pensare che abbiamo fatto bene allora a pubblicare oggi (ma lo avevamo scritto ieri) quella reprimenda alla Rai, almeno è servita a qualcosa!
A parte gli scherzi, evidentemente noi non c'entriamo affatto, ma comunque meglio così. D'altronde che volete... avete aspettato solamente cinque mesi...
A quando un nuovo stop a sorpresa?
A quando una nuova ripartenza?
Con la Rai la suspense non manca mai...

SIMENON. MAIGRET SU RAI 5. IL MISTERO DELLE REPLICHE SCOMPARSE

E' veramente il mistero delle repliche scomparse. Cerchiamo di fare un po' d'ordine e di vedere come è andata questa storia su cui ormai abbiamo scritto diversi post, anche sollecitati dalle numerose segnalazioni, proteste e arrabbiature dei telespettatori che hanno visto interrompersi il ciclo annunciato senza motivazioni, nè avvertimenti. A marzo la Rai aveva infatti annunciato che dal giorno 13, in seconda serata, sarebbero stati trasmessi, con cadenza settimanale, una serie di episodi del commissario interpretato da Gino Cervi. Serie lunga che doveva durare fino a giugno (vedi Il ritorno del 2 aprile). Lo stop arriva, dopo nemmeno un mese, il 12 maggio. Allora chiedemmo all'ufficio stampa della Rai e alla redazione di Rai 5, una qualche spiegazione che fino allora non era stata fornita (vedi Le repliche 24 maggio). Finalmente la risposta arrivò, ma era vaga. Parlava di problemi di diritti alla trasmissione, ma non accennava nemmeno se e quando la programmazione potesse riprendere (vedi La Rai risponde 26 maggio). Nel frattempo Simenon-Simenon viene subissato da altri messaggi, mail, commenti di protesta. I telespettatori affermano di sentirsi presi in giro e non ci stanno e continuano a scriverci. Tanto che dopo una ventina di giorni sentiamo l'esigenza di tornare sull'argomento (Ancora nessuna notizia 13 giugno), purtroppo potendo solo ribadire il silenzio della Rai e formulando qualche ipotesi sull'improvvisa interruzione.
Poi un segno. Il nostro solerte e sempre ben informato attaché Andrea Franco, la settimana scorsa ci informava che nei palinsesti era ricomparsa la programmazione dei Maigret, prevista per sabato 6 ottobre. Ma subito il giorno dopo doveva inviarci una smentita: il programma, per quanto annunciato, non era andato in onda.
Insomma ormai la storia è vecchia, talmente vecchia che, come si dice in gergo giornalistico, inizia a puzzare. Crediamo che valga la pena di metterci l'anima in pace (e una pietra sopra), dando per abolita per sempre la riproposta dei vecchi Maigret. La Rai d'altronde non è la prima volta che stravolge palinsesti e programmazioni senza fornire una spiegazione o una spiegazione esaustiva. E' questione di sensibilità, anche nei confronti di quei, forse non tantissimi appassionati, che avrebbero amato seguire quella serie. Ma nella tv di oggi, lo sappiamo, contano sempre più audience, share, budget pubblicitari. Spariscono i programmi culturali, si abbassa il livello, purtroppo anche su quelle reti (del digitale terrestre) che si pensava potessero essere affrancate dai problemi di ascolto e quindi permettersi di alzare un po' il livello e la qualità di quello che viene trasmesso. E invece purtroppo non è così.

Questo post è stato materialmente scritto sabato 13 ottobre, alle 18.00 circa e messo on-line stamattina. Non potevamo prevedere la "sorpresina" che la Rai intanto ci preparava per la serata. Vedi comunque il post successivo.

sabato 13 ottobre 2012

SIMENON.... SE NON L'AVESSE FATTO...

La nostra attachée Giovanna Ferraris ci propone un gioco di fantasia. Immaginare cosa sarebbe potuto succedere, o non accadere, se Simenon non avesse preso alcune scelte importanti della sua vita



10 dicembre 1922. Da Liegi a Parigi.
15 ottobre 1945. Da Londra a New York
19 marzo 1955 . Da Lakeville a Parigi.
Luglio 1957. Da Cannes a Echandens (Losanna)
Simenon è uno che ha viaggiato molto. Ma quelle qui sopra sono delle date molto importanti. Sono quattro spostamenti della sua vita che hanno lasciato un segno o ne hanno modificato il percorso. Ma se non fossero avvenuti? Se Simenon non fosse partito?

• 10 dicembre 1922. Da Liegi a Parigi.
A neanche vent'anni Simenon decide di lasciare il Belgio, la sua Liegi, il buon posto di giornalista alla Gazzetta di Liegi e la sua fidanzata e buttarsi in quella avventura dall'incerto finale che era la scrittura. Se non l'avesse fatto, avrebbe lo stesso sposato Tigy, avrebbe sicuramente fatto carriera al giornale. Figli? Probabilmente nessuno, come gli aveva fatto promettere Tigy prima del matrimonio. Avrebbe inizato a scrivere? Quasi sicuramente sì, ma certo possibilità e risonanza sarebbero state minori. MAigret sarebbe nato? Chissà.... senza quella caterva di romanzi popolari, chissà se gli sarebbe venuto in mente? Non avrebbe conosciuto Colette, André Gide, difficilmente avrebbe scritto per Gallimard. Comunque i confini di Liegi gli sarebbero stati stretti e prima o poi sarebbe andato via o si sarebbe adattato ad una vita più borghese e più ordinaria?

• 15 ottobre 1945. Da Londra a New York.
Parte con una moglie ed un figlio e torna dieci anni dopo con un'altra moglie e due figli in più. Se non avesse avuto il Fronte di Liberazione nazionale francese alle costole, Simenon non avrebbe abbandonato la Vandea. Magari avrebbe continuato a far su e giù con Parigi, magari avrebbe continuato a viaggiare e a pubblicare reportage sui giornali. Certo gli sarebbe mancata l'esperienza che dieci anni di States gli dettero. E forse quel soggiorno gli regalò qualcosa in più, oltre le conoscenze e i contatti con quelli che riteneva i migliori romanzieri del secolo. Forse gli servì anche a riscoprire le sue radici europee... a rivalutare Parigi...


19 marzo 1955. Da Lakeville a Parigi
 Simenon sarebbe potuto naturalizzarsi americano, prendere la cittadinanza e diventare un americano a tutti gli effetti.
Forse avrebbe stretto maggiori rapporti con Hollywwod per la trasposizione dei suoi romanzi. Ma quel Maigret così francese, così parigino, avrebbe avuto lo stesso sapore scritto da un americano? Sarebbe cambiato? L'oceano di mezzo alla lunga avrebbe avuto la sua influenza. I romanzi probabilmente no. E la fortuna dei suoi libri in Europa? Forse i suoi lettori non sarebbero cambiati, ma la popolarità nel vecchio continente non sarebbe forse stata più la stessa.
E' un fatto che il ritorno gli giovò. E fu un ritorno trionfale, come se tutti, letterati, editori, lettori europei avessero saputo che prima o poi sarebbe tornato.

Luglio 1957. Da Cannes a Echandens (Losanna) 
Finalmente la pace. Cambierà quattro case, ma sempre in Svizzera, anzi nel canton de Vaud, anzi nei dintorni di Losanna. Avrebbe potuto scegliere di tornare in Vandea, o a Parigi, ma (questioni fiscali/finanziarie a parte) forse sentiva il bisogno di allontanarsi da una Parigi che non era più quella degli anni '20/'30, la capitale mondiale della cultura. Lì a Losanna diciamo che Parigi era a portata di mano, ma lui era appartato, in una sistemazione tranquilla. Certo a Parigi sarebbe potuto stare più vicino alla figlia che lo adorava e aveva bisogno di lui.... Chissà se questo avrebbe potuto evitare la tragedia?
A cura dell'attachée del "Bureau Simenon-Simenon", Giovanna Ferraris

venerdì 12 ottobre 2012

SIMENON. METTETEVI NEI PANNI DI MAIGRET E...

Già. Chi lo ha letto magari l'ha fatto. Anzi ci azzarderemmo a dire che l'ha sicuramente fatto. Anche a noi è capitato, anche quando avevamo un'età, degli interessi e vivevamo una situazione ben lontana da quella del commissario.
Poi però presi un po' dall'atmosfera, interessati agli ambienti dove si svolgono le indagini, catturati dai personaggi che Simenon mette in campo... non è che ci si dimentichi di Maigret, ma, diciamo, le distrazioni sono molte. E questo perchè, ma l'abbiamo detto tante volte (forse fin troppe!), questi gialli sono molto poco polar, come dicono i francesi, e molto più romanzeschi, come sosteniamo noi (e su questo siamo in buona compagnia).
Mettersi nei panni di Maigret, ma non per trovarsi davanti criminali abituali. Tra questi e la polizia, almeno allora, c'erano dei codici di comportamento, un gioco delle parti in cui ognuno interpretava la sua, sapeva fin dove poteva arrivare e conosceva bene il ruolo e i limiti dell'altro.
No, qui si parla dei crimini commessi da personaggi non malavitosi, brave persone, anche ricchi borghesi e stimati professionisti.
Leggiamo quello che dice a questo proposito lo stesso commissario ne Les mémoires de Maigret (1950) e proviamo di metterci nei suoi panni.
"....Voglio parlare dei delitti commessi all'improvviso negli ambienti più imprevisti, e che sono il risultato di una lunga e sordida fermentazione. Una strada qualsiasi, pulita, perbene, a Parigi o in un'altra città. Gente che ha una casa confortevole una vita familiare, una professione onorevole. Mai avremmo avuto motivo di bussare alla loro porta. Spesso si tratta di un ambiente in cui difficilmente saremmo ammessi, dove stoneremmo, dove ci sentiremmo per lo meno goffi. Ora qualcuno è morto di morte violenta. E ci troviamo a suonare alla porta, ci troviamo davanti alcuni visi chiusi, una famiglia di cui ogni membro sembra possedere un proprio segreto. Qui l'esperienza acquisita in strada, nelle stazioni, nelle camere d'albergo non funziona più. Non c'è nessuno che tema di essere rispedito al paese d'origine. Nessuno che venga condotto in un ufficio del Quai per essere sottoposto ad un monotono interrogatorio che dura ore intere. Quelli che abbiamo di fronte sono gli stessi benpensanti che in diverse circostanze ci avrebbero chiesto: "Ma lei non si scoraggia mai?".
Sono proprio costoro che scoraggiano. Non subito. Non sempre. Perchè il compito è lungo e pieno di imprevisti. Anche perchè un colpo di telefono di un ministro, di un deputato, di una personalità importante, può cercare di metterci fuori strada....".
E qui vegono fuori un paio delle idiosincrasie di Simenon, quella borghesia ricca, gretta e perbenista. L'altra è quella classe politica vista come autoreferenziale, intenta a difendere i propri interessi e della classe da cui proviene, a costo di intralciare e condizionare addirittura delle indagini di polizia all'insegna dell'onorabilità, delle apparenze e del buon nome dei loro protetti.
"...V'è  una spessa vernice di rispettabilità da grattar via un po' alla volta. Ci sono i più o meno ripugnanti segreti di famiglia... è indispensabile far luce, senza preoccuparsi delle proprie teste e delle minacce...".
Sembra oggi. Dove il potere politico si mette non di rado di traverso, addirittura legislativamente, alle indagini della magistratura. Ma occorre stare attenti perchè, come ci spiega Maigret "...si rivelano sempre delitti di interesse. Non delitti di denaro. Intendo dire, non commessi per un bisogno immediato di denaro, come nel caso dei giovani malfattori che assassinano le vecchie signore. Dietro la facciata ci sono interessi più complessi, a lunga scadenza, che si concatenano e presentano le preoccupazioni della rispettabilità... E quando alla fine sono costretti a confessare... c'è il terrore delle conseguenze "E' assolutamente impossibile che la nostra famiglia venga trascinata nel fango. Bisogna trovare una soluzione...". Succede che la soluzione purtroppo venga trovata...".
Questa ultima considerazione di Maigret è estreamente amara. Rivela come un commissario di polizia, anche uno come lui, sia una rotella, un piccolo ingranaggio che una sola parola di una persona giusta riesce a fermare e tutto si inceppa, meglio si ferma e per dirla come Maigret: "...alcuni che avrebbero dovuto lasciare il mio ufficio solo per una cella alla Santé, siano scomparsi dalla circolazione...".
Ci verrebbe da dire.... tutto il mondo è paese. E Simenon sa bene che queste sono le frustrazioni universali, quelle di tutti i commissari del mondo, che i politici di tutto il mondo cercano di fermare quando stanno per incastrare i loro protetti, quando non gli amici di partito. E per questo le sue storie, anche quelle di Maigret, funzionano dappertutto, dicono le stesse cose a tutte le latitudini, raccontano i medesimi soprusi di ogni dove.
Ecco perchè che siate europei, o asiatici, sudamericani o africani, se vi metteste nei panni di Maigret, prima o poi vi scontrereste con il muro del potere che, come ci insegnano (anche) le storie di Simenon, è quasi sempre forte con i deboli e debole con i forti.

giovedì 11 ottobre 2012

SIMENON FINISCE IN ITALIA E RIPARTE IN SPAGNA

Mentre in Italia i romanzi delle inchieste del commissario Maigret sono ormai stati pubblicati tutti*, con l'ultima uscita di Adelphi prima dell'estate con Maigret e il signor Charles, in Spagna si comincia.
La stampa spagnola (ma anche tutta quella di lingua spagnola, vedi ad esempio il quotidiano argentino "Terra argentina" il 7 ottobre) dà un notevole risalto alla pubblicazione dal prossimo sabato delle opere di Simenon.
Aldilà dei titoli dei vari giornali, che farebbero pensare ad una pubblicazione di tutta l'opera simenoniana, in realtà si parla soltanto di quattro dei titoli dello scrittore. Ad esempio il quotidiano spagnolo El Pais, riporta la notizia specificando che l'editore Acantilado pubblicherà sabato prossimo Pietr el letón (1931) e poi continuerà con El gato (1967), El perro canelo (1931) e La casa del canal (1933), precisando che la traduzione sarà quella di José Ramón Monreal.
Saranno solo i primi quattro titoli o poi seguiranno anche gli altri? Anche il sito dell'editore Acantilado a questo proposito è avaro di informazioni.
Sarà un modo di saggiare il mercato spagnolo? Vedremo. 

* Ricordiamo che nel commento al post del 9 ottobre, il nostro attaché al Bureau Simenon-Simenon, Andrea Franco, ci segnalava che l'uscita del prossimo Maigret ("Rue Pigalle ed altri racconti"), che sarebbe dovuto essere in libreria già da ieri, sarebbe stata posticipata dall'editore. Franco ipotizzava che, se la sua uscita dovesse seguire la consueta cadenza dei romanzi di Maigret degli anni scorsi, allora dovremmo vederlo non prima della seconda metà di novembre, anche se Adelphi lo presenta già tra le anteprime, quelle quindi di imminente pubblicazione. Anche in questo caso attendiamo gli sviluppi. 

mercoledì 10 ottobre 2012

SIMENON: LEZIONE DI CRIMINOLOGIA E VITTIMOLOGIA


"... in criminologia  - io ricevo tutte le riviste di criminologia del mondo come membro della Società Internazionale di Criminologia - si contempla che non esistono solamente i colpevoli propriamente detti, ma anche le vittime che sono spesso colpevoli. Questa dottrina si chiama vittimologia e in America è divenuta una scienza umana molto esatta...."
Oggi vi proponiamo una sorta di lezione di criminologia. In cattedra Georges Simenon. Occasione: una delle conversazioni con Francis Lacassin alla fine degli anni '60. E' un'occasione per sentire cosa lo scrittore pensa in fatto di criminali e vittime, ma è anche un modo per capire meglio della sua idea di società e di cosa e perchè scriveva sia sui Maigret che sui romanzi.
Vale la pena. Ascoltiamo quello che dice.
"...prendiamo il caso di un omicidio molto frequente in America: di solito è un Nero che uccide sua moglie. E' molto frequente ad Harlem. Bene, un Nero torna a casa, ubriaco; è normale essere ubriachi in un posto come Harlem, se voi ci siete stati, avrete visto che razza di posto sia. Dunque, torna a casa, i ragazzini strillano o si picchiano sulla strada, la moglie lo rimprovera, lui gli rifila una sberla. Allora lei gli dice: Certo, se potessi ammazzarmi lo faresti volentieri, ti sbarazzeresti di me, bene, se sei un uomo, tieni! - E gli porge un coltello da cucina - Allora dimostra se sei un uomo! E il Nero la uccide.
E' un dramma non quotidiano, ma che si verifica almeno un paio di volte al mese. E allora chi è più colpevole l'uomo o la donna? Innanzitutto è la società che ha fatto sì che Harlem sorga accanto a Manhattan, così vicino a quei grandi hotel di lusso. E' la società che ha fatto dei Negri in America, come dico spesso, degli essere costantemente umiliati. Sono umiliati a tutte le ore del giorno e della notte, dal momento in cui escono da Harlem e anche dentro Harlem se dei poliziotti bianchi si azzardano ad entrare. Ma d'altronde non ne mandano nemmeno più, li hanno rimpiazzati come dei poliziotti negri, quelli bianchi hanno paura ad entrarvi. E allora perchè stupirsi quando dei Neri uccidono dei Bianchi? Sono i Bianchi che hanno umiliato i Neri e non il contrario...".
Un Simenon così anti-razzista ve lo aspettavate?
Noi si. Simenon è sempre molto attento alle dinamiche sociali e individua subito le caratteristiche ambientali, i condizionamenti culturali, le influenze storiche. Scava e arriva al nocciolo della questione. E poi, con quel suo continuo mettersi nei panni dei più deboli e dei più disgraziati, non poteva sfuggirgli una situazione drammatica come quella dei negri americani.
Ma è un esempio. Quanti dei suoi protagonisti, piccoli uomini, inoffensivi, che sopportano sopprusi in silenzio, che si lasciano tiranneggiare a lungo senza reagire, ad un certo punto esplodono? Allora si rivoltano contro tutto e tutti e in pochi istanti rubano, uccidono, delinquono, vanno contro tutte le regole e le leggi della società del loro ambiente e s'infilano un cunicolo senza via di fuga, in una spirale che li porterà in situazioni tragiche e non di rado alla morte. E' il famoso passaggio della linea. Di qua il benessere, il consenso sociale, una vita rispettabile. Di là l'isolamento, la riprovazione di tutti, la fuga, un destino senza futuro. Ma quante volte questo colpevole è invece una vittima della società? Lo sa bene Simenon e di conseguenza lo sa bene Maigret che, per quanto può e quando può, incarna il "riparatore dei destini".
Fine della lezione.  

martedì 9 ottobre 2012

SIMENON. I ROMANZI VOLANO, MA LUI RIMANE CON I PIEDI A TERRA

America, metà degli anni cinquanta. In quel periodo Simenon vende in media circa tre milioni di copie l'anno. La prima edizione di La neige était sale tocca quota 850.000 copie solo negli Stati Uniti. Qualunque altro scrittore di fronte a queste cifre sarebbe stato soddisfatto e si sarebbe sentito arrivato. Invece Simenon si rammaricava un po': "... sto per compiere cinquant'anni e non vedo nulla di definitivo nel passato. Gli ultimi romanzi attestano comunque che posso sperare di potermi avvicinare a ciò che ho sempre sentito senza volerlo troppo definire...".
Sembra che il suo atteggiamento non sia cambiato, o lo sia molto poco, dai tempi in cui Colette gli respingeva i racconti da pubblicare su Le Matin consigliandogli di "tagliare tutta la letteratura". In quei tempi Simenon era consapevole di attraversare un periodo di apprendistato e solo agli inizi degli anni '30 si sarebbe sentito pronto per fare il salto verso quella semi-letteratura costituita dall'inizio dei Maigret e dalla firma di questi con il suo vero nome.
Ora dopo vent'anni, con una critica ormai quasi tutta favorevole e quelle vendite da star della letteratura, Simenon non perde di vista il suo obiettivo. Il raggiungimento di quella forma romanzesca che sentiva chiaramente dentro di sè, ma che non riusciva (o non voleva?) ancora del tutto definire. C'era quasi, ma non c'era ancora. Proprio come gli diceva Colette "Ci siamo vicini, ma non ci siamo ancora arrivati".
Questo la dice lunga su quanto Simenon sapesse con esattezza quello che faceva, il livello che aveva raggiunto e come riconoscesse che aveva ancora della strada da fare. E qesto dimostra anche il suo atteggiamente umile (e diremmo quasi rispettoso) che aveva nei confronti della scrittura e del romanzo. Come umili si erano rivelate a suo tempo le sue definizioni di letteratura-alimentare per indicare quella degli esordi e di letteratura semi-alimentare per quella dei Maigret.
Modesto. Lo dimostra anche in quello che affermava in varie occasioni, sempre alla metà degli anni cinquanta "...procedo con lentezza verso ciò che desidero scrivere veramente...". E ancora "... quando ho concluso un romanzo, ho sempre la sensazione di non aver raggiunto un buon risultato... avrei voglia di inziare tutto da capo... credo che i miei romanzi siano circa tutti quasi al medesimo livello, anche se ci sono momenti diversi che condizionano la mia scrittura. - afferma nella famosa intervista a Carvel Collins per The Paris ReviewAnche se mi pare di verificare un progresso ogni cinque o sei romanzi.  Non mi piace la parola progresso, percepisco però un salto di qualità..."

lunedì 8 ottobre 2012

SIMENON. LA MACCHIA PIU' GRANDE

La chiamano Orizzonti Mappe. E' una sezione de La Lettura che ospita un'inedita analisi(?), rassegna(?), tavola infografica(?)... Non saprei darne una definizione esauriente. E una sorta di grafico dove si incrociano vari dati geografici, numerici, temporali, descrittivi che s'intersecano e formano una specie di mappa da decifrare, ma difficile da descrivere a parole. Qui riportiamo una riproduzione ridotta rispetto alla grandezza dell'originale (circa 56x29 cm, occupa praticamente due intere pagine dell'inserto!). Questo non vi consentirà di leggerene le indicazioni e la riportiamo solo per dare un idea (vaga) di questo metodo di lettura dei fenomeni che la società di information design e di consulenza progettuale Accurat realizza per l'inserto culturale del Corriere della Sera e che ha vinto già alcuni importanti riconoscimenti come il Malofiej Infographics Award. Vi chiederete cosa c'entra tutto questo con Simenon.















La Mappa pubblicata ieri su La Lettura n°47, riguardava il giallo e l'articolo a commento titolava Poveri giallisti, imprigionati dai loro detective (a firma Ida Bozzi), con un occhiello che recitava : Conan Doyle e Simenon, McBain e Mankell. Quando la produzione seriale oscura il resto.
In questo grafico sulle ascisse appaiono i nomi di 68 giallisti tra i più famosi, sulle ordinate invece Paesi e città degli autori, poi una serie di visualizzazioni con forme e colori (cerchi, tratteggi, segmenti, etc...), indicano i detective, le location delle loro indagini, il numero di opere dell'autore, il tipo di ruolo dei protagonisti, le loro relazioni e molte altre indicazioni che, chi riuscirà a mettere gli occhi sulla mappa in formato originale, si potrà divertire a spulciare.
Simenon-Simenon si occupa di questa mappa, che ovviamente include Georges Simenon, ma ahimè con le solite incongruenze.
Infatti in questo colorato e ricco quadro infografico, il tondo di Simenon appare tra i più estesi, in un cerchio verde (uno dei più grandi) i Maigret ed in un cerchio grigio (il più grande della mappa) tutte le altre opere. E la prolificità e l'eclettismo di Simenon balza così agli occhi con un'evidenza notevole. Ma tutto ciò ci sembra in contraddizione con il titolo dell'articolo. Infatti, ma lo sapevamo tutti anche prima di questa inusuale visualizzazione, Simenon non è affatto prigioniero di Maigret. E' vero che ha prodotto oltre un centinaio tra romanzi e racconti del commissario parigino, ma sono ben oltre i cento i romanzi e i racconti che non hanno nulla a che fare con Maigret. E in più ci sono gli oltre duecento romanzi e racconti popolari dei suoi esordi. Non ci pare quindi che Simenon, possa essere messo a confronto con Conan Doyle e il suo Sherlock Holmes, Erle Stanley Gardner e il suo Perry Mason, o Agatha Christie con i suoi Poirot e Miss Marple, o ancora Rex Stout con il suo Nero Wolfe (tanto per tenerci su quelli più conosciuti). Questi sì, erano spesso prigioneri del loro personaggio di successo e sovente mortificati nelle loro ambizioni letterarie. Certo l'etichetta di giallista non si può negare a Simenon, ma è talmente sovrastata da quella del romanziere che la sua collocazione in questa tavola infografica ci pare un po' forzata.
Certo, si potrà ribattere, ma la fama di Maigret è così vasta e duratura che a volte oscura quella dei romanzi. Questa obiezione ci vede evidentemente contrari. Intanto perchè anche la critica più avveduta va sempre più riconoscendo che tra le inchieste del commissario Maigret e i romanzi, le differenze sono da attribuire più a ciò che distingue i seriali dai romanzi, che non allo stile, ai temi trattati o al taglio letterario. E poi l'importanza di Simenon come romanziere del '900 ci sembra che vada crescendo con il passare del tempo. E così sempre più si può avvalorare la tesi che quelli chiamati dall'autore i romans-durs, più che dei long-sellers, siano dei veri e propri classici. Insomma bella e interessante questa Geografia del giallo che ci offre La Lettura di ieri,ma l'inclusione di Simenon, lo ripetiamo ci pare un po' tirata per i capelli.