venerdì 25 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MAIGRET E LE SUE TRASGRESSIONI

Ferenc Pintèr - Illustrazione per "La ballerina del Gai Moulin"
Certo ad un lettura superficiale potrebbe sembrare che Simenon, quando creò la figura del commissario, abbia voluto costruire un uomo normale, pacioso, un bravo marito (non un bravo padre, in assenza di prole). Uno che sa stare al posto suo, che ha delle indubbie qualità, ma non uno in carriera. Come ha più volte tenuto a precisare Simenon "Maigret non è intelligente, è intuitivo". Sì, non sarà intelligente, ma nemmeno stupido come dimostra ad esempio nei rapporti con il suo coriaceo superiore, il giudice Comelieu, con cui di volta in volta è bravo a dargliela vinta, a mentirgli, a imporgli la propria teoria. Certo non è un politico, anzi i politici non li sopporta (questo sentimento deve avere radici lontane e dev'essere duro a morire...), tant'è vero, che quando gli viene offerto il posto di Direttore della Polizia Giudiziaria, lui lo rifiuta categoricamente, anche perchè quello è un incarico politco che lo porterebbe a trattare con i politici.
Insomma un uomo integerrimo... sembrerebbe. Va bene, lo sappiamo tutti, beve un po' troppo, ma una volta il freddo, una volta il caldo, ci vuole o un calvados o una birra bella fresca... e poi lo stress del suo lavoro... ogni tanto c'è bisogno di un pausa, necessità di allentare la tensione. E poi Maigret regge benissimo l'acol, non lo vediamo mai ubriaco.
Certo fuma parecchio, dalla sera alla mattina e, durante i suoi famosi interrogatori che vanno avanti tutta la notte, anche dal tramonto all'alba. Oggi sarebbe stigmatizzato dai salutisti e dai vari comitati antifumatori... addirittura fumare in camera da letto... la mattina appena svegliato!...
E poi ci sono le donne. Ma qui si richede una lettura un po' più analitica. In nessuna delle sue oltre cento inchieste Maigret tradisce la moglie andando a letto con un'altra donna. Ma questo non vuol dire che a volte il suo cuore non si intenerisca in modo particolare per qualche sospettata e non può far a meno di trattarla meglio di come dovrebbe. Altre volte si trova in situazioni che risvegliano i suoi appetiti sessuali, con donne conturbanti e disponibili. E in quei casi si cammina sul filo del rasoio per un po' o per parecchio. Ma poi qualcosa succede sempre e le distanze si ristabiliscono. Chissà perchè Simenon non l'ha mai fatto cacciare in una storia con una donna? Forse perchè all'inizio voleva delineare un investigatore del tutto diverso da quelli che furoreggiavano allora, soprattutto in Francia, che, oltre ad essere bravi e spericolati, erano quasi sempre dei tombeur des femmes. Con il proseguire della serie, però, non fà mancare le occasioni al commissario. E con un gusto quasi divertito porta il lettore, e il suo Maigret, fino all'orlo dell'abisso e poi arriva l'inevitabile dietrofront.
Qualcuno direbbe che è poco realistico (elemento che stava molto a cuore a Simenon) che con il proprio lavoro, la frequentazione di ambienti molto diversi tra loro, tutte le donne che aveva occasione di conoscere... beh...che non ci sia stata una volta che abbia ceduto alla tentazione! Ma forse quelle situazioni ambigue e border-line per il commissario erano già delle trasgressioni?
E poi trasgressioni sul lavoro. Non solo perchè alcune volte faceva come voleva, infischandosene delle direttive del giudice Comelieu, ma anche perché, lì dove era possibile e quando lo riteneva giusto, Maigret ci metteva una mano, e talvolta non solo quella, affinché la legge non avesse la meglio sulla giustizia. E quindi, venendo meno al suo dovere, che era quello di indagare e non di decidere che fine dovessero fare i colpevoli, un colpettino qua, uno là e il destino di quell'individuo subiva una svolta. Ecco il suo soprannome di aggiustatore dei destini... umanamente comprensibile, ma dall'ottica di un alto funzionario della polizia giudiziaria, non era certo il massimo.
Certo niente a che vedere con i duri e puri dell'hard-boiled americano, da Sam Spade a Philip Marlowe, o dai noir popolati da dark-lady e da intrighi sessuali.
Qui al confronto siamo nel regno della castità.... forse a compensare le trasgressioni (almeno quelle sessuali) dell'autore.

giovedì 24 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - IL MAIGRET DI CERVI E LE RECENSIONI DEL CORRIERE DELLA SERA


1964. Quell'anno in Italia il quotidiano più autorevole e quello più diffuso coincidono. Si tratta del Corriere della Sera che allora vanta, sotto la direzione di Alfio Russo, una vendita media giornaliera che si avvicina alle 430.000 copie.
Un giornale così importante non può sottovalutare il fenomeno televisivo che in dopo una decina d'anni è uscito dalla fase di rodaggio ed é una realtà tecnologica consolidata, che ha cambiato molte cose nei campi dell'informazione, della comunicazione, dello spettacolo, della cultura, della musica, dello sport e dell'intrattenimento. Insomma una vera e propria rivoluzione che coinvolgeva tutti gli italiani.
Tra le novità che proponeva la Rai di allora c'erano gli addattamenti, cioè degli sceneggiati tratti da romanzi di famosi scrittori e, appunto, adattati per la televisione. Tra i più riusciti e di maggior successo ci fu il Maigret di Simenon,
adattato da Diego Fabbri e Romildo Craveri, diretto da Mario Landi e interpretato da Gino Cervi nella parte di Maigret.
Un successo di pubblico sicuramente inaspettato visto che alcune puntate delle quattro serie, che durarono fino al '72, totalizzarono oltre 18 milioni di spettatori, in un periodo in cui l'apparecchio televisivo non era ancora in tutte le case.
Il primo episodio della prima serie, Un ombra su Maigret, andò in onda domenica 27 dicembre del 1964.
 Il lunedì successivo, il Corriere della Sera usciva con un commento in cui tra l'altro diceva "...a giudicare dalla prima parte dell'episodio, "Un ombra su Maigret", ci sembra che Gino Cervi abbia identificato soddisfacentemente, sia sul piano fisico che su quello psicologico, il personaggio del commissario Maigret...".
Insomma si conferma l'ottima partenza. Venerdì poi la seconda parte e domenica la terza ed ultima puntata.
Nel commento del lunedì siamo quasi all'apoteosi "... pensiamo che il miglior elogio all'attore lo possano far i lettori di Simenon, riconoscendo che il suo Maigret combacia quasi perfettamente con l'immagine uscita dalle pagine dei libri: la stessa ruvidezza e ostinazione, la stessa intelligenza protetta contro ogni astrazione e aperta invece a tutto quanto viene dalla vita...". Insomma il Corriere è decisamente dalla parte di Cervi. E, nel febbraio del '65, alla fine della prima serie di sceneggiati (Un ombra su Maigret - L'affare Picpus - Un natale di
Maigret - Una vita in gioco) il giudizio finale è più che buono. "... le inchieste hanno raggiunto un livello di esecuzione senza dubbio più alto di ogni altra trasmissione gialla italiana o straniera messa in onda fin'ora.... una trasmissione  riuscita, dunque, che ha ottenuto il meritato successo e che speriamo di veder continuare presto...".
Insomma già dalla prima serie, la scelta di Cervi si rivela perfetta e molto gradita agli italiani che ne faranno un'icona, per altro immortalata dalla magica mano dell'illustratore Ferenc Pintèr, che per le copertine delle inchieste di Maigret edite da Mondadori, usò le fattezze di Cervi, che fu così raffigurato in innumerevoli copertine che Simenon-Simenon vi propone molto spesso, a corredo dei propri post.

mercoledì 23 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - SCRIVETELO VOI UN... ROMANZO POPOLARE!

Abbiamo spesso scritto della prima parte della vita letteraria di Simenon, dal suo arrivo, nel dicembre del '22, a Parigi, fino al lancio della serie dei Maigret.
Se ne discute sempre come il periodo di letteratura "alimentare", almeno così la definì più volte lo stesso Simenon. Si è detto che era letteratura su commissione: arrivava l'ordine per un racconto o un romanzo breve, di un genere preciso con una lunghezza prestabilita (misurata in linee) e in più con la specifica del titolo e della collana in cui sarebbe uscito. Questo voleva dire escludere dei temi, trattarne altri, utilizzare un certo linguaggio, costruire il protagonista secondo un certo cliché, utilizzare necessariamente un tipo di personaggio. Tutto in funzione del pubblico cui il titolo era indirizzato.
E questo, per quanto Simenon fosse in un periodo di apprendistato, comportava comunque un certo mestiere. E lo scrittore, un po' con l'esperienza fatta a Liegi come giornalista (già allora aveva scritto dei racconti e dei romanzi), un po' con il suo innato talento e anche con la sua "feroce" voglia di riuscire soprattutto in quegli anni giovanili, arrivava a compilare quell'ordine secondo le specifiche ricevute.
Ma sentiamo cosa dice lo stesso Simenon a tale proposito in un conversazione del '69 con Francis Lacassin "...per quanto stupido possa essere un romanzo popolare deve essere costruito ancor più accuratamente di un romanzo letterario. Sapete benissimo che la difficoltà in teatro è anche quella di fare entrare e uscire un personaggio. E' il grande problema degli sceneggiatori e dei drammaturghi soprattutto. Ebbene lo stesso capita per un romanzo. Un romanzo deve avere un certa coesione. E io allora mi dicevo: io sono incapace di scrivere adesso un vero romanzo, occorre prima che impari il mestiere. Non si diventa musicista, compositore, senza aver studiato la musica, la composizione. Ecco non si diventa romanziere senza aver studiato la costruzione di un romanzo. Io l'ho fatto per tre anni e mezzo...".
Più meno lo stesso dichiarò a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux l'anno successivo: "...per quanto brutti possonano i romanzi popolari e per quanto cinicamente li si possa scrivere - e io ero perfettamente cinico, davo esattamente agli editori quello che mi domandavano, ai lettori, o meglio alle lettrici, quello che chiedevano - malgrado tutto ciò la parte tecnica contava e questo mi è servito...".
E torniamo all'apprendistato. Anche se con il passare degli anni, con il crescere della sua esperienza, aumentavano i racconti, i romanzi brevi e i romanzi che riusciva a consegnare, spesso portando avanti due o tre titoli insieme, dettandoli a dattilografe diverse... e firmandoli con pseudonimi sempre diversi "... una vera e propria industria, con un numero considerevole di prodotti ben delineati, standardizzati... - spiega Simenon  nel saggio Le Romancier del '45 -  E io ho imparato a fabbricare questa gamma di prodotti...".
Insomma questa era la letteratura popolare con le sue regole, i suoi tempi e le sue rigide caratteristiche cui bisognava sapersi adeguare.
Simenon si adeguò e imparò... ma non solo questo!

martedì 22 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - IL MAIGRET FRANCESE VINCE SU QUELLO SVIZZERO, TERZO IL MAIGRET AMERICANO

La vita letteraria di Maigret, ha avuto grosso modo tre aree geografiche di riferimento, nel senso che Simenon ha scritto romanzi e racconti del commissario in tre zone distinte: in Francia (prima e dopo i dieci anni statunitensi), in America (per la precisione in Canada e in Usa) e in Svizzera (fino all'interruzione della sua attività di romanziere).
Se questo abbia avuto un'influenza sul modo di scrivere di Simenon e di presentare il suo protagonista, andrebbe valutato con un'approfondita analisi. Più superficialmente, e dal giudizio di chi ha letto l'intero corpus maigrettiano, sembra che queste diverse aree geografiche non abbiano avuto un'infuenza maggiore ad esempio di quella dovuta alla maturazione dello scrittore (che iniziò la serie a 28 anni e la concluse quasi a 70), delle sue vicende personali e delle mutate condizioni ambientali, sociali e di mentalità, come avviene nel corso di quarant'anni.
Ad ogni buon conto ci siamo presi la briga di andare a contare quanti Maigret Simenon avesse scritto prima in Francia, poi in America e quindi in Svizzera.
Abbiamo consultato più di una fonte e nella fatispecie la bibliografia compilata da uno storico studioso simenoniano, Francis Lacassin, quella realizzata dal più accreditatato simenonologo odierno, Pierre Assouline, e poi per curiosità siamo andati anche a vedere quello che riporta Wikipedia in merito.
Come vedrete i numeri non coincidono, questo è dovuto soprattutto al fatto che in alcuni casi si conteggiano le raccolte di racconti come un solo titolo, mentre altre volte ogni racconto viene considerato un titolo a sé. Quello che emerge è però la tendenza che invece è omogenea in tutti e tre i casi esaminati.
Come anticipiamo nel titolo, la maggior parte dei Maigret fu scritta in Francia tra il '31 e il '45 e poi nel '55-'57 al rientro dagli Usa. Poi, facendo una media, seguono i romanzi redatti in Svizzera. Al terzo posto si collocano quelli compilati in America (tra Canada prima e Usa poi). Scarti bassi e a volte minimi, come se la produzione dei Maigret fosse abbastanza equamente ripartita.
Prima di dare un po' di numeri, vorremmo però ricordare che Simenon scriveva sempre, quando era nel comfort del proprio studio, in vaggio, nelle località più lontane ed esotiche, sul suo Ostrgoth navigando per canali e da giovane stava per accettare la sfida di scrivere addirittura un romanzo sotto gli occhi di tutti in una gabbia di vetro (una trovata pubblicitaria, poi fallita, di uno dei suoi editori di allora, Eugene Merle). E in queste situazioni scriveva indifferentemente dei Maigret, come dei romans-durs. Questo tanto per sottolineare che evidentemente la sua spinta creatrice era più forte di altri elementi che potevano in qualche modo influire, ma non essere determinanti.
E adesso veniamo ai dati.
• Dalla bibliografia di Lacassin ci risulta che i Maigret furono così distribuiti: 51 in Francia (3 al ritorno dagli Usa), 26 in America (Usa + Canada) e 25 in Svizzera.
• Dalla bibliografia di Assouline invece si apprende che 43 sono made in France (4 al ritorno dagli Usa), 26 del periodo americano (candesi compresi) e 25 svizzeri.
• Wikipedia riporta invece che complessivamente in Francia ne uscirono 27, invece 20 furono quelli redatti in America e 25 quelli prodotti in Svizzera.
Ultimi tre dati. Simenon visse 25 anni in Francia, 10 in America e 22 in Svizzera.
Va ricordato che i 25 anni francesi sono tutti di piena attività, come d'altronde i 10 americani. Mentre in Svizzera gli anni di scrittura furono 15 (nel '72 Simenon smise di scrivere romanzi e Maigret).
Ammesso che vi vogliate divertire, potreste incrociate il numero degli anni passati in ogni paese con il numero di titoli lì scritti, avreste così una sorta di indice di produttività.... ma così è solo un gioco...

lunedì 21 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - LE INCOGNITE DEL NUOVO MONDO E LA SORPRESA DENYSE

Non si tratta solo della sua decisone di abbandonare la Francia e trasferirsi negli Stati Uniti, con l'intenzione di rimanervi. No, insieme a quella, nel '45, c'erano diversi elementi, a causa dei quali possiamo dire che il romanziere fu nella condizione di lasciarsi alle spalle tutto ciò che fino ad allora aveva costruito e iniziare daccapo, in un posto che non conosceva, e dove lui era quasi uno conosciuto, o certo molto meno famoso di quanto non fosse in Francia.
Possiamo paragonare questa fuga a quella di ventitre anni prima?


Allora lasciava Liegi, la sua città natale. Lasciava la famiglia, anche se i rapporti con la madre erano assai problematici, il padre era morto da un anno e il legame con il fratello non era così profondo. Lasciava, a diciannove anni, un lavoro gratificante e ben retribuito, quello di redattore de La Gazette de Liège dove per altro aveva buone prospettive di carriera. Lasciava la sua fidanzata, anche se c'era già un accordo per convolare a nozze. Comunque per il momento troncava tutto per tentare l'avventura letteraria a Parigi: un salto nel buio.
Adesso, che aveva nel mirino l'America, non si trovava in una situazione stabile. Pur continuando a convivere con Tigy (che insieme al figlio Marc l'avrebbe seguito in quell'avventura), il loro rapporto era definitivamente esaurito e la convivenza serviva solo per non turbare troppo Marc. Da un punto di vista editoriale aveva fatto un passo assai azzardato. Aveva lasciato la prestigiosa e ambita Gallimard per una piccola e allora sconosciuta casa editrice, Presses de La Citè. Non c'erano garanzie che la cosa potesse funzionare e lo stupore di molti che lo conoscevano certo non lo confortava in quella sua rischiosa scelta. A Parigi inoltre aveva dovuto lasciare Boule, sua femme de chambre da una ventina d'anni circa, alla quale lo legava non solo un quotidiano rapporto sessuale, ma anche una sincera tenerezza.
In più sbarcava in paese di cui non conosceva la lingua, o non sufficientemente, dove tutto gli era sconosciuto, dove non aveva amici, nè tanto meno quella rete di conoscenze che s'era lasciato alle spalle in Francia. Anche il suo ritmo di scrittura di quell'anno e di quello prima non è certo paragonabile alla sua media abituale
Simenon ha da poco passato i quarant'anni. Ha trascorso mesi terribili in Francia, sotto la spada di Damocle dell'accusa di collaborazionismo con i nazisti. E anche la partenza per gli Usa non è stata certo facile. Circa sei mesi di snervante attesa a Londra prima di trovare un passaggio qualsiasi per New York. Alla fine andrà bene anche un cargo.
Anche questa fuga in America è in un certo senso un salto nel buio, anche se ora Simenon possiede una serie di salvagenti costituiti da una certa traquillità economica, dall'affetto per un figlio, dalla sua reputazione di romanziere che, almeno in Europa, va crescendo e soprattutto dalle forze di un uomo maturo per affrontare queste difficoltà.
Probabilmente potremmo dire che comunque in quel momento era in uno stato di vulnerabilità, in una fase di incertezze e di incognite. Ed è in questo stato che incontra Denyse.
La segretaria-interprete lo travolge sentimentalmente e sessualmente e, come disse letteralmente Simenon, gli fece conoscere l'amore, quello travolgente, quello che suscita gelosia, quello che fa saltare tutti gli schemi.
Ci siamo chiesti più volte: ma come sarebbe andata se Simenon avesse incontrato Denyse in un altro contesto e in una situazione psicologica diversa?

domenica 20 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - NESSUNA CONCESSIONE ALL'HAPPY END

- Nei suoi romanzi non commerciali, non prova nessun bisogno di fare concessioni?
- Non faccio mai questo, mai, mai, mai. Altrimenti non scriverei...
Chi domanda è Carvel Colllins, giornalista americano, chi risponde è Georges Simenon. Argomento, la linea di demarcazione tra letteratura commerciale e non. Anno 1956.
Sappiamo bene che Simenon, soprattutto grazie alla decina di anni passati a scrivere su commissione, ha le idee ben chiare su cosa considerava commerciale. Per lui era ogni opera che fosse scritta ad uso e consumo di uno specifico pubblico e che di conseguenza dovesse seguire certe regole e rispettare determinati schemi. Ma, lui che conosceva bene la materia, non condanna tutto. "...naturalmente ci possono essere vari gradi nella letteratura commerciale. Vi si possono trovare cose di pessima qualità e altre buonissime. I-libri-del-mese, ad esempio, sono letteratura commerciale, ma alcuni di essi sono quasi perfetti, quasi opere d'arte. Non del tutto, ma quasi...".
Sembra quindi che in qualche modo cerchi di sfumare quelle teoriche divisioni, troppo nette e troppo astratte per rispecchiare fedelmente la realtà.
Ma comunque il Simenon ultracinquantenne sa bene quello che vuole come romanziere e quali sono i suoi punti inderogabili.
Tornando all'intervista di Collins, questi insiste per sapere, secondo Simenon, come, non l'autore, ma il lettore possa capire se si tratti di un'opera commerciale o no.
"...La grande differenze sta nelle concessioni. Scrivendo a scopo commerciale si devono sempre fare delle concessioni - spiega Simenon, ribandendo poi come abbiamo citato all'inizio che - Non faccio mai questo, mai, mai, mai...".
D'altronde il romanziere non solo ha avuto esperienza diretta della letteratura commerciale. Nei dieci anni negli Stati Uniti ha avuto modo di conoscere bene il mondo cinematografico dove il coté commerciale finisce per prevalere anche su prodotti di qualità, in ossequio all'happy end, con delle conclusioni che non cozzino con la morale e i valori di riferimento della cultura americana.
"... si ha l'imperessione di vedere qualcosa di interamente nuovo e potente, poi alla fine arriva la concessione. Non sempre un finale felice, ma qualcosa per sistemare tutto secondo la morale o la filosofia. Tutti i personaggi che erano meravigliosamente delineati, cambiano completamente negli ultimi dieci minuti...".