Abbiamo
spesso scritto della prima parte della vita letteraria di Simenon, dal
suo arrivo, nel dicembre del '22, a Parigi, fino al lancio della serie
dei Maigret.
Se ne discute sempre come il periodo di letteratura "alimentare",
almeno così la definì più volte lo stesso Simenon. Si è detto che era
letteratura su commissione: arrivava l'ordine per un racconto o un
romanzo breve, di un genere preciso con una lunghezza prestabilita (misurata in linee)
e in più con la specifica del titolo e della collana in cui sarebbe
uscito. Questo voleva dire escludere dei temi, trattarne altri,
utilizzare un certo linguaggio, costruire il protagonista secondo un
certo cliché, utilizzare necessariamente un tipo di personaggio. Tutto
in funzione del pubblico cui il titolo era indirizzato.
E questo,
per quanto Simenon fosse in un periodo di apprendistato, comportava
comunque un certo mestiere. E lo scrittore, un po' con l'esperienza
fatta a Liegi come giornalista (già allora aveva scritto dei racconti e dei romanzi),
un po' con il suo innato talento e anche con la sua "feroce" voglia di
riuscire soprattutto in quegli anni giovanili, arrivava a compilare
quell'ordine secondo le specifiche ricevute.
Ma sentiamo cosa dice lo stesso Simenon a tale proposito in un conversazione del '69 con Francis Lacassin "...per
quanto stupido possa essere un romanzo popolare deve essere costruito
ancor più accuratamente di un romanzo letterario. Sapete benissimo che
la difficoltà in teatro è anche quella di fare entrare e uscire un
personaggio. E' il grande problema degli sceneggiatori e dei
drammaturghi soprattutto. Ebbene lo stesso capita per un romanzo. Un
romanzo deve avere un certa coesione. E io allora mi dicevo: io sono
incapace di scrivere adesso un vero romanzo, occorre prima che impari il
mestiere. Non si diventa musicista, compositore, senza aver studiato la
musica, la composizione. Ecco non si diventa romanziere senza aver
studiato la costruzione di un romanzo. Io l'ho fatto per tre anni e
mezzo...".
Più meno lo stesso dichiarò a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux l'anno successivo: "...per
quanto brutti possonano i romanzi popolari e per quanto cinicamente li
si possa scrivere - e io ero perfettamente cinico, davo esattamente agli
editori quello che mi domandavano, ai lettori, o meglio alle lettrici,
quello che chiedevano - malgrado tutto ciò la parte tecnica contava e
questo mi è servito...".
E torniamo all'apprendistato. Anche
se con il passare degli anni, con il crescere della sua esperienza,
aumentavano i racconti, i romanzi brevi e i romanzi che riusciva a
consegnare, spesso portando avanti due o tre titoli insieme, dettandoli a
dattilografe diverse... e firmandoli con pseudonimi sempre diversi "...
una vera e propria industria, con un numero considerevole di prodotti ben delineati, standardizzati... - spiega Simenon nel saggio Le Romancier del '45 - E io ho imparato a fabbricare questa gamma di prodotti...".
Insomma
questa era la letteratura popolare con le sue regole, i suoi tempi e le
sue rigide caratteristiche cui bisognava sapersi adeguare.
Simenon si adeguò e imparò... ma non solo questo!
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