Non si tratta solo della sua decisone di abbandonare la Francia e
trasferirsi negli Stati Uniti, con l'intenzione di rimanervi. No,
insieme a quella, nel '45, c'erano diversi elementi, a causa dei quali
possiamo dire che il romanziere fu nella condizione di lasciarsi alle
spalle tutto ciò che fino ad allora aveva costruito e iniziare daccapo,
in un posto che non conosceva, e dove lui era quasi uno conosciuto, o
certo molto meno famoso di quanto non fosse in Francia.
Possiamo paragonare questa fuga a quella di ventitre anni prima?
Allora
lasciava Liegi, la sua città natale. Lasciava la famiglia, anche se i
rapporti con la madre erano assai problematici, il padre era morto da un
anno e il legame con il fratello non era così profondo. Lasciava, a
diciannove anni, un lavoro gratificante e ben retribuito, quello di
redattore de La Gazette de Liège dove per altro aveva buone
prospettive di carriera. Lasciava la sua fidanzata, anche se c'era già
un accordo per convolare a nozze. Comunque per il momento troncava tutto
per tentare l'avventura letteraria a Parigi: un salto nel buio.
Adesso, che aveva nel mirino l'America, non si trovava in una situazione stabile. Pur continuando a convivere con Tigy (che insieme al figlio Marc l'avrebbe seguito in quell'avventura),
il loro rapporto era definitivamente esaurito e la convivenza serviva
solo per non turbare troppo Marc. Da un punto di vista editoriale aveva
fatto un passo assai azzardato. Aveva lasciato la prestigiosa e ambita
Gallimard per una piccola e allora sconosciuta casa editrice, Presses de
La Citè. Non c'erano garanzie che la cosa potesse funzionare e lo
stupore di molti che lo conoscevano certo non lo confortava in quella
sua rischiosa scelta. A Parigi inoltre aveva dovuto lasciare Boule, sua femme de chambre da una ventina d'anni circa, alla quale lo legava non solo un quotidiano rapporto sessuale, ma anche una sincera tenerezza.
In
più sbarcava in paese di cui non conosceva la lingua, o non
sufficientemente, dove tutto gli era sconosciuto, dove non aveva amici,
nè tanto meno quella rete di conoscenze che s'era lasciato alle spalle
in Francia. Anche il suo ritmo di scrittura di quell'anno e di quello
prima non è certo paragonabile alla sua media abituale
Simenon ha
da poco passato i quarant'anni. Ha trascorso mesi terribili in Francia,
sotto la spada di Damocle dell'accusa di collaborazionismo con i
nazisti. E anche la partenza per gli Usa non è stata certo facile. Circa
sei mesi di snervante attesa a Londra prima di trovare un passaggio
qualsiasi per New York. Alla fine andrà bene anche un cargo.
Anche
questa fuga in America è in un certo senso un salto nel buio, anche se
ora Simenon possiede una serie di salvagenti costituiti da una certa
traquillità economica, dall'affetto per un figlio, dalla sua reputazione
di romanziere che, almeno in Europa, va crescendo e soprattutto dalle
forze di un uomo maturo per affrontare queste difficoltà.
Probabilmente
potremmo dire che comunque in quel momento era in uno stato di
vulnerabilità, in una fase di incertezze e di incognite. Ed è in questo
stato che incontra Denyse.
La segretaria-interprete lo travolge
sentimentalmente e sessualmente e, come disse letteralmente Simenon, gli
fece conoscere l'amore, quello travolgente, quello che suscita gelosia,
quello che fa saltare tutti gli schemi.
Ci siamo chiesti più
volte: ma come sarebbe andata se Simenon avesse incontrato Denyse in un
altro contesto e in una situazione psicologica diversa?
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