mercoledì 31 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET SI SENTE A DISAGIO (II)

(segue) -
Brigitte Colin Baker entrò nell’ufficio. Meglio apparve. Nessuno l’aveva sentita arrivare.
- Brigitte – esclamò De Villeroy.
Qualche secondo poco entrò anche l’ispettore Janvier, il fiato un po’ grosso come se avesse dovuto inseguire la donna, il capello storto e la pipa in mano.
- Salve capo…
- Novità Janvier? – chiese Maigret, indicando con lo sguardo De Villeroy.
Janvier, si tolse il cappello, mise la pipa tra i denti e si avvicinò al commissario. Bisbigliarono alcuni secondi e poi Maigret con un sorriso ironico disse, rivolgendosi alla nuova arrivata:
- Madame Baker, benvenuta tra noi…
- Se non fosse per quello zoticone del suo ispettore starei ancora facendo toilette…
Da quando quella donna era entrata in quell’ufficio si respirava un’aria nuova. La sua presenza era palpabile, come se non si potesse far a meno di accorgersi di lei. Certo era una bella donna, aveva un’intonazione di voce accattivante… per non parlare del profumo… Ma non era questo o perlomeno non solo questo. La signora emanava un percettibile flusso che sembrava colpire soprattutto, ma non solo, De Villeroy.
Infatti le si era fatto vicino e l‘aveva abbracciata. Ma lei, come infastidita, fece un minimo di resistenza e lui quasi subito si ritrasse.
Fu cosa di pochi secondi, ma non sfuggì a Maigret che fece la voce grossa.
- Madame Baker, ci dice cosa ci faceva ieri sera qui nell’ufficio di suo marito poco dopo le dieci?
- Passavo di qui dopo una cena con un’amica e, sapendo che mio marito era ancora al lavoro, sono venuta su per fargli un saluto.
- Premurosa… un gesto da vera innamorata - Maigret calcò l’accento su questa ultima parola – peccato che è arrivata poco dopo le dieci ed è andata via dopo pochi minuti e di corsa…
- Le ho detto, era solo un saluto…
- Già, un saluto… e mi dica giù nell’androne dell’ufficio non ha incontrato qualcuno?
- C’era il guardiano notturno.
- Non ha notato nulla di strano e lui non le ha riferito qualcosa?
- No.
Maigret si lasciò cadere su uno dei divani, riaccese la pipa e tirò un sospiro.
- Madame lei sa nulla in merito all’ipoteca che grava su questo immobile?
- Ipoteca? – fece la Baker con l’aria più stupita e con un’espressione di sorpresa – Quest’ufficio è ipotecato?
- Già. Gli affari di suo marito non vanno bene e, se ho capito bene – spiegò Maigret - Ha ipotecato l’immobile, i soldi non bastavano mai e Jean Villeroy, fratello di suo marito, che lei senz’altro conoscerà, gli ha prestato dei soldi, ma ovviamente voleva che gli fossero restituiti o, in caso di estinzione dell’ipoteca, voleva entrare in possesso dell’immobile… Ipotesi, già… al momento sono soltanto ipotesi…
- Ma io cosa c’entro in tutto questo? Non sapevo nulla e non conoscevo nemmeno il fratello di mio marito…
- Non conosceva Jean Villeroy?
- No. E ho sempre evitato di conoscerlo – disse con un certo sussiego – Che vuole, siamo due persone troppo diverse, veniamo da due mondi completamente differenti e, a sentire quello che dice mio marito, è anche una persona sgradevole… no, no… non l’ho mai visto e tantomeno lo conoscevo.
- Lei è una bella signora, ma anche una bella bugiarda - fece Maigret con un’aria canzonatoria – Già, Infatti l’uomo che lei dice di non conoscere, ha prestato soldi anche a lei…
- Ma cosa dice?
- Quello che dicono il personale di servizio della sua casa. Il nostro ispettore Torrence – spiegò Maigret, tirando delle lunghe boccate di pipa – ha interrogato le persone a servizio in casa vostra e… non è stato affatto difficile sapere…
- Ma questo è falso, io non ho mai detto una cosa del genere a nessuno dei miei…
- Ha ragione – bofonchiò Maigret – ma si vede che mura e porte della vostra casa sono molto sottili… oppure che la sua voce a volte è troppo squillante…
- Ma cara non mi avevi detto nulla di… - intervenne sorpreso De Villeroy
- E perché, tu mi avevi detto per caso di questa ipoteca… del prestito di Jean….?  – replicò stizzita.
- Ma che c’entra, cara questi sono i miei affari e tu…
- Io? Io sono tua moglie e tu non hai il diritto di…
- Calma signori, smettete di litigare per dei prestiti… qui c’è un morto ammazzato e dobbiamo capire chi di voi due è stato…
De Villeroy e madame Baker si zittirono e lo guardano con una certa apprensione. Janvier era ancora in piedi con il cappello in mano, la pipa in bocca. L’aria nella stanza iniziava a diventare tesa.
- Janvier, vai giù a vedere se trovi un café o una brasserie e fai venir su sandwich, birra… e acqua per tutti… ho una certa fame e credo che qui le cose andranno per le lunghe – disse Maigret mentre si alzava dal divano – Ah, se trovi un telefono cerca di rintracciare anche Torrence, informalo su quei dettagli e digli di venire.
- Va bene capo - rispose Janvier, felice di uscire da quell’ufficio dove non era a suo agio e dove l’atmosfera iniziava a diventare pesante.  
Maigret intanto cercava di ricostruire i fatti, cercando di mettersi nella testa dei protagonisti. Un uomo vanitoso che aveva cambiato il commercio di ortofrutticoli del padre in una società finanziaria, e così vanitoso da modificare anche il proprio nome. Ma evidentemente non abbastanza scaltro negli affari, se aveva dovuto ipotecare quel palazzo e poi chiedere soldi proprio a quel fratello che disprezzava perché era rimasto un “sempliciotto”, come aveva detto, legato alla terra. Questo Jean invece doveva essere uno solido, concreto, determinato. Forse aveva ricevuto dal padre dei soldi in eredità, gli stessi che il fratello aveva sperperato in quel pretenzioso immobile, arredato da qualche architetto alla moda, in abiti di fattura inglese e forse in chissà quali auto.
Jean invece quei soldi doveva averli fatti fruttare, come aveva fatto fruttare la terra, con un duro lavoro giorno per giorno.
Certo tra i due fratelli non doveva correre buon sangue… ma allora perché Jean aveva prestato soldi a Gerard?
E, cosa ancor più strana, perché ne aveva prestati alla nuora, che in teoria non avrebbe neanche dovuto conoscere, e che comunque non era certo molto diversa da Gerard?… E per quale motivo?…
E che erano venuti a fare quella stessa sera, quasi alla medesima ora, in quell’ufficio? Coincidenza? Tutti e due, stessa ora… No, c’era un motivo ben preciso… e lui l’avrebbe scoperto.
- Commissario Maigret perché non chiede conferma a Joch, il guardiano notturno, come è andata davvero?
- Perché? Lei non lo sa? – fece Maigret sarcastico – Non sa davvero quello che è successo lì sotto?
- Io? Ma se le ho detto che non mi sono mai mosso da qui. Come faccio a sapere quello che è successo dieci piani più sotto?
- Perché a quell’ora nel palazzo c’eravate solo lei e Joch… e solo lei aveva interesse che il guardiano non testimoniasse su quello che sarebbe successo. E lo chiedo a lei, Gerard De Villeroy – Maigret fece una  pausa – perché suo fratello ha prestato del denaro anche a sua moglie?
- Non lo sapevo e non saprei immaginare come e perché… quei due neanche si vedevano…
- Già non si vedevano, però si parlavano… Dalle testimonianze del vostro personale di servizio abbiamo saputo che la madame Brigitte spesso parlava con un certo Jean… Coincidenza anche questa? – e poi rivolto alla Baker – … o era per caso un altro Jean?
- Beh… - fece con un risolino malriuscito da svampita – eh… eh… Jean è un nome molto comune…
- Anche i prestiti al proprio fratello e le ipoteche sui suoi immobili sono argomenti molto comuni? – cantilenò Maigret.
C’era un’aria di estremo imbarazzo. I coniugi avevano non avevano dato risposte e il commissario si rendeva conto di non sentire il modo per venir a capo della questione, anche se intuiva che la soluzione probabilmente era lì sotto il suo naso.
Arrivò Janvier e il garzone della brasserie con un vassoio colmo di panini e un’altro con birre e acqua.
- Facciamo una pausa – disse Maigret tirando un sospiro di sollievo.  Afferrò un boccale di birra e in due o tre sorsate lo vuotò. Poi addentò un sandwich, guardando di sottecchi gli altri.  L’ispettore si era precipitato ad imitarlo, la signora aveva preso solo un bicchier d’acqua, DeVilleroy si teneva lontano da quei vassoi come fosse roba da plebei.
Mentre mangiavano squillò il telefono.  Era ancora per il commissario, l’ispettore Torrence dall’ospedale.
- Commissario sono qui dove hanno ricoverato Joch, sì insomma il guardiano. Ha ripreso conoscenza, ma sembra non ricordare nulla. Una sorta di vuoto di memoria…
- E i dottori che dicono?
- Che forse potrebbe essere anche una conseguenza del trauma… ma bisogna aspettare ancora un po’…
- La botta è stata forte?
- Beh insomma… secondo il chirurgo, no. L’escoriazione non è molto profonda e l’ematoma sembra tutto sommato di modeste dimensioni… probabilmente gli hanno sbattuto la testa al muro… ma non molto forte…
- Non molto forte, eh…
- Sì, così dicono qui.
- Grazie, Torrence. Aspetta che siano pronti i referti e poi portaceli subito.
- A dopo capo.
Il commissario tornò a bere birra. Era come se la telefonata di Torrence lo avesse rimesso di buon umore. Janvier se ne accorse subito.
- Allora non volete dire nulla su questa strana storia. E allora mi divertirò un po’ io a raccontare una storia. (m.t.)
(segue)

SIMENON SIMENON. NO CONNESSIONE? NO POST.

Succede. Per una serie di problemi tecnici causati dal maltempo la connessione internet è mancata per qualche giorno e i post di Simenon-Simenon non sono potuti andare on-line. Per di più c'era un racconto di cui è stata pubblicata solo la prima parte. Ora che la linea è stata ripristinata pubblicheremo oggi le altre puntate insieme. Ce ne scusiamo con i nostri lettori e, visto che si tratta dell'ultimo giorno dell'anno, facciamo gli auguri a tutti e soprattutto speriamo che con l'anno nuovo la tecnologia ci sia più amica. Buon anno e buona lettura. 

sabato 27 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET SI SENTE A DISAGIO (I)


- Che vuole mio fratello era un semplice... sì diciamo anche un sempliciotto. Non per nulla aveva scelto di gestire di persona la produzione ortofrutticola che era stata di mio padre...
Chi parlava era un individuo che impersonava alla perfezione il ruolo dell' uomo d'affari. Un pregiato abito grigio fumo di Londra, con una candida camicia e una cravatta regimental. Ai piedi delle costose scarpe nere lucide di foggia inglese.
E l'ufficio. Non lo si poteva nemmeno chiamare così! Con quei divani colorati, quella parete-vetrata su un terrazzo-giardino tutto fiorito, il lussuoso mobile-bar. Nemmeno uno schedario, il tavolo in stile non sembrava nemmeno una scrivania. Sulla sua superficie nessuna carta, nessun documento, solo un paio di cartelline di pelle e una preziosa penna stilografica. E poi nemmeno un posacenere!
Grandi quadri moderni alle pareti e tre piante altrettanto grandi.
Anche la sedia dove era seduto, di stile moderno, in legno e cuoio, era molto particolare ma non granchè bella e nemmeno tanto comoda, si sentiva a disagio.
Maigret osservava il tutto con una certa diffidenza, lo sguardo spento, la pipa, spenta anche lei, tra i denti.
Gerard De Villeroy si muoveva come un attore sul palcoscenico. Il commissario lo seguiva senza tradire il minimo interesse, come se tutta quella commedia non lo riguardasse. Già, perchè il suo intuito gli diceva che quell'individuo stava recitando una parte. Non l'aveva mai visto prima. Non ne aveva neanche mai sentito parlare. Era lì da poco più di cinque minuti e, come in altre occasioni analoghe, era già a disagio in quel posto ad ascoltare quell'uomo.
- Beh, commissario non mi dice nulla? Non lo vedevo da molto tempo, ma era pur sempre mio fratello.... vorrei sapere se...
Maigret si tolse lentamente la pipa di bocca. Si schiarì la voce. Poi, senza rispondere alla domanda di De Villeroy, disse:
- Per quale motivo suo fratello stanotte è venuto qui alla sede della DVSF, la De Villeroy Societé Financière?
- Non saprei cosa rispondere... come le ho detto, erano anni che non lo vedevo e nemmeno lo sentivo...
- Ma alle 22.00 quando suo fratello è entrato nel palazzo, lei era ancora qui...
- Ma lui era giù nell'androne del nostro palazzo... io ero qui, al decimo piano in questo attico che è il mio ufficio...
Maigret si guardò intorno, notò che non si vedeva uno scaffale, uno schedario e nemmeno il telefono... che razza di ufficio poteva essere? Che razza di lavoro si poteva svolgere lì? Pensava al disordine del suo ufficio... e si sentiva a disagio.
- E nessuno l'ha avvertita... che so, il portiere di notte... il personale di sicurezza...
- Certo, l'hanno visto e l'hanno anche fermato... ma come potevano sapere chi era? E poi avrà visto anche lei come era vestito, con quel vecchio soprabito tutto sgualcito, la barba lunga, le scarpe infangate e a quell'ora della sera...
- Ma il guardiano ha riferito che si è qualificato come Jean Villeroy... suo fratello...
- Ma è evidente che in quello stato non potevano certo credergli.. e così nessuno mi ha avvertito.
- Come mai il suo congnome è De Villeroy e quello di suo fratello solo Villeroy?...
- Forse non hanno capito bene... puo darsi che...
- Signor Gerard - disse bruscamente Maigret - lo sappiamo, è lei che ha cambiato il suo cognome con quel De... come se fosse un... un nobile...
Il commissario aveva pronunciato quest'ultima frase con una venatura di disprezzo.
L'altro rimase come impietrito per qualche secondo.
Maigret avrebbe giurato che la sua pelle candida avesse cambiato colore passando ad un roseo acceso.
- Ma, sa... motivi di immagine... beh quando ho convertito l'attività di export alimentare di mio padre in una società finanziaria... insomma lei mi capisce...
- No. Non la capisco. Si spieghi.
- Non potevo mantenere lo stesso nome e lo stesso marchio di prima. Entrando nel mondo della finanza dovevo creare un certa discontinuità... ecco non potevo... come si dice...
Un trillo di telefono interruppe l'imbarazzata spiegazione di De Villeroy.
Maigret scoprì che il telefono era incassato in un piccolo mobile rotondo a fianco del tavolino in stile.
- E' per lei commissario
Maigret si alzò e si diresse a passi pesanti verso il telefono. Prese in mano la cornetta. Era piccola e sottile e quasi spariva tra le massicce mani del commissario.
- Sì?.... Ah sei tu, Janvier dimmi... Un'ipoteca dici... Sì, sì ho capito... Ah, era la moglie... Capisco, ma prima possibile... No no, portatela qui... D'accordo. Chiama anche Torrence... Certo, ma sbrigatevi!
Riconsegnò la cornetta nella mano diafana e piccola di De Villeroy che lo guardava come se  aspettasse da lui una brutta notizia.
Andò su e giù un paio di volte lungo l'ufficio. In silenzio. Solo le sue suole pesanti facevano uno strano rumore sul parquet tirato a lucido 
- Porteranno qui sua moglie - lo informò Maigret senza nemmeno guardarlo, mentre senza chiedere il permesso si era messo a caricare la pipa -  E mentre l'aspettiamo io e lei faremo un po' di conversazione...
- Mia moglie - fece De Villeroy con l'aria più stupita che riuscì a mostrare - che c'entra mia moglie con....
- Invece iniziamo da un'altra parte. Mi dica cosa c'entra questa storia dell'ipoteca?
- Quale ipoteca?
- Non facciamola lunga... Villeroy o De Villeroy... come debbo chiamarla? - replicò secco Maigret -  Gli affari le vanno male e lei ha dovuto ipotecare questo immobile...
- No per carità non dica così... era solo un momento un po' problematico... ma non si doveva sapere... a mio fratello invece le cose andavano molto bene, così gli abbiamo chiesto un aiuto... Bisognava che nessuno potesse sospettare.... sa, nel mondo della finanza si fà presto a...
- No. Non lo so. So solo che lei ha ipotecato questo immobile a favore di suo fratello che le ha prestato un'ingente somma... Quindi non è vero che non lo vedeva e non lo sentiva da anni, l'ipoteca è stata registrata quindici mesi fa'. Me l'ha confermato il mio ispettore adesso al telefono...
Come sgonfiato, De Villeroy si era accasciato su un divano... anche il vestito sembrava si fosse a un tratto sciattato.
- E sua moglie - continuò Maigret - ha fatto da tramite... perché?
- Io ero molto occupato su altri affari...
- ... cioé con i suoi debiti... Ha per caso litigato con suo fratello?
- No. E' che con mia moglie si intendevano ed è stata lei a trattare questa questione...
- Lei la chiama questione.... questione di denaro. Di che cifra parliamo.... - Maigret  si girò guardandosi intorno, forse pensando a quanto poteva valere l'immobile della DVSF - un milione di franchi?
De Villeroy, occhi al pavimento, non rispose. Maigret, che intanto aveva acceso la pipa, tirava delle lunghe boccate... quasi liberatorie. Ora era un po' meno a disagio...
- Beh, torniamo ai fatti di stanotte. Suo fratello entra, lo fermano, lo scambiano per un barbone, magari ubriaco e lo fermano. Lo rispediscono fuori. Questo a stare al rapporto della polizia è successo circa alla 22.00. Ma dopo mezz'ora suo fratello era di nuovo qui...
- Così mi ha detto il guardiano di notte... lui ha cercato di fermarlo, ma mio fratello è sparito... dopo una mezz'ora, nel suo giro d'ispezione, l'ha trovato cadavere nella stanza dei telefoni...
- ...dove qualcuno gli ha messo un cuscino in faccia e gli ha ficcato una coltello nel petto - concluse il commissario - Poco prima, verso le 22.10, era arrivata sua moglie, sempre a detta del guardiano, è salità qui da lei e dopo nemmeno dieci minuti é scesa di nuovo e se n'è andata via di corsa. Erano le 22.20/22.25. Dopo nemmeno cinque minuti ritorna suo fratello, sfugge al guardiano, poi sparisce e viene ritrovato verso le 23.15 morto nella stanza dei telefoni. Giusto?
- Sì.
- E lei non si è mai mosso da questo... questo ufficio?
- No.
- Soltanto sua moglie nessuno è entrata qui?
- Sì.
- E nessuno l'ha avvertita di tutto quello che accadeva giù nell'androne?
- No.
- E anche sua moglie era all'oscuro di tutto?
- Sì.
Ormai De Villeroy rispondeva a monosillabi, accigliato come se stesse pensando a qualcosa di molto più grave.
Maigret sapeva che gli mancavano ancora molti dettagli, per districare quella matassa. Ma aveva la sensazione che tutti gli elementi per scoprire chi aveva ucciso Jean Villeroy fossero in quel palazzo e forse addirittura in quella stanza. Quel tipo non gli piaceva e avrebbe giurato che nemmeno la moglie gli sarebbe piaciuta. Intanto vuotava la pipa, preparandosi ad un'altra fumata. m.t.  
(segue)

venerdì 26 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E LA PIPA DI NATALE (III)



(segue) -  Sussultò.
M.me Maigret, con un piatto in mano, stava lì sulla porta.
- Jules.... cosa stai combinando?
L'aveva chiamato "Jules", cosa assai rara. Ma le era venuto così spontaneo: lui aveva talmente l'aria di un bambino colto con le mani nella marmellata, con il suo pigiama a strisce, sorpreso e con una specie di broncio sulle labbra...
- Non hai potuto aspettare per i regali, non è vero? - le disse lei con un tono addolcito.
Posò il piatto sul tavolo, si accovacciò a sua volta davanti all'albero prese il pacchetto e lo rimise a posto sorridendo.
- Buon Natale!
- Buon Natale M.me Maigret"
E lui gli porse un pacchetto sul quale, con la sua grossa e maldestra scrittura aveva scritto il nome della moglie.
Sedettero davanti al bricco di caffé fumante. M.me Maigret aveva preparato una brioche, che ora farciva con del burro fresco.
Lei aprì il suo regalo estasiata. Lui le aveva regalato tre foulard di seta che lei aveva visto nella boutique di rue Saint-Honoré, nel loro ultimo  rientro a Parigi, un mese prima. I disegni rossi, blu e dorati brillavano alla luce del fuoco.
- Adesso tocca a te - disse lei accennando un lieve sorriso sulle labbra, mentre gli versava una seconda tazza di caffé.
Cercando di assumere un atteggiamento compassato, aprì il suo regalo. Aveva ragione, non si trattava di una pipa, ma di un paio di calze, che Maigret indovinò essere state fatte dalla moglie.
- Tu avevi già la tua sciarpa blu, allora ho pensato che questo anno...
Non ascoltava più. Nascondendo la sua delusione, ammirava come si conviene il regalo della moglie, poi si impegnò a tagliare un bel pezzo della brioche che imburrò generosamente.
M.me Maigret era gia tornata nella sua cucina, perchè il lavoro l'aspettava. Maigret attraversò la stanza per prendere una pipa dalla rastrelliera ("purtroppo non quella buona" sospirò dentro di sé) che riempì e accese prima di sistemarsi nella sua poltrona. Aprì il suo Dumas, sperando che D'Artagnan e Porthos gli facessero dimenticare la storia della pipa.
Nella cucina M.me Maigret con un sorrisetto sulle labbra, dette discretamente un colpo d'occhio al salone, dove suo marito, accomodato sulla sua poltrona, leggeva rabbiosamente.... mettendo sotto assedio La Rochelle...  

*******

Il pâté aux morilles era risultato un vero capolavoro. Il pollo alla olive non era stato da meno e il Clos-Vougeot aveva fatto arrossare le loro guance. Il piccolo Jérôme, che aveva avuto diritto a un goccio di vino sul fondo del suo bicchiere, aveva gli occhi brillanti. Regnava un dolce tepore nella stanza, dove il fuoco ardeva e dove gli odori del vino e della cena aggiungevano una loro nota speziata. M.me Maigret e Hortense si scambiavano, come loro abitudine, la loro opinione su come cuocere il pollo, Aline e Odette ciacolavano, il suocero, con il ventre sporgente, aveva acceso un sigaro il cui fumo si intrecciava con le volute azzurine della pipa di Maigret.
- Possiamo aprire i regali, prima del dessert zia Louise? - domandò Jérôme.
Sua madre lo riprese, ma M.me Maigret intervenne:
- Lascia, è normale che i ragazzi siano impazienti. Qualche volta lo sono persino gli adulti.
Dette un'occhiata all'indirizzo di suo marito che assunse un'aria innocente.
I tre ragazzi si precipitarono ai piedi dell'albero, gridando e spingendosi, scartarono i loro pacchi, lasciando esplodere la loro gioia.
Passati i primi entusiasmi, si scambiarono degli sguardi maliziosi e, prendendo un piccolo pacco dalla forma rettangolare, lo portarono a Maigret.
- E' per te - dissero in coro, trattenendosi per non scoppiare a ridere.
Maigret prese a scartare il pacchetto. Rischiò di farsi cadere la pipa di bocca:
in un bella carta di color blu era posata... la sua buona e vecchia pipa curva. Proprio quella che aveva cercato e cercava ancora da due giorni!
La prese tra le dita tremanti, poi guardò sua moglie, che sorrideva teneramente. Lei fece un segno ai tre bambini che andarono a cercare un altro pacco alla base dell'abete.
- Zia Louise all'inizio non era d'accordo, che noi ti facessimo uno scherzo - disse Jérôme - ma alla fine ha accettato di stare al gioco.
Tese il pacchetto a suo zio.
- Da parte di tutta la famiglia - aggiunse.
Maigret prese il regalo, l'aprì e trovò una pipa nuova, di una bella radica liscia, che portò subito alla bocca, succhiando il cannello con un'aria comica. Poi  sorrise e tutti scoppiarono a ridere, mentre i bambini gridavano:
- Buon Natale, zio Jules ! 

Murielle Wenger

giovedì 25 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E LA PIPA DI NATALE (II)


(segue) - La sera Maigret non aveva ancora perso la sua aria imbronciata. Bene o male era stato impegnato tutta la giornata, ma l'idea della perdita della sua cara pipa rimaneva in sottofondo tra i suoi pensieri come qualcosa che disturba e impedisce di concentrarsi sulle proprie occupazioni.
M.me Maigret era stata indaffarata tutta la giornata: era la vigilia di Natale e l'indomani sera Hortense, sua sorella sarebbe arrivata con il marito Charles e i loro figli, due bambine Aline e Odette e un maschietto, Jérome. M.me Maigret stava apparecchiando ovviamente come si conviene per l'occasione, mentre nel pomeriggio si sarebbe dedicata alla cucina. Il pâté aux morilles ricoperto dalla sua gelatina tremolante già troneggiava su un piatto poggiato sulla mensola in alto in cantina. Le pere diventavano confettura dolcemente nella bacinella di rame e un'odore di cannella profumava la casa fin dalla mattina. L'indomani si sarebbe dovuta alzare all'alba per preparare il pollo alle olive e il gratin dauphinois che costituiva il piatto forte del menù. In quel momento era seduta sulla sedia davanti alla tavola della camera da pranzo, tutta intenta ad incartare gli ultimi regali per i suoi nipoti.
- Maigret, vorresti andare a cercare il cordoncino rosso nel cassetto del buffet?
Lui si alzò dalla sua poltrona, andò in cucina e, quando stava per aprire il cassetto, una speranza infondata lo attraversò: per un istante immaginò di essere sul punto di ritrovare la sua pipa perduta. Fece un lungo respiro, aprì il cassetto e vi affondò lo sguardo: niente! Null'altro che forbici, diversi gomitoli di cordicelle, e un vecchia agenda che M.me Maigret conservava Dio sa perchè. Stizzito come un bambino che non abbia ricevuto il regalo di Natale che desiderava tanto, prese il cordoncino rosso che portò alla moglie, cercando di nascondere il suo disappunto, ma senza riuscirci granché bene.
Lei fece finta di non essersi accorta di niente, continuò ad incartare i regali, mentre solo il battito del pendolo del vecchio orologio continuava a rompere il silenzio in camera ...
Maigret sfogliava le pagine del suo giornale senza prestarvi attenzione, e sussultò quando sua moglie gli mise una mano sulla spalla.
- Tu stai morendo dal sonno. Anche io sono molto stanca e domani sarà un lunga giornata. Vogliamo andare a letto?
Lui posò il giornale e la sua pipa spenta sul bordo della rastrelliera alla quale gettò uno sguardo nervoso (Ma dove sarà mai andata a cacciarsi questa pipa... - disse tra sè e sè), poi, seguendo la moglie, salì le scale che portavano alla loro camera da letto.

****  

Era Natale. Maigret lo sentiva, non sapeva come fosse il tempo. Però non nevicava, soltanto un gran freddo penetrante che ghiacciava le mura della casa e che si cercava di combattere a colpi di ciocchi e di grandi fiamme. Ma era Natale, lo sentiva. Era ancora a letto e percepiva M.me Maigret nel bagno, perchè lei si era già lavata, ed era senza dubbio in uno stato febbrile con tutto quel lavoro che l'attendeva prima dell'arrivo degli invitati in serata. 
Ma siccome era Natale, giocava con le immagini come un bambino.  
Certo non sognava Babbo Natale che attraversava il cielo con la sua slitta, ma associava nella sua immaginazione delle sensazioni, dei colori, degli odori, dei suoni e creava un cinema privato, a suo proprio uso e consumo.
Quando l'odore del caffè filtrò sotto la porta della camera, decise di alzarsi. Andò alla finestra e vi ritrovò la stessa brina del giorno prima, gli stessi segni di un paesaggio intorpidito. Scese giù in pigiama e pantofole e andò nel salone, come avrebbe fatto un bambino, si avvicinò all'albero di Natale sotto il quale la signora Maigret aveva sistemato i regali. Tendeva le orecchie per sapere se sua moglie fosse in cucina a preparare il caffé, si curvò e lesse una delle piccole etichette attaccate al cordoncino rosso dei pacchetti. Finì per trovare il suo nome. E, sempre attento ai rumori che venivano dalla cucina, sollevò delicatamente il pacchetto. Si stupì: non aveva un peso normale. Era troppo leggero...
Da diversi anni, a ogni Natale, sua moglie gli regalava una nuova pipa. Lui da parte sua ricordò un po' alla rinfusa di averle regalato, una nuova macchinetta per il caffè, dei fazzoletti bordati, un servizio da the con disegni giapponesi che lei desiderava da tempo,  un album con molti carta-modelli da cucito... e non ricordava più cos'altro...

Murielle Wenger

mercoledì 24 dicembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET, LA PIPA DI NATALE (I)


Oggi, domani e dopodomani. Vigilia, Natale e Santo Stefano, "Simenon-Simenon" vi propone un racconto scritto da Murielle Wenger. Una storia di pipe e di giornate natalizie. E' il nostro modo di farvi gli auguri. Buona letture e buone feste.


Fuori gelava forte. Attarverso i vetri, dove la brina disegnava degli arabeschi, s'indovinavano da lontano gli alberi di pero dalle gracili sagome e, più lontano ancora, le rive della Loira dove il freddo doveva aver formato delle lastre di ghiaccio. 
Maigret prese un fiammifero e il fascio di rami prese fuoco illuminando la stanza di una bella luce gialla, ricacciando nell'ombra i fantasmi della notte. Si sfregava le mani sopra al fuoco con un sospiro compiaciuto, poi sentì sua moglie che nella cucina preparava il caffé per la prima colazione. Pensò che aveva tutto il tempo per farsi un breve pipata e si diresse verso la rastrelliera, sulla sinistra della stanza dove stava anche una vecchia poltrona di vimini che aveva preso ad un'asta durante un'inchiesta in Vandea, e che era diventato il suo cantuccio preferito, quello dove si sistemava durante le lunghe sere d'inverno, un bicchiere di congnac a portata di mano e, sulle ginocchia, una bella edizione illustrata de I Tre Moschettieri comprata anche quella ad un'asta e che era proprio la stessa che aveva visto da bambino nella biblioteca del conte a Saint-Fiacre.  
Davanti alla rastrelliera si fermò stupito. La mattina gli piaceva fumare una bella pipa di radica, ben rodata, leggermente curva che aveva ormai da molti anni e che poteva tenere accesa per molto tempo, proprio perché aveva un grande fornello. Un po' pesante, da reggere con la mano quando la teneva in bocca, gli piaceva fumarla la mattina, quando leggeva i giornali del giorno prima, mentre aspettava la colazione, ben sistemato nella sua poltrona quando sentiva M.me Maigret andare e venire dalla cucina, con tutti i piccoli rumori familiari quello del macinacaffè, lo scoppiettìo del fuoco nel camino, e più lontano, il cane dei vicini che abbaiava sulla strada.
Ma la sua pipa preferita non era al suo posto. Inutile chiedere alla moglie, perché sapeva benissimo che per nulla al mondo avrebbe toccato le sue pipe,  perché lui pretendeva di trattarle lui stesso, affermando che solo colui che se ne serve può sapere come curare bene una pipa... si domandò se per caso il giorno prima avesse dimenticato di metterla a posto. Si ricordava che era stato disturbato durante la lettura da M.me Risan, la moglie del fornaio che era venuta a parlargli di un furto di conigli. Gentilmente le aveva fatto intendere che lui non si occupava di quel genere di cose e l'aveva indirizzata alla gendarmeria locale. Era dopo aver accompagnato M.me Risan che aveva posato la sua pipa sul davazale della finestra della cantina, dove era andato a cercare delle carote e delle patate che gli aveva chiesto M.me Maigret, per preparare un bollito?
- La colazione è pronta! - gli gridò la moglie.
- Arrivo subito.
- Dove vai? - domandò M.me Maigret vendendolo andare verso la cantina - il caffè si fredda.
- Arrivo, arrivo...
Nella cantina nessuna pipa, né sul davanzale della finestra, né sulla canna del sidro. Più stupito che contrariato, tornò in cucina, dove si sedette di fronte alla moglie che gli stava porgendo un piatto di tartine imburrate. Dopo aver fatto il primo sorso di caffé, Maigret prese coraggio a quattro mani per domandarle con l'aria più innocente che riuscì ad assumere:
- Per caso hai mica visto la mia pipa?
- Quale?
- Quella della mattina, con il fornello grosso...
- Sai bene che non mi occupo delle tue pipe... Non l'avrai posata da qualche parte?  
- Non credo. O comunque non me lo ricordo.
- Non può essere sparita. Vedrai che la ritroverai in un posto inconsueto, come l'ultima volta quando hai ritrovato i tuoi stivali in fondo al giardino, quando avevi dimenticato di ritirarli dopo il temporale...
Aveva parlato con un tono appena accennato, con un filo di presa in giro... Certo, stava invecchiando e con gli anni la memoria poco a poco se ne andava, come tutto il resto... Non importava, lei non si rendeva conto: a quella pipa lui ci teneva e lei avrebbe dovuto capire che non doveva essere quella a mancare...
Brontolando si alzò dalla tavola. La mattina non era mai in forma se non dopo la seconda pipata, e oggi per di più non aveva potuto fumare nemmeno prima di mangiare. Tornò alla rastrelliera, prese un'altra pipa che rimepì ed accese. Vagò ancora un po' per la stanza, frugò in tutti gli angoli, con la vana - e ridicola - speranza di ritrovare la pipa perduta. Poi esasperato, finì per uscire all'aria fredda del mattino, e partì con un passo pesante per il sentiero che portava alla riva, mentre la ghiaia indurita dal gelo, scricchiolava sotto le sue suole. (segue)

Murielle Wenger