Era
un afoso meriggio di luglio. Maigret, in maniche di camicia, sedeva dietro la
sua scrivania, l’immancabile pipa tra i denti.
Di
fronte a lui, sprofondato comodamente in poltrona, c’era il brigadiere Lucas,
anche lui senza la giacca.
Il
viso di Lucas, contrariamente a quello del commissario, era una maschera di
sudore.
Nonostante
la finestra fosse spalancata e sulla scrivania ronzasse un ventilatore,
nell’ufficio faceva un caldo d’inferno.
Il
brigadiere tese la mano verso un boccale di birra, che poco prima un
inserviente della brasserie Dauphine aveva portato su un vassoio, assieme ad
altri boccali e quattro panini al prosciutto.
«Si
direbbe che Parigi bruci!» osservò Lucas tergendosi, con l’altra mano, il
sudore dalla fronte. «Mai sentito un caldo terribile come quest’anno.»
«Bevi,
vecchio mio! Non ci pensare,» disse Maigret. «Un boccale di birra fredda è la
cura ideale contro il caldo. Tra un po’ ne faremo portare ancora un paio. E
credo, a giudicare…»
Di
colpo, senza un motivo apparente, Lucas si abbandonò a una risata divertita.
Maigret,
vedendolo, rise anche lui, ma subito dopo, volendo rendersi conto di quella
improvvisa ilarità, chiese:
«Si
può sapere perché ridi? Non sarai per caso impazzito?... Forse il caldo…»
«Rido,
capo, perché…»
Non
poté terminare la frase. Fu costretto a posare il boccale di birra per non
rovesciarsela addosso, dal momento che la sua mano sussultava assieme al resto
del corpo.
«Insomma,»
lo sollecitò il commissario, «vuoi dirmi…?»
«Capo,»
fece il brigadiere con le lacrime agli occhi, dopo aver tratto un lungo
respiro. «Vi immaginate se in questo momento entrasse il giudice Coméliau?
Pignolo e austero com’è non potrebbe che dire: “Cari miei, non vorrei che
aveste scambiato un ufficio della polizia giudiziaria per un bistrot di infima
categoria. C’è, qui dentro, un puzzo nauseante di birra!»
A
quelle parole, soprattutto al tentativo riuscito di Lucas di imitare la voce di
Coméliau, Maigret rise di nuovo, poi, battendo una mano sul piano della scrivania:
«Questa
sì che è buona!... Però, vecchio mio, devo dire che sbagli.»
«Sbaglio,
capo?... Perché?... Non capisco.»
«Vedi, Lucas, è una questione di
finezza,» precisò Maigret. «Il nostro Coméliau mai e poi mai userebbe
l’espressione: “un puzzo nauseante”.» Fece una piccola smorfia con la bocca.
«Troppo banale, volgare, per una persona elegante e forbita come lui. Io credo,
piuttosto, che userebbe il termine “odore”… Ecco, penso che direbbe: “C’è, qui
dentro, un odore nauseante di birra!»
«No,
no, capo!» rispose Lucas crollando la testa. «Permettetemi di dissentire. Mai saputo, in vita mia, che la birra –
quella andata a male, intendo – emani un “odore” nauseante… Puzzo sì, ma non
odore!... Mi sembra più logico, più naturale… No, no, no!... Un uomo di legge,
come appunto il nostro Coméliau, non può commettere errori così madornali. Sono
certo che affermerebbe, volgendo intorno, come è solito fare, il suo sguardo
inquisitore: “Cari miei, c’è, qui dentro, un puzzo nauseante di birra!”»
Maigret
rise ancora. Poi prese anche lui un boccale dal vassoio. Lo accostò dapprima
agli occhi per osservare, in controluce, il colore ambrato della bevanda, sulla
cui sommità vi era uno strato sottile di schiuma, poi lo portò alle labbra.
Bevve
con gusto una lunga sorsata. Infine:
«Sai
che ti dico, vecchio mio? Telefona immediatamente alla brasserie Dauphine: che
ci mandino altri boccali di birra: di quelli grandi, mi raccomando… Non
m’importa un accidenti se qui dentro c’è odore o puzzo di birra.»
«Ben
detto, capo!»
Paolo Secondini
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