SIMENON SIMENON. MAIGRET DE LA TELEVISION ITALIENNE JUSQU'A PIGALLE
L'enquête en "film" du Cervi-Maigret il y a 50 ans. Curiosité et des souvenirs d'une aventure sur le grand écran, mais qui n'a pas eu la chance de la série tv
SIMENON SIMENON. MAIGRET FROM ITALIAN TV TO PIGALLE
The only investigation "film" of the Cervi-Maigret 50 years ago. Curiosity and memories of an adventure on the big screen but did not have the luck of the television series

Era il 30 dicembre 1966 quando, dopo diversi mesi di lavorazione, usci in italia il film Maigret a Pigalle. Erano gli anni del fortunato sceneggiato televisivo della Rai iniziato nel '64, Le inchieste del commissario Maigret. Grande successo, con Gino Cervi nei panni del commissario, del primo ciclo con un ascolto medio di circa 13 milioni e mezzo di spettatori; il secondo con quasi 14 milioni. L'attore che pure nella sua carriera teatrale e cinematografica aveva già riscosso successi notevoli, si trovò ad affrontare una notorietà e un'attenzione mediatica davvero straordinari.
Ecco alcuni compagni di viaggio in questa avventura: Diego Fabbri alla sceneggiatura, Mario Landi alla regia, Andrea Camilleri come delegato Rai alla produzione e un cast di attori teatrali di primo livello.
Sull'onda di un successo di tali proporzioni, si pensò ad una produzione cinematografica. Si organizzò una produzione italo-francese. I produttori furono per gli italiani il duo Riganti-Cervi e per quella transalpina la compagnia Les Films Number One. La base da cui partire era costituita dal romanzo simenoniano Maigret au Picratt's, scritto nel '50, periodo americano, e pubblicato in Italia nel '54 come Maigret al night club.
Solo che questa volta la squadra non era proprio quella televisiva. Anzi... Addio a Craveri e Fabbri, la sceneggiatura la prese in mano il regista Landi. Le musiche furono affidate ad Armando Trovajoli, un compositore allora molto in voga tra le produzioni cinematografiche non solo italiane.
Addio anche agli attori che circondavano Cervi nel piccolo schermo: M.me Maigret non compare nel film e quindi niente Andreina Pagnani. E anche lo staff di ispettori viene stravolto: Lucas, interpretato da Mario Maranzana, é anche lui assente, Janvier non ha più il volto di Daniele Tedeschi, ma quello di Claudio Biava, Torrence non è Manlio Busoni, ma Christian Barbier, Lapoint è interpretato da Riccardo Garrone e non da Gianni Musy. E "desaparecido" é anche il giudice Coméliau impersonato in tv da Franco Volpi, personaggio assente nella pellicola.
Insomma in ossequio alla produzione anche francese, che prevedeva evidentemente attori francesi, si andò contro la regola "squadra che non vince non si cambia".
Questo, anche se è facile dirlo a posteriori, davvero non fu un bene per il film e per il suo successo.
Nonostante la produzione si fosse affidata per la distribuzione internazionale alla tedesca Constantine Film che portò il film anche nelle due Germanie (Ovest ed Est), in Brasile, Spagna, Grecia, Olanda, Portogallo e Turchia, non si può parlare di successo e soprattutto fu un esito affatto paragonabile alle aspettative che il trionfo della serie televisiva poteva far intravedere.
Qualche chicca la scoviamo scorrendo il cast. Ad esempio troviamo come operatore di macchina un certo Joe D'Amato, pseudonimo di Aristide Massaccesi, che negli anni 70-'80 fu, come regista, il re incontrastato della filmografia erotica italiana.
La protagonista femminile del film era Lila Kedrova, nome che soprattutto in Italia non si conosceva granché. Russa, emigrata da piccola in Francia, lavorò con registi come Costa-Gavras (Zorba il Greco, con cui vinse nel '64 l'Oscar nella parte di madame Hortense), Alfred Hitchocock (Il sipario strappato), Jacques Becker (Montparnasse), John Huston (Lettera al Cremlino) e ancora Robert Siodmak, Julien Duvivier e Roman Polansky.
Altra curiosità, che ci ricorda Wikipedia, è l'impressionante scena dell'inseguimento dei giornalisti sul Pont dell'Alma, che anticipa quello drammatico avvenuto realmente, poco più di trent'anni dopo, in cui trovarono la morte Lady Diana e il suo compagno Al-Fayed, stesso posto, stesso inseguimento da parte alcuni foto-reporter.
Ma torniamo al film il cui titolo non deve essere confuso con quel Rue Pigalle che é uno dei racconti, che fà parte della raccolta Les Nouvelles Enquêtes de Maigret, scritti in vari anni e raccolti infine in un volume omonimo edito da Gallimard nel '44.
Il film, che ruota intorno all'omicido di due donne e ai coniugi Alfonsi proprietari del night club Picratt's, narra l'indagine che Maigret compie affiancando l'ispettore Lognon. Come al solito le piste sono tante, ma alla fine Maigret riesce ad arrivare alla soluzione del mistero seguendo uno dei moventi più comuni e banali tra i comportamenti umani: la gelosia.
Dal punto di vista della narrazione filmica, a nostro avviso, Maigret a PIgalle si allontana un po' troppo dagli standard del Maigret televisivo che Cervi aveva reso così famoso. La sua recitazione, le sue pause e quell'aria a volte assente, proprio quella che aveva fatto affermare a Simenon "Maigret non è intelligente, è intuitivo", nel film passano in secondo piano.
La produzione e/o la sceneggiatura hanno poi voluto calcare un po' la mano sull'azione che certo non è la caratteristica tipica dei Maigret simenoniani. Forse una concessione ai gusti del pubblico? Ricordiamo che all'epca si era abituati ai gialli d'azione (Gangster Story, Il promontorio della paura, Terrore alla 13a ora, Chiamata per il morto...)?.
La scelta fu quindi opposta a quella che a suo tempo aveva fatto Simenon, quando decise di creare un personaggio seriale poliziesco. Allora infatti andò contro tutti i cliché degli investigatori di successo dell'epoca.Tirò fuori un funzionario dello Stato, un poliziotto normale, che evitava le azioni clamorose, uno che sbrigava il proprio lavoro senza azioni eclatanti, procendendo con la sua intuizione e con la sua mania di comprendere, di mettersi nella pelle delle persone coinvolte nel caso e di ragionare con la loro testa.
Ecco forse la pecca di questo film è stata quella di non aver saputo seguire questa linea, allontanandosene per seguire, nelle intenzioni, i gusti del pubblico. (m.t)