mercoledì 31 luglio 2019

SIMENON SIMENON. IL MEDITERRANEO IN BARCA

Sulla storia-reportage di Simenon che è appena stata tradotta in italiano


SIMENON SIMENON. LA MEDITERRANEE EN GOELETTE
A propos du récit-reportage de Simenon qui vient d’être traduit en italien
SIMENON SIMENON. THE MEDITERRANEAN ON SCHOONER
About Simenon’s story report which has just been translated into Italian





Giustamente, in un recente intervento, Maurizio Testa ha voluto rimarcare le differenze fra il Mediterraneo conosciuto da Simenon e quello a noi contemporaneo, troppo spesso tragicamente contemporaneo. A mio parere però, le pagine de “Il Mediterraneo in barca”, oltre a farci conoscere, e in qualche modo rivivere, un mondo ormai scomparso, possono offrire un suggerimento ancora attuale nei confronti della disposizione d’animo con cui i più fortunati fra noi potranno affrontare questi giorni di vacanza.
In fondo, la distinzione fra turisti e viaggiatori, perché è di questo che vorrei parlare, seppure particolarmente vistosa nell’epoca del turismo di massa, data ormai da oltre un secolo, da quando cioè il viaggio per svago e diletto, così come quello di formazione, ha progressivamente cessato di essere una prerogativa di ristrette élites. Una differenza segnata dalla curiosità, dalla capacità di farsi impregnare dai luoghi diversi, dai diversi modi di vita, abbandonando, almeno temporaneamente, almeno in parte, le proprie abitudini, i propri costumi mentali. Segnata dagli incontri casuali nel corso di una sosta in un bar, ad esempio, piuttosto che dalla contemplazione annichilita degli splendori monumentali. Una differenza basata anche sulla disponibilità ad accogliere gli imprevisti, soprattutto quelli apparentemente negativi, quali occasioni. Fondata quindi sull’accettazione dei venti contrari. “Andando fiducioso alla deriva”. Senza più opporre "alcuna resistenza". "In uno stato di beatitudine che somiglia ai postumi di una sbornia".
Tornando a Simenon, è proprio questa curiosità umana nei confronti di episodi marginali, di personaggi qualunque, ad arricchire le pagine del suo “Mediterraneo”, più che certe digressioni economico-antropologiche abbastanza datate e non particolarmente originali, anche se, va detto, i minimi accenni alla Storia contemporanea disseminati fra le righe risultano indispensabili per la contestualizzazione, e quindi per la corretta comprensione, di queste pagine vacanziere, per comprendere appieno quelle tensioni che già si avvertono, e che nel volgere di pochi anni trasformeranno un luogo di incontri in un inferno.
Credo però sia evidente che, parlando del Simenon viaggiatore, perché di viaggiatore si tratta, non certo di turista, della capacità di “farsi impregnare”, sto in realtà citando alcune fra le caratteristiche fondamentali della sua scrittura, che tale scrittura illuminano e rendono particolarmente affascinante, e che, una volta di più, paiono trovare nella sua disposizione nei confronti dell’esistenza la propria radice, molto al di là di singoli riferimenti puntuali ad episodi precisi.
Anche a noi però, che scrittori non siamo, ma che orgogliosamente ribadiamo lo statuto di lettori, può essere concesso portare nella vita l’atteggiamento che guida, o dovrebbe, o potrebbe guidare le nostre letture, trasferire nei nostri piccoli e grandi viaggi quella disponibilità indispensabile per godere appieno dei libri, per poter vivere, tornando per l’ennesima volta a un tema a me particolarmente caro, “le vite degli altri”. Ben difficilmente con l’intensità di Simenon, ma accordandoci con lui, intonandoci ai suoi moventi profondi, tornando ad “impaesarci”, e a dialogare, quotidianamente.
E se dovremo restarcene a casa, ci sarà sempre un buon libro con cui mettere alla prova il nostro talento di viaggiatori.
(Un piacere supplementare potrà comunque essere costituito, per i cultori di Simenon, dal riconoscere nelle pagine de “Il Mediterraneo in barca” alcune figure, alcuni episodi della sua narrativa. La riproposizione del “mito” della nascita di Maigret. Quella ballerina ungherese che, di
lì a breve, ritroveremo ne “I clienti di Avrenos”. Il senso di vertigine provocato dalla visione dei fondali marini che, amplificato e approfondito a dismisura, a distanza di una decina d’anni sarà centrale ne “Il clan dei Mahé”. Per verificare a quali altissimi esiti, soprattutto in quest’ultimo caso, può condurre l’elaborazione letteraria di un’esperienza. Ma questo è, appunto, ciò che qualifica i grandi “raccontatori di storie”).

Luca Bavassano

martedì 30 luglio 2019

SIMENON SIMENON. SIMENON ET LE CANADA

A la recherche de textes inédits
SIMENON SIMENON. SIMENON E IL CANADA
Alla ricerca di testi inediti
SIMENON SIMENON. SIMENON AND CANADA
Seeking unpublished texts


Biographes tels Pierre Assouline, Michel Carly et autres Michel Lemoine nous ont pris par la main pour nous emmener tout au long des voyages et habitations de Georges Simenon. Aussi connaissons-nous les pays où l’auteur a vécu et plus encore les écrits qui s’ensuivent. Afrique, Méditerranée, Europe et l’Amérique (en auto), pour n’en citer que quelques-uns.
Ce qui est par contre beaucoup moins connu, c’est son séjour au Canada. En effet, Georges Simenon quitte l’Europe fin 1945 pour débarquer à New York, mais c’est à Sainte-Marguerite-du-Lac-Masson, petit village à 90 km au nord de Montréal, dans les forêts des Laurentides, province du Québec, qu’il s’installe. Il y restera toute l’année 1946 avec sa famille et… Denyse Ouimet, sa « secrétaire » en ce temps-là. En effet, Denyse est canadienne, habite avec lui au Canada, mais c’est bien à New York, lors d’un voyage, qu’il a fait sa connaissance.
Dans son magnifique essai Sur les routes américaines avec Simenon, Michel Carly dit que la période canadienne est pour l’auteur « une période de vide », et qu’il y rencontre « un grand blanc ». Le seul roman écrit à Sainte-Marguerite est celui qui marquera un tournant dans sa vie : Trois Chambres à Manhattan.
Pour le reste, il y a les reportages publiés dans France-Soir entre le 5 et le 22 novembre, sous le titre : « l’Amérique en auto ». Pourtant, il y a un reportage, publié le 5 février 1946 dans France-Soir, qui est un texte au sujet de la vie au Canada. Le journal écrit : « Au moment où tous les regards se tournent vers le Canada nous recevons un reportage de notre envoyé spécial Georges Simenon… » Plus loin, le journal écrit : « Après cette série – qui s’ajoutera au carnet de notes des voyages de Georges Simenon que nous avons déjà publiés… ». Le journal fait référence au texte : « Au chevet du Monde malade », qu’il avait publié en 1945. En même temps, par le mot « série », il laisse entendre qu’il y aura d’autres textes sur le Canada. D’ailleurs, André Durand, dans « Comptoir Littéraire », dit aussi que Simenon s’occupa durant cette année québécoise de « donner des conférences et de publier des textes chaleureux sur le Québec ».
Malgré mes recherches dans les divers recueils des reportages de l’auteur, je n’ai trouvé nulle part trace de ceux-ci. Si vous pouvez m’aider… grand merci.

Philippe Proost

lunedì 29 luglio 2019

SIMENON SIMENON. A GOOD MAIGRET TO START WITH

About Maigret and the Man on the Bench


SIMENON SIMENON. UN BUON MAIGRET PER COMINCIARE
A proposito di Maigret e l’uomo della panchina
SIMENON SIMENON. UN BON MAIGRET POUR COMMENCER
A propos de Maigret et l’homme du banc





It’s not so easy to pick the best introduction to the Maigret series… Yet I can suggest Maigret and The Man on the Bench because it seems a very suitable starter. Here are the reasons:
First, exactly where one begins to read the series does not really matter because the appearance of the 103 works did not match the chronology of Maigret’s career. Indeed, Penguin has chosen to release its brand new translations in the same order as the original publications.
Second, the story and its telling are typical of Maigret and Simenon. Murdered Louis Thouret turns out not to be the ordinary man he seemed. His wife believes his life consisted of an ordinary daytime job as a shopkeeper while his daughter protects his secret of lounging on a bench for hours, dressing up in outlandish clothes, and dallying with a girlfriend. Using his regular tools (subconscious intuitions, serial deductions, intense interrogations, and one temporary trance), Maigret pieces together accurate images of the unconventional dead man and the somewhat more conventional types that surrounded him. Realizing Thouret’s double life must have required substantial income, which would attract other criminals, the chief inspector ferrets out multiple guilty players, eventually arresting three while letting two others go free.
Third, beyond solid Maigret, steady Mme Maigret, and three familiar sidekicks (Janvier, Lucas, and Lapointe), Simenon sends out a parade of nicely fleshed out characters: the sad sack victim and his overbearing wife, his pregnant daughter and her whining boyfriend, a cooperative concierge and an uncooperative madam, a platonic mistress and an acrobatic clown….
Fourth, Simenon runs the gamut of his customary props. For example, we get cold rain, fine mist, dense fog, black coffee, ham sandwiches, veal stew and, of course, glasses of beer, grog, and brandy for Maigret.
Finally, as if to show how the exception proves the rule, this otherwise representative novel alludes to sex frequently: numerous bare breasts within loose robes, full nudity at least twice, one frank mooning through a window, and one outright proposition in a bedroom.
So, that’s why I submit this well-written, thoughtful novel as a very good start.


David P Simmons

domenica 28 luglio 2019

SIMENON SIMENON. 28 NUANCES DE MAIGRET - 28 SFUMATURE DI MAIGRET - 28 SHADES OF MAIGRET





3. Maigret s’imprègne d’une atmosphère
« Il reniflait, observait tout autour de lui, les mains toujours dans les poches, le chapeau un peu en arrière […] Maigret […] tripota machinalement la clef du poêle qui ne tirait pas […] Maigret essayait toujours de préciser la sensation qu’il avait eu en entrant dans le bureau […] Maintenant, il avait chaud et, le chapeau toujours sur la nuque, la pipe aux dents, il gagna l’antichambre comme un homme qui ne sait que faire. » (La Fenêtre ouverte)


3. Maigret s’impregna di un’atmosfera
“Annusava, osservava intorno a lui, le mani sempre in tasca, il cappello un po’ indietro […] Maigret […] giocherella macchinalmente con la chiave della stufa che non tirava […] Maigret cercava ancora di chiarire l’impresssione che aveva avuto entrando in ufficio […] Adesso aveva caldo e, il cappello sempre sulla nuca, la pipa tra i denti, si recò in anticamera come un uomo che non sa cosa fare. » (La finestra aperta)


3. Maigret immerses himself in an atmosphere
“He was sniffing, watching all around him, his hands still in his pockets, his hat slightly back […]. Maigret […] mechanically fiddled with the key of the stove that was not firing […] Maigret was still trying to clarify the sensation he had felt while entering the office […] Now he was warm and, his hat still back, his pipe in his mouth, he went into the antechamber like a man who doesn’t know what to do.” (The Open Window)




venerdì 26 luglio 2019

SIMENON SIMENON. L'ALBUM PHOTOS DE MAIGRET - L'ALBUM FOTOGRAFICO DI MAIGRET - MAIGRET'S PHOTO ALBUM

Pour les 90 ans de sa naissance, le commissaire nous ouvre son livre de souvenirs. Nous vous proposons, à quinzaine, une rubrique pour commémorer cet événement phare de cette année 2019.


Per i 90 anni dalla sua nascita, il commissario ci apre il suo libro dei ricordi. Noi vi proporremo, ogni quindici giorni, una rubrica per commemorare questo avvenimento clou per l’anno 2019.


For the 90th anniversary of his birth, the Chief Inspector shows us his memory book. We propose a fortnight column to commemorate this milestone event of this year 2019.



J’ai bien cru que Simenon allait m’abandonner quand il est parti en Amérique… Mais le souvenir de Paris a été le plus fort, et il a continué d’écrire mes aventures. Et puis il a rencontré Sven Nielsen, qui lui aussi était intéressé à publier mes enquêtes…


Avevo davvero creduto che Simenon mi abbandonasse nel momento che partì per l’America… Ma il ricordo di Parigi è stato più forte e ha continuato a scrivere le mie avventura. E in seguito ha incontrato Sven Nielsen, anche lui interessato a pubblicare le mie inchieste…


I really thought that Simenon would abandon me when he left for America… But the memory of Paris was the strongest, and so he went on telling my adventures. Then he met Sven Nielsen who too was interested in publishing my investigations…

SIMENON SIMENON. MAIGRET, RIVEDENDO ATKINSON E PENSANDO A DEPARDIEU

L'improbabile commissario del ex mister Bean e le speranze per la prossima interpretazione dell'attore francese 

SIMENON SIMENON. MAIGRET, EN REVOYANT ATKINSON ET EN PENSANT A DEPARDIEU
L'improbable commissaire de l'ex mister Bean et les espoirs pour l'interprétation prochaine de l'acteur français
SIMENON SIMENON. MAIGRET, SEEING ATKINSON AGAIN AND THINKING ABOUT DEPARDIEU
The unlikely Chief Inspector of the ex Mister Bean and the hopes for the French actor's upcoming interpretation



Qualche sera fa' mi è capitato in uno zapping notturno di rivedere un episodio della serie inglese (produzione ITV), quello in cui Maigret, interpretato da Rowand Atkinson, deve catturare un pluri-omicida che uccide donne nel quartiere di Montmartre (da Maigret tend un piège -  1955) Credo fosse il primo dei quattro episodi. Come ho detto, l'avevo già visto e ho voluto rivederlo anche alla luce di quello che potrà essere il prossimo commissario cinematografico con Gérard Depardieu, tratto da Maigret et la jeune morte", del 1954 diretto da Patrice Leconte.
Il mio giudizio sull'impronta "british" che aleggia sulla serie della ITV, si è consolidato. Un Maigret troppo magro, e passi. Ma senza un capello fuori posto. Fuma senza spargere sfrizzoli di tabacco qua e là. L'aria della Praga, dove sono stati girati gli esterni, e la ricostruzione degli interni, con gli uffici di Quai des Orfèvres, trasmettono molto poco di quella che dovrebbe essere l'atmosfera parigina e comunque quella creata da Simenon. E gli ispettori? Janvier, Lucas, Torrence e Lapointe sembrano usciti da un gangster-movie americano, per come si muovono, come sono vestiti, come parlano. E vogliamo tacere di M.me Maigret? Belloccia, formosa quasi procace... lontana da quella donna che Simenon aveva immaginato, sposa ideale, dedita alla casa e al suo marito...
Ma questa ormai è acqua passata. La serie non a caso si è arenata dopo quattro puntate e non vogliamo certo infierire.
Mentre ci passavano davanti agli occhi le composte e misurate movenze del Maigret-Atkinson, pensavamo a come potrà essere il Maigret-Depardieu. 
Certo l'età non è dalla sua (71 anni compiuti), ma sappiamo il trucco cinematografico può far miracoli e una cura dimagrante (ma senza esagerare)  porterebbe Deperdieu a quella stazza giusta che è un buon punto di partenza per mettersi nei panni di Maigret.
L'attore fuma sigarette.... imparerà a fumare la pipa? Sarà credibile come Gino Cervi che prima d'interpretare Maigret non aveva mai messo in bocca una pipa?
L'attore ha una grande esperienza alle spalle, ruoli diversissimi, premi e riconoscimenti fin dai trent'anni (1980 - Premio César come miglior attore nel film di François Truffaut "L'ultimo metrò"), fino al Golden Globe come miglior attore in "Matrimonio di convenienza" nel'90 e Il Leone d'Oro alla carriera al Festival di Venezia 1997).Ha una certa confidenza con il ruolo di poliziotto, e anche con quello del commissario. Ma attenzione Maigret non è un commissario come gli altri e la sua interpretazione non è facile.
Se è per questo, ha gia una confidenza con la vecchia sede della polizia giudiziaria parigina, dal momento che nel 2004 ha girato un film intitolato "36, Quai des Orfèvres" diretto da Olivier Marechal e, guarda caso, proprio in coppia con quel Daniel Auteuil che era stata la prima scelta per interpretare il personaggio simenoniano.
Ci sono discrete possibilità che la produzione e l'attore tirino fuori un buon Maigret, fatte salve le impuntature e le stranezze da star che ogni tanto Depardieu  tira fuori lasciando tutti con un palmo di naso. Ma è anche un ottimo professionista capace di prodursi in magistrali interpretazioni. Siamo molto curiosi, ma se le riprese, come previsto dovrebbero iniziare a fine 2019, dovremo aspettare la fine del 2020 o gli inizi del 2021 prima di vedere il film. Armiamoci di pazienza, per ora possiamo solo lavorare di fantasia.

 (m.t.)  

giovedì 25 luglio 2019

SIMENON SIMENON. A BAD DAY IN WILHELMSHAVEN

Why did Simenon have to take refuge at Delfzijl in 1929?

SIMENON SIMENON. UNA BRUTTA GIORNATA IN WILHELMSHAVEN
Perché Simenon dovette rifugiarsi a Delfzijl nel 1929?
SIMENON SIMENON. UNE MAUVAISE JOURNEE A WILHELMSHAVEN
Pourquoi Simenon dut-il se réfugier à Delfzijl en 1929 ?




June 1929. We are aboard the Ostrogoth, the ten meters boat on which Simenon navigated through the canals of France up to the North Sea, along the Dutch and German coasts. The harbour is Wilhelmshaven, in Lower Saxony.
For a couple of hours a strange man has been questioning the novelist. A policeman? According to Georges he could be an agent of counter-espionage. The man isn’t only interrogating, but he also starts searching the boat. What is he looking for? And why does he do that on a novelist’s boat?
At the time Simenon was not yet famous, event if he already was known as Georges Sim… But he certainly could not be known by an agent of German services. Germany was then crossed by the electric shocks that the rise of a certain Adolf Hitler caused throughout the country and beyond. Alarms, suspicions, feuds, complots, formed the ideal water to make spies swim, counterespionage, double agents, foreign agents…
In this ambiance an innocent object like Simenon’s typewriter assumed a strange and even suspicious meaning in the agent’s eyes. And all those typewritten pages? True novels or fictions that could hide coded messages?
In short, the whole thing was rather suspicious in the agent’s mind. A man of Belgian nationality, a boat that flied the French flag and these letters… that is to say Simenon’s correspondence with the Détective magazine… “Does this magazine really exist? Is it its true name? – wondered the agent without understanding the situation – Is this man indeed a detective and not a writer?”
In short this was enough to bring Simenon to a police station to investigate the matter. This “detective” case stirred other attentions and soon the writer found himself in front of another man, high degree counter-espionage, who wanted to make things clearer.
The main point seemed to be whether Simenon was a detective, a spy, an agent and, in that case, for whom he was working… Moreover, what was a Belgian with French documents doing in a German harbour, in such a critical period…?
During the interrogation Simenon admitted among other things that he knew a little German, but that was what remained of a school smattering... Then the writer told that German was not his strong point. That was a mistake. Because this provoked another question from the part of the official, who simply and directly asked: “Why don’t you like our language?” Thus the interrogation was about to take a bad turn. Probably in that moment Simenon realized that in Germany the ambience was quickly changing and there was no place for suspects or misunderstandings. He remembered that the night before he had just sent to Gallimard a parcel for the Détective magazine. Maybe it had been opened and this was the reason for the whole thing?
The situation was not easy. The writer tried to justify himself, but he realized that if on one hand the counter-espionage official didn’t see things clearly, on another hand he had no specific evidence or accusations against him. After a few moments of anguish for Simenon, the situation got to its epilogue. A cut order: “at noon the Ostrogoth must have left Wilhelmshaven.” Expulsion from Germany and ban on sailing in German waters. Peremptory. A bad morning. But Simenon got away with it, changed destination: no longer Hamburg, but the small and welcoming Dutch harbour in Delfzijl.

by Simenon-Simenon

mercoledì 24 luglio 2019

SIMENON SIMENON. IL ROMANZIERE E IL RAZZISMO

I suoi viaggi in Africa equatoriale, in America centrale, in Polienesia e le discriminazioni incontrate

SIMENON SIMENON. LE ROMANCIER ET LE RACISME
Ses voyages en Afrique équatoriale, en Amérique centrale, en Polynésie et les discriminations rencontrées
SIMENON SIMENON. THE NOVELIST AND RACISM
His travels in Equatorial Africa, Central America, Polynesia and the discriminations encountered 



Il tema è di quelli trattati più volte. Di solito per Simenon si fa riferimento alle accuse di aver avuto rapporti con i nazisti durante la seconda guerra mondiale. Nazismo uguale razzismo-antisemitismo e così Simenon, per aver venduto diritti dei suoi romanzi alla casa di produzione croce-uncinata Continental, è rimasto con le mani impelagate in questa velenosa melassa e, prima di pulirle del tutto, c'è voluto parecchio: un oceano di mezzo, dieci anni in America, una  vita diversa, addirittura con una nuova moglie...
Poi c'è la storia della serie di articoli scritti su La Gazette de Liège intitolata "Le Pèril Juif", lì il razzismo indubbiamente c'entra. Ma pochi fanno notare che Simenon scrisse quelle cose quando era molto giovane, aveva quasi diciott'anni... e quella, si sa, spesso è l'età degli estremismi. Comunque è un fatto su cui Simenon è tornato, sia pure molto tardi, scrivendo una lettera a Jean Christophe Camus nel 1985: "...vi segnalo poi una cosa che può avere una certa importanza. Si tratta di due o tre saggi che scrissi sui Savii di Sion. Questi articoli, in effetti, non riflettono il mio pensiero d'allora né di oggi. Era un'ordine e io ero tenuto ad eseguirlo. Nello stesso periodo, tra gli affittuari polacchi e russi di mia madre, più della metà erano ebrei con cui io andavo perfettamente d'accordo. In tutta la mia vita ho avuto degli amici ebrei, compreso il più intimo di tutti, Pierre Lazareff. Quindi non sono affatto anti-semita come quegli articoli commissionati potrebbero far pensare...".
Questo afferisce alla sua vita personale, per la quale, se vogliamo essere completi, occorre aggiungere che Simenon nel 1940 fu nominato, dall'Ambasciata del suo paese, Alto Commissario ai rifugiati belgi che arrivavano in Francia in seguito all'invasione del Belgio da parte della Wehrmacht. E per tre mesi si occupò di sistemare i profughi che raggiungevano il porto de La Rochelle, trovare loro un posto per dormire, cibo, generi di prima necessità a uomini, donne, bambini. Girava di continuo per tutta la regione, per poter dare la miglior accoglienza possibile proprio alle vittime del nazismo. 
E quando fu lui stesso accusato di avere ascendenze ebree? Nel 1942 i servizi di sicurezza collaborazionisti della Vandea, stavano compilando un elenco di tutti gli ebrei della regione. Arrivati a casa di Simenon, lo interrogarono. Simenon riportò il dialogo con l'agente del servizio sicurezza, nel suo Mémoires intimes: 

"- Voi siete ebreo, vero?
- Siamo cristiani di padre in figlio e da molte generazione appare il termine "cristiano" tra i nostri nomi.
- Simenon viene da Simon?
- Ah!
- E Simon è un nome ebreo.
- Io vi assicuro...
- Non so che farmene delle vostre assicurazioni. Mi servono delle prove.
- Posso farvi vedere che non sono stato circonciso.
- Certi ebrei ormai non la praticano più... Piuttosto fate del mercato nero?
- Non ho mai venduto altro che i miei diritti d'autore...
- Del prosciutto, del burro...
- Ne ho comprato solo per il nostro consumo, ma non ne ho mai venduto.
- Voi siete ebreo!... io non mi sbaglio mai... Io sento un ebreo a dieci passi... Vi concedo un mese per i certificati di nascita dei vostri genitori, dei vostri nonni e dei vostri antenati... Ho detto un mese. E non cercate di fuggire. Vi teniamo sotto controllo..."
Simenon é spaventato. Tanto più che documentandosi scopre che questa faccenda del suo cognome derivante da quello ebraico di Shim'on, è vera. Dovrà faticare e sudare non poco, nel tentativo di rimediare quelle carte che solo la madre e il fratello, che erano a Liegi, avrebbero potuto ottenere dalle autorità belga, anche quello un paese occupato dai nazisti. E infatti le carte non arrivarono, ma intanto i suoi primi affari con la Continental, sembrarono mettere in secondo piano il problema del suo cognome.
E i negri? Diciamo negri e non neri perché questa allora era l'espressione corrente. Ma anche perché Simenon scrisse un romanzo intitolato appunto "Le Negre" (1957). Ma la vicenda è più che altro centrata su Theodore, un bianco, un uomo piccolo, piccolo, che sogna di poter ricattare l'assassino del negro del titolo, che lui ha visto compiere l'omicidio. Ma Theodore è un balordo, non riesce nel suo intento e, dopo una serie di vicissitudini, i suoi sogni di gloria svaniranno e dovrà tornare alla sua solita misera vita.
Ne Le coup de Lune (1933), abbiamo una più chiara e netta presa di posizione. Simenon condanna in modo inequivocabile il colonialismo belga e francese in Congo, costituito da una società dominante che ha perso punti di riferimento, che non siano quelli dell'alcol e del dominio degli indigeni. Una classe dirigente in disfacimento e dei comportamenti che ispirano nell'autore una forte reazione anti-razzista e che fa intravedere una decomposizione anche dell'istituzione coloniale. Perfino Gide, ch conosceva bene l'ambiente, riconobbe l'aderenza del romanzo simenoniano alla reale situazione in Congo. 
Come si vede il rapporto tra le convinzioni di Simenon e il razzismo è complesso, da una parte era comunque figlio del suo tempo, con le stupidaggini che si possono dire e fare a diciotto anni, ma quando la sua voglia di conoscere altri luoghi e altre culture lo portò nell'Africa Equatoriale, non poté che constatare l'insopportabile dominazione dei bianchi sugli indigeni la cui disapprovazione possiamo constatare sia nei suoi reportage pubblicati sui quotidiani che nei suoi cosiddetti romanzi africani.

Maurizio Testa

martedì 23 luglio 2019

SIMENON SIMENON. MAIGRET ET LES AMERICAINS

Quand le commissaire rencontre des ressortissants des Etats-Unis


SIMENON SIMENON. MAIGRET E GLI AMERICANI
Quando il commissario incontra dei cittadini degli Stati Uniti
SIMENON SIMENON. MAIGRET AND AMERICANS
When the Chief Inspector meets with US nationals






La semaine passée, nous avons parlé du cosmopolitisme auquel Maigret est confronté parfois au cours de ses enquêtes. Parmi les personnages que nous avions évoqués, les Mortimer-Levingston, les premiers personnages américains à paraître dans la saga. Sous couvert d’activités industrielles, Mortimer fait en réalité partie d’une bande internationale d’escrocs, il voyage de Deauville à Miami, de Cannes à Berlin, du Lido à Paris, possède un yacht (sa femme porte « pour un million de perles au cou »), et arbitre les grands matches de boxe aux USA.
Dans La Tête d’un homme, Maigret aura affaire à un autre couple d’Américains, les Crosby. Habitués de La Coupole, Crosby porte beau, même si en réalité il vit sur sa réputation ; il mène grand train, possède une voiture de grand sport et habite à l’année le George-V, tandis que sa femme porte une cape d’hermine ; en fait, il est criblé de dettes ; l’héritage de sa tante arrivera à point nommé, et c’est là tout le nœud du drame…
Pour rencontrer d’autres américains fortunés, Maigret a dû se rendre à nouveau au Majestic, où logeaient Mr Clark et sa famille (Les Caves du Majestic). Clark est un industriel qui possède une usine de roulements à billes à Detroit. Quant à Miss Darroman, son assurance n’a pas l’heur de plaire à Maigret, qui voit en elle l’image de ces «femmes qui l’horripilaient dans les films américains ! Une démarche d’une netteté effrayante ! »
Il arrive aussi au commissaire de faire la connaissance d’autres Américains, en particulier les criminologues attirés par la renommée de ses méthodes particulières : Spencer Oats de l’Institut de Criminologie de Philadelphie (Cécile est morte), « un grand jeune homme du type universitaire, cheveux roux […], léger accent assez agréable », qui, au contraire de la réputation souvent faite aux Américains, ne carbure pas au whisky, mais au lait… Et un autre criminologiste, « un grand gaillard aux cheveux roux », qui parle français « avec à peine une pointe d’accent » (Les Scrupules de Maigret).
Mais Maigret va aussi devoir se plonger au cœur même du monde américain, puisqu’à deux reprises, son créateur l’envoie étudier le modus vivendi étasunien. D’abord dans Maigret à New York, où le commissaire rencontre aussi bien un milliardaire américain que le petit peuple du Bronx, puis dans Maigret chez le coroner, dans lequel il va chercher à comprendre plus en profondeur les mœurs et la mentalité du pays. Dans les deux romans, Maigret croise aussi des policiers locaux, dont deux roux : O’Brien de la Police fédérale (Maigret à New York) et le chief deputy-sheriff ORourke (Maigret chez le coroner).
Quant au roman Maigret, Lognon et les gangsters, s’il se déroule bien sur sol français, il met en scène des bandits venus tout droit de Chicago, ainsi qu’un blond policier venu de Saint-Louis, Harry Pills, et une ancienne girl de troupe, une Américaine, Helen Donahue, aux cheveux oxygénés. Petite ressouvenance aussi du milieu interlope américain dans Maigret et la jeune morte, où le père de Louise Laboine est un spécialiste du vol à l’américaine, qui a fini ses jours à la prison de Sing-Sing.
Et on terminera par cette scène, dans laquelle Simenon déploie tout son sens de l’humour ; Maigret, parmi les locataires de l’immeuble des Palmari (La Patience de Maigret), questionne une journaliste américaine : « Elle était grande, bâtie en force et, à cause de la chaleur, elle ne portait qu’un pyjama dont la veste était ouverte sur sa poitrine. […] – Un meurtre dans la maison ? How exciting ! […] Et votre nom être Maigret ?... Le Maigret de la quai des Orfèvres ?... Elle se dirigeait vers la bouteille de bourbon qui se trouvait sur une table. – Vous trinquer, comme disent les Français ? Il trinqua, écouta son charabia pendant une dizaine de minutes, se demandant si elle ne finirait pas par cacher ses seins.»
Tout l’art du romancier dans la manière de brosser des portraits qui sonnent authentiques…


Murielle Wenger

lunedì 22 luglio 2019

SIMENON SIMENON. DOCTOR JEAN DOLLENT

About a series of short stories


SIMENON SIMENON. IL DOTTORE JEAN DOLLENT
A proposito di una serie di racconti
SIMENON SIMENON. LE DOCTEUR JEAN DOLLENT
A propos d’une collection de nouvelles


In 1938, Simenon wrote 13 short stories starring a country doctor in the role of an amateur detective (Le Petit Docteur). They appeared originally in the serial Police-Roman from 1939 to 1941. A volume collecting them all came out in 1943. A collection in English translation, The Little Doctor, appeared in 1978. Francophone television adaptations of six stories played in 1986.
All of the stories intrigued me, a doctor, having noticed in my reading how important the field of medicine seemed to be to Simenon, the author, and Maigret, his character. Many, perhaps most, Simenon/Maigret readers may not have noticed that Jules goes to medical school before he becomes a cop. Not only that, he continues to study medicine throughout his career as a detective. Indeed, Maigret subscribes to a British journal of medicine, the Lancet, and borrows medical texts from his best friend, Pardon, a doctor. Most know that the Maigrets and Pardons meet for dinner every month, but how many recall that the two men withdraw after dinner to talk medicine? As a result, it should not be surprising that Maigret often uses his medical knowledge when practicing what was clearly his second choice as a profession.
As one might expect of the first story in the collection of 13, The Doctor’s Hunch introduces the Little Doctor, outlining his personality, style, and technique while explaining how he gets hooked into solving crimes. One learns for example that his affectionate nickname (his real name is Jean Dollent) stems from his small stature, kindliness, lack of frills, and tiny car. He lives, practices, and sleuths in Marsilly on the Atlantic coast, where Simenon also lived for 4 years during the 30s.
Having paid little attention to anything but medicine in his life so far, the doctor could never imagine snooping out a fatal stabbing all of a sudden. Previously unaware of his exceptional gifts of observation and reasoning, he leaps to piece the puzzle together as a series of unknowns pop up, one after another, right in front of his nose: he realizes the strange phone call begging for help at an isolated location cannot have come from there. He recalls the caller’s peculiar demand during an earlier office visit for sleeping medication dissolvable in liquid. Finding the house empty, he notes fresh signs of life. Helping himself to a bottle of vermouth to quench his thirst, he tastes sodium bicarbonate, an insane ingredient. He finds muddy shoes where there’s been no rainfall in weeks. Poking around outside, he spots freshly turned earth and, spading it away, he uncovers a corpse!
Jubilant to discover talents that will bring him huge pleasure, Jean Dollent delights in his new role. With cockiness, intuition, and reasoning evoking Hercule Poirot, his mind never stops working and figuring everything out flatters his vanity. In doctoring the wounded accomplice and ensuring the knife-wielding killer escapes, he displays sympathy and compassion, the same way Jules Maigret often does. Is this shared pardoning of criminals likely to recur in future Little Doctor stories?


David P Simmons