L'atmosfera alla Simenon. Quante volte questa allocuzione è stata usata per spiegare, dare l'idea del tipo di ambiente, di contorno, di mentalità che creano lo sfondo di una vicenda, descritta da uno scrittore. Potremo affermare, senza timore di essere smentiti, che se ne è abusato. E ne è stato fatto un uso eccessivo anche per descrivere una delle qualità di Simenon stesso.
E su questo sono caduti un po' tutti, (anche noi vi abbiamo fatto disinvoltamente ricorso). Sappiamo che al romanziere non piaceva che si parlasse di questo argomento, forse perchè era una discussione che rischiava di offuscare altri elementi della sua scrrittura e della sua letteratura?
Vediamo cosa dice in proposito in un'intervista del 1955 alla radio francese, rispondendo alla domanda di André Perinaud "Sarebbe interessante avere da voi una definizione della cosiddetta 'atmosfera Simenon'...".
"Non sono io, sono gli altri che hanno utilizzato quel termine. Non cè nulla che mi irrita di più della parola 'atmosfera'. Il romanziere d'atmosfera! Ma, Cristo, se non ci fosse atmosfera il romanzo sarebbe un fallimento. E' un po' come se parlandomi di un uomo, mi diceste: 'sapete, respira'. Certo che respira, altrimenti sarebbe morto, no? Un romanzo senza atmosfera è nato morto".
Parinaud non demorde, rimane sul tema e approfondisce chiedendo lumi sul rapporto tra quest'atmosfera e l'espressionismo in pittura, anche perchè era proprio Simenon che aveva avuto modo di affermare che quello che gli altri chiamavano atmosfera per lui poteva dirsi più propriamente un "clima poetico", mentre la critica quando parlava di atmosfera aveva appunto in mente qualcosa di molto vicino all'impressionismo nella pittura.
"... nel romanzo classico come nella tragedia cassica, i personaggi si sviluppano in un certo abito intellettuale, senza che si sappia chi sono, da dove vengono, che cosa vogliono, se fà caldo se sono nel sud oppure nel nord, se è estate o inverno. Sono elementi di nessuna importanza perché i personaggi sono un'entità, puri spiriti - e poi Simenon passa a spiegare cosa succedeva nei suoi anni in quello stesso ambito - Oggi tendiamo a credere che l'uomo reagisca in modo diverso a seconda che abiti nel Gabon, a Parig o a Mudon. L'ho constato di persona. Nell'Ubangui, uno dei luoghi più umidi e torridi del mondo, ho visto alcuni coloniali avere reazioni che non avrebbero mai avuto a Bécon-les-Bruyéres o a Frejus...".
Insomma si tratterebbe anche di contestualizzazione, di influenza delle condizioni esterne, di dislocazione geografica... tutto questo è atmosfera? Rincarando la sua "critica ai critici": ... mi fanno imbestialire questi critici con 'l'atmosfera Simenon', ma se non ci fosse l'atmosfera, cosa respireremmo?...", ci scherza anche sopra.
Ma aldilà delle battute Simenon è molto netto: "... l'uomo non è sospeso nello spazio, non è neanche un puro spirito. E' un tutto con un corpo al centro di un universo che cambia colore, peso, odori. L'uomo cambia, le sue reazioni sono diverse a seconda dello stato di questo universo...".
Ipse dixit Simenon.
mercoledì 25 aprile 2012
martedì 24 aprile 2012
SIMENON. I CINQUANTA MODI DI DIRE "MAIGRET"
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Versione mongola de Il cane giallo (www.enquetes-de-maigret) |
C'è poi da tener presente un altro aspetto. Come anche nell'occidente, ad esempio negli Stati Uniti, ci sono differenze a volte notevoli tra posti diversi (cosa hanno in comune New York, con il paesino di Rock Spring nello Wyoming, pur essendo entrambe "americane?), così ci saranno differenze tra la capitale mongola Ulam Bator e Tsagaannurm, piccolo e sperduto centro al confine con la Cina settentrionale.
E tutto questo cosa c'entra con la Parigi degli anni '30, quando dalla penna di Simenon nasceva Maigret?
Ce la potremo cavare con l'aspetto universale dell'arte. Se è "arte", è compresa da tutti gli esseri umani di qualsiasi etnia, cultura o dislocazione geografica. Ma, crediamo c'entri anche il livello di cultura. E questo ovviamente vale anche da noi, paesi occidentali, dove bianchi scolarizzati e inseriti nella società, non sempre hanno una base che gli consenta di apprezzare la buona letteratura, neanche quella d'evasione. Possiamo immaginare che lo stesso succeda anche in Mongolia.
Insomma c'è qualcosa che passa aldilà di tutte le sovrastrutture culturali, razziali, storiche e goegrafica e arriva dritto all'animo di quel mongolo che se ne sta comodamente seduto a bearsi un'inchiesta del commissario Maigret.
D'altronde come dice lo stesso Simenon nella famosa intervista con Médecine et hygiène (1960) "... il vero successo è essere compreso da un uomo che lavora in un kibbuz, quello che mi fa piacere è ciò non ha nulla a che vedere con la tecnica di scrittura. Quello che mi piace è che dei polacchi a Cracovia e a Varsavia si ritrovino talmente nei miei libri, da farne oggetto di una tesi universitaria, anche se qusto paese è al di fuori dell'occidente...".
Beh,... figuriamoci la Mongolia!
lunedì 23 aprile 2012
SIMENON: CLASSIFICHE "SALISCENDI" COME MONTAGNE RUSSE
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Copertina olandese di Maigret e l'informatore |
Facciamo ora il salto sul web dove, navigando tra la classifica della IBS Top 100 (aggiornata quotidianamente e riferita agli ultimi quindici giorni), ci imbattiamo in Maigret e l'informatore alla sedicesima posizione. Per gli ebook, settimana magra per Simenon del quale si trova solo Il Crocevia delle tre vedove al 41° posto su IBS.
domenica 22 aprile 2012
SIMENON. "SARKO E "LE PRESIDENT"...
In queste ore, lo saprete sicuramente da giornali-tv-radio-internet, in Francia si va a votare per rinnovare la carica della Pesidenza della Repubblica. Sarkozy è dato perdente, i sondaggi già incoronano Holland, suo avversario socialista, come il vincitore.
E Nicolas Sarkozy che fine farà?
Il cinquasettenne politico di ascendenze ungheresi tornerà a fare l'avvocato o resterà in politica? Certo in Italia a quell'età, in generale, i nostri politici non mollano. Ma in Francia è un'altra storia, e poi c'è un'altro fatto, Sarko, come lo chiamano i francesi è rimasto solo, anche diversi suoi ministri hanno preso il largo, dato il sentore di un sconfitta e probabilmente anche pesante. Come scriveva qualche giorno fa' il Corriere della Sera ".. defezioni di peso. Importanti almeno dal punto di vista simbolico, come quelle di Martin Hirsch e Fadela Amara, due esponenti della famiglia di sinistra che nel gloriosi giorni del 2007 si erano prestati volentieri alla politica dell'ouverture di Nicolas Sarkozy...d".
Insomma il rischio per Sarkozy, che come ministro è al governo dal 1993, è che dopo quasi dieci anni al potere, si ritrovi politicamente solo. Ma qui non ci interessa un'analisi delle elezioni o della politica francese o del futuro di Sarko. Piuttosto ci torna in mente il romanzo di Simenon Le president (1957) scritto in Svizzera, in cui lo scrittore dà prova di conoscere alla perfezione i meccanismi della politica, i suoi giochi nascosti, le informazioni usate come ricatto per acquisire o riconquistare posizioni chiave, i tradimenti perpetrati e subiti, l'eterna ruota che gira e che porta potere, autorevolezza, rispetto e denaro, ma che poi trascina nel fango o nell'oblio.
Certo la vicenda che ci racconta Simenon è molto differente da quella dell'attuale presidente francese. Emile Beaufort era stato presidente del consiglio dei ministri, ma era arrivato solo ad un passo dalla carica di Presidente della Repubblica. Anche lui, come Sarkozy, era stato più volte ministro, ma si era ritirato volontariamente dalla politica e, al momento raccontato dal romanzo, è solo un vecchio sofferente dei postumi di un ictus, ormai fuori dai giochi, ma che con un esplosivo libro di memorie vorrebbe atterrare i suoi avversari e fare una rentrée in grande stile. Ma, anche se lo conosce benissimo, non ha fatto i conti con uno dei più comuni strumenti della politica, il tradimento.
E' proprio la sua segretaria, che lo ha aiutato nella stesura del libro, a informarne chi di dovere. Passa le pagine scottanti ad un politico (a suo tempo delfino di Beaufort) che ne approfitterà, prendendo il posto da primo ministro che il vecchio Presidente pensava di riavere già in pugno. Le sue accuse gli si ritorcono contro ed è la sua fine.
Ma Sarkozy è ben più giovane di Beaufort, in salute, ha un bellissima moglie, una professione alle spalle, una posizione sociale di tutto rispetto e certo non finirà come il protagonista simenoniano.
Al cinema Le President ha avuto la faccia del grande Jean Gabin, in un bel film portato sullo schermo dal regista Henri Verneuil nel 1961 e dove Bernard Blier interpretava il suo ex-delfino, quello che poi che diventerà Il Presidente.
E Nicolas Sarkozy che fine farà?
Il cinquasettenne politico di ascendenze ungheresi tornerà a fare l'avvocato o resterà in politica? Certo in Italia a quell'età, in generale, i nostri politici non mollano. Ma in Francia è un'altra storia, e poi c'è un'altro fatto, Sarko, come lo chiamano i francesi è rimasto solo, anche diversi suoi ministri hanno preso il largo, dato il sentore di un sconfitta e probabilmente anche pesante. Come scriveva qualche giorno fa' il Corriere della Sera ".. defezioni di peso. Importanti almeno dal punto di vista simbolico, come quelle di Martin Hirsch e Fadela Amara, due esponenti della famiglia di sinistra che nel gloriosi giorni del 2007 si erano prestati volentieri alla politica dell'ouverture di Nicolas Sarkozy...d".
Insomma il rischio per Sarkozy, che come ministro è al governo dal 1993, è che dopo quasi dieci anni al potere, si ritrovi politicamente solo. Ma qui non ci interessa un'analisi delle elezioni o della politica francese o del futuro di Sarko. Piuttosto ci torna in mente il romanzo di Simenon Le president (1957) scritto in Svizzera, in cui lo scrittore dà prova di conoscere alla perfezione i meccanismi della politica, i suoi giochi nascosti, le informazioni usate come ricatto per acquisire o riconquistare posizioni chiave, i tradimenti perpetrati e subiti, l'eterna ruota che gira e che porta potere, autorevolezza, rispetto e denaro, ma che poi trascina nel fango o nell'oblio.
Certo la vicenda che ci racconta Simenon è molto differente da quella dell'attuale presidente francese. Emile Beaufort era stato presidente del consiglio dei ministri, ma era arrivato solo ad un passo dalla carica di Presidente della Repubblica. Anche lui, come Sarkozy, era stato più volte ministro, ma si era ritirato volontariamente dalla politica e, al momento raccontato dal romanzo, è solo un vecchio sofferente dei postumi di un ictus, ormai fuori dai giochi, ma che con un esplosivo libro di memorie vorrebbe atterrare i suoi avversari e fare una rentrée in grande stile. Ma, anche se lo conosce benissimo, non ha fatto i conti con uno dei più comuni strumenti della politica, il tradimento.
E' proprio la sua segretaria, che lo ha aiutato nella stesura del libro, a informarne chi di dovere. Passa le pagine scottanti ad un politico (a suo tempo delfino di Beaufort) che ne approfitterà, prendendo il posto da primo ministro che il vecchio Presidente pensava di riavere già in pugno. Le sue accuse gli si ritorcono contro ed è la sua fine.
Ma Sarkozy è ben più giovane di Beaufort, in salute, ha un bellissima moglie, una professione alle spalle, una posizione sociale di tutto rispetto e certo non finirà come il protagonista simenoniano.
Al cinema Le President ha avuto la faccia del grande Jean Gabin, in un bel film portato sullo schermo dal regista Henri Verneuil nel 1961 e dove Bernard Blier interpretava il suo ex-delfino, quello che poi che diventerà Il Presidente.
Ecco come ce lo raffigura Simenon nell'incipit "Da
oltre un'ora sedeva immobile, appoggiato allo schienale pressoché
diritto della vecchia poltrona Luigi Filippo, di pelle nera ormai
logora, che per quarant'anni lo aveva seguito da un ministero all'altro,
tanto da diventare leggendaria.
Quando rimaneva così, con le palpebre chiuse, limitandosi di tanto in tanto a sollevarne una per lasciar filtrare un rapido sguardo, si poteva pensare che dormisse.
Quando rimaneva così, con le palpebre chiuse, limitandosi di tanto in tanto a sollevarne una per lasciar filtrare un rapido sguardo, si poteva pensare che dormisse.
Invece,
non solo non dormiva, ma conservava una precisa consapevolezza del suo
aspetto esteriore: il busto un po' rigido nella giacca nera troppo
ampia, simile a una redingote, il mento sostenuto dall'alto colletto
inamidato che appariva in tutte le sue fotografie e che indossava come
un'uniforme sin dal mattino...".
sabato 21 aprile 2012
SIMENON... O L'ALTRO SIMENON ?
Simenon & Rai. L'abinamento di queste due parole ne porta immediatamente altre due: commissario Maigret. Giusto, ma non sempre vero.
Infatti troppe volte viene dienticato che la Rai produsse e mandò in onda nel 1979 delle riduzioni televisive di alcuni romanzi di Simenon sotto il titolo L'altro Simenon. Niente Maigret, quindi. La produzione puntò sui cosiddetti romans-durs.
Si trattò di quattro sceneggiati andati in onda tra settembre e ottobre di quell'anno. Il primo è Antoine e Julie, un romanzo scritto alla fine del 1952 a Shadow Rock Farm, l'abitazione di Simenon nel Connecticut (Usa). La riduzione televisiva fu diretta da Mario Landi (lo stesso regista di tutti i Maigret di Cervi) ed ebbe come interpreti Renato De Carmine, Piera Degli Esposti e Ida di Benedetto. Il secondo fu Il grande Bob (Le grand Bob - 1954) sempre da un romanzo del periodo americano che vedeva tra i protagonisti una giovane Marisa Laurito, Virginio Gazzolo e Renzo Rossi. La regia fu affidata a Nanni Fabbri. Ai primi di ottobre andò in onda. Il signor Cardineau (Le fils Cardineau - scritto nel 1941 ma pubblicato da Gallimard nel 1944) interpretato da Teresa Ricci, Gianfranco Barra e Winnie Riva. Regia di Enzo Tarquini. Nell'ultimo episodio ritroviamo qualche nome più conosciuto. Il romanzo da cui è tratto s'intitola Il borgomastro di Furnes, scritto da Simenon nel 1938 e venne portato sul piccolo schermo da José Quaglio, interpretato da Adolfo Celi, Alida Valli e dallo stesso Josè Quaglio.
L'altro Simenon non ebbe la fortuna dei Maigret, ma nemmeno un relativo successo di pubblico.
Poco impegno produttivo da parte della Rai? Come si direbbe oggi, una produzione low-budget? La difficoltà anche per registi come Landi di rendere in una riduzione televisiva dei romanzi soprattutto psicologici e d'ambientazione nei tempi e nella dimensione televisiva.
Difficile fare un'analisi, probabilmente non erano tematiche che interessavano un pubblico vasto che in quegli anni vede nascere e segue con una notevole audience programmi come Domenica in..., 90° minuto, Il Rischiatutto di Mike Bongiorno e Portobello di Enzo Tortora e talk show di Maurizio Costanzo. Insomma si gettavano la base della tv come intrattenimento leggero, alla ricerca del maggior ascolto cui era legata la pubblicità. Non a caso negli anni '70 finiva Carosello e iniziava l'invasione della pubblicità...
Infatti troppe volte viene dienticato che la Rai produsse e mandò in onda nel 1979 delle riduzioni televisive di alcuni romanzi di Simenon sotto il titolo L'altro Simenon. Niente Maigret, quindi. La produzione puntò sui cosiddetti romans-durs.
Si trattò di quattro sceneggiati andati in onda tra settembre e ottobre di quell'anno. Il primo è Antoine e Julie, un romanzo scritto alla fine del 1952 a Shadow Rock Farm, l'abitazione di Simenon nel Connecticut (Usa). La riduzione televisiva fu diretta da Mario Landi (lo stesso regista di tutti i Maigret di Cervi) ed ebbe come interpreti Renato De Carmine, Piera Degli Esposti e Ida di Benedetto. Il secondo fu Il grande Bob (Le grand Bob - 1954) sempre da un romanzo del periodo americano che vedeva tra i protagonisti una giovane Marisa Laurito, Virginio Gazzolo e Renzo Rossi. La regia fu affidata a Nanni Fabbri. Ai primi di ottobre andò in onda. Il signor Cardineau (Le fils Cardineau - scritto nel 1941 ma pubblicato da Gallimard nel 1944) interpretato da Teresa Ricci, Gianfranco Barra e Winnie Riva. Regia di Enzo Tarquini. Nell'ultimo episodio ritroviamo qualche nome più conosciuto. Il romanzo da cui è tratto s'intitola Il borgomastro di Furnes, scritto da Simenon nel 1938 e venne portato sul piccolo schermo da José Quaglio, interpretato da Adolfo Celi, Alida Valli e dallo stesso Josè Quaglio.
L'altro Simenon non ebbe la fortuna dei Maigret, ma nemmeno un relativo successo di pubblico.
Poco impegno produttivo da parte della Rai? Come si direbbe oggi, una produzione low-budget? La difficoltà anche per registi come Landi di rendere in una riduzione televisiva dei romanzi soprattutto psicologici e d'ambientazione nei tempi e nella dimensione televisiva.
Difficile fare un'analisi, probabilmente non erano tematiche che interessavano un pubblico vasto che in quegli anni vede nascere e segue con una notevole audience programmi come Domenica in..., 90° minuto, Il Rischiatutto di Mike Bongiorno e Portobello di Enzo Tortora e talk show di Maurizio Costanzo. Insomma si gettavano la base della tv come intrattenimento leggero, alla ricerca del maggior ascolto cui era legata la pubblicità. Non a caso negli anni '70 finiva Carosello e iniziava l'invasione della pubblicità...
venerdì 20 aprile 2012
SIMENON, LINEA D'OMBRA/2
Continua l'intervento di ieri dell' "attaché" Antonio Carnicella. Se volete partecipare con post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
Roma - dal nostro attaché Antonio Carnicella (... continua) - Il post di ieri Simenon, linea
d’ombra/1 segnalava la comunanza della tematica del passaggio all'età adulta in Simenon e Joseph Conrad. Nel corpus letterario simenoniano essa
torna più volte, ma in questa sede
vogliamo sottolineare tre casi esemplari.Una
delle possibili vie è quella che scelgono Franck, il protagonista de La neve
era sporca (1951). Questi ragazzi spingono all'eccesso la loro ribellione e
lo loro smania di vita, fino a porsi fuori dal contesto sociale. Ma superare i
limiti, andare contro il destino assegnato dalle Moire ad ogni essere umano,
come sapevano bene i greci, non è un crimine che possa restare impunito ed è
Nemesi, la dea della giustizia, che essi troveranno al termine del loro
percorso. Non va meglio ad Oscar Donadieu, il Turista di banane (1936).
Segnato da un disastro familiare, il giovane parte per i tropici in
cerca di fortuna. Una volta lì, però, si dimostra incapace di aprirsi al mondo
circostante, che trova ostile ed indifferente, e finisce per essere schiacciato
dal peso della solitudine. Anche Alain, il protagonista de Il destino dei
Malou (1947), l'ultimo romanzo pubblicato da Adelphi, trova sulla sua
strada tutti i presupposti per deragliare. Dopo il drammatico suicidio del
padre e la conseguente rovina della famiglia, il ragazzo ha tuttavia la forza
di lasciarsi alle spalle la soffocante falsità dell’ambiente che lo circonda ed
aprirsi alla vita. Senza disdegnare l’aiuto disinteressato che gli viene
offerto dalla “petites gens”, Alain fa suo il lascito testamentario del
genitore appena scomparso, che non è il tesoro tanto desiderato dalla madre,
dalla sorella e dal fratellastro, ma l’ideale cui è rimasto fedele per tutta la
sua sfortunata esistenza: essere un uomo. L’uomo qui predicato dal verbo essere
non rimanda ad una identità specifica, ad un tipo, ad una di quelle figure in
cui secondo Sartre si rappresenta la malafede,
come quella di colui che “si sente” e non “fa” il cameriere, ma, al contrario,
presuppone la piena assunzione delle proprie responsabilità e l'accettazione
della vulnerabilità umana.

giovedì 19 aprile 2012
SIMENON E LA LINEA D'OMBRA/1
Oggi l'intervento di un nuovo "attaché" al Bureau Simenon Simenon, Antonio Carnicella. Se volete partecipare, editare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
Roma - dal nostro attachè
Antonio Carnicella -
La linea d'ombra, sostiene Joseph Conrad nella prefazione al suo
omonimo romanzo, corrisponde al passaggio dalla giovinezza, noncurante e
fervida, al periodo più consapevole e più tormentoso dell'età matura.
Questo romanzo, breve e intenso, uscì nel 1917 durante la Grande Guerra, che
sottrasse all'Europa milioni di giovani vite che proprio quell'età stavano
attraversando, praticamente un'intera generazione. In quel periodo il
quattordicenne Georges Simenon viveva a Liegi, città ridotta in sofferenza
dall'occupazione delle truppe tedesche. Malgrado la fame si facesse sentire, il
giovane Georges era un accanito lettore e Joseph Conrad uno dei suoi scrittori
preferiti. Non è detto che La linea d'ombra abbia avuto su di lui un
qualche influsso, ma certo è che quel passaggio della vita lasciò su di lui
segni profondi. Simenon lo visse in maniera intensa, spinto da un’insaziabile
fame di vita che lo condusse verso esperienze controverse, come testimoniano L'impiccato
di Saint Pholien (1931) e I tre crimini dei miei amici (1938), ma
subì la perdita del padre, una vera tragedia sul piano personale. Se la guerra
gli aveva fatto conoscere la privazione, (dopo
la quale, come ricorderà in un Maigret, si diventa terribilmente avari o
prodighi), la morte di Desiré lo mise di fronte alla fragilità umana. Senza
la copertura e il conforto dell'amato genitore, che resterà per sempre una
figura di riferimento, Simenon prese in un breve spazio di tempo le decisioni
che indirizzarono il suo futuro: diventare scrittore, sposare Tigy e partire
per Parigi alla conquista del mondo. Era il 1922 ed aveva soli diciannove anni.

La
descrizione sul passaggio all'età adulta tornerà più volte nei suoi romanzi e
in alcuni casi esemplari i protagonisti sono chiamati a percorrere le stesse
vicende biografiche dell'autore. Questo significa che per molto tempo egli ha
continuato a riflettere su quel periodo della vita, di importanza fondamentale
per il suo prosieguo. Non essendo un filosofo o uno psicologo, Simenon non
azzarda una teoria e neppure esprime giudizi di valore. Piuttosto, propone una
serie di casi, una fenomenologia tratta dall'esperienza in cui sono messi al
bando percorsi e ruoli già confezionati, omologazione e conformismo. Tuttavia, nello
sguardo scettico e disincantato che rivolge alla condizione umana, ma nello
stesso tempo accondiscendente nei confronti delle sue debolezze, si può
intravedere l'indicazione di un percorso per varcare illesi la linea d'ombra... (continua)
mercoledì 18 aprile 2012
SIMENON. BETTY, CASO UMANO ANCHE SUL GRANDE SCHERMO


Forse Betty e Marie avevano qualcosa o più di qualcosa in comune. C'è chi la definirebbe una sorta di tendenza all'autodistruzione. Come scrisse Roberto Escobar all'uscita del film "...per tutta la vita Betty ha rincorso un fantasma, un oggetto oscuro del desiderio. Lei stessa lo chiama la sua “ferita”. Il significato psicoanalitico di questo nome è evidente, ovvio: Betty vive la femminilità come privazione traumatica. Ma Claude Chabrol non è autore che ami l’ovvietà (non lo è neppure Georges Simenon, dal cui romanzo Betty il film è tratto). Quel fantasma e quella ferita vanno ben al di là di un qualunque luogo comune pseudofreudiano. Alludono piuttosto a una dimensione dell’anima, a una oscura, terribile dimensione dell’anima...". Chi può dire che queste parole non si attaglino anche alla Tritignant? Certo nel romanzo Betty trova alla fine la sua salvezza, grazie al suo uomo, Piero; nella realtà Marie troverà invece la sua fine a causa del suo compagno. Eppure la febbrile recitazione dell'attrice, già dieci anni prima della propria fine, rendeva molto bene il personaggio del romanzo di Simenon.
martedì 17 aprile 2012
SIMENON: LIEGI-PARIGI SOLO ANDATA
Ma torniamo alla partenza da Liegi. Simenon ha più volte raccontato di essere partito dalla città belga con il treno notturno delle unidici e di essere arrivato a Parigi, a la Gare du Nord, alle sette del mattino successivo. Come sarà stata quella notte? Quanti sogni e quanti rimpianti si saranno rincorsi nella sua mente? Già, perché un conto erano i sogni di gloria che coltivava nei confronti della possibilità di diventare uno scrittore e altro è la cruda realtà che scopriva alle prime ore del mattino, quando il treno entrava nella squallida periferia parigina.
"... enormi mura con delle piccole finestre dietro le quali la gente si muoveva, si alzava, faceva colazione... le strade ancora deserte con qualche furtiva ombra che s'affrettava per recarsi al lavoro e infine la Gare du Nord che per me è la cosa più brutta di Parigi, ero disperato...". La prima impressione del giovane giornalista belga è quella di una Parigi fredda e inospitale, dove tutti corrono verso una meta senza guardare gli altri, con dei flussi di persone che, lì davanti alla stazione, lo urtano e lo spingono come se lui non esistesse.
Racconta in un'intervista a Roger Stephane"... ho camminato, camminato lungo i boulevards di Montmartre, poi sono arrivato a place Clichy, ho voltato per les Batignoles e in una stradina ho trovato un piccolo albergo, l'Hotel de la Bertha. Esiste ancora. Era ben messo fino al quinto piano, con dei tappeti rossi sulle scale, questo mi piaceva, ma la camera che mi era stata assegnata, per il prezzo che avevo concordato, era ancora più in alto, era la mansarda...".
Poi sappiamo che i primi due anni furono duri perchè i racconti che riusciva a pubblicare erano pochi e pagati davvero poco.
Pensò mai di tornare a Liegi? Crediamo di no. La sua determinazione era notevole e dopo aver stretto la cinta per due anni, le cose inziarono ad andar meglio. Poi arrivò il successo economico con i racconti popolari e quindi il boom di Maigret. Simenon allora lasciò Parigi e visse per una decina d'anni in Vandea (sia pur cambiando più volte residenza). Poi ci fuorno i dieci anni in America. Quando tornò in Europa, non gli venne in mente nemmeno per un attimo di ristabilirsi in Belgio. E infatti, dopo un anno passato in varie zone nella Francia del sud, decise per la Svizzera e quella fu la sua ultima scelta, anche se continuò anche lì a cambiare di casa molto spesso.
Tornò in Belgio più volte, per farvi nascere Marc il primogenito, per ritirare premi e onoreficenze, per andare a trovare la vecchia madre. Ma non ebbe mai una casa in Belgio. Non aveva qualcosa contro il suo Paese, ma certo non ebbe mai voglia di tornare a vivere nella sua città natale. E questo doveva quindi significare qualcosa, anche se va considerato un altro fatto importante. Simenon rifiutò sempre di cambiare la propria nazionalità. Gli fu offerto dalla Francia, dagli Stati Uniti, dalla Svizzera, ma lui volle sempre rimanere un belga. In realtà, come ebbe a spiegare più volte, lui si sentiva un po' apolide e po' cittadino del mondo. Ma, partito da Liegi, non vi tornò più.
lunedì 16 aprile 2012
SIMENON. IL RITORNO DI BOULE
Primavera del 1947. Simenon è da un paio d'anno in America e in quell'anno si sta trasferendo da Bradenton Beach (Florida) a Tucson in Arizona. E' il momento in cui Boule riesce finalmente a raggiungere la famiglia. Quando lui, Tigy e Marc erano partiti per Londra, da dove poi dopo quache mese si sarebbero imbarcati per il nuovo continente, per Boule non c'era stato nulla da fare, non si riusciva ad ottenere il visto per gli Usa. Simenon ne era davvero dispiaciuto, sia pur con tutte le preoccupazioni che gli dava il Fronte di Liberazione Nazionale francese per quelle sue collaborazioni con la casa cinematografica nazista, la Continental, durantee gli anni dell'occupazione tedesca. Eppure partire lasciando Boule a place des Vosges, per lui era un pensiero. E infatti in Mémoires intimes (1981) racconta che una volta in America si rammaricava "... Penso a Boule, che non ha ancora otenuto il visto e non ha troppa speranza di ottenerlo a Parigi per via delle quote. Sono così numerosi gli stranieri che da utto il mondo vorrebbero trasferirsi qui, in questo Bnegosi, a indurre il governo americano a fissare delle quote. Questo significa che ogni paese ha diritto ad un tot di immigrati all'anno; la cifra varia a seconda della politica degli Stati di prvenienza e a seconda della razza...."
Simenon viene però a scoprire che tutto sarebbe più facile se la persona fosse già in un paese confinante. E' per questo che si spinsero verso il Messico, dove la Boule era arrivata e aspettava solo che "son petit Sim" l'andasse a prendere.
I due in quel perido di separazione si erano scritti regolaremente e questo dà l'idea di quanto lo scrittore tennesse alla sua femme de chambre/maitresse che ormai era considerata a pieno diritto una di famiglia.
Ormai la carovana è completa. Lo seguono in una macchina Tigy, sulla carta ancora la signora Simenon, il figlio Marc, Boule e l'istitutrice di turno. Nell'altra lui e la sua ex-segretaria perosnale, Denyse, ormai ufficiosamente la sua compagana che di lì a poco (nel giugno del '49) gli darà il suo secondo figlio, Johnny.
Questa famiglia è ben strana soprattutto agli occhi degli americani degli stati del sud. Simenon non vive né a New York, né a Los Angeles. L'America più puritana e meno permissiva, soprattutto in campo sessuale, non capisce quelle femmine che ruotano intorno a Georges, una moglie di fatto non più tale, un'amante ufficiale e una femme de chambre che con lui ha una confidenza che ha poco da invidiare alle altre due. Insomma è vito come una specie di... "trigamo".
E infatti quando Boule si ricongiunse alla famiglia, la relazione con Georges ritornò quella di un tempo, dal loro affetto reciproco ai loro rapporti sessuali quotidiani. Il ritorno di Boule sicuramente riconsegnò allo scrittore un senso di completezza dell'idea che lui aveva della sua famiglia allargata.
Simenon viene però a scoprire che tutto sarebbe più facile se la persona fosse già in un paese confinante. E' per questo che si spinsero verso il Messico, dove la Boule era arrivata e aspettava solo che "son petit Sim" l'andasse a prendere.
I due in quel perido di separazione si erano scritti regolaremente e questo dà l'idea di quanto lo scrittore tennesse alla sua femme de chambre/maitresse che ormai era considerata a pieno diritto una di famiglia.
Ormai la carovana è completa. Lo seguono in una macchina Tigy, sulla carta ancora la signora Simenon, il figlio Marc, Boule e l'istitutrice di turno. Nell'altra lui e la sua ex-segretaria perosnale, Denyse, ormai ufficiosamente la sua compagana che di lì a poco (nel giugno del '49) gli darà il suo secondo figlio, Johnny.
Questa famiglia è ben strana soprattutto agli occhi degli americani degli stati del sud. Simenon non vive né a New York, né a Los Angeles. L'America più puritana e meno permissiva, soprattutto in campo sessuale, non capisce quelle femmine che ruotano intorno a Georges, una moglie di fatto non più tale, un'amante ufficiale e una femme de chambre che con lui ha una confidenza che ha poco da invidiare alle altre due. Insomma è vito come una specie di... "trigamo".
E infatti quando Boule si ricongiunse alla famiglia, la relazione con Georges ritornò quella di un tempo, dal loro affetto reciproco ai loro rapporti sessuali quotidiani. Il ritorno di Boule sicuramente riconsegnò allo scrittore un senso di completezza dell'idea che lui aveva della sua famiglia allargata.
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