Il rapporto tra realtà e invenzione nella letteratura di Georges Simenon
SIMENON SIMENON. THE NOVEL OF HIS LIFE? OR LIFE IN HIS NOVELS?
The relationship between reality and fiction in Georges Simenon's literature
SIMENON SIMENON. LE ROMAN DE SA VIE? OU LA VIE DANS SES ROMANS?
La relation entre réalité et fiction dans l'œuvre littéraire de Georges Simenon
Non è mai facile, analizzando uno scrittore, scindere quanto di personale c'è nella sua narrativa e quanto di fantasioso. E tra queste fantasie quante sono talmente verosimili da poter essere uno specchio della realtà e quante sono frutto d'immaginazione e di costruzioni irreali?
Da una parte rischia di essere un problema di lana caprina. Tutti gli scrittori mettono chi più chi meno sè stessi e le proprie esperienze nelle vicende e nei personaggi dei loro romanzi e chi più e chi meno ci infila anche cose , come si dice, inventate di sana pianta.
In Simenon la separzione tra fantasia e realtà è un velo sottile trasparente e la fantasia occupa una parte molto limitata. Questo a stare almeno alle sue opere. Chi conosce un po' la biografia simenoniana, non ha difficoltà a rintracciare momenti di vita dello scrittore nei suoi romanzi. Al tempo stesso però non parlano del particolare, del contingente di qualcosa legato al suo tempo.
"...Il romanzo è l'uomo, l'uomo del tutto nudo e l'uomo vestito, l'uomo di tutti i giorni, è spesso il terribile dramma tra l'uomo nudo e l'uomo vestito, tra l'uomo universale e quello legato ad un'educazione, ad una casta o ad un momento della storia del mondo, ma è soprattutto il dramma dell'uomo preso dal suo destino..." (Le Romancier - 1945)
E quest'uomo perso nel suo destino non potrebbe essere proprio lui, Simenon?
Non è il destino che nel bene o nel male ha segnato anche la sua vita? Quei declic che incontriamo nei suoi romans durs, e che capovolgono la vita e il destino del protagonista, non si sono verificati anche nella vita dello scrittore?
Se il padre non fosse stato più in grado di lavorare e il piccolo Georges non avesse avuto necessità di trovare un lavoro, sarebbe mai finito a La Gazette de Liège?
Se non avessa incontrato Colette a Le Matin, il rampante scrittore di letteratura popolare sarebbe rimasto tale?
Se non fosse stato perseguitato dalle accuse di filo-nazismo e non fosse emigrato in America avrebbe conosciuto quella donna, Denyse, che nel bene e nel male segnò vent'anni della sua vita (oltre a dargli tre figli)?
E quale destino aveva voluto che la madre Henriette non perdesse occasione per fargli capire che il suo figlio preferito era il fratello minore Christian? Georges lo salvò dalla forca per i crimini nazisti che aveva compiuti e, sotto pressione della madre, riuscì a farlo arruolare nella Legione straniera. Quando Christian mori in uno scontro a fuoco, la madre disse "E' colpa tua che lo hai mandato nella Legione". E quando lo scrittore corse al capezzale della madre morente, questa lo apostrofò "Georges, che sei venuto a fare?".
E queste cose, oppurtunamente filtrate, le ritroviamo nei suoi romanzi. Certo si dice sempre che la vita di Simenon è un vero romanzo, ma qual'era la vera vita di Simenon? Quella del marito, del padre di famiglia, dell'uomo sempre alla ricerca di una donna o quella dell'individuo in état de roman, quella specie di trance creatva in cui sosteneva di cadere per otto, dieci giorni quando scriveva un romanzo?
E scrivere romanzi per Simenon non era tutta la vita? (m.t.)
venerdì 20 maggio 2016
giovedì 19 maggio 2016
SIMENON-SIMENON: “MAIGRET AT THE CORONER’S": INSPECTOR MAIGRET COMES OUT ON JUNE 2
Some details about the next Penguin translation for Anglophones.
SIMENON SIMENON. “MAIGRET CHEZ LE CORONER” EN ANGLAIS ARRIVE LE 2 JUIN
Des détails sur la prochaine traduction de Penguin pour les anglophones.
SIMENON SIMENON. "MAIGRET CHEZ LE CORONER" IN INGLESE ARRIVA IL 2 GIUGNO
Alcuni dettagli sulla prossima traduzione di Penguin per gli anglofoni
SIMENON SIMENON. “MAIGRET CHEZ LE CORONER” EN ANGLAIS ARRIVE LE 2 JUIN
Des détails sur la prochaine traduction de Penguin pour les anglophones.
SIMENON SIMENON. "MAIGRET CHEZ LE CORONER" IN INGLESE ARRIVA IL 2 GIUGNO
Alcuni dettagli sulla prossima traduzione di Penguin per gli anglofoni
Maigret
at the Coroner’s, Penguin’s English translation of Simenon’s Maigret
chez le coroner will be available through Amazon in the UK as of June 2,
2016. Both paperback and Kindle editions are expected. An audio version
is not yet visible on the horizon. Notably, a preorder option exists
right now, so one does not have to ‘wait’ until the 2nd of June to get
onboard. The preorder prices are £7.99 and £4.99 respectively. The
opportunity for delivery to the USA will appeal to some because
paperback and Kindle
editions at Amazon.com will not be available
until January 31, 2017. Taking the UK option adds a cost of $10.15 and a
transatlantic trip of 7 to 10 days to get the book in hand.
A
projection for Anglophones on the book’s availability from other Amazon
sources throughout the world follows in alphabetical order:
June
2, 2016: Australia Kindle; Brazil Kindle; France Kindle; Germany
paperback and Kindle; India Kindle; Italy paperback and Kindle; Mexico
Kindle; Netherlands Kindle; Spain Kindle.
January 31, 2017: Canada paperback and Kindle; France paperback; Japan paperback and Kindle.
Note: China unknown.
Maigret
chez le coroner originally appeared in 1949, but the English
translation (Maigret at the Coroner’s) did not appear until 1980. Its
translator was Frances Keene then, and now the translator is Linda
Coverdale. Be aware that the ISBN-13 for this new edition is
978-0241206812.
This work is the 59th in Simenon’s original order
of publication and the 32nd in Penguin’s modern series of translations.
I enjoyed the original version of the story for numerous reasons beyond
the usual ones, which will be enumerated in a soon-to-follow post.
David P Simmons
mercoledì 18 maggio 2016
SIMENON SIMENON. DEI BUONI MOTIVI PER RILEGGERE MAIGRET
La lettura dei Maigret è davvero benefica come una medicina?
SIMENON SIMENON. GOOD REASONS TO READ MAIGRET AGAIN
Is reading Maigret a really beneficial medicine?
SIMENON SIMENON. DE BONNES RAISONS POUR RELIRE MAIGRET
Le sue conclusioni finali sono queste: "...On peut y entendre le clapotis de l’eau, le marteau d’une forge, le ronronnement des camions, le brouhaha des brasseries et même le hennissement des chevaux qui circulaient dans Paris. Un petit Maigret de temps en temps est aussi salutaire qu’une tisane de madame Maigret. On pourrait croire que l’incitation à lire ses enquêtes est trop discrète. Nul besoin de superlatif, ce serait compromettre la bonhomie du commissaire ou risquer un haussement d’épaules, signe d’un mouvement d’humeur. Patelin, le bonhomme, mais pas prendre à la légère...".
E non possiamo non essere d'accordo, anzi aggiungeremmo che non solo "leggere un Maigret fa bene come bere una tisana di sua moglie", ma è benefico anche perché ci si cala in un'atmosfera in bilico tra il reale, la vita quotidiana con i suoi drammi e le sue felicità, e l'irreale, dove noi ci sentiamo dentro al racconto, ma forse non proprio immedesimandoci nel commissario Maigret, ma piuttosto seguendolo passo passo come farebbe.... un figlio! E già, questo perchè Simenon ha costruito un personaggio semplice, schietto e non solo grosso nella sua struttura, ma grande perchè infonde fiducia, come la offre un padre o qualcuno più grande di noi che ci protegge.
E' una tranquillità che proviene dalla sua forza, dalla sua esperienza, come poliziotto, ma anche come uomo. Il suo essere é una sorta di protezione dietro cui seguiamo, sicuri, le sue vicende, le indagini, il suo rapporto con il mondo della delinquenza.
Ma soprattutto, quando leggiamo le sue storie, ci sentiamo come fossimo sotto la sua ala protettrice, un'ala che probabilmente ci fa sentire un po' bambini, perchè ci nasconde ai pericoli della vita e che si frappone tra noi e il male, ma ci fa assistere a tutto lo spesttacolo.
In più la lettura dei Maigret ci fa sentire più giusti e... più buoni(!)... perchè sulle orme del commissario anche noi finiamo per non giudicare, ma per voler capire. E questo ci pare un effetto assai benefico, anche superiore alle proprietà tranquillizzanti di cui dicevamo prima.
Insomma leggere... e rileggere Maigret fa bene, è una sorta di medicina dell'anima, che sappiamo essere lì, e di cui possiamo beneficiare ogni volta che ne abbiamo bisogno, come ha affermato in suo post la nostra amica Gabriella, una fan di Maigret e una accanita lettrice di Simenon Siemenon (m.t.)
SIMENON SIMENON. GOOD REASONS TO READ MAIGRET AGAIN
Is reading Maigret a really beneficial medicine?
SIMENON SIMENON. DE BONNES RAISONS POUR RELIRE MAIGRET
La lecture de Maigret est-elle vraiment bénéfique comme un médicament?
Ci è capitato sott'occhio, un'articolo di Gilles Heuré su un periodico francese, Telerama, un numero di qualche tempo fa' che appunto con il titolo "Quelques bonnes raisons de relire Maigret", offre un ritratto molto efficace del personaggio simenoniano. E questa disamina dei vari aspetti di Maigret serve alla fine solo a spiegare perché valga la pena leggere, o ancor meglio rileggere, Maigret.Le sue conclusioni finali sono queste: "...On peut y entendre le clapotis de l’eau, le marteau d’une forge, le ronronnement des camions, le brouhaha des brasseries et même le hennissement des chevaux qui circulaient dans Paris. Un petit Maigret de temps en temps est aussi salutaire qu’une tisane de madame Maigret. On pourrait croire que l’incitation à lire ses enquêtes est trop discrète. Nul besoin de superlatif, ce serait compromettre la bonhomie du commissaire ou risquer un haussement d’épaules, signe d’un mouvement d’humeur. Patelin, le bonhomme, mais pas prendre à la légère...".
E non possiamo non essere d'accordo, anzi aggiungeremmo che non solo "leggere un Maigret fa bene come bere una tisana di sua moglie", ma è benefico anche perché ci si cala in un'atmosfera in bilico tra il reale, la vita quotidiana con i suoi drammi e le sue felicità, e l'irreale, dove noi ci sentiamo dentro al racconto, ma forse non proprio immedesimandoci nel commissario Maigret, ma piuttosto seguendolo passo passo come farebbe.... un figlio! E già, questo perchè Simenon ha costruito un personaggio semplice, schietto e non solo grosso nella sua struttura, ma grande perchè infonde fiducia, come la offre un padre o qualcuno più grande di noi che ci protegge.
E' una tranquillità che proviene dalla sua forza, dalla sua esperienza, come poliziotto, ma anche come uomo. Il suo essere é una sorta di protezione dietro cui seguiamo, sicuri, le sue vicende, le indagini, il suo rapporto con il mondo della delinquenza.
Ma soprattutto, quando leggiamo le sue storie, ci sentiamo come fossimo sotto la sua ala protettrice, un'ala che probabilmente ci fa sentire un po' bambini, perchè ci nasconde ai pericoli della vita e che si frappone tra noi e il male, ma ci fa assistere a tutto lo spesttacolo.
In più la lettura dei Maigret ci fa sentire più giusti e... più buoni(!)... perchè sulle orme del commissario anche noi finiamo per non giudicare, ma per voler capire. E questo ci pare un effetto assai benefico, anche superiore alle proprietà tranquillizzanti di cui dicevamo prima.
Insomma leggere... e rileggere Maigret fa bene, è una sorta di medicina dell'anima, che sappiamo essere lì, e di cui possiamo beneficiare ogni volta che ne abbiamo bisogno, come ha affermato in suo post la nostra amica Gabriella, una fan di Maigret e una accanita lettrice di Simenon Siemenon (m.t.)
martedì 17 maggio 2016
SIMENON SIMENON. POUR ETRE MAIGRET, FAUT-IL FUMER LA PIPE ?
A propos de quatre acteurs ayant incarné Maigret
SIMENON-SIMENON: TO BE MAIGRET, DOES ONE HAVE TO SMOKE A PIPE?
On four actors who have played Maigret
SIMENON-SIMENON: PER ESSERE MAIGRET, BISOGNA FUMARE LA PIPA ?
A proposito di quattro attori che hanno indossato i panni di Maigret
Voici
une devinette pour vous, internautes maigretphiles: qu'ont en commun
Rupert Davies, Gino Cervi, Jan Teulings et Jean Gabin ? Vous allez me
répondre, évidemment, que tous les quatre ont interprété le personnage
de Maigret, les trois premiers à la télévision, et le dernier au cinéma…
Mais encore ? Que ces quatre acteurs se sont glissés dans la peau du
commissaire à peu près à la même époque, à la fin des années '50 et au
courant des années '60. Encore juste… Mais ce n'est pas tout… Alors,
vous donnez votre langue au chat ? …
Eh bien, tous les quatre partagent le fait d'être nés au mois de mai… Gino Cervi est né le 3 mai 1901, Jean Gabin le 17 mai 1904, Jan Teulings le 19 mai 1905, et Rupert Davies le 22 mai 1916.
Le premier des quatre à interpréter Maigret, chronologiquement parlant, est Jean Gabin: en 1957, il apparaît dans Maigret tend un piège. Acteur simenonien par excellence, il a incarné maints personnages de l'univers du romancier, et, pour endosser l'imperméable du commissaire, il a rencontré surtout une difficulté: celle de se mettre à fumer la pipe ! Il n'aimait pas ça, et Simenon, qui avait apprécié sa performance en Maigret, n'en a pas moins dit que Gabin était "aussi peu naturel que possible" lorsqu'il fumait la pipe…
En 1960, Simenon signe un contrat avec la BBC pour le tournage d'une série télévisée de 52 épisodes. L'acteur choisi est Rupert Davies, que Simenon rencontra à plusieurs reprises, et pas seulement lors du tournage (c'est à lui que Simenon expliqua comment Maigret doit saluer Mme Maigret quand il rentre chez lui: en lui "tapotant gentiment la croupe"…), mais aussi lorsque Simenon présida à Londres, en 1962, le bal annuel des fabricants de pipes… Pour la petite histoire, Rupert Davies a été le premier, en 1964, à recevoir la récompense du "pipe smoker of the year" ("le fumeur de pipe de l'année"), octroyée par le British Pipesmokers' Council. Rupert Davies a aussi enregistré une chanson au titre de "smoking my pipe", qu'on peut écouter ici: https://www.youtube.com/watch?v=MVe8STc5FBU.
En 1964, est diffusé le premier épisode de la série italienne: cette fois, c'est Gino Cervi qui s'y colle. Dans un article paru en 1966, à l'occasion de l'inauguration de la statue de Maigret à Delfzijl, un journaliste hollandais demanda à chacun des acteurs présents s'il était fumeur de pipe: Cervi, lui, répondit qu'il avait toujours fumé la pipe, même avant de tourner les Maigret. Il paraît aussi que depuis que la télévision italienne avait programmé les premiers épisodes, la vente des pipes avait quadruplé… Un journal suisse de mars 1966, évoquant l'interview de Simenon réalisée par la télévision, à propos de ses pipes (http://www.rts.ch/archives/tv/information/madame-tv/3473590-les-pipes-de-maigret.html), interview dont il fut déjà question sur ce blog il y a quelques années, ce journal, donc, raconte que Gino Cervi a été élu président honoraire du "Club de la pipe", qui comptait, à cette époque, 160 sections en Italie et 10000 membres qui possédaient chacun au moins sept pipes…
En 1966 débute la série néerlandaise avec Jan Teulings. Celui-ci, dans le même article cité ci-dessus, affirma qu'il n'était pas un fumeur de pipe, et qu'il ne fumait celle-ci que pendant le tournage des épisodes.
Au total, deux fumeurs de pipe contre deux "faux" fumeurs… Posons la question: est-ce que le fait d'être un vrai fumeur de pipe ajoute à la crédibilité de l'interprétation ?...
Murielle Wenger
SIMENON-SIMENON: TO BE MAIGRET, DOES ONE HAVE TO SMOKE A PIPE?
On four actors who have played Maigret
SIMENON-SIMENON: PER ESSERE MAIGRET, BISOGNA FUMARE LA PIPA ?
A proposito di quattro attori che hanno indossato i panni di Maigret

Eh bien, tous les quatre partagent le fait d'être nés au mois de mai… Gino Cervi est né le 3 mai 1901, Jean Gabin le 17 mai 1904, Jan Teulings le 19 mai 1905, et Rupert Davies le 22 mai 1916.
Le premier des quatre à interpréter Maigret, chronologiquement parlant, est Jean Gabin: en 1957, il apparaît dans Maigret tend un piège. Acteur simenonien par excellence, il a incarné maints personnages de l'univers du romancier, et, pour endosser l'imperméable du commissaire, il a rencontré surtout une difficulté: celle de se mettre à fumer la pipe ! Il n'aimait pas ça, et Simenon, qui avait apprécié sa performance en Maigret, n'en a pas moins dit que Gabin était "aussi peu naturel que possible" lorsqu'il fumait la pipe…
En 1960, Simenon signe un contrat avec la BBC pour le tournage d'une série télévisée de 52 épisodes. L'acteur choisi est Rupert Davies, que Simenon rencontra à plusieurs reprises, et pas seulement lors du tournage (c'est à lui que Simenon expliqua comment Maigret doit saluer Mme Maigret quand il rentre chez lui: en lui "tapotant gentiment la croupe"…), mais aussi lorsque Simenon présida à Londres, en 1962, le bal annuel des fabricants de pipes… Pour la petite histoire, Rupert Davies a été le premier, en 1964, à recevoir la récompense du "pipe smoker of the year" ("le fumeur de pipe de l'année"), octroyée par le British Pipesmokers' Council. Rupert Davies a aussi enregistré une chanson au titre de "smoking my pipe", qu'on peut écouter ici: https://www.youtube.com/watch?v=MVe8STc5FBU.
En 1964, est diffusé le premier épisode de la série italienne: cette fois, c'est Gino Cervi qui s'y colle. Dans un article paru en 1966, à l'occasion de l'inauguration de la statue de Maigret à Delfzijl, un journaliste hollandais demanda à chacun des acteurs présents s'il était fumeur de pipe: Cervi, lui, répondit qu'il avait toujours fumé la pipe, même avant de tourner les Maigret. Il paraît aussi que depuis que la télévision italienne avait programmé les premiers épisodes, la vente des pipes avait quadruplé… Un journal suisse de mars 1966, évoquant l'interview de Simenon réalisée par la télévision, à propos de ses pipes (http://www.rts.ch/archives/tv/information/madame-tv/3473590-les-pipes-de-maigret.html), interview dont il fut déjà question sur ce blog il y a quelques années, ce journal, donc, raconte que Gino Cervi a été élu président honoraire du "Club de la pipe", qui comptait, à cette époque, 160 sections en Italie et 10000 membres qui possédaient chacun au moins sept pipes…
En 1966 débute la série néerlandaise avec Jan Teulings. Celui-ci, dans le même article cité ci-dessus, affirma qu'il n'était pas un fumeur de pipe, et qu'il ne fumait celle-ci que pendant le tournage des épisodes.
Au total, deux fumeurs de pipe contre deux "faux" fumeurs… Posons la question: est-ce que le fait d'être un vrai fumeur de pipe ajoute à la crédibilité de l'interprétation ?...
Murielle Wenger
lunedì 16 maggio 2016
SIMENON SIMENON. MORE THAN JUST “PETITS FOURS” FOR THE MAIGRETS
What lies behind the scene of their first meeting in “Maigret’s Memoirs.”
SIMENON SIMENON. PLUS QUE DE SIMPLES “PETITS FOURS” POUR LES MAIGRET
Ce qui se trouve derrière la scène de leur première rencontre dans “Les Mémoires de Maigret.”
SIMENON SIMENON. PIU' CHE DEI SEMPLICI "PASTICCINI" PER I MAIGRET
Cosa si trova "dietro le quinte" del loro primo incontro ne "Le memorie di Maigret"
SIMENON SIMENON. PLUS QUE DE SIMPLES “PETITS FOURS” POUR LES MAIGRET
Ce qui se trouve derrière la scène de leur première rencontre dans “Les Mémoires de Maigret.”
SIMENON SIMENON. PIU' CHE DEI SEMPLICI "PASTICCINI" PER I MAIGRET
Cosa si trova "dietro le quinte" del loro primo incontro ne "Le memorie di Maigret"
![]() |
The design of March 2015 of Giancarlo Malagutti for Simenon Simenon |
Joan
Acocella in a 2011 New Yorker article* reminds us of how some petits
fours brought Maigret and his future wife together. “Appropriately,
Maigret’s first encounter with this woman has to do with food.” I
paraphrase and quote Acocella’s presentation of the scene from Maigret’s
Memoirs this way: an “awkward” Jules stuffs himself with dainty
pastries one after another at a party with the other guests “staring at
him in disbelief.” Louise acts “to save his honor” by offering him even
more goodies in an “act of grace” that says “he should have all the cake
he wants.” Likening Maigret to “penniless and alone” David Copperfield,
Acocella asserts “much of the time, he was hungry. (Hence the
petits-fours episode.)”
To be sure, food is central to their
first encounter, but my takeaway from the scene differs, primarily
because of Maigret’s comments before and after he relates the anecdote
in his memoirs. Ahead of time, he points out he has always been an
overeater. Admitting to “an insatiable appetite, already legendary when I
was a child,” Maigret documents this with his aunt’s frequent tale
about how “she had seen me eat, upon coming home from school, a
four-pound loaf of bread, which didn’t prevent me from eating dinner two
hours later.”
Then, in talking about his beginning years in
Paris, he reports his “great concern was to satisfy that appetite in
me.” He confesses how, as a cop on the beat, “I used to calculate my
time to get the few minutes needed to buy and devour a piece of sausage
or a slice of pâté with a bun on the sidewalk.” Most importantly,
Maigret describes how eating comforts his anxieties: “My stomach
content, I used to feel happy and full of self-confidence.” Thus, his
gorging on petits fours at the party is “for support” in the turmoil of
his psychological discomfort. In fact, he states emphatically, “I wasn’t
hungry and I never liked petits fours.” My contention is that, here and
elsewhere, a need for the boost food gives him is a determining factor
in the eating and overeating patterns we commonly observe in Maigret.
In
addition, I see Maigret recognizing Louise’s role as an enabler. Just
as he is about to flee the party, he spots Louise across the room with
“a gentle, reassuring, almost friendly expression. One would have said
she had understood me, that she was encouraging me.” Suddenly, she’s
standing before him with the “look of an accomplice” and more pastries
to eat. Much later on, reminiscing as he writes his memoirs, Maigret
speculates on how, if he had not eaten the pastries, she probably
wouldn’t have noticed him. He goes on to affirm that basically she “was
enchanted with the picture Simenon drew of her: “a good ‘granny’ always
spoiling her great baby of a husband.” Is this the image of an enabler
or not?
I’m not suggesting the Maigrets have major behavioral
problems. Rather Simenon seems to merely show us the way food factors
into their lives together. He eats (and drinks) a lot because he likes
the good feelings he gets from food (and drink). She enables him
because, kind, affectionate, and dutiful person that she is, she likes
feeling good, too. It’s often hard to tell who depends more on whom.
David P Simmons
domenica 15 maggio 2016
SIMENON SIMENON. FESTIVAL DI CANNES, IL DIVORZIO DAL CINEMA
Lo scrittore non fà un bella esperienza al Festival del Cinema e le conseguenze sono definitive.
SIMENON SIMENON. CANNES: LE FESTIVAL DU FILM, LE DIVORCE D'AVEC LE CINEMA
L'auteur ne fait pas une bonne expérience au Festival du film et les conséquences sont définitives
Non se può fare a meno. Per chi ama il cinema, il Festival del Cinema di Cannes è un'appuntamento da seguire in prima battuta nelle cronache e nei gossip e solo poi sugli schermi. La sua fama è da settant'anni sempre più cresciuta sia come polo d'attrazione cinematografico che come fonte inesauribile di gossip, scandali e colpi di scena.
Ed è anche per questo, che quando viene maggio, non possiamo non fare una riflessione, ormai quasi annuale, sulla partecipazione di Simenon all'edizione del 1960, in qualità di presidente della giuria che deve attribuire la palma d'oro.
Questo blog ha più volte parlato di tale avvenimento, dell'occasione che fece nascere l'amicizia tra il romanziere e Federico Fellini, di come quell'anno fossero eccezionalmente in concorso film di registi di gran nome (tra gli altri, oltre al già citato Fellini, Michelangelo Antonioni, Jacques Becker, Ingmar Bergman, Luis Bunuel, Vincente Minelli, Nicholas Ray, Peter Brook, Carlos Saura...). Abbiamo ricordato anche alcuni nomi illustri della giuria (dallo scrittore americano Henry Miller, al regista francese Marc Allégret, allo scrittore italiano Dego Fabbri, che di li a qualche anno avrebbe sceneggiato il Maigret televisivo di Gino Cervi...) e abbiamo raccontato i contrasti tra la direzione del festival, e monsieur-le president-Simenon, dato che la prima spingeva per il film del cineasta francese Emile Degelin, Si le vent te fait peur, tramite un vecchio amico di Simenon, anche lui classe 1903, lo sceneggiatore Charles Spaak, mentre le preferenze del romanziere andavano tutte per il quarantenne regista italiano autore de La dolce vita.
Un'edizione del festival sfarzosa, quella del '60, con un colossal americano fuori conconcorso ad inaugurare la manifestazione, quel Ben Hur diretto da William Wilder e interpretato da Charlton Heston (poi premiato con 11 Oscar).
Dato le numerose pellicole tratte dai suoi romanzi, si poteva pensare che in quell'ambiente Simenon si trovasse a proprio agio. Ma non era proprio così. E non solo per le pressioni che riceveva e che lo irritavano (la direzione del festival capì ben presto l'errore fatto nello scegliere un personaggio di tale livello e di tanta fama, che però si rivelava troppo ingombrante e difficile da manovrare). Un'altro motivo era il rapporto con la moglie. Infatti Denyse già dava segni di un grave esaurimento nervoso e mostrava le conseguenze del suo acolismo ormai avanzato.
Un certo suo complesso di inferiorità trovava in quel festival la situazione peggiore. Nonostante le costose mise che aveva acquistato per l'occasione, e nonostante le lunghe sedute dedicate al make up, in quel coacervo di dive, attrici e starlette di ogni tipo, anche se lei era la lady del presidente, era comunque destinata ad una seconda fila, e a non riscuotere l'attenzione né del pubblico, né dei fotografi.
Lo stesso con in marito. Tutti lo volevano, foto, autografi, strette di mano, interviste... insomma tutti gli occhi per lui, mentre lei si ritrovava ad interpretare la parte della pefetta sconosciuta o quasi. E questo non favoriva il menage frenetico di quei giorni e spingeva sempre più Denyse verso la depressione.
Insomma, quel contatto, sia pur speciale, con il mondo del cinema confermava la distanza che c'era sempre stata tra lo scrittore e i cineasti. Simenon stesso da un certo punto in poi aveva sempre dichiarato che non andava mai a vedere i film tratti di suoi romanzi, perchè si era stufato di vedere personaggi, trame, vicende travisate, piegate da un parte alle esigenze del mezzo cinematografico e dall'altra quelle del pubblico. Lì a Cannes i film non avevano a che fare con le sue storie, ma tranne l'incontro con Fellini e pochi altri amici, o grandi ammiratori (vedi ad esempio Henry Miller), l'esperienza non fece che aumentare quel solco tra lui e il cinema.
E infatti Simenon ignorerà puntalmente tutti gli inviti che, anno dopo anno, il festival gli faceva recapitare.
Quello tra lui e il cinema era un capitolo definitivamente chiuso. (m.t.)
SIMENON SIMENON. HIS DIVORCE FROM CINEMA AT THE CANNES FILM FESTIVAL
The writer does not have a good experience at the festival and the damage is permanent.
L'auteur ne fait pas une bonne expérience au Festival du film et les conséquences sont définitives
Non se può fare a meno. Per chi ama il cinema, il Festival del Cinema di Cannes è un'appuntamento da seguire in prima battuta nelle cronache e nei gossip e solo poi sugli schermi. La sua fama è da settant'anni sempre più cresciuta sia come polo d'attrazione cinematografico che come fonte inesauribile di gossip, scandali e colpi di scena.
Ed è anche per questo, che quando viene maggio, non possiamo non fare una riflessione, ormai quasi annuale, sulla partecipazione di Simenon all'edizione del 1960, in qualità di presidente della giuria che deve attribuire la palma d'oro.
Questo blog ha più volte parlato di tale avvenimento, dell'occasione che fece nascere l'amicizia tra il romanziere e Federico Fellini, di come quell'anno fossero eccezionalmente in concorso film di registi di gran nome (tra gli altri, oltre al già citato Fellini, Michelangelo Antonioni, Jacques Becker, Ingmar Bergman, Luis Bunuel, Vincente Minelli, Nicholas Ray, Peter Brook, Carlos Saura...). Abbiamo ricordato anche alcuni nomi illustri della giuria (dallo scrittore americano Henry Miller, al regista francese Marc Allégret, allo scrittore italiano Dego Fabbri, che di li a qualche anno avrebbe sceneggiato il Maigret televisivo di Gino Cervi...) e abbiamo raccontato i contrasti tra la direzione del festival, e monsieur-le president-Simenon, dato che la prima spingeva per il film del cineasta francese Emile Degelin, Si le vent te fait peur, tramite un vecchio amico di Simenon, anche lui classe 1903, lo sceneggiatore Charles Spaak, mentre le preferenze del romanziere andavano tutte per il quarantenne regista italiano autore de La dolce vita.
Un'edizione del festival sfarzosa, quella del '60, con un colossal americano fuori conconcorso ad inaugurare la manifestazione, quel Ben Hur diretto da William Wilder e interpretato da Charlton Heston (poi premiato con 11 Oscar).
Dato le numerose pellicole tratte dai suoi romanzi, si poteva pensare che in quell'ambiente Simenon si trovasse a proprio agio. Ma non era proprio così. E non solo per le pressioni che riceveva e che lo irritavano (la direzione del festival capì ben presto l'errore fatto nello scegliere un personaggio di tale livello e di tanta fama, che però si rivelava troppo ingombrante e difficile da manovrare). Un'altro motivo era il rapporto con la moglie. Infatti Denyse già dava segni di un grave esaurimento nervoso e mostrava le conseguenze del suo acolismo ormai avanzato.
Un certo suo complesso di inferiorità trovava in quel festival la situazione peggiore. Nonostante le costose mise che aveva acquistato per l'occasione, e nonostante le lunghe sedute dedicate al make up, in quel coacervo di dive, attrici e starlette di ogni tipo, anche se lei era la lady del presidente, era comunque destinata ad una seconda fila, e a non riscuotere l'attenzione né del pubblico, né dei fotografi.
Lo stesso con in marito. Tutti lo volevano, foto, autografi, strette di mano, interviste... insomma tutti gli occhi per lui, mentre lei si ritrovava ad interpretare la parte della pefetta sconosciuta o quasi. E questo non favoriva il menage frenetico di quei giorni e spingeva sempre più Denyse verso la depressione.
Insomma, quel contatto, sia pur speciale, con il mondo del cinema confermava la distanza che c'era sempre stata tra lo scrittore e i cineasti. Simenon stesso da un certo punto in poi aveva sempre dichiarato che non andava mai a vedere i film tratti di suoi romanzi, perchè si era stufato di vedere personaggi, trame, vicende travisate, piegate da un parte alle esigenze del mezzo cinematografico e dall'altra quelle del pubblico. Lì a Cannes i film non avevano a che fare con le sue storie, ma tranne l'incontro con Fellini e pochi altri amici, o grandi ammiratori (vedi ad esempio Henry Miller), l'esperienza non fece che aumentare quel solco tra lui e il cinema.
E infatti Simenon ignorerà puntalmente tutti gli inviti che, anno dopo anno, il festival gli faceva recapitare.
Quello tra lui e il cinema era un capitolo definitivamente chiuso. (m.t.)
sabato 14 maggio 2016
SIMENON SIMENON. UNE CARTE POSTALE D'ANTIBES, VUE DEPUIS MARSILLY
Contexte de rédaction du roman Liberty Bar
SIMENON SIMENON. UNA CARTOLINA DI ANTIBES, VISTA DA MARSILLY
Come e dove fu scritto il romanzo Liberty Bar
SIMENON SIMENON. A POSTCARD OF ANTIBES, SEEN FROM MARSILLY
Context of writing for the novel Liberty Bar
SIMENON SIMENON. UNA CARTOLINA DI ANTIBES, VISTA DA MARSILLY
Come e dove fu scritto il romanzo Liberty Bar
SIMENON SIMENON. A POSTCARD OF ANTIBES, SEEN FROM MARSILLY
Context of writing for the novel Liberty Bar
1932.
Après un séjour, durant l'hiver, dans une villa d'Antibes, Simenon et
Tigy partent à la recherche d'une maison "bien à eux", un endroit où
s'ancrer de façon un peu plus définitive. Ils hésitent à rester dans le
sud de la France, puis ils décident de chercher du côté de La Rochelle,
une ville qui a séduit Simenon lorsqu'il l'a découverte en 1927. Ils
finissent par découvrir, près de Marsilly, une "grande demeure flanquée
d'une tour […], rose et lumineuse" (dixit Tigy dans ses Souvenirs), une
"gentilhommière qui comportait un grand étang plein de canards, un
immense potager, un bois et quelques prés" (Simenon in Lettre à ma
mère). La maison s'appelle La Richardière, et les Simenon sont tout de
suite séduits. Hélas, elle n'est pas à vendre, mais le propriétaire veut
bien la leur louer. Après quelques travaux que nécessite l'installation
(électricité, eau courante, chauffage), Tigy et Georges peuvent
intégrer leur home en avril. Simenon, qui pense y vivre longtemps (comme
il en aura l'illusion dans chaque nouvelle demeure…), achète des
meubles (il se fait faire par un ébéniste un bureau taillé dans une
bille de chêne), et plante des arbres. Et pourtant, lorsqu'il quittera
les lieux, trois ans plus tard, il n'y aura vécu que quelques mois par
année, car c'est l'époque où il entreprend de longs voyages, en Afrique
en 1932, un tour d'Europe en 1933, et une traversée de la Méditerranée
en 1934.
Il n'en reste pas moins que La Richardière représente,
pendant cette période, une sorte de nid où le voyageur vient se poser à
chaque escale, et où il écrit une dizaine de romans, dont plusieurs
inspirés de ses récents voyages (l'Afrique dans Le coup de lune, l'URSS
dans Les gens d'en face), et les deux premiers qu'il donnera à Gallimard
(Le locataire et Les suicidés), mais aussi Les fiançailles de M. Hire.
Cependant, le tout premier roman qu'il écrit à Marsilly est un
Maigret: Liberty Bar. Rédigé en mai 1932, ce roman a pour cadre la Côte
d'Azur, et pour la décrire, le romancier peut s'inspirer de ses tout
récents souvenirs d'Antibes, qu'il a quitté quelques mois auparavant.
Car c'est dans ce lieu que s'ouvre le roman, avant que l'enquête se
poursuive à Cannes. Et on peut imaginer à quoi ressemblait le paysage
que voyait Simenon depuis les fenêtres de la villa des Roches-Grises,
qu'il habitait à Antibes, en lisant les premières pages de Liberty Bar:
"A droite, des villas étaient enfouies dans les pins; à gauche, quelques
roches, puis
l'eau bleue piquée de deux ou trois voiles blanches. […] les
montagnes aux sommets encore blancs de neige. […] Un monde tout gluant
de soleil, d'odeurs de mimosas et de fleurs sucrées"…
Mais, pour
le moment, la Côte d'Azur est loin, et Simenon, en parallèle à
l'écriture de Liberty Bar, fourmille de projets: il s'est attelé à
l'écriture d'un scénario; en effet, après avoir passé l'hiver précédent à
travailler avec Renoir sur l'adaptation de La nuit du carrefour, et
avec Tarride sur celle du Chien jaune, le voilà décidé à faire lui-même
le travail pour La tête d'un homme. Il en fait une affaire personnelle:
ayant invité Valéry Inkijinoff, l'interprète de Radek, à venir
travailler à La Richardière, il convoque la presse pour une série de
photos et un interview où il fait de grandes déclarations sur ses
intentions d'assumer à lui seul toute la production… Comme on le sait,
ce sera un échec, et le projet sera repris par Duvivier. Pour oublier
ses déconvenues, Simenon décide de partir pour l'Afrique. Dorénavant, La
Richardière lui servira de "refuge champêtre" entre deux voyages,
devenant peu à peu une véritable arche de Noé: oies, faisans, lapins,
dindons, cheval, chèvre, et même de jeunes loups ramenés de Turquie… Et
puis, un jour, Simenon ne se sent plus chez lui dans cette maison: "j'ai
regardé tout à coup le décor autour de moi et je me suis aperçu soudain
qu'il m'était étranger. Je me demandai: qu'est-ce que je faisais là ?
Dans les quarante-huit heures, j'ai décidé de déménager." (in
Destinées); et c'est le départ vers d'autres cieux, une fois de plus il
faut chercher un ailleurs pour se poser, au moins pour un temps…
Murielle Wenger
venerdì 13 maggio 2016
SIMENON SIMENON. I MAIGRET E LE LIETE CENE DAI PARDON
Grande affinità di interessi e sentimenti tra i Maigret e i Pardon: amici indissolubili.
SIMENON SIMENON. LES MAIGRET ET LES BIENHEUREUX DINERS CHEZ LES PARDON
Grande affinité de sentiments et d'intérêts entre les Maigret et les Pardon: une amitié indissoluble
SIMENON SIMENON. THE MAIGRETS AND HAPPY DINNERS AT THE PARDONS
A great affinity of feelings and interests between the Maigrets and Pardons: an indestructible friendship.
SIMENON SIMENON. LES MAIGRET ET LES BIENHEUREUX DINERS CHEZ LES PARDON
Grande affinité de sentiments et d'intérêts entre les Maigret et les Pardon: une amitié indissoluble
SIMENON SIMENON. THE MAIGRETS AND HAPPY DINNERS AT THE PARDONS
A great affinity of feelings and interests between the Maigrets and Pardons: an indestructible friendship.
“La cameriera posò la torta di riso in mezzo alla tavola rotonda, e
Maigret fece uno sforzo per assumere un’aria al tempo stesso sorpresa e
beata, mentre la signora Pardon, arrossendo, gli lanciò un’occhiata
maliziosa” (da: Una confidenza di Maigret, Mondadori 1959 - traduzione di
Elena Cantini).
Durante le cene – solitamente una volta al mese –
nell’appartamento dei Pardon in boulevard Voltaire, spesso Maigret ha
modo di gustare la deliziosa torta di riso che la padrona di casa gli
prepara volentieri, sapendo quanto quel dolce ricordi al commissario la
sua casa natale, la sua terra, la sua infanzia, soprattutto la cura e la
passione con cui sua madre lo preparava ogni volta.
E Maigret
quasi ravvisa, nella gentile signora Pardon, la stessa cura e la stessa
passione, dal momento che in lei esiste, nei confronti del commissario e
di sua moglie Louise, un sentimento di amicizia sincero, immenso,
naturalmente ricambiato con la stessa intensità di affetto.
Tra i
Maigret e i Pardon c’è un’intesa particolarmente amabile, profonda, un
affiatamento così intenso da sembrare, il loro rapporto, ben più
importante di una semplice amicizia; da sembrare che i Maigret si
sentano, nel tranquillo e accogliente appartamento in boulevard
Voltaire, come a casa loro.
A Parigi, i coniugi Maigret non hanno
famiglia, né tantomeno figli (l’unica bambina avuta è morta in tenera
età), non hanno altre amicizie, il che li lega ancora di più ai Pardon,
li fa sentire affini e vicini a essi, quasi desiderosi della loro
irrinunciabile e rilassante compagnia. Si potrebbe dire che queste cene
nell’appartamento in boulevard Voltaire – alle quali spesso partecipa
anche la figlia dei Pardon assieme al marito - ricordino molto ai
Maigret “le visite alle zie e agli zii” che essi facevano spesso
“quand’erano piccoli”.
Il commissario, dunque, non ha altro amico
affabile, intimo come il dottor Pardon, al quale lo unisce, oltre al
suo passato di studente in medicina – prima di entrare a far parte della
polizia –, la stessa età, gli stessi interessi per il crimine:
scientifico quello di Pardon, giudiziario quello di Maigret.
Quanto
invece all’aspetto in comune tra Louise e la signora Pardon – che ogni
volta, dopo una piacevole cena, lasciano soli i rispettivi mariti,
perché parlino tranquillamente tra loro – è facile immaginare quale sia:
la buona cucina. I loro discorsi vertono, preferibilmente, sui piatti
tipici della tradizione: il cassoulet, la potée lorraine, la trippa alla
Caen, la bouillabaisse ecc.
Anche la signora Pardon è un’ottima
cuoca (la sua specialità è senz’altro il boeuf bourguignon), almeno
quanto la signora Maigret, e anche lei va in cerca continuamente –
chiedendone spesso all’amica Louise – di nuove ricette particolari per
soddisfare i gusti culinari del marito, allo stesso modo in cui la
signora Maigret asseconda quelli del commissario.
E allora si può
dire che quella tra i Maigret e i Pardon è davvero un’amicizia che
nasce, oltreché da interessi comuni, anche da inossidabili affinità di
sentimenti… e di gola.
Paolo Secondini
giovedì 12 maggio 2016
SIMENON SIMENON. A GAMUT FROM LOWLY CITROEN TO FANCY ROLLS
On cars in his books and in his life as well.
SIMENON SIMENON. TOUTE LA GAMME, DE LA SIMPLE CITROEN A LA ROLLS DE LUXE
Sur les voitures dans ses livres et dans sa vie aussi.
SIMENON SIMENON. TUTTA LA GAMMA DA UNA SIMPLICE CITROEN ALLA LUSSUOSA ROLLS
Le sue autovetture sia nei libri che nella vita
When
Murielle Wenger recently (April 9) pointed out that Little Doctor Jean
Dollent’s five-horsepower car was a Citroën rather than a Peugeot, it
brought to mind some other interesting Simenon car stuff.
SIMENON SIMENON. TOUTE LA GAMME, DE LA SIMPLE CITROEN A LA ROLLS DE LUXE
Sur les voitures dans ses livres et dans sa vie aussi.
SIMENON SIMENON. TUTTA LA GAMMA DA UNA SIMPLICE CITROEN ALLA LUSSUOSA ROLLS
Le sue autovetture sia nei libri che nella vita

For
starters, it’s fun to speculate about Simenon’s thinking when Maigret
did not or, perhaps better stated, would not drive a car. As a young
policeman, he used a bicycle and, as he moved up the ranks, he graduated
to chauffeured police vehicles. He also used taxis, subways, buses, and
trains to get around. Yet, when the Maigrets bought their own car (a
Renault) so they could get to Meung-sur-Loire, Madame Maigret did all
the driving. Certainly, there was more to this than simply not having a
driver’s license.
Consider again something Murielle Wenger once
wrote: “As everyone knows, Maigret never drives a car; he did try to
learn, but…” She went on to offer three references in the series
supporting the concept that Maigret was too easily distracted to be a
safe driver. She made a good case, but I suggest there is more to it
than that: it is fundamental to the couple’s relationship. A similar
combination of servility on her part and need on his part is visible in
the way she brings him coffee every morning and he expects it. To my
eye, many other examples show up in their days and years together.
Be
that as it may, equally delightful in musing about car matters is to
discover that Simenon slams the door shut on the subject of Maigret’s
driving, once and for all, in the very last work (#103) in the series.
In Maigret and Monsieur Charles, the author emphatically states:
“Maigret had never held the steering wheel of a car.” In contrast,
Simenon himself was both a car driver and a car collector. For instance,
while living in the United States in 1946, he bought two used cars, a
Chevy and an Olds. With Georges and Tigy at the wheels, the Simenon
entourage traveled the length of the Atlantic Coast in convoy, following
Route 1 from Maine to Florida. He had numerous other cars over the
years. Indeed, at times he had fleets of cars, and many of them were
fancy. Rolls-Royces and at least one Ghia stand out. Simenon had a lot
of chauffeurs, too, but so did Maigret—he just wasn’t paying for them.
Over
time, Simenon’s attitude toward cars seems to have changed appreciably.
After arriving in Paris at the end of 1922, according to Pierre
Assouline’s biography Simenon, he talked about writing books the way
Henry Ford produced cars: “I will make Fords for part of my life and
will earn a lot of money. After that, I’ll make Rolls-Royces for my
pleasure!” Much later on in life, when Simenon was living in
Switzerland, Assouline’s Autodictionnaire Simenon quotes a 1981
interview with Bernard Pivot in which he said: “I almost felt ashamed
when I was going through Lausanne in my Rolls…”
Do others have more Simenon car talk like this to share?
David P Simmons
mercoledì 11 maggio 2016
SIMENON SIMENON. GLI OMICIDI DEGLI AMICI DI GEORGES
Presentazione del libro "I tre delitti dei mie amici"
SIMENON-SIMENON: LES HOMICIDES DES AMIS DE GEORGES
Présentation du livre "Les trois crimes de mes amis"
SIMENON-SIMENON: THE MURDERS BY FRIENDS OF GEORGES
A presentation of the book "Three Crimes by My Friends"
SIMENON-SIMENON: LES HOMICIDES DES AMIS DE GEORGES
Présentation du livre "Les trois crimes de mes amis"
SIMENON-SIMENON: THE MURDERS BY FRIENDS OF GEORGES
A presentation of the book "Three Crimes by My Friends"
C'era
qualcosa di particolare nell'aria di Liegi prima del 1920? E' quel che
si domandava Simenon nel libro ”Les trois crimes de mes amis” del
1937 (uscito in Italia nel 1967 nella raccolta Mondadori Romanzi Autobiografici); nel libro si racconta di alcuni personaggi che vivevano
nella città natale dello scrittore belga e con il quale in gioventù ebbe
a che fare, il caso ha voluto farne degli assassini pochi anni dopo che
Georges se ne era andato. Leggendo questo testo, il primo ad essere stato
scritto da Simenon in prima persona e narrante ricordi della sua
vita, si fa la conoscenza con Ferdinand Deblauwe, un giornalista
trentacinquenne col quale Simenon si trovò a lavorare da giovanissimo e
che egli frequentò anche in occasioni al di fuori del lavoro tipo uscite
serali presso un locale chiamato “L'Ane rouge”,il quale ispirerà di li'
a pochi anni il romanzo omonimo (L'asino rosso, il super romanzo delle
vacanze - Mondadori 1934). Con Deblauwe Simenon fondò “Nanesse”,un giornale
dall'intento satirico. Deblauwe, veniamo a sapere dalle pagine del
romanzo, si macchierà di un crimine, venendo ad uccidere uno spagnolo suo
rivale sentimentale.
Ci si imbatte poi in Hyacinte Danse, un
libraio di Liegi, con cui lo scrittore ebbe a che fare fin dall'età della
scuola poiché andava a portare presso il suo negozio i libri usati per
poterne comprare di nuovi. Varie vicissitudini porteranno pochi anni
dopo Danse ad essere il direttore di “Nanesse”, foglio col quale il
libraio ricattava molte persone della città; (una figura simile la
si può trovare nel romanzo “De la rue au bonheur”, scritto nel 1926 e
firmato Jean du Perry, nel nome di Antoine Villemin direttore de
“L'epoque”, giornale col quale ricatta i notabile del luogo). Anche Danse
ucciderà e lo farà per ben due volte togliendo la vita all'amante e alla
madre. Sullo sfondo, un Belgio tormentato dalla prima guerra mondiale
si muovono anche i “due fratelli”, mai chiamati col loro nome dallo
scrittore, i quali solo per pura combinazione, sembra suggerirci Simenon,
non diventeranno a loro volta degli assassini.
In questo libro
autobiografico non mancano i riferimenti al campanile della chiesa di
Saint-Pholien e al giovane K. che si impiccherà proprio li... tutto ciò
fece da ispirazione ad uno dei primissimi Maigret: Le pendu de Saint
Pholien, nel nostro paese conosciuto anche sotto il titolo Il viaggiatore
di terza classe. Anche la compagnia “La Caque”,cui facevano parte molti
giovani liegesi dell'epoca, tra cui lo stesso Simenon, viene citata nel
libro e, nel romanzo con Maigret sopra citato, cambierà solo di nome
chiamandosi “I compagni dell'apocalisse”.
Andrea Franco
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