venerdì 20 maggio 2016

SIMENON SIMENON. IL ROMANZO DELLA SUA VITA? O LA VITA NEI SUOI ROMANZI?

Il rapporto tra realtà e invenzione nella letteratura di Georges Simenon 

SIMENON SIMENON. THE NOVEL OF HIS LIFE?  OR LIFE IN HIS NOVELS?
The relationship between reality and fiction in Georges Simenon's literature

SIMENON SIMENON. LE ROMAN DE SA VIE? OU LA VIE  DANS SES ROMANS?
La relation entre réalité et fiction dans
l'œuvre littéraire de Georges Simenon 
Non è mai facile, analizzando uno scrittore, scindere quanto di personale c'è nella sua narrativa e quanto di fantasioso. E tra queste fantasie quante sono talmente verosimili da poter essere uno specchio della realtà e quante sono frutto d'immaginazione e di costruzioni irreali?
Da una parte rischia di essere un problema di lana caprina. Tutti gli scrittori mettono chi più chi meno sè stessi e le proprie esperienze nelle vicende e nei personaggi dei loro romanzi e chi più e chi meno ci infila anche cose , come si dice,  inventate di sana pianta.
In Simenon la separzione tra fantasia e realtà è un velo sottile trasparente e la fantasia occupa una parte molto limitata. Questo a stare almeno alle sue opere. Chi conosce un po' la biografia simenoniana, non ha difficoltà a rintracciare momenti di vita dello scrittore nei suoi romanzi. Al tempo stesso però non parlano del particolare, del contingente di qualcosa legato al suo tempo.
"...Il romanzo è l'uomo, l'uomo del tutto nudo e l'uomo vestito, l'uomo di tutti i giorni, è spesso il terribile dramma tra l'uomo nudo e l'uomo vestito, tra l'uomo universale e quello legato ad un'educazione, ad una casta o ad un momento della storia del mondo, ma è soprattutto il dramma dell'uomo preso dal suo destino..." (Le Romancier - 1945)
E quest'uomo perso nel suo destino non potrebbe essere proprio lui, Simenon?
Non è il destino che nel bene o nel male ha segnato anche la sua vita? Quei declic  che incontriamo nei suoi romans durs, e che capovolgono la vita e il destino del protagonista, non si sono verificati anche nella vita dello scrittore?
Se il padre non fosse stato più in grado di lavorare e il piccolo Georges non avesse avuto necessità di trovare un lavoro, sarebbe mai finito a La Gazette de Liège?
Se non avessa incontrato  Colette a Le Matin, il rampante scrittore di letteratura popolare sarebbe rimasto tale? 
Se non fosse stato perseguitato dalle accuse di filo-nazismo e non fosse emigrato in America  avrebbe conosciuto quella donna, Denyse, che nel bene e nel male segnò vent'anni della sua vita (oltre a dargli tre figli)?
E quale destino aveva voluto che la madre Henriette non perdesse occasione per fargli capire che il suo figlio preferito era il fratello minore Christian?  Georges lo salvò dalla forca per i crimini nazisti che aveva compiuti e, sotto pressione della madre, riuscì a farlo arruolare nella Legione straniera. Quando Christian mori in uno scontro a fuoco, la madre  disse "E' colpa tua che lo hai mandato nella Legione". E quando lo scrittore corse al capezzale della madre morente, questa lo apostrofò "Georges, che sei venuto a fare?".
E queste cose, oppurtunamente filtrate, le ritroviamo nei suoi romanzi. Certo si  dice sempre che la vita di Simenon è un vero romanzo, ma qual'era la vera vita di Simenon? Quella del marito, del padre di famiglia, dell'uomo sempre alla ricerca di una donna o quella dell'individuo in état  de roman, quella specie di trance creatva in cui sosteneva di cadere per otto, dieci giorni quando scriveva un romanzo?
E scrivere romanzi per Simenon non era tutta la vita? (m.t.)

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