lunedì 31 gennaio 2011

SIMENON TIRATO IN BALLO SULLE POLEMICHE CON SAVIANO

Siamo nella cronaca più stringente. Le accuse che quelli del centro-destra rivolgono a Saviano, reo, a loro avviso, d'aver accettato la laurea Honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Genova e soprattutto di averla dedicata ai magistrati della procura di Milano, quelli che lavorano alla preparazione del processo a Berlusconi, Fede e Mora. E succede ancora e stavolta, in una lenzuolata domenicale de Il Foglio. Insomma questo Buttafuoco, tale il cognome di chi ha scritto questa sorta di lettera dal "tu" confidenziale a Saviano, lo invita a "non assomigliare ai suoi lettori". ".... E ti chiedo: - scrive  letteralmente il Buttafoco - perché, tu che non somigli a nessuno, vuoi assomigliare ai tuoi lettori?". Domanda lecita, ma poco comprensibile. E per spiegare perchè Saviano voglia somigliare ai suoi lettori (ma lo vorrà davvero? n.d.r.) e se effettivamente gli somigli, tira in ballo Simenon. Perché direte voi? Preferisco non spiegarlo con parole mie, ma mi affidarvi all'eloquio raffinato dell'articolista. "..Guai se Georges Simenon, che è un genio, risultasse identico ai viaggiatori negli scompartimenti, i suoi lettori. Sarebbe solo un disturbato incapace di vedere la propria vita. Magari sarebbe in grado di uccidere. Ma non di scrivere e di scappare via da quel mondo...". Forse, non sicuro di aver fatto comprendere appieno il concetto, ricorre anche ad una citazione virgolettata delle parole di Simenon (di cui però non ci rivela né quando né in che occasione siano state dette o scritte). "Sono partito – così confessò – proprio per non commettere quei delitti di cui mi sarei volentieri macchiato se fossi rimasto in provincia” . E poi continua citando Carmelo Bene, Baudelaire, la Carrà (sì proprio Raffaella, la soubrette televisiva) andando avanti per oltre 16.000 battute (quasi nove fogli A4) di cui vi risparmiamo anche solo un succinto riassunto.Onestamente dobbiamo ammettere che non siamo riusciti a comprendere il messaggio inviato a Saviano (o forse in questa sede non ci interessava così tanto).
Però vorremmo capire a che titolo e per quale motivo il Buttafuoco abbia citato Simenon. Primo perchè consideriamo un'abitudine disdicevole, tirare per la giacchetta grandi uomini scomparsi per ridurli a testimonial delle proprie teorie (tanto loro sono morti e non possono smentire). E poi anche perchè questa ipotesi sulla provincia che fomenterebbe istinti delittuosi, ci risulta strana in bocca a Simenon. Infatti della provincia parlava solitamente bene. Ad esempio nel 1934 in un'intervista a Carlo Rim, giornalista del magazine Marianne, affermava adirittura: "Se sapessi come la provincia pulisca bene sia il cuore che lo spirito! Macinare chilometri dando la schiena a questo villaggio di granchi che chiamano la capitale, ecco il modo ancora più sicuro per riconsiderare i valori e ritrovare il proprio equilibrio".
E questo ingarbuglia ancor più il significato delle parole del Buttafuoco, che non abbiamo la fortuna di conoscere personalmente, ma che da quanto scrive ci lascia alquanto perplessi.
Anche perchè una testimonianza davvero inoppugnabile a favore della provincia è proprio la vita stessa di Simenon. Appena può si stabilisce a vivere, nemmeno in una piccola città, sceglie addirittura paesini e borghi.
Nel '32 dopo aver lanciato Maigret, Simenon lascia Parigi e va a stabilirsi a La Richardiére un residenza a Marsilly, vicino a La Rochelle. Nell'autunno del '38 si trasferisce non lontano, a Nieul-sur-mer. Nell'agosto del '40 va addirittura a vivere a Vervent, nella foresta di Vouvant. Poi dopo qualche mese va ad abitare in un castello a Fontenay-le-Comte. Nel '42 ancora cambio di domicilio, ancora una volta in un paesino, Saint-Mesmine-le-Vieux fino al '45. E quando passa dieci anni in America fa lo stesso. In Canada non sceglie né Ottawa nè Toronto, ma Sainte-Marguerite-du-Lac-Masson (Quebec) prima e poi Saint-Andrews. E negli Usa non cambia nulla, non troviamo New York, Chicago, Los Angeles, San Francisco.... niente di tutto ciò. Ma Bradenton Beach (1946) e Silver Springs (1947) entrambe in Florida. Poi l'Arizona prima a Tucson (1947) e poi fino a Tumacacori (1948) al confine con il Messico. Quindi è la volta di Carmel-by-the-sea in California e ancora a Reno in Nevada nel 1950. Quindi la pausa di qualche anno (fino al 1955) nella fattoria Shadow Rock Farm a Lakeville in Connecticut. E quando torna in Europa decide di stabilirsi in Svizzera e i luoghi sono ancora provinciali. Prima qualche tempo ancora in Francia, a Mougins (Alpi Marittime), poi nelle elvetiche Echandens (1957) ed Epalinges (1963). Solo la vecchia e le malattie lo costringeranno negli ultimi diciassette anni della sua vita a trasferirsi a Losanna, alla fine del 1972.
Adesso anche voi siete chiaramente documentati sulla preferenza di Simenon per le piccole realtà provinciali.
E, se mai ci leggerà, anche il Buttafuoco, che di nome fà Pietrangelo.

domenica 30 gennaio 2011

SIMENON E IL PASSAGGIO DELLA LINEA DI MONSIEUR LE MONDE

A metà del prossimo mese Adelphi pubblicherà La Fuga del signor Monde, uno dei romanzi che fanno parte della serie che raccontano il famoso "passaggio della linea", così caro a Simenon. Come abbiamo già detto altre volte, si tratta del salto da una condizione di normalità, benessere e rispettabilità ad una di difficoltà di emarginazione e a volte anche di discesa progressiva nella criminalità, ma anche viceversa. Ne riferiva anche l'inserto "Tuttolibri" de La Stampa, in edicola ieri, che gli dedicava una presentazione recensione. Si tratta di un romanzo particolare per quanto riguarda la sua prima edizione. Il romanzo fu infatti scritto da Simenon nel 1944 quando era ancora in Francia a Saint-Mesimine-le-Vieux, con la seconda guerra mondiale in pieno svolgimento. La pubblicazione avvenne invece nel '47, a conflitto concluso, quando Simenon per sfuggire alle indagini del Fronte di Liberazione Nazionale francese, era ormai arrivato e sistemato negli Stati Uniti. Che un suo romanzo uscisse qualche anno dopo la sua scrittura non era certo una eccezione, ma piuttosto una consuetudine. Ma qui siamo in un periodo particolare. Infatti Simenon aveva consumato la traumatica (per l'editore) rottura con Gallimard ed era già apparsa la prima edizione con Presse de la Cité (Je me souviens - gennaio 1946). Ma si era ancora in un fase di passaggio. Infatti un altro romanzo uscì ancora per Gallimard (Le cercle des Mahé - 1946), ma un paio di romanzi di quel periodo furono editi da una terza casa editrice. Si trattava di un piccolo editore, La Jeune Parque, che oltre La fuite du Monsieur Monde ('47), aveva pubblicato anche La Fenetre des Rouet ('45) scritto addirittura nel '42. Il motivo stava nel fatto che il proprietario di quella casa editrice lo aveva aiutato nella sua "dipartita" dalla Francia e questi due romanzi erano un sentito segno di riconoscenza di Simenon. Ma la cosa si chiudeva lì. Infatti il suo gran successo seguente fu quello di Trois Chambre à Manhattan (1947) e fu edito da Presse de La Cité .Tornando a La fuga del signor Monde, abbiamo detto che possiamo identificarlo con i romanzi del passaggo della linea. Qui infatti uno stimato imprenditore, Lionel Monde, con famiglia e buona reputazione, un certo giorno sparisce. Cambia la sua faccia, tagliandosi i baffi, cambia la sua persona vestendosi come un vagabondo, cambia anche il suo nome. Lascia soldi, lavoro, ma anche un rapporto insoddisfacente con la seconda moglie. La sua vita da un giorno all'altro diventa così quella di un senza meta, di un "diverso" senza programmi, libero sì, ma con un sottofondo drammatico. Il protagonista ha passato la linea ed ora si trova nel mondo in cui non è più nessuno e dove nessuno si interessa a lui. Come ha commentato Simenon in una lettera a Gide "...questo è un tratto di  fredda e lucida disperazione che io credo di aver reso particolarmente tangibile ne La fuite de M. Monde".Il romanzo tra l'altro toccò particolarmente anche Colette, come dimostra una sua lettera all'autore.
Ma Lionel Monde nella sua fuga verso il Sud, incontra una giovane donna che salva dal suicido e con cui stringe una relazione. I due si stabiliscono a Marsiglia finchè un giorno, per caso, Lionel incontra la sua prima moglie. E' un colpo per entrambe e da lì inizia la rincorsa di Lionel per passare di nuovo la linea, questa volta in senso inverso, per riprendersi il suo mondo. Ma ci riuscirà?

SIMENON, UNO SCRITTORE CITTADINO DEL MONDO?

Il carattere, l'opera e la vita di Simenon hanno fatto sempre discutere. Chi lo riteneva un furbo, non privo di talento certo, ma scaltro venditore di una letteratura, in definitiva popolare, ma soprattutto di sè. Insomma un inconsapevole esperto nel marketing  di sè stesso, in un 'epoca in cui questo era un concetto ancora di là da venire. Altri, come il Nobel Andrè Gide, lo definiva il Balzac del '900 (tanto per ripetere ancora una volta un parere che tutti già conoscono). E poi paragoni e similitudini con Dickens, Dumas, Gorki, Conrad, Maupassant...Ma insomma chi era effettivamente Simenon? Certo la sua storia personale è costellata di ombre, non tutte tra sue innumerevoli opere sono dei capolavori e aveva uno spiccato senso degli affari, ma questo direbbe ben poco, si tratta per un verso o per l'altro di qualcosa comune a quasi tutti gli scrittori, meglio, agli artisti  e, meglio ancora, a tutti gli uomini.  Altra peculiarietà più volte rilevata è costituita  dai suoi continui spostamenti che vengono sovente additati come il segno di un'instabilità di carattere, di insicurezza, del fatto di non sentirsi bene, in modo completo, in nessuna parte del mondo e con nessuno.
A nostro avviso, non bisogna nel contempo dimenticare il risvolto positivo che come scrittore questo suo carattere instabile ha comportato. Esperienza personale e letteratura, per chi conosce bene biografia e bibliografia di Simenon, non può non accorgersi dello stretto legame tra le due cose. E non come succede per chiunque scriva che, indipendentemente dal fatto che trasponga sulla pagina aspetti autobiografici o racconti storie, mette comunque qualcosa di sé stesso nei suoi scritti. No, nel caso di Simenon si tratta di una più complessa rielaborazione di stati d'animi, della conoscenza spesso profonda di ambienti, mentalità, modi di vivere, di persone che si intrecciano con una storia (perchè Simenon è un narratore vero), che viene sostenuta da un consistente impianto psicologico (perchè Simenon è un profondo conoscitore e analista dell'animo umano) storie caratterizzate da atmosfere credibili e coinvolgenti (perchè Simenon è un acuto osservatore degli ambienti che frequenta, dove riesce a inserirsi e assorbirne umori, relazioni, costumi...).
Se a tutto questo aggiungiamo la sua ricerca dell' "uomo nudo", (cioé dell'essere senza sovrastruture sociali e culturali, quindi dell'essenza umana), abbiamo il profilo di qualcuno che ha avuto esperienze e conoscenze non comuni e importantissime per la sua narrativa. Tutte cose che poi si miscelavano con il suo innato talento nello scrivere e nel narrare. Qui e così nascono i romanzi di Simenon, i romans-dur, come lui li definiva.
E il suo peregrinare nel mondo attraverso continenti, nazioni, città e domicili diversi, il suo frequentare bettole, ambienti borghesi e il bel mondo non faceva altro che, da una parte, arricchire il suo bagaglio di esperienze, e, dall'altro, allargare la sua mentalità, a tutto vantaggio della qualità e della profondità di quello che scriveva.

sabato 29 gennaio 2011

SIMENON, LE MATITE E UNA MACCHINA DA SCRIVERE

Anche la tecnica ha la sua importanza. Simenon per un lungo periodo ha scritto a mano. Poi iniziò con i Maigret ad utilizzare la macchina per scrivere. Quelli li componeva direttamente alla macchina. Questa esperienza lo portò ad utilizzarla anche per i romanzi. Ma prima, nel pomeriggio, scriveva un capitolo a mano, poi la mattina dopo lo batteva a macchina. Questo spiegava lo stesso Simenon a Bernad de Fallois e a Gilbert Sigaux:" Dopo i primi romanzi americani, redatti in America, scrivevo a mano con la matita una sorta di brogliaccio il giorno prima, nel pomeriggio. La matina dopo lo battevo a macchina e poi di nuovo, il pomerigio scrivevo a mano il capitolo del giorno dopo. Alla fine, circa quattro anni fa', mi sono detto che forse con questo sistema  finivo per avere un stile letterario - letterario nel senso negativo del termine - a forza di scrivere a mano, si è tentati di ripegarsi su di sé. Perché non scrivere, come per i miei primi Maigret, cioè  direttamente a macchina? Ed  è con Le Chat (1966) che ho iniziato con la macchina per scrivere. Ho messo da parte tutte le mie matite. E credo che questo abbia contato non poco, perché così mi sono ritrovato a scrivere in diretta".Scrivere "in diretta". Un po' tardi, ormai Simenon erano più di quarant'anni che sfornava romanzi e di li a sei anni avrebbe smesso di scrivere. Ma ci sono delle altre motivazioni. "Quando uno scrive direttamente a macchina, oppure registra, è trascinato dal ritmo dell'apparecchio, che si tratti della macchina per scrivere o del registratore. Non si ci si ferma per rileggere o revisionare gli ultimi periodi, per fare delle correzioni ... Ebbene infine mi sono accorto che prima non resistevo a tagliare certe parole inutili, avverbi, frasi che forse erano eleganti, ma non erano vive... Allora da un giorno all'altro, come per succede per tante le cose, ho ripreso la mia vecchia abitudine di improvvisare direttamente sulla mia machina". (Dictée - dicembre 1978)

venerdì 28 gennaio 2011

SIMENON NEL WEST

Segnalazione breve • Nell'Almancco del West, edizione 2011, che è da poco uscito per i tipi della Sergio Bonelli Editore, e compilato da Mauro Boselli  per i testi e da Giacomo Danubio per i disegni, vogliamo ricordare che oltre ai fumetti raccoglie una rassegna su film, libri e videogiochi dell’anno appena trascorso. Questa volta, tra gli altri, è stato inserito anche Georges Simenon con il suo romanzo, considerato  "western", Il ranch della giumenta perduta scritto nel 1947, quando viveva in Arizona, a Tucson.

giovedì 27 gennaio 2011

MAIGRET HA ISPIRATO ANCHE "MARIA & I SUOI AMICI"

Le notizie che ruotano intorno a Simenon, non finiscono mai di saltar fuori da dove uno meno se lo aspetta. Questa, ad esempio, è di ieri. Maria De Filippi ha letto Simenon. Sì, pure lei. Lo ha rivelato oggi lei stessa a Deejay chiama Italia a Linus e Savino. La Queen of the Friends della tv berlusconiana, nel 1933, prese in mano la  conduzione della trasmissione Amici, alla sua seconda edizione. Visto lo scarso successo della prima, racconta la De Filippi, corse ai ripari pensando bene di fare qualcosa: "Così ho passato tutta l'estate a leggere i gialli di Simenon e a fare dei riassunti". A suo avviso questo l'avrebbe aiutata a raccontare le storie dei ragazzi in studio.La notizia non farà saltare sulla sedia nessuno, né sposterà la storia della letteratura moderna. Ma qui si parla di Simenon anche quando la notizia (se così vogliamo chiamarla) sfiora il pettegolezzo.

L'IMPORTANZA DI "CHIAMARSI" GALLIMARD... ANCHE PER SIMENON

Gallimard. In Francia negli anni trenta era l'aspirazione di ogni scrittore. Avere un proprio titolo nel suo catalogo significava essere arrivati o perlomeno essere riconosciuti come uno scrittore di un certo futuro. A trent'anni insieme ad altri due soci, André Gide e Jean Schlumberger, aveva fondato un giornale culturale la Nouvelle Révue Francaise, divenuto ben presto con la sigla Nrf, un'icona per la cultura che accompagnerà tutta la vita anche la casa editrice che oggi compie cent'anni e di cui, dopo solo due anni dalla fondazione, rimane il proprietario unico. Gaston Gallimard, nato nel 1881, era un uomo con un gran fiuto per gli affari, ma anche con la cultura e la necessaria lungimiranza per capire quanto valeva o dove poteva arrivare uno scrittore. Gide rimarrà nella sua scuderia, si farà scappare Proust, ma tra alti e bassi la casa editrice inizierà poi a funzionare. Otterrà l'esclusiva per autori come Conrad, Kafka, Pirandello. E in seguito il suo catologo vedrà, tra gli altri, i nomi di  Milan Kundera, Antonin Artaud, Albert Camus, Jean Paul Sartre, Céline, Simone de Beauvoir, la Yourcenar, Jean Genet, André Malraux, Ionesco, Marguerite Duras, Patrick Modiano... E ovviamente anche Simenon, come abbiamo già detto.Ma andiamo a vedere cosa singificò passare da un editore come Fayard  a Gallimard. Intanto Simenon strappò un contratto talmente favorevole al punto tale che "monsieur Gaston" lo tenne segretissimo, per evitare lamentele di altri autori, anche importanti, che scrivevano già da anni per lui.
Simenon forse non lo sapeva, ma Galimard sì. Quelle condizioni non avrebbero fatto guadagnare un franco all'editore, ma gli avrebbero assicurato un autore che per qualità, ma anche per quantità, sarebbe stato un nome di punta della casa editrice. Certo, pur non ancora famosissimo, Simenon costituiva per Gallimard un autore un po' ingombrante cui fare spazio. Sia per quella sua comunicativa o, se vogliamo, per quella sua innata sensibilità alla comunicazione nei confronti del pubblico che lo metteva sovente in prima fila. Sia per la sua prolificità. Simenon voleva "stringere" il rapporto con i propri lettori pubblicando un libro al mese. Un appuntamento fisso che tenesse più legato il pubblico. E questo non andava contro la politica commerciale di Gallimard. Avrebbe imposto un ritmo a quelli del reparto produzione, cui certo non erano abituati. Ma tra i programmi e la realtà di tutti i giorni però c'è sempre una certa differenza. In effetti Simenon esordisce a fine del '34 (il contratto è firmato in ottobre) con il romanzo Le Locataire (che aveva scritto e finito due anni prima)  e poi Le suicidés.
Nel '35 tre titoli, nel '36 quattro e ancora quattro nel '37. Il 1938 centra il suo obiettivo, passando a tredici titoli, più di uno al mese. Poi nel '39 di nuovo tre, nel 40 (è ormai scoppiata la guerra) solo due, ma nel '41 passa a sei, nel '42 arriva a cinque (uno è una raccolta di inchieste di Maigret con tre romanzi brevi).
Qui interrompiamo la sequela dei numeri per far notare che il 1942 è l'anno del ritorno di Maigret. Infatti Simenon aveva scritto l'ultima indagine del commissario, per Fayard, nel 1934 (Maigret). Ben otto anni senza un Maigret. Torniamo a Gallimard: 1943 due raccolte di racconti, nel '44 due racconti/romanzi brevi non solo di inchieste di Maigret più un romanzo. Nel '45 si inizia a sfaldare il rapporto Simenon-Gallimard e lo scrittore sceglie per i futuro Sven Nielsen con la sua Presse de la Cité. Ormai quindi sono solo briciole: un solo titolo nel '45, un paio nel '46, uno nel '47, ancora uno solo nel '48 e poi più nulla. Cinquantadue titoli in quattordici annni.
Gallimard non si capacita. Lui che ha perso soldi pur di avere tra i suoi autori Simenon, lui che lo stima anche come persona, che apprezza i suoi scritti, lui che gli ha concesso quello che non ha dato ad altri scrittori...E soprattuttolo ferisce la mancata pubblicazione di Pedigree che in buona parte nasceva dagli auspici congiunti di Gallimerd e André Gide. Sarà invece Presse de la Cité a farlo e questo sancirà la rottura definitiva

ANCHE SIMENON NELLA GIORNATA DELLA MEMORIA

Oggi 27 gennaio, gionata della Memoria, per non dimenticare il terrificante sterminio di ebrei e di molti altri esseri umani ad opera del regime nazista. Un ricordo che per l'undicesima volta si perpetua affinché nessuno possa dimenticare orrori come la Shoa. In questa giornata si registrano moltissime iniziative del tipo più vario appunto per tener viva questa memoria. Sul versante televisivo vogliamo segnalare che sul canale digitale terrestre Iris è stato trasmesso nella mattinata il film del 1973 Noi due senza domani, tratto dal romanzo di Georges Simenon Le train (1961).Siamo nel maggio del 1940, e Marcel un uomo sposato, una figlia ed un'altra in arrivo, sale su un treno diretto a La Rochelle con la famiglia e, nel momemento in cui lui si trova su un vagone diverso, il treno si divide. Il protagonista si ritrova tra gli ebrei in fuga verso l'ovest. Qui si verifica il passionale e coinvolgente  incontro con Anna, una ventiduenne ebrea di orgine cecoslovacca. L'incontro tra i due é un vero colpo di fulmine che rivela anche una forte attrazione sessuale, ma tutto dura lo spazio del viaggio in treno fino a La Rochelle, anche se i due vivono un'intensa esperienza che sembra loro fuori dal tempo e aldilà di ogni luogo. Qui però si dividono perchè Marcel ha saputo che la moglie sta partorendo in un ospedale nei pressi. Anna lo accompagna fin sulla soglia e poi lo saluta definitivamente. Ma anni dopo si incontrano. Ma questa volta in una stazione della polizia tedesca. Marcel deve identificare Anna da una foto perché é accusata di far parte della resistenza. Lui nega di averla mai conosciuta, cosa che conferma anche nel confronto faccia a faccia. Alla fine se ne va con un peso sulla coscienza e un rimorso che non lo lascerà mai per tutta la vita. Questo il libro.
Nel film invece il finale è diverso. L'uomo non è così meschino e pauroso e quidi alla fine anche se tenta ancora di negare, proprio prima di andar via, dando un'amorevole carezza ad Anna, compromette irrimediabilmente la sua posizione.

lunedì 24 gennaio 2011

MA QUANTI SONO I MAIGRET?

Da un interrogativo suscitato da uno degli amici di questa pagina, siamo andati a controllare e fare un po' di conti su quanti siano i Maigret (tra le inchieste e i racconti).  Premettiamo che abbiamo fatto un confronto solo numerico e non titolo per titolo (ma che faremo con il tempo) e che  siamo partiti da quella che dovrebbe essere la bibliografia ufficiale, cioè l'elenco delle opere inserite nella documentazione del Centre d'études Georges Simenon, presso l'Università di Liegi, ma poi abbiamo consultato quella di vari studiosi e biografi simenoniani, ma anche Wikipedia. Come al solito i conti non tornano mai. Vediamo intanto i numeri:• CENTRE D'ETUDES GEORGES SIMENON 98
• ALAIN BERTRAND 102
• C. MANGUY e P. DELIGNY 96
• PIERRE ASSOULINE 102
• FRANCIS LACASSINE 102
• STANLEY G. ESKIN 103
• PATRICK MARNHAM 76
• WIKIPEDIA 102
Con il beneficio dell'errore (minimo) del mio conto (ripetuto per altro più volte) come si spiegano questi numeri differenti? Come a ventidue anni dalla morte dello scrittore non si concorda in modo preciso sulla qantità dei titoli delle Inchieste del Commissario Maigret?
Una risposta può essere cercata nelle raccolte dei racconti. Qualcuno può averle considerate come un solo  titolo e quindi contata una sola volta. A volte questi racconti non sono stati pubblicati come libri, ma a puntate nei giornali (come accadeva spesso, ma poi seguiva la versione in volume), oppure apparse in pubblicazioni singole e non appartenti alle collane dei tre editori che hanno pubblicato l'intera (o quasi) opera maigrettiana (Fayard, Gallimard, Presse de La Cité). Comunque la cifra che sembra più accreditata è quella di 102. Per quanto riguarda Adelphi, le pubblicazioni nella collana Gli Adelphi - Le inchieste di Maigret corrispondono a tutt'oggi, da quello che risulta dal catalogo, solo a 69 titoli. Quindi siamo ben lontani dalla pubblicazione dell'opera omnia sul commissario. Buon pro per chi ha ancora la fortuna di non averli letti ancora tutti!

CUFFARO IN CARCERE CON LA GIUMENTA DI SIMENON

Ancora cronaca. E per di più cronaca giudiziaria. No, non c'entra il commissario Maigret, ma la condanna a sette anni per per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. La pena è stata inflitta dalla Cassazione all'ex-governatore della Regione Sicilia, Totò Cuffaro (ex-Democrazia Cristiana, ex- Parito Popolare Italiano, ex-CDU, ex-UDEUR, ex-UDC, infine con il PID (Popolari Italia Domani) nella maggioranza di Berlusconi. Il tutto in neanche 20 anni, tra il 1991 e il 2010). Insomma sette anni come presidente della regione e sette anni di condanna. (chi ama la numerologia si diverta). Non parliamo dell'accaduto per la sua importanza (ormai scandali sentenze simili sono all'ordine del giorno), ma per quanto riportato su Il Corriere della Sera dal giornalista Fabrizio Roncone. Questi descrive infatti l'entrata in caracere dell'ex-politico siciliano e racconta che,  tra le altre cose, Cuffaro si sarebbe portanto "dentro" un paio di libri. Uno è La fattoria degli animali» di George Orwell e l'altro Il ranch della giumenta perduta (La Jument Perdue - Arizona 1947) di Simenon.Entrambe i romanzi hanno un valore simbolico. Quello di Orwell è fin troppo chiaro. Da sempre viene citato come previsione e monito di una società autoritara e oligarchica e delle sue degenerazioni. Ma il romanzo di Simenon non è certo un romanzo politico. Quale quindi la connessione con la vicenda Cuffaro?
Ambientato nell'Arizona, la storia vede un certo Curly John al centro di vicende alterne con un suo amico-rivale, una specie di scontro tra il bene e il male, il quale si risolverà con un evento particolare che costringerà il protagonista a rivedere faticosamente tutte le sue convinzioni e rimettersi duramente in discussione per poter iniziare una nuova esistenza, una specie di rinascita ad una vita del tutta diversa. E' lo stesso cui starà penserando Cuffaro in queste ore?  Comunque la scelta, a nostro parere, ci pare davvero "azzeccata", per rimanere nel gergo di un famoso politico.