giovedì 31 marzo 2011

5/MAIGRET E LA NOTTE DE "LE BAL ANTHROPOMETRIQUE"

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio
 

 Nelle discussioni tra Simenon e Fayard che precedettero l'uscita delle inchieste di Maigret, uno degli argomenti di contrasto fu cosa fare per lanciare la serie. Simenon a questo proposito aveva le idee ben chiare. Nessuna conferenza stampa per gli addetti ai lavori, nessuna presentazione ordinaria... non voleva che un personaggio, e quella nuova fase della sua vita letteraria, esordissero con una colonnina di recensione nella pagina culturale dei quotidiani, letta da pochi e ignorata da molti e che già il giorno dopo veniva coperta da altre notizie. No, lui voleva realizzare qualcosa di cui si occupasse anche anche la stampa mondana e che se ne parlasse per almeno per una settimana.
Per raggiungere questo obiettivo, pensò di organizzare una grande festa.
Si trattò del Bal Anthropométrique (letteralmente antropometrico, come le misure del corpo che la polizia prende prima di incarcerare qualcuno), un rendez-vous in uno dei più eccentrici locali di Montparnasse, il dancing la Boule Blanche, solitamente frequentata dagli antillesi di Parigi e dove solitamente si ballava la beguine. Lì avrebbe invitato il meglio e il peggio della società cittadina per la serata "più carceraria" di Parigi.
Ovviamente Fayard non era affatto d'accordo, anche e soprattutto per le spese, visto che Simenon gli aveva detto di aver già contattato per l'allestimento e la creatività della serata artisti come Paul Colin, Marcel Vertés e Don. Tre nomi che da soli già facevano pensare all'editore al fiume di soldi che sarebbe potuto scorrere.
Ma Simenon era irremovibile. Non aveva nessuna intenzione di sprecare quell'occasione. E infatti alla fine, pur di spuntarla, acconsentì di pagare una buona metà delle spese della serata.
E così spedì un gran numero d'inviti per il 20 marzo 1931, inviti che altro non erano che dei "mandati di comparizione".
Davanti all'entrata de la Boule Blanche, al 33 di rue Vanvin, quella sera dalle dieci in poi ci fu una gran fila all'ingresso. All'esterno c'erano dei figuranti per rendere tutto ancor più stravagante, una finta prostituta e il suo protettore e dei poliziotti che prendevano le impronte digitali prima di far entrare gli invitati. Non tutti stettero al gioco, alcuni protestarono, non volendo farsi trattare da delinquenti, come una vecchia conoscenza di Simenon, l'editore di Paris Soir, Eugene Merle (quello de la Cage au verre), che aveva subito analoghi trattamenti durante la
sua gioventù da estremista di sinistra. Circa trecento persone si accalcarono nella sala decorata dagli artisti con uno stile definito molto... Quai des Orfèvres, manette, corpi sanguinanti, ma anche grandi punti interrogativi... Non solo una gran folla quindi con molti rappresentanti della Parigi che conta, ma anche artisti, scrittori, gente qualsiasi e forse anche dei poliziotti in incognito. Si poteva incontrare Philippe de Rothschild, ma anche la cantante Suzie Solidor, la scrittrice Colette e pittori come Derain, il critico d'arte Florent Fels e Raymonde Machard, femminista e redattrice-capo de Le Journal de Femmes. L'orchestra antillese faceva scatenare la folla e un'aria di follia sembra impadronirsi della festa. Alle quattro la sala era ancora piena e la festa la suo culmine, spogliarelli, più o meno integrali, docce allo champagne, promiscuità, divertimento e trasgressione. Era quello che voleva Simenon affinchè la stampa ne parlasse a lungo. Lui nel frattempo non aveva smesso un attimo di scrivere dediche, su nella galleria, per i primi due Maigret lì presentati, Monsieur Gallet décédé e Le Pendu de Saint Pholien. E ne fece talmente tante che non smetteva mai di scrivere, c'era infatti chi lo prendeva in giro dicendo che stesse già scrivendo il prossimo Maigret.
Verso le sette di mattina la festa andò morendo, ma lasciò un'eco proprio come voleva il suo organizzatore. Oltre ad una buona critica per quello che riguardava i romanzi, l'evento tenne banco sui giornali parigini come l'avvenimento mondano più divertente e trasgressivo, come da molto tempo non se ne organizzavano più.
Lanciati i Maigret, lanciato anche Simenon, con il suo vero nome, quella sera diverrà una data storica nella sua vita non solo letteraria. 

4/SPÉCIAL-MAIGRET. DA SIM A SIMENON

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio


Abbiamo detto delle lunghe discussioni tra Simenon e il suo editore Fayard che portarono alla pubblicazione delle inchieste del commissario Maigret. Ci fu un tira-e-molla che toccava vari argomenti dalle possibilità di successo di quel tipo di romanzo poliziesco, alla realizzazione delle copertine, al prezzo di vendita...
Insomma tante di quelle cose da discutere che, arrivati alle soglie della stampa non si era ancora posto il problema del nome dell'autore.
A quel punto Simenon, che aveva sempre usato una ventina di pseudonimi, fu in dubbio. In quei dieci anni di scrittura il suo pseudonimo più usato era stato Georges Sim, tanto che molti lo chiamavano proprio così. Continuava a chiamarlo "il mio piccolo Sim" anche Colette. La popolarità di quello pseudonimo aveva varcato pure i confini, tanto che, quando in Italia vennero pubblicati i primi libri con il suo vero nome e cognome, ci fu un critico che scrisse
addirittura "...firmati Simenon, uno pseudonimo del famoso scrittore Georges Sim...".
Alla fine sembra proprio che fu Fayard a decidere che questa nuova serie fosse firmata Georges Simenon. E d'altronde lo scrittore stesso qualche tempo prima, un po' sbilanciandosi in un intervista affermava " Fino ad oggi mi sono chiamato Sim, Georges Sim, ma adesso ne ho abbastanza di chiamarmi Sim, ora mi riapproprio del mio vero nome con il quale ho intenzione di firmare i miei libri: Georges Simenon" (al giornalista Frédéric Lefévre di Nouvelles Littéraires - 1930).

mercoledì 30 marzo 2011

SIMENON-FAYARD, LA GUERRA DEI MAIGRET

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio

Nei giorni scorsi vi abbiamo proposto le due versioni di come nacque il personaggio di Maigret. Scelta quella che vi piace di più, quella romantica accreditata da Simenon o quella "storica" basata sui suoi progressivi avvicinamenti al personaggio raccontati ieri, occorre facciate un altro cammino. Infatti una volta maturato il personaggio, ci fu ancora molta strada da fare prima che Maigret divenisse una storia seriale venduta al pubblico.
Il primo e più difficile ostacolo era costituito dagli editori. Simenon propose questo personaggio a varie case editrici, che però non lo ritennero adatto ai gusti dei lettori di polizieschi del tempo. Quindi il nostro autore tornò a proporlo a Fayard con cui già pubblicava i suoi romanzi popolari. Racconta Max Favelli de La Gazette des Lettres "...un giorno Charles Dillon leggeva un manoscritto di questo inesauribile fornitore (Simenon), quando ebbe un sussulto e andò a bussare alla porta di Arthème Fayard.
- Mi piacerebbe patron, che leggeste questo testo. Credo che l'autore abbia trovato qualcosa. E' riuscito a creare un personaggio davvero coivolgente. Un certo commissario Maigret...".
Qui di seguito riportiamo invece la ricostruzione della discussione tra patron Fayard e Simenon, così come la propone a pagina 145 Pierre Assouline nel suo monumentale Simenon biographie (Julliard 1992):
Alla prima occasione l'editore interpellò il suo autore:
- Mio piccolo Sim... ecco... Non è male, no, non è male...
- Ah, bene.
- Infatti è catastrofico. Impubblicabile!
- Ah...
- Non c'è una storia d'amore, nè un personaggio completamente buono o uno del tutto cattivo, nè giovani eccezionali, né eroine. Nessun personaggio simpatico e poi qui finisce sempre male... non ci si sposa mai! Ci vuole il "lieto fine". La maggior parte sono drammi, per di più sordidi...Non sono romanzi polizieschi, manca del tutto il lato scientifico. Non girano intorno ad un enigma come ad un problema del gioco degli scacchi. Il protagonista poi è un semplice funzionario, né bello, né forte, né eccezionale... Non fornite al pubblico gli elementi giusti... non ci sono enigmi, quindi non c'è nessun romanzo poliziesco. Dove vorreste che andassimo con questo? Credetemi, non sarebbe possibile alcun successo.
- Allora non lo pubblicherete?
- Ho consultato i librai: così non va. O meglio si va incontro alla catastrofe, non avreste più di mille lettori...andremmo sicuramente a perdere soldi... - ma infine concluse - scrivetene uno al mese, ci proveremo lo stesso...
Insomma nonostante la pessimistica previsione di Arthème Fayard, i Maigret usciranno a patto che l'autore cosegni i primi sei titoli tutti insieme.
La cose andarono più o meno così, forse ci fu bisogno di più di una discussione per convincere l'editore, qualcuno dice addiritura più di un anno.
Comunque in un'intervista rilasciata a Roger Stephane, Simenon ricorda che "... Fu una battaglia lanciare Maigret...E' stata l'unica volta della mia vita in cui mi sono trovato profondamente coinvolto nell'aspetto commerciale della pubblicazione... Ma sapevo che questa era la mia grande occasione, persa questa ci sarebbere voluti forse altri dieci anni...".
La grande occasione, non solo quella di passare dalla letteratura popolare alla cosiddetta semi-letteratura, ma anche la soddisfazione di imporre un poliziesco d'impostazione completamente differente dallo sterotipo che dominava allora e che diverrà un'icona, un punto di riferimento per molti degli investigatori protagnisti della letteratura di genere.

martedì 29 marzo 2011

NASCE MAIGRET. COME E' ANDATA DAVVERO

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio.

Ieri abbiamo illustrato come Simenon raccontava la situazione e il momento in cui gli venne in mente Maigret. Oggi cerchiamo invece di capire come lo scrittore in reatà sia arrivato a costruire il suo commissario. Già, perchè, come vedremo, non fu certo l'illuminazione di un momento, ma un processo lungo e complesso.
Se vogliamo, il cammino parte nel '26 quando Simenon, nell'ambito della sua produzione di romanzi popolari, esordì con il primo personaggio poliziesco: Nox l'insaisissable scritto per Ferenczi, sotto lo pseudonimo di Christian Brulls, il cui protagonista non è affatto un poliziotto o un detective, ma un ladro gentiluomo, nello stile di Arsène Lupin, che si beffe del investigatore privato Anselme Torres, come Lupin se ne faceva di Ganimard. Poi seguirà un giovane e biondo ispettore Georges Aubier (1929), quindi l'agente della Sûreté Gerard Moniquet (1929), dopo l'investigatore privato Joseph Leborgne (1929), poi il giudice Froget (1929), infine un'altro poliziotto, questa volta newyorkese, l'ispettore Jackson (1930). Ma tutti questi sono personaggi ancora troppo lontani da Maigret, sia per struttura che per spessore e mai protagonisti di racconti o romanzi seriali.
Iniziamo un qualche avvicinamento con il commissario Torrence e il brigadiere Lucas, che in coppia appaiono in due romanzi del 1930. (due ispettori della squadra di Maigret avranno gli stessi nomi). E arriviamo al primo personaggio seriale Yves Jarry (quattro romanzi dal '27 al'29), scapolo, trentacinquenne, formazione scolastica inglese, poliglotta, uomo di mondo, anche belloccio, insomma tutto il contrario di Maigret, anche perché non è un uomo della legge, ma un ladro, anche se molto "sui generis". Ma Jarry sarà sostituito nel quinto romanzo che Simenon consegnerà a Fayard, a fine settembre del 1929, Train de Nuit, il protagonista è infatti un certo commissario Maigret. Ma non ancora "il commissario Maigret". Il romanziere riteneva che anche Jarry, con tutti gli accorgimenti del caso, fosse ancora troppo simile nell'aspetto, nei modi, e nel tipo di avventure al "modello Lupin". Questo Maigret invece come salta fuori? La sua sgoma massiccia e pesante si scorgeva già tra i poliziotti che si muovevano intorno a Yves Jarry. E il suo nome? Forse reminiscenze di Simenon, fin da quando era alla Gazette de Liège e aveva conosciuto un funzionario di polizia di nome Arnold Maigret. E poi c'era stato addirittura un M. Maigret direttore della Sûreté Général nel 1855, cosa che però Simenon scoprirà solo molti anni dopo.
Ma come passò da Jarry a Maigret, due personaggi così distanti?
"Quando scrivevo romanzi popolari, negli ultimi tempi avevo iniziato a delineare un personaggio chiamato Jarry che mi piaceva particolarmente. La sua ambizione era quella di vivere un certo numero di vite. Parigino sofisticato a Parigi, pescatore con gli zoccoli in Bretagna, contadino qui, piccolo borghese là...  E poi è arrivato Maigret che ha preso il suo posto e mi sono accorto che Maigret è una trasposizione di Jarry; lui anche vive un gran numero di vite. Ma sono le vite di quelli ai quali, nel giro di un istante, si sostituisce". (lettera di Simenon a Quentin Ritzen - 1928)
In Maigret c'è sicuramente un po' di Simenon, ma c'è anche il contributo di diversi personaggi della polizia giudiziaria parigina conosciuti da Simenon come i commissari Massu, Guillaume, Xavier Guichard...  Ma in questo Train de nuit Maigret è commissario a Marsiglia, come aiutante ha soltanto l'ispettore Torrence, siamo ancora ad un prototipo.
Certo, quello che scrive Train de Nuit, anche se firma come Christian Brulls, è un Simenon che ormai padroneggia la scrittura e la struttura narrativa con una notevole capacità. Ma alcuni dettagli vanno ancora messi a fuoco, anche se ormai il famoso passaggio dalla letteratura alimentare a quella semi-alimentare è cosa fatta. Occorre attendere ancora due apparizioni del proto-commissario in La Jeune Fille aux perles (scritto nell'estate del '29 e firmato Cristhian Brulls) e La femme rousse (invece firmato Georges Sim del 1930)
Poi  nel '31 vennero quelli che parafrasando lo stesso Simenon potremo chiamare i Maigret-Maigret. Cioè la serie ufficiale. I primi romanzi, dopo oltre dieci anni  di scrittura, ad essere firmati Georges Simenon.

lunedì 28 marzo 2011

NASCE MAIGRET. LA VERSIONE DI GEORGES

Gìa, la versione di Georges Simenon, su come è nato il personaggio di Maigret. E' una versione molto affascinante, molto... simenoniana. Ne daremo conto qui di seguito, con la consapevolezza però che poi non si é rivelata quella reale. Ma d'altronde si può fare un torto a chi, come Simenon, da dieci anni si guadagnava da vivere raccontando storie di tutti i tipi, che s'inventava le imprese più assurde (anche se poi rivelatesi false) come quella del romanzo da scrivere in una gabbia di vetro, che aveva fatto un mito della sua velocità nello scrivere romanzi (anche se popolari) ad un ritmo quasi di produzione industriale, valendogli il soprannome di Citroen della letteratura? No, la sua versione di come nacque Maigret direi che andrebbe accettata perchè in fin dei conti fà anch'essa parte del personaggio ed è in qualche modo intreseca ad esso. E poi Simeon possedeva l'insolito istinto di sapere come rivolgersi ad un certo tipo di lettori. Probabilmente era una capacità innata, ma forse si era non poco affinata in quei dieci anni in cui aveva scritto per pubblici diversi, dagli amanti dei romanzi d'avventura alle storie sentimentali, dagli appassionati di intrighi polizieschi agli estimatori di racconti licenziosi. Insomma per ognuno un linguaggio diverso, per ognuno un modo particolare di costruire i personaggi, per ognuno una struttura differente della trama e dei finali.
Tutta questa pratica probabilmente lo indusse a ritenere che una versione "ad hoc" su come era arrivato a creare il personaggio di Maigret, sarebbe stata funzionale al lancio della serie e adeguata al tipo di lettori che si sarebbe dovuto conquistare.
Ma vediamo come ce la racconta Simenon.
Siamo nel settembre del 1929 e lo scrittore si trovava fermo nel porto olandese di Delfzijl, con la moglie Tigy, la femme del chambre Boule e il cane Olaf, perché la sua imbarcazione, l'Ostrogoth, aveva bisogno di diverse riparazioni. Durante  quella sosta aveva cercato di sistemarsi in una vecchia barca mezzo allagata. Qualche cassa di legno per sedersi, per poggiare i piedi, per la macchina per scrivere, per la bottiglia di vino e la pipa... Così sistemato precariamente, cercava l'idea giusta per creare un nuovo personaggio poliziesco.
Ma un po' la scomodità, un po' il rumore dei lavori del porto lo indussero a cercare un luogo più tranquillo. Lo identificò nel Pavillon, un café il cui il proprietario lustrava di continuo i tavoli. Lì, complice qualche bichierino di troppo, il caldo, la penombra del locale e uno stato di dormiveglia, nell'immaginario di Simenon prese forma una sagoma massiccia di un signore che poteva essere un credibile commissario di polizia. Forse era stata l'ombra intravista di qualcuno dentro o fuori il café?
Fu il punto di partenza... poi vennero aggiunti particolari quali una pipa, una bombetta, un pesante cappotto con il collo di velluto... Insomma il commissario prendeva forma, a quanto racconta Simenon. E invece....

SPÉCIAL-MAIGRET. UNA SETTIMANA DEDICATA AL COMMISSARIO

Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio. Si tratta del personaggio seriale più famoso uscito dalla penna di Simenon ed uno dei protagonisti più popolari in assoluto del mondo della letteratura poliziesca.
Tratteremo del modo in cui è nato, delle sue caratteristche di letteratura seriale, dei personaggi che lo circondano, delle sue abitudini, dei suoi metodi d'inchiesta e di tante altre cose. 
Insomma uno "Spécial-Maigret" che osserverà il famoso commissario da vari punti di vista, anche quelli meno conosciuti, e che racconterà il raporto tra lui e lo scrittore che lo ha creato, Georges Simenon.

domenica 27 marzo 2011

MAIGRET. BUON 80° COMPLEANNO, COMMISSARIO! DURANTE TUTTA LA PROSSIMA SETTIMANA NON PERDETEVI NULLA DELLO "SPÉCIAL-MAIGRET"

2011: ottant'anni di Maigret. E allora noi di Simenon-Simenon, la prossima settimana festeggeremo questa ricorrenza dedicando tutti i post da lunedì 28 marzo a domenica 3 aprile al celeberrimo commissario di 36 Quai des Orfévres.

Non perdete nemmeno un giorno se volete sapere tutto su Jules Maigret, la sua vera nascita, il suo percorso letterario, gli incipit più famosi, i personaggi della serie da M.me Maigret al giudice Comelieu, dai suo fidi ispettori alle locations delle sue inchieste. E poi ancora il rapporto tra creatore e personaggio, come iniziò l'avventura di Maigret e come finì.Insomma una vera indigestione di tutto quello che avreste voluto sapere del nostro caro commissario.

sabato 26 marzo 2011

SIMENON. L'AMICO DI MAIGRET ARRIVA AL VERTICE

Simenon ci ha abituato a questi exploit. Lo ripetiamo per l'ennesima volta con il rischio di essere monotoni. Ma, a qualche settimana dalla sua uscita in libreria, dobbiamo rilevare che, secondo la classica pubblicata oggi dall'inserto TuttoLibri de La Stampa, (rilevazione Nielsen-Booskan su 1100 librerie) l'inchiesta L'amico d'infanzia di Maigret (scritto nel 1968) si piazza al vertice della classifica dei tascabili più venduti.
Ne abbiamo già parlato nella presentazione alla sua uscita. Si tratta di uno dei Maigret dell'ultimo periodo, dove il commissario deve far appello a tutte le sue capacità di analisi psicologica per valutare correttamente questo vecchio compagno di liceo, perso di vista da tanto tempo Ora é un uomo, ma ancora il furbacchione di un tempo, uno po' sbruffone, uno che ha l'aria dell'innocente, quando le prove sembrano tutte contro di lui, che invece pare colpevole, quando gli indizi puntano da un'altra parte. E Maigret dovrà vedere lontano ben aldilà delle apparenze per risolvere il caso

SIMENON. BETTY... ANCORA WHISKY, PER FAVORE


Riceviamo da Paola Cerana, che chi ci segue ha già conosciuto, un suo commento su uno dei romanzi più  famosi di Simenon, Betty (1960). La sua è una visione particolare e coinvolgente che merita di essere letta anche perchè affronta la vicenda di questa donna in un modo davvero originale. "Simenon-Simenon" ha il piacere di condividere con voi questa "chicca".


Elisabeth Etamble, nata a Foyet, 28 anni, professione casalinga, domiciliata a Parigi, in Avenue de Wagram 22 bis … viene raccolta come una bestia malata sul pavimento della Buca, una bettola squallida e fumosa, in una notte di pioggia. Come ci sia finita lì non lo sa. E’ talmente ubriaca da non sapere più nemmeno chi sia l’uomo ambiguo che le sta seduto accanto, che le dice cose senza senso, stringendole minacciosamente la mano mentre le versa da bere.

Betty, così la chiamano, si sente risucchiata in uno stato d’incertezza ideale, non sa niente di niente, né di quella notte, né di quella precedente, e nemmeno immagina i giorni seguenti. Semplicemente se ne infischia. Solo del whisky le importa, l’unica vera via di salvezza per non pensare alle smagliature sui collant, all’odore di uomo che le sta appiccicato sull’abito sgualcito e sulla pelle sporca sotto il trucco sfatto … da quanto non fa un bagno? … ancora whisky per favore!

Deve bere per non pensare agli sguardi degli avventori, avidi, unti e curiosi, che frugano sotto i suoi vestiti e in silenzio la crocefiggono senza offrirle possibilità di fuga. Betty non sa esattamente da quanti giorni vaga in quello stato d’incoscienza, forse tre. La luce e il buio si sono susseguiti e rimescolati senza importanza, fuori e dentro la sua testa.

Da bambina, a volte nel suo letto, faceva lo stesso gioco: si rannicchiava in se stessa, ad occhi chiusi, soprattutto quando aveva la febbre, cercando conforto nel proprio calore, arrotolandosi nel proprio odore, nello scorrere del sangue e nel ritmo del cuore. Così, il tempo non esisteva più. Ma se allora si trattava di un gioco voluttuoso e senza vergogna, ora quel senso di abbandono sembra essere piuttosto l’amara rassegnazione ad un ultimo bisogno, una necessità vitale mendicata appena prima del capolinea. Oltre quel capolinea, solo due cose: il manicomio o l’obitorio.

Betty non ne può più. Con la mano incerta, cerca invano l’ultimo bicchiere semivuoto, che maldestramente cade, frantumandosi sulle mattonelle della Buca. Cosciente che tutti la stanno guardando, tenta di ridere o di singhiozzare, tanto fa lo stesso, cadendo rovinosamente a terra, senza però andare a pezzi come il bicchiere. Un tonfo sordo: odore di scarpe, delle gambe di sedie e di uomini, zaffate di alcol e di pavimento sudicio violentano le sue narici e le impregnano i capelli. Poi, improvvisamente, più nulla. Solo la voce di Mario, il proprietario della bettola, e di quella donna bruna, dall’aria vissuta che l’ha fissata tutto il tempo. “La porto via io … al Carlton, con me. … Date la 53 alla mia amica che non si sente bene.”

La sottoscritta Elisabeth Etamble, nata a Foyet, 28 anni, professione casalinga, domiciliata a Parigi, in Avenue de Wagram 22 bis, dichiara di essere stata sorpresa da suo marito e da sua suocera, vedova Etamble, sotto il tetto coniugale, in avenue se Wagram 22 bis, insieme a …


Laure Lavancher, la donna dai capelli neri e dall’aria vissuta, porta via Betty dalla bettola e si prende cura di lei con materna dedizione, senza un’apparente ragione. Si occupa di quel corpo inerme, minuto e delicato, disteso nel letto della camera d’albergo accanto a quella dove lei abita da anni. Lo ripulisce con rispetto, fin nelle sue pieghe più intime, consapevole di non potere lavare le ferite più profonde che nasconde. Finalmente, forse per la prima volta in vita mia, qualcuno si sta occupando davvero di me … pensa Betty, sentendosi passare la salvietta umida tra le dita dei piedi.

Da quel momento, per alcuni lunghissimi giorni, le loro vite s’intrecciano e le due donne, che il destino ha lasciato sole per ragioni differenti, si scambiano confidenze e ricordi, in un torbido risveglio dei sensi, in cui delusione e nostalgia si mescolano amaramente. A scandire lo scorrere del tempo, nella stanza di boiserie azzurra, solo le visite amorose di Mario a Laure, quelle del dottore a Betty e il tintinnio dei cubetti di ghiaccio sul fondo dei bicchieri puntualmente vuoti, come le bottiglie di whisky accumulate sul comodino.

La croce di Betty è quella d’aver avuto sempre fretta di crescere, sin da bambina. E per lei crescere voleva dire avere quella ferita nel corpo, come aveva visto succedere alla sua cugina più grande, montata come un animale dallo zio, di nascosto da tutti. Lei però aveva visto e da allora aveva imparato che le donne erano fatte per questo, per subire quella lacerazione, come una condanna, una punizione. Aveva fretta di sentire male, Betty, e così, per tutta la vita ha rincorso la sua ferita. Finché un giorno si è imbattuta in Guy, un onesto giovane di buona famiglia, che ha avuto la sventura d’incapricciarsi di lei, senza sapere nulla della sua vita. L’ha voluta come moglie e come madre delle sue figlie, snaturando Betty, costringendola dentro una maschera e rubandole la sua natura goccia dopo goccia, come lenti sorsi di whisky, fino a lasciare solo un misero fondo vuoto.

La sottoscritta Elisabeth Etamble, nata a Foyet, 28 anni, professione casalinga, domiciliata a Parigi, in Avenue de Wagram 22 bis, dichiara di essere stata sorpresa da suo marito e da sua suocera, vedova Etamble, sotto il tetto coniugale, in avenue se Wagram 22 bis … rinuncia ai propri diritti di madre e si impegna a firmare in futuro tutti i documenti che …

Non è perché era stata colta tra le braccia dell’amante nella sua stessa casa, a due passi dalla camera delle figlie, che s’è messa a bere. Non è perché era stata scacciata dal marito e liquidata con un assegno dalla ricca famiglia che è diventata un’ubriacona. E nemmeno perché era stata costretta a firmare una dichiarazione con cui rinunciava a tutto, persino al suo diritto di madre. No! Betty ha semplicemente ripreso possesso della sua autentica natura dopo una catastrofe passionale inevitabilmente scoperta, consapevole di non potere mai essere come gli altri, né come gli altri l’avrebbero voluta. La ferita che l’ossessionava sin da bambina non l’avrebbe mai abbandonata. Lei non sarebbe mai stata pulita. Tanto valeva sporcarsi tutta, fino in fondo, per bene, senza possibilità di tornare indietro, diventando definitivamente una prostituta e un’ubriacona.

L’ultima sera al Carlton, però, Betty non ha intenzione di restare lì come un vegetale, intorpidita dai farmaci, mentre Laure e Mario vanno alla Buca a spassarsela. Distesa nel letto, anch’esso immobile come una bara, sente improvvisamente crescere in sé qualcosa di molto vago eppure prepotente, una possibile via d’uscita, forse, oppure la fine, chissà …

Betty, è uno dei romanzi più femminili e torbidi di Georges Simenon, uno di quelli che mi ha coinvolto e sconvolto fino all’ultima pagina, per lasciarmi alla fine con un brivido di fronte a un epilogo che davvero non mi aspettavo. Così, mentre le immagini della storia si rimescolavano ancora calde nella mia mente, ho chiuso il libro e, con un amaro sorriso, ho cominciato a scrivere queste righe per respirarle a modo mio …

giovedì 24 marzo 2011

SIMENON, E QUANDO NON SI SENTE BENE NELLA SUA PELLE?

Passava questi momenti. Era un certo malessere, talvolta più fisico e qualche volta più psicologico. In quei momenti Simenon andava dal suo medico per parlargli di questi suoi sintomi. E il dottore gli chiedeva: "Quando inizierà a scrivere il suo prossimo romanzo?". Al che Simenon rispondeva: "Tra un po' " oppure "Tra una settimana" o anche "Tra una dozzina di giorni". Il medico se lo guardava e gli rispondeva: "Allora, va tutto bene, non si preoccupi, ma... inizi a scrivere prima possibile".
Lo scrittore definiva questo stato être mal dans sa peau. Era un preavvertimento di un'altro stato d'essere, l'état de roman. Cioé lo stato creativo in cui si sentiva Simenon quando iniziava a scrivere un romanzo e in quel momento non si sentiva più nella sua pelle. Perché? Perché in quella fase stava entrando nella pelle di qualcun altro. Che altri non era che il personaggio del suo nuovo romanzo.
"...Quando entro in état de roman - spiegava Simenon - vivo ventiquattr'ore al giorno con lui, entro nella sua pelle, ragiono con la sua testa e, quando inizio a scrivere, non posso smettere nemmeno un giorno. Non si tratta solo di un rituale, ma di un'esigenza, perché se mi fermo anche solamente un giorno perdo il filo.
Mi è capitato una volta per una malattia. Dopo qualche giorno di pausa ho ripreso a scrivere ma ho cominciato a chiedermi perché ho costruito così questo personaggio? E una tale ambientazione come mi è venuta in mente? E ancora cosa significa questa situazione?... Insomma non era più il mio romanzo e ho dovuto rinunciare a scriverlo..."
E poi Simenon non sapeva mai quanto sarebbe durato questo stato di grazia, sei, sette, dieci giorni. E infatti sottolineava più volte che, una volta fuori dall'état de roman, non sarebbe stato più capace di terminare il romanzo. Quindi doveva sbrigarsi e il suo ritmo forsennato di scrittura era dovuto, soprattutto per i romans durs, proprio a questo timore.