mercoledì 21 settembre 2011

SIMENON. L'ETAT DE... BUSINESS

Eugene Merle, Frenczy, Fayard. Erano alcuni dei più importanti tra i primi editori per cui Simenon lavorò. Ovviamente con i primi, tra la necessità di lavorare e l'inesperienza nelle trattative, il giovane scrittore non riusciva a portare a casa dei contratti molto vantaggiosi. Nei primi anni compensò con la velocità e l'ingente produzione che gli permettevano di tenere un soddisfacente livello di reddito.
Ma con il passare degli anni, la sua popolarità gli conferiva anche un maggior potere contrattuale e soprattutto iniziò a comprendere il meccanismo con cui trattare e trarre il massimo da ogni contratto. Ben presto fu in grado di discutere alla pari con i propri editori e imporre le proprie condizioni.
L'ultimo da cui subì fu proprio Fayard. 1930. Quando si trattò di iniziare a pubblicare i Maigret, Simenon aveva già scritto cinque inchieste del commissario, ma c'erano ancora pendenti 30.000 franchi, residuo di un precedente contratto per una serie di romanzi popolari.
Lo scrittore cercò di convicere Fayard che avrebbe potuto scalare la cifra dai proventi dei Maigret. Ma l'editore fu irremovibile nonostante le forti pressioni di Simenon. Il motivo ufficiale del diniego consisteva nella volontà di non mischiare i conti di contratti diversi (un Maigret gli sarebbe costato di più di un romanzo popolare). La verità era che non credeva che il personaggio del commissario potesse aver successo, mentre sapeva che i romanzi popolari firmati George Sim, erano moneta sonante.
Simenon si chiuse in una baracca a Concarneau, in Bretagna, per tre mesi, scrivendo fino ad undici ore al giorno con una media di 80 pagine, dormendo poco e bevendo più del dovuto. Un tour de force che lo lasciò debilitato, molto dimagrito, ma con il debito saldato e la mente sgombra per pensare al suo Maigret. Certo fu un'esperienza che non perdonò mai a Fayard e infatti, dopo i primi diciannove titoli di Maigret previsti dal contratto, che ebbero un gran successo, l'editore si vide abbandonare inesorabilmente dalla sua gallina dalle uova d'oro.
Altra scena, altro livello. 1934. Simenon nello studio dell'editore più ambito di Francia, Gastone Gallimard. Appuntamento per definire il contratto. Gallimard propone un pranzo di lavoro, un po' per il piacere di conoscersi e un po' per i conti, ma Simenon detta le sue regole: in ufficio, telefono staccato, porta chiusa per tutti, così in circa un'ora avrebbero raggiunto un accordo (vedi il post del 20 novembre 2010 Braccio di ferro tra Georges Simenon e Gaston Gallimard). I risultati furono buoni per lo scrittore su un editore esperto, che pure era considerato sul piano degli accordi un osso molto duro. E invece Simenon chiese un contratto che prevedeva sei libri all'anno, il 10% fino a 10.000 copie, il 12% al disopra e una tiratura garantita di 50.000 copie. Tutti gli sfruttamenti non letterari dell'opera al 50%, ma se trattative e contatti venivano dallo scrittore gli andava riconosciuto il 75%. Condizioni del tutto fuori standard che Gallimard sapeva l'avrebbero messo in perdita, almeno nei primi tempi, ma che alla fine accettò e che tenne ben segrete per non incorrere nel risentimento degli altri suoi scrittori.
1946. Ritroviamo Simenon in America e da Gallimard passa a Presses de La Cité, di Sven Nielsen, un piccola casa editrice, prima distributore di libri. Qui non ci sono condizioni, lui l'ormai famoso Simenon, porta in dote addirittura quel Pedigree, che André Gide aveva sollecitato tanto, e poi romanzi come Je me souviens, Trois chambres a Manhattan, Lettre à mon juge e non utimo Maigret... Il giovane Nielsen non aveva speranza di scegliere nemmeno le date d'uscita... ma ebbe la fortuna di pubblicare un autore che molti editori avrebbero voluto nel loro catalogo. Nielsen e Simenon s'intesero sempre più costituendo un sodalizio, non solo professionale, che durerà fino alla morte del romanziere.

martedì 20 settembre 2011

SIMENON. IL "VICTOR" NON PARTE E... TUTTO SI FERMA

Siamo esattamente al 20 settembre del 1972. Simenon, nella grande villa di Epalinges, a febbraio ha terminato un'indagine del suo commissario, Maigret et M. Charles. Ormai è solo nella sua abitazione principesca. La seconda moglie Denyse da tempo ha definitivamente rotto i legami con Georges (anche se sono ancora sposati). Dei figli, Marc è ormai impegnato nel suo mestiere di regista cinematografico e televisivo e vive a Parigi. Johnny studia legge negli Stati Uniti. Marie-Jo è spesso in giro. Ad Epalinges vive con lui il piccolo Nicolas che ha tredici anni e va ancora a scuola e Teresa la sua compagna.
Lo scrittore si accinge a scrivere un nuovo romanzo. Secondo i suoi rituali, prepara tutto l'occorrente, sceglie un nome come titolo provvisorio,  Victor, che gli è familiare e che ha già dato a diversi personaggi dei suoi romanzi. E poi, come sempre, i soliti elenchi di nomi e cognomi, riferimenti cronologici e geografici sulla consueta busta gialla... qualche appunto.
Victor, avvocato... la moglie Berthe... il figlio Raymond... una famiglia di avvocati...  una moglie che uccide il marito e, scontata la pena, sparisce in Sud America...
La storia é ancora confusa e, come al solito Simenon non sa come andrà a finire.
Pian piano si rende conto che il famoso déclic non scatta, che non è in état de roman, né è entrato nella pelle di Victor.
Alla vigilia dei settant'anni il romaziere prende coscienza che non potrà scrivere né quello né altri romanzi. Cosa è successo?
Simenon come prima risposta non trova di meglio che incolpare Denyse, che ha giurato di distruggerlo come scrittore (aiutata, riuscirà a pubblicare due libri  "Un oiseau pour le chat" e "Le Phallus d'or", autobiografici entrambe, pieni di livore e accuse, alcune false, altre tutte da verificare e tutte contro Georges) tutta presa nel suo delirio di poter diventare lei la M.me Simenon scrittrice.
Ma i motivi veri sono altri, ad esempio la stanchezza e lo stress di entrare per oltre quarant'anni e per centinaia di volte nella pelle dei suoi personaggi... forse Simenon percepì un pericolo, quello di essere sull'orlo di un punto di non ritorno? Quello di perdersi definitivamente nelle sue creature?
Qualche anno prima, prendendo in esame l'ipotesi che un giorno non sarebbe stato più in grado di scrivere, affermò "...Sarà uno choc terribile per me e non vedo come il medico potrà risollevarmi...". E invece non ci fu crisi, sembrò che Simenon subisse passivamente quella situazione come ineluttabile, il segno della fine di una fase, un fatalismo consapevole che contro il destino non si può lottare, proprio come accade ai protagonisti delle sue storie. Anche lui era andato fino alle coseguenze estreme della sua sorte: non scrivere più (vedi anche il post del 23 luglio Simenon. Come finisce un romanziere).
Era un ciclo concluso, i romans-durs, i Maigret, ma anche la sua casa di Epalinges per lui così piena di significati, che lasciò dopo un paio di mesi, tutto ormai era alle sue  spalle.
Ormai era  un uomo qualunque, lui e Teresa, come un coppia qualunque, andarono infatti a vivere in un appartamento qualunque, all'ottavo piano di un grosso condominio a Losanna.
Come scrive il suo più autorevole biografo, Pierre Assouline, "...si sentiva finalmente un uomo come tutti gli altri. Ma era soltanto lui a crederci...".

lunedì 19 settembre 2011

SIMENON. PERCHE' NON SFONDO' NEGLI USA?

Quando nell'estate del 1945 Simenon abbandonò la Francia con l'idea di stabilirsi  negli Usa, aveva una priorità che occupava gran parte della sua mente. Sfuggire ad una possibile accusa magari con conseguente arresto, da parte del Fronte di Liberazione nazionale francese. Poi c'erano altri motivi più o meno collaterali, ad esempio far studiare il figlio Marc nei progrediti e moderni college americani (motivo che però la moglie Tigy sosteneva fosse un pretesto), oppure l'ambizione, nascosta ma profonda, di scrivere negli States con la voglia di confrontarsi, sul loro campo, con quei romanzieri americani che lui considerava incarnassero la più moderna forma letteraria.
Dieci anni dopo si ritrova a Lakeville, nella sua residenza di Shadow Rock Farm a fare un po' di conti su quella sua originaria aspirazione. E nella colonna dei "più" può segnare il consenso della critica, la nomina a Presidente del Mystery Writers of America, anche il riconoscimento di diversi scrittori statunitensi, tra cui Henry Miller, Thorton Wilder, William Faulkner. Inoltre in quel decennio aveva rafforzato e incrementato la sua popolarità tra i lettori americani, i settimanali a grandi tirature e le riviste letterarie si occupavano di lui (nel maggio 1953 ben tredici pagine di "ritratto Georges Simenon" sull'autorevole "The New Yoker")..
Nella colonna dei "meno" giganteggia il mancato obiettivo. Diciamola tutta, Simenon credeva di sfondare e diventare un caso letterario, come era successo in Francia. E invece ottenne solo un discreto successo. Cosa che un altro, che non fosse stato Simenon, avrebbe giudicato un ottimo risultato. Ma per lui, abituato a fissarsi degli obiettivi e poi raggiungerli, quello non fu proprio uno smacco, ma una mezza delusione certamente. Eppure le qualità c'erano, il sostegno di un certa critica pure e le vendite non erano certo un flop. Ma allora cosa mancò a Simenon per sfondare?
Diversi giornalisti, letterari come Brendan Gill, Helen Wolff o Maurice Dumoncel concordavano sul fatto che sul mercato americano i libri di Simenon erano tradotti in un inglese per gli inglesi. E questo si rivelava indiscutibilmente un handicap. Ci sarebbe voluta una versione americana per gli americani.
Un altro fattore era l'imprinting della cultura europea che Simenon, nonostante i dieci anni in America non poteva cambiare come faceva con le sue abitazioni. E anche questo per un popolo caratterizzato, soprattutto allora, da una mentalità e  da una cultura autoreferenziale, non era portato a tributare trionfi agli stranieri. Insieme ad altri motivi, anche questa piccola sconfitta contribuì a riportarlo nel vecchio continente a fare il pieno di riconoscimenti, a mietere gloria e ad assistere alle numerose manifestazioni in suo onore.

domenica 18 settembre 2011

SIMENON. ANCORA UN EVENTO IN VANDEA

La Vandea raddoppia. Dopo aver celebrato lo scrittore con il Festival Simenon (11-19  giugno) a Sable D'Olonnes, dopo circa tre mesi torna a organizzare un'altra iniziativa sia pure di tipo del tutto diverso. Si tratta di Georges Simenon, de la Vendée aux quatre coins du monde, un'esposizione che abbraccia tutti i periodi e i temi cruciali e della vita e delle opere dello scrittore e che avrà la durata di ben cinque mesi, dal 30 di settembre al 26 febbraio 2012. La manifestazione che si svolgerà a Les-Lucs-sur-Boulogne, a sud di Nantes, verrà allestita nel complesso Historial de la Vendée e proporrà ai visitatori un'approccio interdisciplinare attraverso l'esposizione di manoscritti, scritti inediti, immagini, documenti audiovisivi, film, oggetti e persino mobili, insomma oltre 200 oggetti provenienti dalla Fondazione Simenon presso l'Università di Liegi.
Ma ci sarà anche la ricostruzione di una sala cinematografica dell'epoca, dove verrà proiettato in anteprima il film di Alain Ferrari Tout ou presqe sur Maigret.
La  mostra sarà l'occasione per l'edizione di un catalogo di 280 pagine dove si troveranno le firme di studiosi e specialisti sotto la direzione di Benoît Denise. Direttore del Centro Studi George Simenon (Éditions Somogy).
Come ha detto Bruno Retailleau, presidente del Consiglio generale della Vandea
"...Simenon e la Vandea sono soprattutto le peregrinazioni di un grande viaggiatore, abituato ai reportage dai quattro angoli del mondo. In soli cinque anni Simenon setacciò il nostro dipartimento al punto di cambiare sei volte indirizzo! Ma Simenon e la Vandea é anche la storia di una svolta letteraria, con la scrittura di Pedigree ...".
In effetti quegli erano gli anni in cui André Gide, esercitava la sua inflenza affichè portasse a termine questo primo romanzo autobiografico e corale.
Le varie sezioni dell'esposizione partono dall'infanzia a Liegi, il periodo francese e quello statunitense, ma si troveranno anche spazi dedicati ai suoi viaggi, alla sua vita, al commissario Maigret, ai film tratti dai suoi libri (saranno proiettati Le Chat, Le Train, Les Fantômes du chapelier, Maigret tend un piège), insomma una panoramica a 360° sull'uomo, sul romanziere e sull personaggio, dove non mancheranno interventi qualificati tra i quali quelli del suddetto Benoît Denise, di Claude Gauter e del figlio dello scrittore stesso, John.
per tutte le informazioni visitare il sito di Historial Vendee

sabato 17 settembre 2011

SIMENON. POLICE SECOURS... DALLA CARTA ALLA REALTA'

Siamo nel 1935. Simenon é partito ormai con i Maigret (già usciti diciannove titoli), ha firmato da un anno con la prestigiosa Gallimard con cui ha iniziato a pubblicare i primi due romans-durs. Su richiesta del suo amico Pierre Lazareff, direttore di Paris Soir, si presta a fare un salto dalla finzione delle inchieste del suo commissario ai luoghi della criminalità parigina per il quotidiano fondato da Eugene Merle, editore per cui Simenon aveva lavorato ai tempi dei romanzi e dei racconti popolari. Sarà un'inchiesta a più puntate che partirà dai vari commissariati della città per seguire le indagini della polizia e conscere i casi veri che questa si trovava ad affrontare. La serie di articoli si chiamerà Police Secours (verra poi raccolta in un volume dallo stesso titolo). 
Oltre a ricostrire una mappa geografica della malavita cittadina e a illustrare i tipi di malaffare e di reati che la polizia doveva combattere, anche in questo caso vediamo Simenon impegnato a dare risalto al lato umano dei vari casi e soprattuto alla povera gente. Ci scappa il morto tra portoghesi e zingari nel XVIII arrondissement, tra operai stranieri nel XIX, ma anche tra protettori di bassa lega. Cadaveri in fondo ai canali, ma anche prostitute massacrate e fatte a pezzi... la spietata legge dei racket.
Ma quando va a fare la somma dei morti ammazzati di quell'anno a Parigi, scopre che sono solo sessantanove su oltre quattro milioni di abitanti.
E a quel punto Simenon si chiede: "...una proporzione inferiore a quella del paese un apparenza più calmo: sto parlando della la Svizzera. Perché si uccide di più  negli idilliaci cantoni elvetici che nella brulicante Parigi?...".
Siamo rimasti particolarmente colpiti come gli esempi fatti in questa inchiesta sembrino quasi delle trasposizioni dei drammi raccontati nei suoi libri, e non solo nei Maigret , ma anche nei romans-durs. Storie banali, protagonisti spesso appartenenti alle classi più povere e dove un fatto trascurabile genera delle  tragedie. "...volete che  ve ne racconti uno molto eloquente? - chiede Simenon al lettore di Paris Soir in un articolo intitolato Bettole e postriboli - In un traquilla casa di places des Vosges abita un mutilato di guerra che lavora tutto il giorno come ascensorista. La sera è nervoso, ha bisogno di molto sonno. Il suo vicino é invece un reduce intossicato dai gas asfissianti, che vende aspiratori elettrci. Ora dopo il lavoro il gassato ascolta il grammofono per ore e  sempre gli stessi dischi. Ne ha solo sei! E tutti i giorni... Il mutilato ha protestato col portinaio, poi con il proprietario. Ha scritto al commissarato di polizia. Tutto quello che si é potuto fare é stato ordinare che il grammofono fosse spento alle dieci di sera. Ma non è abbastanza! Il mutilato é ossessionato da quella musica. Un giorno i due uomini si sono picchiati sulle scale e si é dovuto dividerli.
Una sera, infine... il mutilato, fuori di sè, è andato dal vicino con un fucile che conservava come ricordo della guerra. Ha sparato. Il gassato non é morto, ma hanno dovuo mettergli uno stomaco artificiale...".

giovedì 15 settembre 2011

SIMENON. IO SONO I MIEI PERSONAGGI, MA...

Frase superflua per un romanziere che scriveva solo in una specie di trance, il famoso "état de roman", e che entrava nella pelle dei personaggi fino a sentirsene male. E non si trattava solo di partecipazione psicolgica, ormai lo sappiamo bene. Lo dimostrano non solo i settecento grammi di sudore di cui erano intrisi i suoi abiti alla fine di ogni seduta giornaliera di scrittura (con tanto di pesata della Boule, prima e dopo), ma ad esepio anche le conseguenze dell'alcolismo, quando scrisse di un uomo afflitto da questa piaga, tanto che il suo medico gli ordinò o di finire molto in fretta il romanzo o di smettere immediatamente.
Eppure... Eppure il mestiere che aveva imparato prima con i romanzi popolari, gli imponeva per ogni genere una struttura diversa, e poi aveva a che fare con le regole di un poliziesco, sia pure sui generis come i Maigret, che gli imponeva un doppio codice quello della letteratura polar e quello della narrativa seriale.
Inoltre, a parte la componente caratteriale, la grande quantità di lavoro evidentemente lo spingeva ad un ordine e ad una tecnica che gli facesse fruttare al meglio il tempo di cui disponeva (soprattutto agli inizi, quando scriveva sino ad ottanta pagine al giorno).
E probabilmente tutto il maniacale insieme di rituali, prima e durante la scrittura deriva proprio da quella esigenza. Appuntare un cinquantina di matite (e in seguito pulire ed oliare bene la macchina per scrivere). Prepararsi nomi, parentele e certe cronologie sulla famosa busta gialla. La sequela dei nomi di scorta appuntati su un foglio, ma anche gli elenchi del telefono, per dare un nome e un cognome ad un personaggio che non aveva previsto. Pipe pulite, cariche e pronte per poter essere fumate una dopo l'altra senza perdere tempo a riempirle. La bottiglia di vino a portata di mano. E ultima, ma non ultima, la targhetta "please don't disturb" sottratta ad un albergo e appesa sulla maniglia esterna della porta dello studio, accuratamente chiusa.
Quelle ore vissute in trance nella pelle di un altro avevano quindi bisogno di una tecnica e dei supporti materiali che man mano divennero dei veri e propri rituali senza i quali Simenon forse non sarebbe riuscito a scrivere, proprio come non avrebbe finito una riga senza essere in "état de roman".

mercoledì 14 settembre 2011

SIMENON. DORINGE, LA SUA IMPLACABILE... EDITOR

"... potete, sin dalla prima lettura, correggere gli errori di battuta, di ortografia, le doppie, ma a condizione di non cambiare e soprattutto non aggiungere e non togliere una virgola, perché sia nel senso grammaticale sia nell'uso corrente, sono maniaco su questo punto. Le altre correzioni fatele senza remore. Quando riceverete di ritorno le bozze, non meravigliatevi se non ho tenuto conto di tutte le vostre osservazioni. Ci tengo a che voi le facciate. Ma io non sono sempre d'accordo con voi. Capita spesso che voi abbiate ragione agli occhi della grammatica. In certi casi me disinteresso, come della ripetizioni delle parole, di certi accostamenti poco eufonici...  In questo André Gide era completamente dello stesso mio avviso. Poco importa se i puristi inorridiscono...".
E ovvio che sia Simenon a parlare, anzi a scrivere, in una lettera del 1960, a riceverla è Doringe una sua storica correttrice. Era belga anche lei, con un trascorso di professoressa d'inglese, giornalista (dalla cronaca alla critica ciematografica) e traduttrice di romanzi americani. Un passato sufficientemente vario e articolato per essere all'altezza dell'universo letterario simenoniano come editor, se nel caso di Simenon si può parlare di un editor, come dimostra il brano della lettera riportata in apertura.
Ma Doringe aveva un carattere deciso e non temeva di esprimere le proprie idee anche se doveva affrontare degli scontri con Simenon. Ma dietro una certa durezza si nascondeva non solo un'ammirazione per lo scrittore, ma forse qualcosa di più. Certo lei aveva una ventina d'anni più di lui, ma era l'unica ad indirizzargli lettere che iniziavano con "Sim de mon coeur...". E ancora la sua sincerità assoluta nelle loro discussioni lo scrittore la definiva "voluttà sadica". Persino Denyse, la seconda moglie, che, nei periodi di revisione dei romanzi la rimproverava di passare più tempo di lei con Simenon, si sentiva rispondere "Ma io non ci vado mica a letto...".
Insomma un personaggio che spesso irritava lo scrittore, ma di cui non avrebbe saputo fare a meno. Ad esempio scrivendo nel 1962 a Sven Nielsen, il suo editore, affermava: "...lei mi rimprovera di non aver ancora imparato quali parole si scrivono con due "n" o due "r", senza pensare che se lo sapessi sarei un correttore invece di ostinarmi a cercare di scrivere dei romanzi...In genere non accetto che una su dieci delle correzioni di Doringe. Altrimenti il mio stile sarebbe piatto come il suo...". E su questo lei lo prendeva in giro, chiedendosi come fosse possibile che un uomo di cinquant'anni non fosse in grado di fare la differenza, tra un accento circonflesso, uno acuto o uno grave.
Ma aldilà di tutto, da parte di Siemenon c'era una stima di fondo confermata da una propria dichiarazione in una lettera del periodo americano "... E' una donna anziana, che lavora per me da tanto tempo, che revisiona tutte le mie bozze, che mi conosce meglio di me stesso  e nella critica della quale ho la massima fiducia...".

martedì 13 settembre 2011

SIMENON. FACCIAMO ORDINE SULLE PROSSIME USCITE

A sinistra, il libro mai uscito, a destra, quello ora annunciato in anteprima 
Adelphi annuncia tra le proprie anteprime, una nuova inchiesta del commissario Maigret: Maigret e l'omicida di rue Popincourt. Che sia annunciato non significa sempre che poi esca davvero.
Vogliamo ricordarvi infatti il post scritto il 4 luglio dove annunciavamo, riportando fonti Adelphi, le consuete novità per l'estate costituite da un romanzo di Simenon, L'assassino, e un'inchiesta del commissario Maigret e l'omicida. Quando i libri apparvero sugli scaffali delle librerie, l'indagine era cambiata e l'omicida aveva fatto spazio a l'uomo solitario (chi ne avesse voglia potrebbe rileggersi quel post Simenon. Maigret e il caso dell'omicida divenuto uomo solitario ).
Ma questo ha un'importanza relativa per i lettori vergini, leggere un'inchiesta del commissario, invece di un'altra, non cambia granchè (anche perchè Adelphi nel suo criterio per le uscite non ha mai usato quello della cronologia originale), un po' meno, magari, per chi va in cerca di un titolo specifico.
Ma adesso torniano al Maigret annunciato in anteprima e cosa scopriamo? Che è lo stesso che doveva uscire ai primi di luglio, ma... Già c'è un ma, infatti se il romanzo é assolutamente lo stesso (titolo originale Maigret et le Tueur, scritto nell'aprile del 1969 ad Epalinges e pubblicato alla fine d'ottobre da Presses de La Cité) il titolo italiano si è allungato: da Maigret e l'omicida a Maigret e l'omicida di rue Popincourt. Stessa copertina e stessa foto del libro mai uscito (vedi le foto), ma titolo più... ricco, grazie alla specificazione della via dove è avvenuto l'omicidio.
La trama? La trovate nel post del 4 luglio Simenon. In arrivo un assassino e un omicida... estivi . Speriamo che questa sia la volta buona e ...buona lettura.

lunedì 12 settembre 2011

SIMENON. I PROSSIMI APPUNTAMENTI

Dalla fine di settembre a quella di ottobre sarà un mese ricco di iniziative ed aspettative per quanto riguarda Simenon sia in Belgio che in Francia. Chi si trovasse per caso da quelle parti...
• Si inizia con l'inagurazione del nuovo Museo delle lettere e dei manoscritti a Bruxelles che si aprirà il 23 settembre con una mostra dedicata ai cimeli del romanziere belga. Un'esposizione che tra scritti, lettere, autografi e carte varie proporrà ben 160 pezzi che si riferiscono ai vari periodi della vita di Simenon. L'iniziativa durerà fino al 24 febbraio 2012.
• A Parigi invece il 21-22-23 ottobre sarà la volta della seconda edizione di Paris Noir - festival europeo del romanzo e del film noir che quest'anno propone come paese ospite l'Italia e che tra le sue numerose manifestazioni vede anche Les Promenades de Maigret, in compagnia di un ex-commissario alla scoperta dell'universo del personaggio simenoniano.
• A metà di settembre circa, invece, sarà il momento in cui si deciderà sull'iniziativa di un'esposizione permanente interamente dedicata a Simenon nella sua città natale. C'è già un progetto, ma occorrerà presentare anche un business-plan e reperire i fondi necessari e proprio tra un paio di settimane se ne dovrebbe sapere qualcosa.
• Sempre in Francia lunedì prossimo nell'ambito della Médiathèque du Nord, a Proville (Nord-Pas-de- Calais) verrà organizzata una tavola rotonda alle 18.30 dal titolo L'autre Simenon e poi alle 20.30, il film Feux rouges (2003) di Cédric Khan con Jean Pierre Darroussin e Carole Bouquet, tratto dall'omonimo romanzo simenoniano del 1953.

domenica 11 settembre 2011

SIMENON. L’ALTRA FACCIA DELL’HARD BOILED

Sul  grande schermo Bogart è il Philip Marlowe di Chandler e Gabin è Maigret
Primi anni trenta. Negli Stati Uniti si fa largo nella letteratura definita “mystery”  la cosiddetta hard-boiled-school. E’ costituita da un gruppo di scrittori che pubblicano le loro storie sui pulp-magazine, giornali ecomomici, stampati su carta dozzinale e venduti a prezzi molto popolari. Uno di questi è il punto di riferimento, dove scrivono quelli che sono considerati i padri di questo nuovo genere, The Black Mask, diretto da un certo capitano Joseph Shaw. I nomi di questi romanzieri sono Dashiell Hammett e Raymond Chandler (vedi anche il post del 24 novembre dell'anno scorso Simenon: Chandler? Uno scrittore "tout court" ), ma potremmo citare anche Cornell Woolrich o Erle Stanley Gardner, padri di famosi personaggi come Sam Spade, Philip Marlowe, Perry Mason.
Cosa portava di nuovo questa scuola nel mondo del mystery? Come espose chiaramente Chandler nel suo saggio La semplice arte del delitto (1944), intendeva distaccarsi da quel romanzo poliziesco, soprattutto di matrice britannica, dove il delitto sembrava un gioco, la sua soluzione un passatempo enigmistico e i moventi degli astrusi e a volte dei capricciosi motivi.
L’hard-boiled-school riportava l’omicidio sulla strada, anche nei sobborghi più sordidi e motivato da sentimenti e bisogni veri come la passione, la brama di soldi o di potere, la vendetta per amore, la corruzione, il bisogno. E niente veleni in aromatici tè, o complicati congegni di esotica manifattura. Ad uccidere erano pistole, coltelli, fucili, bastoni. Insomma la vita reale faceva irruzione nel mystery e portava con sé personaggi ambigui, mai del tutto buoni o cattivi, mai spinti solo dalla loro volontà, ma spesso sottoposti ad un destino che la posizione sociale riservava loro. In primo piano il detective privato che, solo contro tutti, cerca di far prevalere la  giustizia dove la legge latita e sullo sfondo una profonda sfiducia nella società, corrotta, ingiusta dove anche chi deve far rispettare la legge non sfugge a questa ambiguità tra onestà e corruzione, tra male e bene.
Dall’altra parte dell’oceano, e negli stessi anni, esordiva Maigret, un altro personaggio che, sia pure in modo diverso, sovvertiva i canoni del polar e dava vita ad un funzionario di polizia, sposato, che non aveva nulla di eroico e che svolge le sue indagini tra gente comune, persone normali che diventano criminali per i fatti più banali della vita di tutti i giorni, anche qui amore, denaro, segreti  inconfessabili, gelosia.
Questa voglia di realismo, che riporta con i piedi per terra un genere poliziesco che aveva fatto sognare con i suoi inarrivabili eroi, evidentemente intercetta le aspettative di un pubblico che aveva voglia di riconoscersi anche nelle storie più oscure, che scavano nei sentimenti più torbidi (ma non per questo meno reali). E Maigret come  Marlowe, o come Sam Spade, racconta, la società del tempo, denunciando i suoi problemi sociali, ma anche scavando di più sul lato psicologico e creando quel tipo di storie chiamate poi noir, che ebbero talmente tanto successo da venire poi considerato un genere a sé.
E, in Maigret, anche Simenon ci fa scoprire tutta una serie di personaggi, dai poveri diavoli predestinati, ai ricchi corrotti, ai piccoli malviventi incalliti, alle donne tradite e quelle traditrici, tutti immersi nella loro realtà sociale, tutti veri protagonisti della vita.