Sul grande schermo Bogart è il Philip Marlowe di Chandler e Gabin è Maigret |
Cosa portava di nuovo questa scuola nel mondo del mystery? Come espose chiaramente Chandler nel suo saggio La semplice arte del delitto (1944), intendeva distaccarsi da quel romanzo poliziesco, soprattutto di matrice britannica, dove il delitto sembrava un gioco, la sua soluzione un passatempo enigmistico e i moventi degli astrusi e a volte dei capricciosi motivi.
L’hard-boiled-school riportava l’omicidio sulla strada, anche nei sobborghi più sordidi e motivato da sentimenti e bisogni veri come la passione, la brama di soldi o di potere, la vendetta per amore, la corruzione, il bisogno. E niente veleni in aromatici tè, o complicati congegni di esotica manifattura. Ad uccidere erano pistole, coltelli, fucili, bastoni. Insomma la vita reale faceva irruzione nel mystery e portava con sé personaggi ambigui, mai del tutto buoni o cattivi, mai spinti solo dalla loro volontà, ma spesso sottoposti ad un destino che la posizione sociale riservava loro. In primo piano il detective privato che, solo contro tutti, cerca di far prevalere la giustizia dove la legge latita e sullo sfondo una profonda sfiducia nella società, corrotta, ingiusta dove anche chi deve far rispettare la legge non sfugge a questa ambiguità tra onestà e corruzione, tra male e bene.
Dall’altra parte dell’oceano, e negli stessi anni, esordiva Maigret, un altro personaggio che, sia pure in modo diverso, sovvertiva i canoni del polar e dava vita ad un funzionario di polizia, sposato, che non aveva nulla di eroico e che svolge le sue indagini tra gente comune, persone normali che diventano criminali per i fatti più banali della vita di tutti i giorni, anche qui amore, denaro, segreti inconfessabili, gelosia.
Questa voglia di realismo, che riporta con i piedi per terra un genere poliziesco che aveva fatto sognare con i suoi inarrivabili eroi, evidentemente intercetta le aspettative di un pubblico che aveva voglia di riconoscersi anche nelle storie più oscure, che scavano nei sentimenti più torbidi (ma non per questo meno reali). E Maigret come Marlowe, o come Sam Spade, racconta, la società del tempo, denunciando i suoi problemi sociali, ma anche scavando di più sul lato psicologico e creando quel tipo di storie chiamate poi noir, che ebbero talmente tanto successo da venire poi considerato un genere a sé.
E, in Maigret, anche Simenon ci fa scoprire tutta una serie di personaggi, dai poveri diavoli predestinati, ai ricchi corrotti, ai piccoli malviventi incalliti, alle donne tradite e quelle traditrici, tutti immersi nella loro realtà sociale, tutti veri protagonisti della vita.
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