lunedì 3 ottobre 2011

SIMENON. IL SUO "CLAVICEMBALO" BEN TEMPERATO

1981. Simenon ha smesso di scrivere da otto anni, quando redige Mémoires intimes, la sua ultima opera, orami ha finito di armeggiare con la macchina da scrivere e con quello che possiamo considerare il suo "clavicembalo": le matite ben temperate... Una vera mania. Basta pensare che, quando scrivendo e temeprandole si accorciavano, Simenon le scartava. Motivo? Sosteneva che per essere ben impugnata e poter scrivere adeguatamente, la matita deve essere di una certa lunghezza, al di sotto della quale rende la scrittura meno scorrevole e in qualche modo influenza il flusso delle idee che vanno trasferite sulla carta. E quindi aveva cassetti pieni di matite per lui ormai inservibili.
E in proposito Simenon, riferendosi agli anni '60, si preoccupa di sfatare alcuni luoghi comuni sui suoi rituali di scrittura.
"...Si è fatto un gran parlare delle mie cinque dozzine di matite, le hanno fotografate, filmate, ho anche dovuto temperarle con la mia macchinetta davanti alle cineprese. E' nata così la leggenda che ha però un fondo di verità e che voglio precisare. Quando ero negli Usa, e mi apprestavo a iniziare un romanzo, ne scrivevo la sera prima alcune righe che mi sarebbero servite come punto di patenza la mattina dopo, quando mi sarei messo alla macchina da scrivere. Quelle righe buttate giù, su blocchi di carta gialla, sono diventate alla fine... un intero capitolo scritto in una grafia piuttosto minuta che esigeva delle matite molto appuntite..."
Insomma un sistema che per un certo tempo ha influenzato non solo il modo materiale di scrivere, ma anche lo stile di Siemenon, che in proposito raccontava su Mémoires intimes "...Ho adottato per molto tempo questo sistema, poi mi sono accorto che quando si scrive a mano si è tentati di abbellire le frasi, di fare della 'letteratura' e questo è contrario ai miei gusti...".
Una delle varie dimostrazioni. Pedigree, ad esempio, iniziato a matita su dei quaderni, fu continuato poi a macchina. Quello delle matite poi era un emblema di tutti i rituali di scrittura, ma che spesso poi con il tempo diventavano solo dei simboli senza nessuna funzione.
"...Certo mi piaceva temperare le mie matite,  fino a rendere la loro punta molto accuminata, ma se ne rimane ancora qualcuna sulla mia scrivania o accanto al telefono, da più di quindici anni serve soltanto per prendere appunti che non riguardano più i romanzi che scrivo...".

domenica 2 ottobre 2011

SIMENON. LE COLONIE E LA COSIDETTA CIVILIZZAZIONE

Simenon durante il suo viaggio nell'Africa centrale
Negli anni '30 le grandi nazioni europee, erano quasi tutte dei paesi colonialisti: la Francia, l'inghilterra, la Germania, anche il Belgio, l'Olanda e poi, nel suo piccolo, anche l'Italia.
Simenon, che proprio in quegli anni aveva viaggiato per l'Africa in lungo e in largo, riportò una pessima impressione di questa "civilizzazione" di cui i governi del vecchio continente si riempivano la bocca per nascondere invece uno sfruttamento di questi posti e una totale sottomissione degli indigeni. Il romanziere scrisse diversi reportage denunciando senza mezzi termini questa situazione, sia negli articoli ma anche in alcuni romanzi.
"...E a dispetto dei suoi vestiti di Nouvelles-Galeries, della sua macchina per scrivere, della sua Kodak, è lo stregone il vecchio buon uomo mezzo nudo nella sua capanna che il negro va a visitare la sera, di nascosto, a chiedere consiglio - scrive Simenon nel '32 in "L'heure du nègre" - Non c'è rimasto altro della dignità africana: una capanna di rami, un fuoco, dei corpi lucenti..."...
Quello del colonialismo, dei diritti dell'uomo e della sua auto-determinazione erano temi cavalcati dai progressisti dell'epoca, dai partiti di sinistra da quelli socialisti ai comunisti.
Ma anche Simenon era disgustato di come si comportavano gli europei. Parlando del colonialismo del suo paese Simenon era infatti decisamente critico ".. un colono belga, non solo crede di essere sminuto nel parlare ad un negro, ma è anche obbligato a parlargli nella sua lingua, perchè si vuole impedire agli indigeni di imparare il francese...". Poi se la prende con la legge che impedisce ad un bianco di sposare una negra anche se si tratta di quella che vive con lui, gli fa da domestica, e spesso è anche la sua compagna sessuale. Ma quando arrivano visite, si deve nascondere agli occhi di tutti, come non esistesse.  
E su questo tema ne ha anche per gli inglesi, "..Kartoum, come qualsiasi città coloniale inglese, non somiglia a nessun altra città coloniale.... che infatti sono quasi uguali di quelle in Europa... Ma c'è qulacosa che vi sciocca. Vi chiedete cos'è. E alla fine scoprite che è la mancanza di indigeni, salvo i domestici. I negri sono altrove...".
E d'altronde proprio in quegli anni la Citroen aveva organizzato un raid automobilistico africano, lanciandolo con lo slogan "L'Africa vi chiama!" E Simenon polemicamente scrisse un articolo intitolato "L'Africa vi chiama e vi dice merde!".

sabato 1 ottobre 2011

SIMENON DA UN ARTE ALL'ALTRA.

Ritratto di Simenon dipinto dalla prima moglie Tigy
Ma Simenon era un appassionato dell'arte? Beh a suo modo e con delle modalità tutte sue. Ad esempio per quanto riguarda la pittura era lui stesso che definiva quello che gli altri chiamavano le atmosfere simenoniane "l'impressionismo dei pittori applicato alla letteratura". E con la pittura, grazie alle frequentazioni avute con Tigy, la sua prima moglie, pittrice anche lei, l'amicizia con Vlaminck, aveva un rapporto costante e competente. Le sue preferenze? Monet, Renoir, Giotto, Van Gogh, Rembrandt, tanto per citare qualche nome.
In fondo quello che lo seduceva delle arti "altre" dalla letteratura, era l'aspetto artigianale, gli strumenti per realizzarla, il lavoro manuale che si nascondeva dietro ogni opera d'arte. Proprio come considerava sé stesso, un artigiano della scrittura.
Per quanto riguarda la musica invece dichiarava di adorarla tutta, dalla classica al jazz, a partire da Bach, Schubert, Schumann fino ad arrivare a Gershwin e quindi al dixieland di New Orleans. Ma considerava la musica un fatto privato, molto privato, tanto da non essere mai andato ad ascoltare un concerto. Non concepiva infatti l'idea di sentire della musica insieme agli altri. "Ci si deve nascondere per fare quelle cose!", affermava considerandolo come un comportamento indecente...
Nelle sue dichiarazioni ritroviamo anche riferimenti alla scultura, ma sempre in riferimento alla sua letteratura. Una delle similitudine che gli piaceva usare era infatti "... scolpire un romanzo in un blocco di legno...".
Anche per la settima arte provava una certa attrazione. Era un ambiente che conosceva bene. A parte le esperienze professionali, contava diversi amici che vi lavoravano, da Renoir, a Chaplin, da Gabin a Fellini con il quale si sentiva in grande sintonia e non era solo un fatto di sensibilità umana e artisica, ma anche una analogia nella genesi del film e del romanzo, come se nel modo di costruire un film  da parte di Fellini ritrovasse alcune delle esperienze che lui stesso viveva quando creava un'opera letteraria.
E d'altronde il suo concetto di artista era molto particolare "...l'artista é innanzitutto un malato, in tutti i casi un instabile, se i medici hanno ragione, e io sono tentanto di crederlo. La sua inquietudine lo spinge a immaginare i mali degli altri e a viverli. E' una spugna, quasi un relitto. Perché volete vedere in questo una superiorità? Io avrei piuttosto voglia di scusarmi...".

venerdì 30 settembre 2011

SIMENON. POCHE CARTOLINE DA HOLLYWOOD

Nonostante Simenon in America evitasse di frequentare metropoli e città famose e nel suo pergrinare scegliesse come residenze, piccoli centri, quando non addirittura la campagna, ogni tanto faceva dei viaggi a New York per riutuffarsi per qualche giorno nella frenetica vita mondana, fatto di party, locali notturni, ricevimenti, riunioni d'affari e frequentazione di un certo tipo di bordelli che nella provincia americana certo non poteva trovare. Non bisogna dimenticare che, anche se Simenon faceva buoni affari con i produttori cinematografici, i quali non di rado, si disputavano l'acquisto dei diritti dei suoi romanzi per lo sfruttamento per il grande schermo, non ci furono grandi occasioni di frequentazione con la città del cinema per eccellenza. Eppure gli Studios delle major, allora erano abbastanza frequentati da scrittori che non disdegnavano, anche per motivi prettamente economici, di volgere in sceneggiature i propri romanzi o di inventare soggetti originali. Ad esempio proprio lì ebbe occasione di conoscere Dashiell Hammett.
Sempre a Los Angeles Simenon ha l'opportunità frequntare ricevimenti e party. E andando alla festa di Alexandre de Manziarly, il console francese, conobbe Charlie Chaplin e sua moglie Oona, regista che diventerà un suo fraterno amico e che poi ritorverà insieme alla sua compagna come suoi vicini, quando tornato in Euopa, deciderà di stabilirsi in Svizzera nei pressi di Losanna. Ma a questi party ebbe l'occasione di fare la conoscenza di altre stelle hollywoodiane di allora, attori del calibro di Claudette Colbert o Charles Boyer.
Sempre per rimanere nella capitale del cinema e nel mondo del grande schermo Simenon riconcontrerà a Los Angeles un suo vecchio amico francese, come il regista Jean Renoir, ormai anche lui stabilitosi negli States o come la sua vecchia fiamma Jopsephine Baker.
Insomma come in Francia, anche in America Simenon si tenne a distanza da un mondo che non aprezzava nel suo complesso e dove aveva poche amicizie (due  nomi per tutti Jean Gabin e Jean Renoir).


 

giovedì 29 settembre 2011

SIMENON. QUANDO LA CRITICA STRONCAVA MAIGRET

La nascita dei Maigret non è stata cosa facile. Innanzitutto l'editore, Fayard, notoriamente non era convinto che quello strano tipo di romanzo poliziesco potesse avere successo. E mise tutta una serie di bastoni tra le ruote di Simenon. Prima pretese che ne scrivesse sei prima di iniziare le pubblicazioni. Poi s'impuntò sul rispetto di un vecchio contratto per il quale Simenon doveva scrivere ancora dei romanzi popolari e rifiutò la possibilità di scalare il debito sugli incassi dei Maigret. Poi fece questioni sulla spesa per il lancio pubblicitario... insomma si può proprio dire che il personaggio Maigret ebbe successo "nonostante" il proprio editore, Fayard, che in quell'occasione dimostrò tutta la sua miopia imprenditoriale (vedi il post del 30 marzo 2011 Simenon-Fayard, la guerra dei Maigret).
Il nuovo personaggio di Simenon ebbe un notevole successo di pubblico ma la critica fu in un primo momento tiepida. Non mancarono invece le stroncature.
Ad esempio il famoso giornale satirico Le Canard enchainé sbeffeggiò l'autore scrivendo che"... il vero mestiere di Simenon é quello di uccidere una persona al mese e poi scoprire l'assassino...".
Più tagliente l'Intransigeant che commentò "... si tratta di uno scrittore perfetto per trascorrere un'ora in treno, ma non si deve chiedergli nulla di più...".
E anche Le Cris de Paris non ci andò leggero sentenziando che "...non è altro che un onesto commerciante, in declino, perché si era messo in testa di scrivere un romanzo a settimana e ora ne scrive solo uno al mese...".
E ci fu addirittura chi scrisse che Simenon non era altro che un nuovo pseudonimo di Georges Sim, come a dimostrare che si trattava ancora di letteratura popolare, sempre farina del sacco del re dei romanzetti.
Non si spegne nemmeno il già reiterato rimprovero di essere un "industriale della letteratura" a causa della sua velocità di scrittura e della sua ingente produzione. E certo Simenon, anche con i Maigret non fa nulla per smentire questa nomea.  Lancia il  personaggio con due titoli nel febbraio del '31, poi ne pubblica uno al mese fino a dicembre (saltando solo ottobre).
Anche Le Candide (settimanale edito dallo stesso Fayarad) non fa gioco di scuderia e pubblica un pezzo dal titolo molto poco beneaugurante: "Quanto durerà?"
E ancora il sarcasmo de L'Oeil de Paris chiamandolo "il più grande trasformatore delle cose stampate", ritenendolo capace di trarre da un romazo in sei volumi di
Alexandre Dumas un racconto di trecento righe.
Addirittura la Revue des lectures, riferendosi ai primi due Maigret, va giù molto pesante "... senza essere pornografici, sono fortemente ripugnanti... Si è già visto abbastanza - riferendosi alla storia (non vera) del romanzo scritto in una gabbia di vetro e bollando i Maigret come - ... l'impresa del mercantilismo letterario di Georges Simenon...".
Certo non tutte queste testate giornalistiche erano autorevoli o molto diffuse, ma iniseme costituivano la spia di quello che una certa critica, diremmo anzi una buona parte della critica, pensava di Simenon: un buon (e redditizio) compilatore di romanzi popolari, che aveva vuoluto alzare troppo la testa e cimentarsi, con risultati almeno modesti, in un genere dove già dominavano grandi nomi.
Ma è la stessa storia che si ripeterà quando, affermato e riconosciuto autore di romanzi polizieschi, Simenon vorrà scrivere dei romans-durs e  ci metterà non poco a scrollarsi di dosso l'etichetta di autore poliziesco.

mercoledì 28 settembre 2011

SIMENON. UNO, NESSUNO, CENTOMILA

No. Non ci riferiamo alle centinaia état de roman (uno per ogni romanzo scritto) in cui entrava e da cui usciva dopo qualche giorno e durante i quali entrò altrettante centinaia di volte nella pelle di personaggi ogni volta differenti.
Quelle di cui vogliamo occuparci oggi sono le diverse vite che Siemenon affrontava, cambiando luogo, città, tipi di abitudini, di hobby, di ritmo di vivere.
Già perchè il Simenon cittadino mondano e festaiolo degli anni '20 a Parigi, lo scrittore rampante di place des Vosges, è molto diverso da quello che ritroviamo a La Richiardiére nel '32, in questa antica dimora nobiliare nei pressi di La Rochelle. Una sorta di castelletto, fornito anche di torre, dove lo scrittore gioca al gentle farmer. Ma è un gioco serio. Cucciolate di cani, oche, fagiani, polli, conigli, tutto quello che si trova in una fattoria e tutto quello che serve per occuparsi degli animali di campagna. Addirittura un allevamento di lupi... Simenon acquista all'uopo una sorta di camionetta (una Citroen 5 cavalli).
E poi ecco il capitano del minuscola Ginette prima e del più confortevole Ostrogoth poi. Eccolo lupo di mare che attraverso i canali della Francia si avventura fino al Mar del Nord. E anche qui la mise e l'attegiamento cambia.
E così anche in America: cappellone, camicie a scacchi, stivaloni... Insomma niente di più probabile che Simenon cercasse, forse un po' come faceva anche nei sui romanzi, di far entrare a far parte della comunità in cui si installava, iniziando da un mimetismo esteriore, copiando modi, abitudini e costumi del posto, fino a entrare anche nella loro mentalità e nel profondo del loro ambiente. E non si trattava di un gioco, ma dell'esigenza di conoscere posti, gente e situazioni dal di dentro.
A questo proposito ci fu una domanda piuttosto precisa durante la più volte citata intervista di Médicine et Hygiène del '68  (vedi il post del 22 dicembre 2010 Simenon sotto esame... psichiatrico ) in cui i medici chiedevano allo scrittore se corrispondesse a verità l'impressione che avesse vissuto diverse vite e che  ammirasse gli americani per la loro facilità nel cambio di lavoro, cosa che nel vecchio continente non veniva vista di buon occhio... Ecco cosa risponde Simenon
"...sì è vero. A volte ho avuto parecchie vite in una sola. Ho preso il mio brevetto di capitano, sono stato marinaio, posso portarvi in barca dove volete, so fare la rotta, il punto. Ma ho gestito anche una fattoria, mi sono occupato di centocinquanta mucche, allevavo quasi cinquecento anitre all'anno e ho imparato a falciare... So di cosa si tratta, ho dedicato a questo un intero anno. E non molta gente, che non sia della campagna, sa falciare.  So mungere,  C'una sola cosa che non so fare bene, tracciare i solchi, i miei solchi non sono dritti: il lavoro con l'aratro non fa per me. Ma posso dirigire una fattoria, anche domani se volete. Ho allevato cavalli, avevo sempre cinque o sei esemplari nelle scuderie. Io calvalco, ovviamente, ho fatto il servizio militare in cavalleria..."
Era una cosa di cui sembrava andar fiero quella di aver padroneggiato mestieri lontanissimi dal suo, ma nello stesso modo aver praticato anche diversi sport.
Ma la risposta ai dottori di Médicine et Hygiène finisce con un autocritica:
"...Ho cercato di fare tutti i mestieri, come ho praticato tutti gli sport. Ma ho fatto tutto male, perché non si può fare tutto e bene...".
Ma le tante vite di Simenon non si fermano qui e presto parleremo anche delle sue diverse vite contemporanee di padre, marito, amante, personaggio pubblico e individuo privato.

martedì 27 settembre 2011

SIMENON ALLE PRESE CON PEDIGREE

La prima edizione del 1948  di Presses de La Cité
"...tutti quelli che provengono da un ambiente come il mio, vi si ritroveranno. E' questo che mi farà più piacere..."
Simenon scrive queste righe, a novembre del '46 in un lettera Frédric Dard, tra la fine della scrittura e la pubblicazione di Pedigree, che per la cronaca fu terminato a Saint-Mesmine-Le-Vieux nel maggio del 1943 e pubblicato da Presses de La Cité nel ottobre del 1948.
Stiamo parlando di una delle opere più discusse e analizzate di Simenon, un'opera che, secondo lo scrittore, doveva uscire dai canoni dei suoi romans-durs e seguire più la tradizione di una letteratura più classica, un'opera corale, che come diceva Siemenon stesso era "la chanson de geste des petites gens". Una grande storia collettiva con centinaia di personaggi che abbracciava più generazioni che doveva aver il sapore dell'epopea storica, ma strettamente legata a quella che era la sua origine, un ritorno alla sua infanzia per raccontare questo percorso attraverso il tempo e attraverso la gente.
In effetti Simenon sentiva questa esigenza, ma non aveva le idee chiare, lo affascinava l'idea dell'opera epica, anche se non sapeva dove l'avrebbe portato, quale tempo avrebbe abbracciato la storia, ma era sorretto da un certo entusiamo ed era convinto ad andare avanti finché ce ne fosse stato bisogno.
Qui non aveva scadenze di pubblicazione, tempi da rispettare, si sarebbe preso tutto il tempo che sarebbe stato necessario. E poi c'era l'approvazione di André Gide che auspicava che Simenon mettesse il suo talento letterario al serivizio di un grande romanzo, dal respiro ampio, dove tempo personaggi e vicende avessero una scansione più vicina alla storia che alla cronaca.
Ma dopo la prima tranche, la sicurezza e le certezze dell'inizio sebravano svanire...
In una lettera a Gide scriveva "...é possibile che scrivendo per mio piacere personale, per la gioia di liberarmi di ogni regola, di tutti i condizionamenti della pubblicazione immediata, io non finsica per scrivere soltanto per me, delle cose che hanno valore  e sapore solo per me?... Forse dovreste riportarmi alla realtà...".
Ma Gide lo incoraggia, gli fa notare il miglioramento da quando entra in scena la madre di Simenon, e gli conferma che questa è  la via giusta.
il romanziere passa dalla penna e i quaderni, alla macchina da scrivere, dalla prima persona alla terza, e scrive per un mese di fila.
Intanto Gide continua a seguire il procedere del romanzo, che Simenon man mano gli invia, e di rimando gli segnala le proprie critiche, ma anche i propri incitamenti "... diffidate dei vostri limiti,  ogni eroe non deve essere un emarginato, smettete di scegliere degli abulici come personaggi principali, e poi mettetevi "en trance", che diavolo! ...infine buon lavoro e a seguire, andate!...".
Insomma questo romanzo fiume  ha fatto soffrire Simenon, l'ha fatto sentire come un neofita in un genere sconosciuto, ma forse l'ha anche liberato.
" Ho voluto in Pedigree far uscire tutto il pus. Sono andato fine al limite estremo. Non potrei spingrmi di più nel noir. Ho acquisito un'impressione che non avevo, mi sono liberato dall'angoscia..." risponde in conclusione l'autore a Gide.
E l'uscita posticipata di qualche anno, e non con Gallimard, fu per la critica una sorta di conferma di quanto andava dicendo Gide "l'opinione che si ha di Simenon é inferiore a quella che meriterebbe".

lunedì 26 settembre 2011

SIMENON SIMENON, MA QUANTO VI PIACE?

Siamo alla vigilia di una data importante. Simenon Simenon il mese prossimo festeggerà il suo primo anno di vita. Il primo anno è importante per un sito o un blog perché è il consuntivo di un primo passo e l'adesione di utenti con le loro visite  in quei primi dodici mesi dà il polso della situazione e indica se l'impresa vale la pena di essere portata avanti. Tra qualche giorno vi daremo anche dei numeri più precisi, ma possiamo già dire che siamo soddisfatti di questa sfida e che il primo anno si conclude molto positivamente.
In reatà le sfide che avevamo lanciato erano due. Intanto limitare l'argomento ad un solo personaggio. E poi metterla in pratica con una modalità quotidiana (sabato e domenica compresi). Quindi ogni giorno un post nuovo e talvolta due, in modo da allacciare con i visitatori un dialogo quotidiano su uno scrittore che riteniamo davvero speciale, per la sua produzione letteraria, per la sua biografia e per la complessità del personaggio.
Certo non ci sono molti siti (in Italia e non) dedicati a personaggi o artisti che siano quotidiamente aggiornati, ma su Simenon siamo certi al 99% di essere unici.
Ma questo non ci esime dal metterci in gioco e di capire cosa i nostri visitatori aprezzano e cosa vorrebbero cambiato.
A questo punto abbiamo voluto proporre un sintetico questionario che darà l'opportunità di dire la vostra su Simenon Simenon, di fare le vostre critiche e di avanzare proposte su temi o iniziative.
Ecco quindi il questionario cui dovrete rispondere

1) Date un giudizio su Simenon Simenon definendolo: insufficiente - sufficiente - discreto - buono

2) Avete una preferenza specifica? Preferite i post di argomento più specificamente letterario, quelli biografici o quelli che scavano tra gli aspetti meno noti del personaggio e delle sue caratteristiche?

3) In cosa vi sembra che Simenon Simenon potrebbe essere più completo. Ci sono degli argomenti che vorreste trovare e non ci sono?

4) Quante volte durate la settimana visitate Simenon Simenon?

5) Come l'avete conosciuto?

6) Da quanto tempo l'avete conosciuto?

Potete rispondere a queste domande o in un commento al post, oppure utilizzando l'indirizzo e mail simenon.simenon@temateam.com

domenica 25 settembre 2011

SIMENON. L'UOMO CHE NON ERA MAIGRET

Ecco un frammento del film tratto dalla omonima biografia, L'uomo che non era Maigret, scritta da Patrick Marnham. E' una pellicola di 52' da 16mm, per la sceneggiatura di Steve Hawes. realizzata nel 2003, l'anno del centenario della nascita di Simenon. (tratto da Youtube, postato da manuriche il 18/02/2010)

sabato 24 settembre 2011

SIMENON. E SE MAIGRET TRADISSE LA MOGLIE?...

Un disegno di Pinter per Maigret e la ballerina del Gay Moulin
Avete mai pensato ad un Maigret che, durante una delle sue inchieste fuori Parigi, tradisca la moglie? Sì insomma che vada a letto con una testimone, un'albergatrice, una signora incontrata in viaggio... No? Perché? Chi inizia a leggere le inchieste del commissario sa come comincia la serie, ma non può prevedere cosa capiterà o quali cambiamenti subirà il personaggio in più di cento tra romanzi e racconti, nell'arco di oltre quarant'anni.
Poi, se chi inizia a leggere Maigret sa appena qualcosa sul suo creatore, state certi che avrà letto o sentito su Simenon della sua smodata attività sessuale e delle diecimila donne che affermò di aver avuto nell'intervista che fece a Fellini per L'Express.
Poste così le premesse, le aspettative per qualche una scappatella del commissario non sarebbero poi nemmeno così impensabili. Anche perché Maigret è un amante dei piaceri della vita: gli piace mangiare, bere, fumare la pipa. E' un tipo sanguigno, ogni tanto le sue sfuriate fanno tremare Quai des Orfévres. Insomma è tranquillo buono, ma non un freddo o un'asceta, è curioso, gli piace conoscere le cose, i posti, la gente... è uno personaggio vivo.
E allora perchè tutto, ma non il sesso?
Già bisognerebbe chiederlo a Simenon.
In parte risponde Robert Juanny nel suo approfondito saggio Le regarde de Maigret sur les femmes, dopo aver documentato che le situazioni "a rischio" per il commissario sono a decine e che Maigret non arriva al dunque perché adotta una serie di difese, Juanny dimostra che però le tentazioni ci sono tutte e che sono in definitiva quelle che capitavano a Simenon. I pensieri di Maigret sulle donne sono certo simili a quelli del suo creatore, mentre questo poi dava una conclusione concreta, quello invece sviava, glissava, assumeva un atteggiamento di superiorità o paternalistico che finiva per smontare il clima che si era creato. Ma il sesso, sia pur a livello cerebrale, c'è.
Qualcuno sostiene che Simenon volesse in Maigret tutto ciò che lui non c'era. Forse... Oppure voleva costruire una originale variante del paradigma poliziesco, dove il sesso non era un ingrediente, o per lo meno con un'importanza minima? Ma in ogni personaggio letterario, si sa, ci scappa inevitabilmente qualcosa dello scrittore. E nei pensieri di Maigret sulle donne che incontra nelle sue indagini il sesso c'è, come c'era nella testa di Simenon. Quando leggete un Maigret fateci caso.