martedì 18 ottobre 2011

SIMENON E IL CASO DEI LETTORI DEI MAIGRET

Finto libro di Maigret, disegno di Pinter
Sulla classifica di TuttoLibri de La Stampa di sabato scorso, Maigret e l'omicida di rue Popincourt, risulta stabile al primo posto della sezione Tascabili, come la settimana precedente. Sulla fisionomia di long-seller dei libri di Simenon abbiamo già detto. Oggi vorremmo interrogarci su chi è il lettore almeno dei Maigret (iniziamo dal più facile...).
Non si fanno, in Italia, almeno, studi di mercato o analisi sull'universo dei lettori di un autore. Il mercato dei libri nel nostro paese é così contenuto che i margini complessivi degli editori (quando ci sono) non consentono  di investire in quegli strumenti che altri prodotti invece di largo consumo permettono, come pubblicità, sponsorizzazioni, campagne di comunicazione e studi di marketing mirati. Per il libro si va più a naso, un po' la sensibilità degli editor, o degli editori, l'eventuale successo in altri paesi per scrittori stranieri, l'intuito di qualche raro agente letterario... E infatti, soprattutto per i nomi esordienti, spesso si verifica un flop clamoroso, rarissime volte un successo incredibile, ma in entrambe i casi del tutto inaspettati e non di rado inspiegabili. Per i grandi boom poi arriva puntuale un secondo e poi un terzo libro che quasi sempre vendono meno e quasi solo sulla spinta del primo, si perde l'abbrivio e allora l'editore inizia a stampare meno copie, che nelle librerie si notano di meno, (e vengono esposti per un periodo sempre più breve), le vendite entrano in una spirale involutiva e calano progressivamente.
Questo non é il caso di Simenon e possiamo dirlo a ragion veduta, a oltre vent'anni dalla sua scomparsa, soprattutto per i Maigret che si pubblicano ormai da ottant'anni. Ma torniamo a quello che ci eravamo chiesti all'inizio.
Chi sono i lettori del commissario simenoniano?
Faremo come gli editori... andremo un po' a naso.
Partiamo dal primo boom italiano di Maigret, quello televisivo a metà degli anni sessanta. Bene chi allora aveva tra i dieci e i vent'anni oggi ha tra i 55 e i 65 anni ed è la fascia dei suoi lettori più "maturi". Quelli che hanno iniziato a leggerlo sui Mondadori e oggi finiscono, o colmano le lacune, con gli Adelphi.
Agganciato a questo c'è il fenomeno padre-figli, che però, a nostro avviso, ha un'incidenza relativa. Ci riferiamo ai quarantenni d'oggi che magari verso i vent'anni (anni '70) hanno scoperto nella libreria dei genitori le inchieste del commissario. Lo stimolo televisivo può aver agito a più riprese, sia per qualche sporadica replica mandata dalla Rai che per le serie, prima in cassette VHS e poi in DVD, che sono state riproposte a varie riprese in edicola.
Di segno diverso la spinta che può essere venuta dal cambio di editore. Nel passaggio ad Adelphi occorre ricordare che vennero prima pubblicati i romanzi e solo dopo qualche anno iniziò la pubblicazione dei Maigret.
Allora, siamo a metà degli anni '80, Adelphi ha assunto il profilo di una casa editrice piccola, ma sofisticata, che pubblica Hesse, Kundera, Chatwin  e adatta quindi per un pubblico elitario dal palato fine. E iniziare la pubblicazione dell'opera completa di Simenon fu un modo di introdurre il nome del romanziere nell'ambito di un giro "alto" di lettori.
Quando poi arrivarono i Maigret qualcuno storse il naso, ma le cose nel frattempo erano cambiate. Intanto erano passati una decina d'anni e poi l'Adelphi non era più così piccola, né così elitaria. Ma questo probabilmente accostò una fascia di suoi lettori sofisticati ed esigenti ad un seriale poliziesco, per quanto molto sui  generis, che per altri canali magari non avrebbe preso nemmeno in considerazione. E tra questi lettori alti possiamo presumere che ce ne furono diversi che andarono ad affiancare i vecchi appassionati mondadoriani. Poi nei primi del 2000, quando il cosiddetto genere giallo viene sdoganato ed equiparato alla letteratura mainstream, il gioco fu ancora più facile per Adelphi, soprattutto per quella vena noir, tipica francese, che in quegli anni godette di un gran successo.
A quel punto la lettura dei Maigret non è più appannaggio di un target basso o di uno alto... le cose cominciano a complicarsi, la lettura crediamo inizi ad diventare trasversale, per età, fascia culturale, grado di istruzione... e la nostra domanda rischia ad oggi di non avere una risposta.

domenica 16 ottobre 2011

SIMENON. IL ROMANZIERE E' ARRIVATO A LE RELAIS D'ALSACE ?

Dopo la firma del contratto con Fayard che prevedeva l'uscita dei primi diciannove Maigret, Simenon, secondo la convinzione più diffusa, sarebbe passato alla letteratura con la L maiuscola e avrebbe iniziato insomma la sua fase di romanziere.
Ma qual é il titolo che segna questa svolta.
Ancora una volta siamo ovviamente dell'avviso che non ci fu una "svolta" da un giorno all'altro. Secondo alcune bibliografie questa sarebbe ravvisabile ne Le Relais d'Alsace (luglio 1931 - Fayard) che è il primo non-Maigret. In realtà si tratta di un romanzo poliziesco in piena regola, c'è un grosso furto di gioielli, un primo sospettato, poi l'entrata in scena di un commissario, una pista che porta ad un secondo sospettato, questa volta un famoso ladro internazionale di preziosi, poi addirittura una scambio di persone e via dicendo.
Insomma pur se Simenon si é liberato della gabbia del romanzo seriale, non esce dal seminato della letteratura di genere che pure qualche condizionamento glielo pone.
Insomma lo "scrollarsi di dosso le regole e scrivere quello che si sente", come affermava lo scrittore stesso, qui non è  ancora del tutto compiuto. E' scritto a bordo dell'Ostrogoth, come i Maigret che sono stati lanciati proprio in febbraio di quell'anno e il passo ai cosiddetti romans-durs a nostro parere non è ancora compiuto.
Anche con il secondo pubblicato Le passager du Polarys (marzo 1932 -Fayard) rimaniamo nell'ambito di un intrigo poliziesco, per di più con una struttura alla Agatha Christie, dove una serie di personaggi si ritrovano in un ambito chiuso, in questo caso una nave, dove viene compiuto un assassino. Il morto è addiritura un poliziotto e inizia una girandola di sospetti e di colpi di scena che caratterizzano quello che i francesi chiamano polar.
Con Le Locataire (1935), il primo romanzo di Simenon pubblicato da Gallimard,
C'è sempre un assassinio, ma questo sembra dettato dal bisogno, poi una forma di riscatto e poi il destino inesorabile. Qui compare il tema degli studenti stranieri in una pensione, una situazione che Simenon conosceva bene perchè quando era ragazzino, la madre affittava alcune stanze della loro abitazione a studenti straniere che andavano a Liegi per frequentare l'università.
Insomma Il roman-roman prende sempre più corpo con Les Suicidés (Gallimard -1934) dove è di scena un amore impossibile, compare il famoso passaggio della linea e si materializza il destino con le sue estreme conseguenze, tutti temi tipici che ritroveremo in molti titoli dell'opera simenoniana.
Quindi Le Relais d'Alsace possiamo considerarlo il primo passo verso il romanzo vero e proprio, ma che ci vorranno però ancora alcuni anni perché questo genere letterario possa esprimersi in Simenon nella sua piena maturità.

venerdì 14 ottobre 2011

SIMENON, FELLINI... MA CHISSA' PERCHE'...

Chissà se qualcuno di voi se lo è mai chiesto? Come mai un regista amico ed estimatore di Simenon come Fellini, non abbia girato un film tratto da un suo romanzo?
I due erano amici dal '60, quando si conobbero al Festival del Cinema di Cannes, e poi continuarono a vedersi, e soprattutto a scriversi, per trent'anni, praticamente fino alla morte di Simenon. Tra loro correva una tensione speciale, che non si esauriva solo in una reciproca stima professionale, ma che univa due sensibilità molto simili, affinità elettive e due modi di mettere in pratica le proprie fantasie che mostravano diverse analogie. E ne abbiamo ampia riprova dal carteggio delle loro lettere pubblicate in Carissimo Simenon, Mon cher Fellini (1987) a cura di Claude Gauter e Silvia Sager.
D'altronde con sessanta film tratti dai suoi romanzi, sappiamo per certo che le opere di Simenon hanno sempre suscitato un certo appeal nei confronti dei cineasti, sia quelli degli anni '30 come a quelli dei primi anni 2000.
Insomma torniamo con la domanda. Perchè proprio a Fellini non venne mai in mente di girare un film tratto da un romanzo del suo caro e stimatissimo amico?
La domanda potrebbe sembrare oziosa, ma sicuramente poco sentita. Anche nello specifico saggio I film mai relizzati da Fellini di Alessandro Casanova, non si avanza mai un tale quesito, né, per quanto ci risulta, anche nella non poca saggistica prodotta sul filmaker italiano. 
Non abbiamo la presunzione di darla noi questa risposta. Ma quello che possiamo fare è avanzare un'ipotesi in merito.
Riferendosi al suo modo di fare film, Fellini, soprattutto nella maturità, dichiarava:" Il cinema-verità? Sono piuttosto per il cinema-falsità. La menzogna é sempre più interessante della verità. La menzogna é l'anima dello spettacolo. La "fiction" può andare nel senso di un verità più acuta della realtà quotidiana e apparente. Non è necessario che le cose che si mostrano siano autentiche. In generale é meglio che non lo siano. Ciò che deve essere autentica é l'emozione che si prova nel vedere e nell'apparire".
Simenon invece nella famosa intervista di Médicine et hygiène del '68 affermava "La mia vera ambizione è raggiungere la verità, anche le verità nascoste, altrimenti non esisto, non servo a niente. Dato che i miei libri non sono degli esercizi di stile, né delle meravigliose costruzioni di psicologia, la mia sola preoccupazione resta l'approccio con la verità".
Da queste sole due frasi gli artisti sembrano agli antipodi. Ma la visionaria percezione della realtà di Fellini, a volte al limite della ridondanza, e la tendenza di Simenon all'asciutezza e alla semplficazione hanno qualcosa in comune: una visione pittorica dell'opera, film o romanzo che sia. Ed è quello che unisce i due, come pure il non sapere come andasse a finire la loro opera. Entrambe prendevano appunti prima: Simenon nomi, date, cronologie, localizzazioni geografiche. Fellini invece tracciava degli schizzi, dei disegni....Mentre l'ispirazione per Simenon poteva arrivare da un odore, un colore, un un suono, per Fellini erano sopratutto le facce, quelle che osservava in giro, quelle che esaminava durante i provini, ma anche quelle che scarabocchiava lui stesso. 
E poi l'ispirazione veniva e li portava fino alla fine dell'opera. Erano due "sensitivi", era essenziale che sentissero quello che creavano. Simenon cercava l'uomo nudo, privo delle sovrastrutture sociali, Fellini rappresentava l'uomo nelle sue maschere più estreme, carico di orpelli e colto nei suoi più grotteschi atteggiamenti.
Insomma Fellini come avrebbe potuto, nonostante la sua ammirazione, prendere spunto da storie di gente comune, di disperati, rappresentate nella più semplice crudezza? Il filtro del regista che faceva apparire magiche, irreale e surreali, situazioni, personaggi e ambienti non avrebbe funzionato con i nitidi e netti
elementi delle storie del romanziere.
Insomma lungi dal voler dare una risposta, abbiamo voluto porre una questione, che magari potrebbe suscitare un dibattito. Ce lo augureremmo di cuore.



giovedì 13 ottobre 2011

SIMENON. LA VEDOVA... SIGNORET

Scritto nell'aprile del 1940, quando risiedeva Nieul-sur-Mer, per i tipi di Gallimard, La Veuve Couderc è un romanzo in cui la protagonista, soprannominata Tati, è l'autoritaria donna che gestisce la fattoria che gli è rimasta dopo la morte prematura del marito. Un giovane malvivente (Jean Lavigne) uscito di prigione sarà prima la sua felicità e poi la sua disgrazia, prima il garzone di casa e poi il suo amore e sullo sfondo le sorelle invidiose e una giovane (Félicie) che stravolgerà la vita dell'ex-ergastolano e non solo.
Insomma un romanzo che solleticava da tempo le voglie dei registi e dei produttori cinematografici, ma abbiamo dovuto attendere esattamente il 13 ottobre di quarant'anni fa' perché nelle sale debuttasse l'omnimo film, diretto da Pierre Granier-Deferre ed interpretato da Simon Signoret (Tati Couderc), Alain Delon (Jean Lavigne) e Ottavia Piccolo (Félicie) per una produzione italo-francese.
Deferre nello stesso anno aveva realizzato un'altro film da un classico simenoniano e con due attori, "siemoniani" anche loro, come Simon Signoret e Jean Gabin, Le Chat e dopo due anni avrebbe portato sul grande schermo un'altro titolo del romanziere, Le Train, con la coppia Jean Louis Tritignant e Romy Schneider. Insomma un simenoniano di ferro anche lui, se aggiungiamo che ha curato anche la sceneggiatura e la regia di alcuni episodi del Maigret televisivo francese con Bruno Crémer.
Evitandovi le solite elucubrazioni sulla diversità tra il romanzo e il film (per altro realizzato trent'anni dopo), vogliamo invece ricordarvi un dato statistico: si tratta del 44° film sui sessanta tratti dai romanzi di Simenon tra il 1932 e il 2008.

mercoledì 12 ottobre 2011

SIMENON. MAIGRET, FUMO E FUMETTI

Che il commissario simenoniano fumasse la pipa è noto forse anche a chi non ne abbia mai letto un'inchiesta. Decisamente meno sono quelli che sanno che il funzionario di Quai des Orfévres ha avuto anche diverse versioni in fumetto o come dicono in Francia in bd, ovvero, band dessinées.
Iniziamo però da quello italiano designato alla fine degli anni '50 da Deguvinay per le Edizioni della Freccia quattro titoli che non ebbero gran fortuna. La casa editrice ci riprovò nel '63 con due titoli, ma con un nuovo flop, tute pubblicazione di cui non si è trovata traccia.
Abbiamo invece l'immagine di un Maigret "manga" quello in apertura, per la precisione Jūzō Megure, ripubblicato anche in Italia dalla Star Comics.
Altra versione in strip è quella portoghese (autore sconosciuto... chi sa, parli!) pubblicato sul supplemento domenicale de Il Seculo, nel 1955 di cui possiamo mostrarvi una pagina qui a destra.
Samedi Soir era invece il giornale dove apparvero le  strisce disegnate da Jacques Blondeau anche queste nei primissimi anni cinquanta.
In genere le versioni fumettistiche delle inchieste del commissario Maigret ebbero poco successo. In effetti non si prestavano molto, troppa psicologia, poca azione, molti dialoghi e molta atmosfera. Insomma obiettivamente non era facile sopratutto quando il fumetto era ancora in bianco/nero. 
Ma comunque i vari tentativi testimoniano, se ce ne fosse bisogno, della popolarità del personaggio e dell'ispirazione, anche se spesso mal ripagata, che suscitava pure nel mondo delle band dessinèe.
In Belgio dal '92 al '94 uscirono tre titoli disegnati da Philppe Wurn, con la sceneggiatura di Odile Reynaud, di cui potete vedere qui a sinistra una delle copertine.

martedì 11 ottobre 2011

SIMENON. BETTY, LA VIGILIA DELLA FINE

Marie Tritignant, interpreta Betty nel film di Chabrol - 1992
Questa sera di quarantanove anni fa', Simenon era alla vigilia della sua stesura definitiva di Betty. Così almeno riporta la scrupolosa bibliografia di Francis Lacassine in Conversation avec Simenon pubblicato nel 1990. Non tutti sanno che il romanzo doveva chiamarsi Le Cauchemar (L'incubo). Anche questo scritto in ètat de roman, ma a cinquantasette anni, periodo in cui questo stato di grazia non durava più di sette giorni.
E al risveglio, se ci si passa il termine, Simenon sembra non riconoscere quello che ha composto ed è pieno di dubbi "...dopo aver scritto la parola fine tutto questo mi sembrava vano, quasi assurdo... - sottolineava ricordando in Quand j'étais vieux - Mi domando perché tra qualche mese la gente dovrebbe pagare per leggerlo..."
Anche se dopo la revisione, un'operazione che gli costava sempre molta fatica, si sentiva, a suo dire, soddisfatto, addirittura da affermare " ... e perché non molto soddisfatto?..."
E chiaro che l'incertezza regnava sempre, nonostante la notevole mole di romanzi scritti, l'autore era sempre dubbioso se quello che aveva raccontato poi potesse interessare la gente, tanto da dispiacersi del fatto che fosse pubblicato in contemporanea con i saldi di fine stagione e quindi fosse, a suo avviso, passato inosservato.
Betty sarà invece un long-seller, una delle sue opere più famose e uno dei ritratti di donna più riusciti e affascinanti.
Ovviamente di questo romanzo ne abbiamo già parlato diverse volte e che fosse interessato a saperne di più, può andarsi a vedere il post del 26 marzo Simenon. Betty...Ancora whisky, per favore e in quello del 30 giugno Simenon. Betty, fuori dagli schemi, ma non dal destino

lunedì 10 ottobre 2011

SIMENON. INDAGINI SU UNO SCRITTORE AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO

"Enquete sur un enquerer". Questo é il sovrattitolo di un saggio "socio-critico" su Maigret pubblicato nel 1982. Indagine su un investigatore, così suona in italiano e il suo autore è Jean Fabre, e si avvale dell'introduzione di Jacques Dubois dell'università di Liegi, professore di francese e specialista di Simenon e del romanzo poliziesco.
Si tratta come si sarà capito di un'opera decisamente specialistica, rivolta ad un pubblico di specialisti, in cui lo strumento dell'analisi sociale si fonde con quello della critica più letteraria e dà origine ad una "inchiesta"sui contenuti e sui loro significati con ipotesi e teorie suffragate da estratti delle inchieste del commissario.
Questo ci offre il destro per riflettere di come in effetti Simenon sia stato spesso sotto esame. Anzi per lui sembrava che gli esami non finissero mai anche perché la sua condotta, che lo teneva lontano dal cosiddetto mondo letterario, lo rendeva oggetto delle severe analisi dei critici ben più del dovuto.
Intanto ci volle un bel numero di Maigret per scrollarsi la nomea di scrittore buono solo per produrre letteratura popolare. Poi quando iniziò a scrivere i romanzi dovette trascorrere non poco tempo per non essere considerato solo un autore tagliato per i racconti di genere poliziesco. Insomma sembrava che il riconoscimento pieno per lui non arivasse mai.
Eppure non ci potevano essere dubbi sulla vocazione (la sua impellenza a scrivere diceva lui stesso) a fare lo scrittore e a diventare poi un romanziere. Aveva lasciato a soli diciotto anni un bel posto da redattore a La Gazette de Liége, una fidanzata, la propria casa con la madre e il fratello in Belgio. Il tutto per tentare un'avventura letteraria che, come era sucesso a non pochi, poteva anche finire male.
Poi quando nel '45 si stabilì nel Usa, nonostante fosse ormai un romanziere riconosciuto, avesse l'appoggio di personaggi come André Gide e scrivesse per un editore prestigioso come Gallimard, nel paese dei grandi romanzieri moderni, Hemingway, Faulkner, Steinback, Dos Passos, non riuscì farsi accettare del tutto. Per la critica e per i lettori risultava un romanziere interessante, ma sempre un po' troppo europeo. Eppure Simenon ce l'aveva messa tutta per scrivere secondo la mentalità americana. Aveva girato il paese da nord a sud per dieci anni, aveva sposato una canadese, due dei suoi figli di secondo letto erano americani per nascita, abitudini, istruzione, mentalità. Insomma aveva fatto quello che poteva per radicarsi in quel nuovo continente e esprimerne così l'essenza nei suoi romanzi, ma sembra che non gli riuscisse appieno. E anche lì si sentiva sempre sotto la lente d'osservazione.
Ma lui viveva un attaccamento alla scrittura che metteva sopra ogni cosa, con una vita lunga ottantasei anni, della quale cinquanta dedicati a scrivere senza sosta. Questo avrebbe dovuto fugare tutti i dubbi, le perplessità e le incertezze sul valore dello scrittore eppure.... Eppure, ad esempio, sappiamo che un altro esame, cui Simenon teneva moltissimo, quello del board del Nobel più volte il suo nome venne preso in esame, ma in definitiva fu sempre scartato.
Insomma un'indagine continua su uno scrittore che pure sarebbe dovuto essere considerato al di sopra di ogni sospetto in mrito al suo valore.

domenica 9 ottobre 2011

SIMENON. ADDIO ISPETTORE GIANNI MUSY

Per tutti gli episodi delle quattro serie mandate in onda dalla Rai tra il 1964 e il 1972 era stato l'ispettore Lapointe, il più giovane, tra la squadra del commissario Maigret. L'attore Gianni Musy, che aveva allora 33 anni, si è spento un paio di giorni fa' a 80 anni, dopo una lunga carriera d'attore, doppiatore (tra fli altri Marlon Brando, James Courn, Sean Connery) e direttre di doppiaggio.Ha lavorato per il grande schermo per registi di varie  epoche, da Carmine Gallone, a Monicelli, a Dino Risi, a Lugi Magni, aCarlo Verdone e a Giuseppe Ferrara. E per la televisione in sceneggiatidi grandi successi oltre a Maigret, come La freccia nera, La Piovra, Elisa di Rivombrosa.
Ma tornando alle avventure televisive del commissario simenoniano, Musy fu uno degli interpreti fissi insieme a Mario Maranzana (Lucas), Manlio Busoni (Torrence), Daniele Tedeschi (Janvier). Tutti e quattro costituivano la squadra di ispettori di Maigret al Quai des Orfévres e che condividevano con lui tutte le fasi delle inchieste, gli appostamenti, gli interrogatori, gli inseguimenti e non di rado proprio spalla a spalla con il loro capo che non disdegnava certo il lavoro sul campo.
Per quanto rigurada la serie televisiva, Musy fu quindi presente in tutti e 16 gli sceneggiati (35 puntate) diretto da Mario Landi

sabato 8 ottobre 2011

SIMENON. L'OMICIDA DI MAIGRET SCALA LE CLASSIFICHE

Eccoci di nuovo a far di conto tra classifiche e posizioni. Avevamo già accennato dell'esordio di Maigret e l'omicida di rue Popincourt, 7° (Maigret et le tueur - 1969) nella Top ten della Narrativa Straniera nel Corriere della Sera del 29/09).
Oggi dobbiamo registrare che, nella pagina dedicata ai libri più venduti del TuttoLibri de La Stampa, il nostro Maigret conquista (nella sezione Tascabili) la prima posizione, dopo aver esordito la settimana scorsa in seconda.
Se vogliamo allargare lo sguardo, ci accorgiamo che Wuz nella sua classifica del 25/09  (in collaborazione con Arianna) dava l'ultima l'inchiesta del commissario al 20°posto.
Su Amazon, libri venduti sul web, nella sezione best-seller Gialli e Thriller, l'ultimo titolo simenoniano si conquista invece l'8° posto. Commenti... nessuno. E' una prassi che si ripete ogni volta con in Maigret e i non-Maigret su cui ormai abbiamo scritto quello che si poteva dire. Lasciamo parlare i numeri.

venerdì 7 ottobre 2011

SIMENON. LE PAROLE PER FARLO CONOSCERE IN ITALIA

La prima edizione di uno scritto simenoniano in Italia risale al luglio del 1929, quindi nel periodo pre-Maigret, con la pubblicazione di un romanzo breve Nicoletta e Nina, ovviamente ancora a firma di Georges Sim, (En robe de mariée - Tallandier -1929), su un mensile popolare delle edizioni del Corriere della Sera che si poteva acquistare per 50 centesimi.
Ma allora chi conosceva Georges Sim? E sicuramente nessuno sapeva chi era  Georges Simenon quando nel settembre del 1932 uscì per i tipi di Arnoldo Mondadori, nella serie "I Libri Neri", L'ombra cinese, in assoluto la prima inchiesta del commissario Maigret apparsa in Italia. Per i primi 12 titoli pubblicati in questa serie non c'è nemmeno il nome di Maigret in copertina.
Allora la comunicazione pubblicitaria per i libri era inesistente, se non per quello che sugli stessi libri, sulle copertine, sulle quarte di copertina, sugli eventuali risvolti, sulle II e III di copertina si poteva scrivere per attirare il lettore.
A sfogliare i libri di quegli anni si trova qualche pagina, un riquadro o uno strillo di copertina, come nell'antologia intitolata Il Super-romanzo delle vacanze di luglio del '34 dove venivano raccolti 6 capolavori di Georges Simenon.
I uno di quei numeri (nel '33) un pagina viene dedicata a riassumere i sette Maigret già usciti, ma viene sfruttata anche  per uno slogan:" Chi é il commissario Maigret?" E così continua nella risposta: "L'uomo che insegue i suoi nemici tremando, il mastodotico pachiderma dall'anima di fanciullo".  E riferendosi invece all'autore "L'uomo che scrive un appassionato romanzo ogni mese e lo spedisce al suo editore dai più lontani paesi". E poi informa i lettori che "La Casa Mondadori si é assicurata l'esclusività per la pubblicazione di tutte le opere di Simenon, che sta raccogliendo in un apposita collezione".
E quando i primi dodici titoli sono usciti, sempre nel '33, una pagina di libro viene usata per raccogliere le immagini di tutte le copertine, e per dare una definizione un po' più completa dell'autore. "Georges Simenon: il Wallace latino, l'autore prodigioso che ha prodotto in meno di due anni di attività più di 20 opere; l'autore che ha richiamato alla mente di tutti le grandi figure di Balzac, Conrad, Edgard Poe" e più sotto spiega, sotto il titolo I Romanzi di Simenon," un nuovo tipo di romanzo poliziesco: romanzi umani, sereni, che guardano con occhi indulgenti le vicende dei loro protagonsti".
In un riquadro si legge "I lettori troveranno nei libri di Simenon una fonte di inesausto diletto: Va detto che le opere di Simenon hanno notevolissimo valore letterario e psicologico. Centro di ogni avventura è il commissario Maigret, una delle più originali e possenti figure della letteratura poliziesca, degno compagno di Sherlock Holmes, di Poirot e di Philo Vance".
In un altro trafiletto facendo la pubblicità a Il Testamento Donadieu, Simenon viene definito capace "... di una maestrìa che lo consacra definitivamente grande romanziere, mago dell'arte narativa contemporanea...".
Oppure, dopo aver pubblicato una quarantina di titoli delle inchieste del commissario, Mondadori fa pubblicitariamente un po' di conti e dichiara di aver venduto complessivamente 1.200.000 copie dei Maigret.
O anche una sorta di sovrattitolo per I Pitard che recitava "sirene urlanti nella bruma". Nel '66 il settimanale la Domenica del Corriere era tutta dedicata all'inaugurazione a Delfzijl della statua del commissario Maigret.
E ancora per pubblicizzare i suoi romans-durs (Il segretario - La finestra dei Rouet - Il grande Bob)  si  sottolinea che Simenon è "...il romanziere lucido , impareggiabile inventore di trame, avvincente e aggressivo, anche senza l'ispettore Maigret (si avete letto bene, su questa pubblicità della Mondadori  Maigret viene definito "ispettore"... una bella svista non c'è  che dire...). A proposito di Luci rosse lo scrittore viene  definito "Simenon insolito,  Simenon americano,  Simenon sempre avvincente".
Insomma questi "slogan", queste"réclame" vi hanno convinto?