giovedì 30 giugno 2011

SIMENON. BETTY, FUORI DAGLI SCHEMI, MA NON DAL DESTINO

Caduta libera. E’ la situazione in cui Simenon ci presenta la protagonista di uno dei suoi più bei romanzi, Betty. E’ una giovane donna, graziosa, minuta, bei vestiti, ma stropicciati, le calze smagliate e
quella trasandatezza tipica di chi non si cambia da qualche giorno.
Quella che invece è cambiata é la sua vita. Come succede nei romanzi simenoniani c’è stato quel declic che le ha  fatto passare la famosa “linea” e da rispettabile, dignitosa signora è diventata una poco di buono, spinta ai margini della società, scivolando sempre più giù, proprio in caduta libera. Non più valori cui appigliarsi, nessuna convenzione sociale da rispettare, nemmeno forse più la necessità di render conto a sé stessa. E, una volta rotti gli argini, tutto succede o può succedere. 
La protagonista di questo romanzo ci viene presentata che vaga ubriaca, da un bar all’altro, non rifiutando le profferte degli uomini che capiscono che possono approfittarsi di quello stato, ma anche a causa dell’impulso di Betty ad annientarsi, ad immergersi in quel mare di perdizione in cui si finisce per annegare.
E, a parte l’origine recente e scatenante di questo suo stato, i suoi problemi vengono da lontano, da quando ancora era bambina. Questa è una visione psicanalitica che Simenon che sposa spesso nei suoi romanzi, ispirandosi alle teorie freudiane e junghiane. Dunque i traumi infantili come spiegazione dei comportamenti autodistruttivi e autolesionisti.
Betty è una donna fragile?
Lo è sicuramente da quando qualche giorno prima è stata sorpresa nuda, sul divano, avvinghiata al suo amante, dal marito e dalla suocera.
Lo scandalo, la vergogna, il divorzio, la perdita della potestà sulle figlie e il trovarsi fuori di casa, fuori dalla famiglia, fuori in senso letterale, senza sapere dove andare, cosa fare.  
Fino a quel momento era una del clan degli Etamble, sposata con il più giovane e il più bello dei figli, Guy, impegnato in un lavoro prestigioso e di grande responsabilità. Era una vera signora, servitù, bella casa, agi e i tutti i vantaggi di far parte di una famiglia in vista e ricca.
E ora il nulla.
I suoi pensieri vanno all’adolescenza, quando aveva scoperto lo zio mentre faceva l’amore con Thérèse , una cameriera del proprio albergo. Era rimasta lì a guardare. Lui se n’era accorto e l’aveva minacciata: “Zitta o lo faccio anche a te”. Alla paura, si aggiungeva l’impressione che Thérèse non traesse affatto piacere da quell’amplesso, anche se poi l’aveva scoperta un’altro paio di volte a congiungersi con altri uomini. Da allora si era fatta l’idea che diventare donna voleva dire passare per quell’esperienza probabilmente nient’affatto piacevole. Era una tappa obbligata, un passaggio necessario…?
Ma ora la reazione di Betty è fortemente autocritica.
Sono una stupida, no? Dimmelo che sono una stupida! Ho rovinato tutto, ho fallito in tutto, ho sporcato tutto. Ho passato il tempo a sporcarmi e adesso ti racconto tutte  queste storie per farmi compatire. Per tutta la vita, fin da quando avevo quindici anni, sì, quindici anni, per imitare Thérèse, sono stata una puttana. Una puttana capisci?...” E’ lo sfogo che Betty fa a Laure, la donna che l’ha raccolta ubriaca e malmessa dal bar e che con le sue cure poco a poco la sta rimettendo in sesto.
E poi continua.
“… Elisabeth Etamble, nata Fayet, riconosce di essere una puttana, di aver sempre avuto amanti prima e dopo il matrimonio, raccattandoli nei bar come una professionista e introducendoli nel domicilio coniugale, dove è stata sorpresa  mentre faceva l’amore a due passi dalla camera delle figlie… - era il  verdetto di condanna del clan Etamble – Guarda qui, non mento quando dico che le ho vendute  (le figlie n.d.r.)… Un milione, d’acconto s’intende…” . Le ultime parole del marito erano state “…Farò in modo che non ti manchi niente, qualunque cosa accada…”.
Poi l’epilogo. Betty, dopo aver rifiutato una sorta di rientro nel clan Etamble, offertole dal marito, ma a certe condizioni, sembrerà ritrovare la vita e la voglia di rimettersi in gioco con un altro uomo, ma portandolo via ad un’altra donna. A quella stessa Laure che l’aveva raccolta ridotta ad uno straccio e l’aveva restituita al mondo. Così, come se nella vita non ci fosse posto per tutti. La rinascita di Betty richiedeva l’annullamento di qualcun altro.

Del romanzo Betty (1961) e dell’omonimo film di Chabrol (1992) abbiamo già parlato su Simenon Simenon. Se foste interessati, potrete trovare due post a questi indirizzi:
• http://www.simenon-simenon.com/2011/03/simenon-e-betty-cinquantanni-fa.html
• http://www.simenon-simenon.com/2011/03/simenon-betty-ancora-whisky-per-favore.html

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