sabato 25 febbraio 2012

SIMENON, ELLROY E LO SPETTRO MATERNO / 2

Quello che abbiamo iniziato ieri, non è tanto un confronto, ma piuttosto la ricerca di uno stesso filo per quanto sottile, ma distinguibile, tra Lettre à ma mére e My Dark Places. In effetti i due libri sono d'impostazione completamente diversa. Quello di Ellroy è la ricostruzione molto particolareggiata delle indagini sull'omicidio della madre (sia di quelle ufficiali che di quelle poi messe in atto dallo stesso scrittore), mentre il testo di Simenon è un'insieme di rifessioni che partono dagli ultimi momenti passati quattro anni prima al capezzale della madre che lo portano a comprendere quella rudezza nei suoi confronti (ma anche nei riguardi di sé stessa) e quella forza, che a volte finiva anche per sopraffare soprattutto Georges e suo padre Desiré, con la convinzione di portare avanti la famiglia. Insomma anche se da parte della madre persisteva una diffidenza, anche nei confronti della popolarità e della ricchezza di Georges, come se non fossero meritate (e che invece secondo lei sarebbero dovute toccare al figlio prediletto Christian). Da qui parte una serie di riflessioni, di ricordi, di riconsiderazioni che cambiano l'atteggiamento di un Simenon, ricordiamolo, ormai quasi settantenne.
Invece Ellroy, quando scrive My Dark Places, ha solo 48 anni e ci racconta di un avvenimento di quasi quarant'anni prima. Una precisa a volte pedante ricostruzione dell'inchiesta, con tanto di verbali di polizia, di trascrizioni degli interrogatori, di testimonianze virgolettate. Ma nel libro ci sono anche capitoli interi dedicati ai ricordi che un bambino di dieci anni può avere della madre cui, dopo il divorzio quando aveva appena sette anni, era legato da un rapporto di amore e odio, di attrazione e di rifiuto. Questo anche perché il padre lo istigava a spiare la madre e a raccontargli degli uomini che frequentava, cercando di convicerlo che era una poco di buono, una sorta di sgualdrina. E tutto questo, a quell'età, ebbe un effetto devastante. Alla fine di un capitolo Ellroy scrive queste parole ".. la odiavo e la concupivo. Poi smise di vivere". Morta la madre, James visse con il padre che però non si occupò molto di lui e che morì quando Ellroy aveva dicissette anni, lasciandolo allo sbando più totale. Ed lì iniziò il suo periodo nero.
Nel libro ogni tanto sono inseriti dei brani, tra un capitolo e l'altro, cinque in tutto. Messi tutti insieme costituiscono una vera lettera alla madre. Ecco qualche estratto:
"...la via di scampo che avevi imboccato, ti offrì solo un breve rinvio Mi avevi portato con te come portafortuna. Fallii come talismano - dunque oggi testimonio per te. La tua morte caratterizza la mia vita. Voglio trovare l'amore di cui fummo privi ed esercitarlo in tuo nome..."
" ...tu perseguivi una rettitudine severa. Il sabato sera la infrangevi. Le tue brevi rassegnazioni ti gettarono nel caos. Non voglio ritrarti in quel modo Non voglio dar via così bassamente i tuoi segreti... Voglio apprendre dov'é che hai sepolto il tuo amore..."
"... non riesco a udire la tua voce. Sento il tuo odore e il sapore del tuo alito. Ti sento. Stai stringendoti  a me. Sei andata, e io voglio di più".
Sono grida disperate di dolore che non troviamo certo in Simenon. Il famoso pudore dei Simenon non concedeva paltealità. E infatti sul letto di morte la madre guarda in silenzio il figlio e lui fà altrettanto.
Un'altra prova di una incomprensione durata una vita, ma che va sciogliendosi, almeno da parte di Georges.
"...Madre, io non ho niente da rimproverarti, non ti rimprovero niente, lo vedi bene. Hai seguito il corso della tua vita, con una fedeltà rara, rarissma anzi, al tuo scopo - scrive Simenon nelle ultime pagine  del libro - Lo hai raggiunto. Forse per questo nel letto d'ospedale il tuo sguardo è così sereno, per questo a tratti vi brilla persino un tratto d'ironia. Per dirtela chiara: Li hai messi tutti  nel sacco!".
"Li hai fatti fessi tutti. Ti concedevi a piccole dosi - scrive invece Ellroy - e ti reinventavi a tuo piacimento...". 
Due sensibilità diverse, due storie differenti, uno scrittore americano ed uno europeo, un modo di concepire la scrittura divergente, ma leggendo tra le righe questi due libri, entrambe autobiografici, potrebbero costituire un punto di contatto tra i due.

venerdì 24 febbraio 2012

SIMENON, ELLROY E LO SPETTRO MATERNO /1

Oggi vogliamo addentrarci in uno spericolato paragone tra un libro di Simenon e uno di uno scrittore molto lontano da lui, ma che per certi versi ci hanno fatto pensare uno all'altro.
Stiamo parlando della famosa Lettre à ma mére (Lettera a mia madre - 1974) del romanziere belga e di My Dark Places (I miei luoghi oscuri - 1996) dello scrittore americano James Ellroy. I pur diversissimi rapporti con la propria madre dei due furono molto importanti, al punto di influenzare non solo la loro vita, ma anche le rispettive produzioni letterarie.
A più d'uno forse si rizzeranno i capelli, ma cerchiamo, per chi non avesse letto il libro dello scrittore americano (o nemmeno quello di Simenon) i punti di contatto e quelli di divergenza.
Partiamo da due scrittori che più diversi non  potrebbero essere, anzi come diceva Simenon, due romazieri, perché nonostante tutti i distinguo che si possono sollevare, Ellroy é incontestabilemente un romanziere testimone dello spirito del tempo e della sua cultura. Esattamente come Simenon, che se vogliamo era più cosmopolita, ma alla fine l'ossatura della sua cultura europea é sempre presente.
Un po' diversi anche nel loro modo di scrivere, ma non molto dissimili nelle motivazioni di fondo. Simenon affermava che la scrittura l'aveva salvato, perchè altrimenti sarebbe diventato un ribelle, se non un delinquente.
La stessa cosa possiamo dire per Ellroy. Scrittura come salvezza, dichiarò "... la letteratura è una vocazione profonda. Ne sono stato cosciente anche nel punto più basso della mia vergogna..." Già perché con tutti i problemi che ebbe Simenon da piccolo, il cattivo raporto con la madre, la morte del padre, l'ingresso precoce nel mondo del lavoro, la sua infanzia fu decisamente migliore del collega americano cui uccisero la madre e né le indagini ufficiali della polizia, né quelle che anni dopo avvviò lui stesso con un detective privato, riuscirono a spiegare chi e perchè commise quell'assassinio. La vita del piccolo James, di appena dieci anni, fu scossa e fu l'inzio del suo periodo nero, sempre in bilico: la morte del padre, la piccola deliquenza, il riformatorio, la droga, l'ossessione delle ragazze, i piccoli furti e anche la prigione. E fu la letteratura, che lo salvò. Quella stessa impellenza a scrivere di cui parlava anche Simenon, fu la fortuna di Ellroy.
Simenon non ebbe modo di conoscerlo, nemmeno letterariamente, anche perchè il sucesso mondiale di Ellroy data alla fine degli anni '80, quando Simenon non leggeva ormai più e poi nell'89 morì. Nè risulta che l'americano si sia mai interessato alle opere dell'europeo.
Invece l'asciuttezza dello stile era una idea fissa per entrambe... per Ellroy addirittura un chiodo fisso "...soggetto, predicato, complemento, soggetto, predicato, complemento..." ama ripetere. Che non è proprio il pas litteraire simenoniano, ma tendere all'essenziale e a uno stile scarno era una caratteristica comune, anche se l'americano utilizzava pure lo slang (ad esempio quello dei poliziotti) per essere più aderente alla realtà. E anche qui i due si somigliano nella loro voglia di raccontare la realtà così com'è, anche cruda e crudele. Certo Simeon manifesta un più accentuato taglio psicologico e un interesse maggiore per l'individuo, mentre Ellroy inquadra le storie dei suoi personaggi in un contesto storico-sociale, quella storia sotterranea dell'America (come la definiva lui stesso), dove non risparmia nessuno, politici, poliziotti, servizi segreti, sindacati, mafia e nemmeno le icone nazionali come ad esempio i Kennedy.
Questa lunga (ma forzatamente non esaustiva) introduzione era necessaria per inquadrare il tormentato rapporto dei due con le rispettive madri.
"...non cercavo di scavare da nessuna parte. Non volevo esorcizzare nessun demone. Volevo solo scoprire chi aveva ucciso mia madre e nel fare questo ho dovuto scrivere pezzi della mia biografia. L'ho scritto per onorare mia madre. Non è stato un libro difficile: ho solo dovuto dire la verità..." Questo afferma Ellroy che però in molti dei suoi romanzi (primo tra tutti Black Dahlia, ad esempio) fa sentire l'eco e le conseguenze di quella tragedia.
C'è un'altra frase che invece la madre di Simenon disse allo scrittore e che è molto significativa del loro rapporto. La pronunciò quando il figlio, dopo parecchi anni che non si vedevano, tornò Liegi per assisterla nella sua agonia. "Perchè sei venuto, Georges?".... continua


giovedì 23 febbraio 2012

SIMENON. LE CAMPANE DEL SUCCESSO

Alla fine di ottobre del 1962 Simenon finì la stesura di uno dei suoi più significativi romanzi. Si trattava de Les anneaux de Bicêtre. In quegli anni é oramai stabilmente domiciliato in Svizzera, la crisi con Denyse è arrivata ad un livello di allarme rosso (tanto che dopo due anni si separeranno definitivamente). Insommma non è uno dei suoi periodi migliori (vedi il post precedente), anche se da quando è tornato dall'America, i riconoscimenti, le manifestazioni di stima e gli attestati di popolarità si sono susseguiti. Basti pensare a Marcel Achard, membro dell'Accademia francese, che gli scriveva "... sono stato in campagna una decina di giorni, dove ho fatto la mia cura annuale dei Simenon... Lei è un maestro assoluto...". Oppure Marcel Pagnol che si rivolgeva a lui scrivendo " ... lei è un forgiatore di caratteri e alle volte riesce ad esserlo in una decina di righe...". Ma anche la critica inizia ad esprimirsi con saggi di autori come Bernard de Fallois, Quentin Ritzen, Anne Richter e così pure la stampa. Les Nouvelles littéraires mostra una considerazione notevole per "Le President", Le Figaro  parla di "un grande Simenon" per "Le petit homme d'Arkhangelsk", il London New Daily classifica finalmente tra le opere di narrativa il best seller "Pedigree".
E arriviamo al romanzo di cui vogliamo occuparci oggi. Racconta in terza persona di René Maugras, un uomo colpito da emiplegia (deficit motorio, causato da un danno cerebrale). E' un ultra-cinquantenne di successo, direttore di un importante quotidiano parigino, che, in seguito ad un ictus, sviene durante una cena in un famossisimo ristorante della capitale, le Grand Véfour. Al suo risveglio si trova in un letto d'ospedale, paralizzato, riesce solo a sentire delle campane (quelli citati nel titolo, "anneaux" sono in realtà anelli...  degli anelli sonori come quelli concentrici e che si espandono come le onde sonore emesse dai rintocchi di una campana. Il titolo poteva anche essere "Les cloches de Bicêtre", ma in francese "cloches" si presta ad una lettura ambiga e quindi Simenon optò per anneaux. Nelle altre lingue, invece fu tradotto con "campane" ). Per l'uomo è un'occasione per riflettere sulla sua vita passata e per interrogarsi su quello che desidera davvero. E, ricordando il mondo della sua infanzia e osservando i semplici gesti della vita degli anziani pazienti dell'ospedale, viene preso dalla voglia di ritrovarsi tra la "piccola gente", definizione cara a Simenon il quale la utilizza spesso perchè è prorio lui che, di tanto in tanto, é tentato di tornare ad essere un homme comme les autres. Insomma Maugras si trova tra il sogno di rifarsi un vita, lontana dal potere, dalla società che conta, dalla frenesia del lavoro e del successo e la sua realtà, i colleghi, la moglie alcolizzata (e qui il riferimento a Denyse è chiarissimo) che invece vorrebbero reintegrarlo in quello che era stato il suo mondo, mondo in cui però Maugras omai non crede più.
Qui ci fermiamo con il racconto della trama.
Ma su questo libro c'è molto da dire e abbiamo scelto di parlarne perché, non solo è stato scritto esattamente cinquant'anni fa', ma anche perchè fu un gran successo di vendite e soprattutto perchè fu un libro preparato e scritto in un modo un po' particolare.
Per esempio, sembra che la stesura del romanzo abbia richiesto più di venti giorni, cosa assolutamente inconsueta per il ritmo di scrittura di Simenon. E anche la fase della revisione fu decisamente più lunga dei soliti tre/quattro giorni, arrivò ad una decina. E ancor prima, durante la preparazione, questa volta non bastarono gli appunti sulla busta gialla. La documentazione fu approfondita, ad esempio andò a sentire il parere di tre neurologi per informarsi della fasi e delle modalità della malattia e del sucessivo recupero. Ad uno di questi inviò addirittura una sorta di questionario con una decina di domande. Visitò l'ospedale, volle mettersi nella posizione dei malati lungodegenti e da lì osservare la loro visuale, conoscere tempi e ritmi della vita dei malati, dell'organizzazione ospedaliera, avendo la conferma che, per un malato inchiodato ad un letto, anche i rumori di fuori sono importanti e anzi possono scandire il ritmo della giornata. E qui il suono delle campane (quelle delle chiese nei dintorni) avrà la sua importanza non solo nel titolo, ma anche nello svolgersi della vicenda.
Ma torniamo all'insolito percorso di questo romanzo, che ebbe anche una promozione paticolare. Infatti Simenon volle inviarne in anteprima  qualche centinaio di copie ad altrettanti medici. E così avvenne addirittura che alcuni docenti inserirono il romanzo tra i libri di testo affinchè gli studenti potessero avere un'idea della vita in ospedale vista da parte di un degente.
E poi interviste sui giornali, apparizioni in televisione, conferenze stampa proprio nel ristorante Grand Véfour... insomma tutto quello cui Simenon cercava normalmente di sottrarsi.
E qui la stampa e la critica  risposero positivamente. Le Monde lo definsce "...un romanzo-tragedia che evidenzia la gravità e l'interiorità stessa dello scrittore..". Francois Mauriac su Le Figaro Littéraire dichiara che nel romanzo "...l'agnostico Simenon predica meglio della maggior parte delle opere religiose...". Anche il Tagespiel di Berlino dice di Simenon "...  è un romanziere serio che, chiarmente, consoce non solo i problemi e le tecniche della prosa moderna, ma ne afferra anche il potenziale epico...". E dall'Inghlterra il Times Literary Supplement afferma che Simenon "... descrive la malattia in modo eccezionale..." e da oltreoceano il New York Times include il romanzo tra ilibri che vanno assolutamente letti, grandi elogi anche dal Washington Post che sottolinea il passaggio di Simenon dalla letteratura popolare a quella più alta, e l'Atlantic Monthly scrive che il libro è  "... un romanzo psicologico di una profondità e di una potenza degne di grande considerazione...".
Chiudiamo con un frase che Simenon ripeteva in quell'occasione ai giornalisti che lo intervistavano: "...  accetto che mi si rubi il portafoglio o un oggetto di valore, ma non che mi si sottragga il tempo. Gli oggetti si sostiuiscono, ma chi sa quanto tempo ci resta da vivere?"

mercoledì 22 febbraio 2012

SIMENON. ALLA SCOPERTA DEL PROPRIO MALESSERE

Alla fine degli anni '50 Simenon vive un periodo di crisi. Non si tratta del suo consueto stato di malessere che prelude alla necessità di mettersi nella pelle di un'altro e di iniziare un nuovo romanzo nell'ormai noto état de roman. Si tatta di qualcosa più profondo. Innanzitutto le tensioni coniugali, in gran parte dovute all'instabilità psichica della moglie, si fanno più frequenti con l'aggravarsi dello stato di Denyse. Simenon inizia a chiedersi in un primo momento dove abbia sbagliato, se in qualche modo possa essere stato lui stesso a provocare quel progressivo peggioramento. Ma, quando la situazione si fà più critica, subentra nei confronti della sua compagna un 'ostilità crescente.
E questa situazione si riflette nei romanzi di quel periodo, come ad esempio Le passage de la ligne (1958) dove il protagonista, Steve un uomo ricco e di successo, vive una pessima relazione matrimoniale, che sfocia in un divorzio con il quale la moglie riesce a potargli via il suo patrimonio e lui dovrà rifarsi una vita, lontano, adattandosi ad un tenore di vita assai modesto.
E' questa una paura di Simenon? Non solo, in questo periodo affiorano anche i dubbi sulla qualità di quello che pubblica. A volte ha la sensazione di essere solo una star cui in quel momento mancano però le qualità per scrivere. Addirittura si spaventa quando nel '58 non riesce a far decollare un nuovo romanzo e si vede costretto ad un periodo di inattività che lo deprimerà non poco. Per la cronaca va detto che si trattò di soli quattro mesi. Ma si sa, Simenon non poteva considerarla una normale pausa, bensì qualcosa di pericolosamente vicino ad uno stop. Nel '59 ne esce imponendosi di scrivere un'inchiesta del commissario Maigret aux assises (1960). Dopo la parentesi mondana del Festival di Cannes in cui fu presidente della giuria, si dedica ad un'altro poliziesco, Maigret et les vieillards (1960) per poi iniziare finalmente un nuovo romanzo. E' Le train (1961), una vicenda che si svolge durante la guerra, in cui il protagonista si sente legato per la sua mentalità conformista alla moglie e per questo rinuncia ad una probabile nuova vita con un'altra donna. Questa, alla fine del romanzo, si troverà in una grave situazione e, dopo avergli invano chiesto aiuto, verrà uccisa. Anche qui i vincoli matrimoniali sono vissuti come una specie di gabbia e addirittura forieri di disgrazie. E poi viene Betty (scritto nell'ottobre del '60), la storia di una donna che inizia male e finisce peggio. Qui il matrimonio non c'entra, ma l'atmosfera è cupa, pessimistica e il romanzo è un disperato noir.
A testimonianza della depressione di questo periodo ci sono le riflessioni che ritroviamo in quella sorta di diario che é Quand jétais vieux (scritto tra il 1960 e il 1963, ma pubblicato solo nel '70), dove ritroviamo tutti motivi  della sua crisi, individuati nel fallimento del suo matrimonio, nei dubbi sulla sua opera e nell'inesorabile avvicinarsi della vecchiaia.
Ancora più chiaramente tutto questo è espresso in un saggio, Le roman de l'homme, tratto da una conferenza tenuta a Bruxelles nel '58 e finito prima a puntate sul settimanale Arts e poi in un omonimo volume nel '60. E nei successivi romanzi L'ours de peluche (1960) e Les anneaux de Bicetre (1962) primeggia il tema della sconfitta di uomini famosi e potenti.
Insomma Simenon si sente vulnerabile, sente la mancanza di una vera compagna (la relazione con Teresa è ancora lontana) ed  è tormentato dai dubbi. Ricorderà quegli anni come un periodo nero, fatto di cui si trova traccia anche in altre sue opere autobiografiche come i Dictées.

martedì 21 febbraio 2012

SIMENON INTERPRETA SIMENON, DA AUTORE AD ATTORE


1959. Esce un cortometraggio per la regia di Jean-François Hauduroy. Titolo Simenon. E' una produzione elevetica interpretata proprio da Georges Simenon, nella parte di sè stesso, da Michel Simon, voce fuori campo dell'attore Paul Meurisse, sceneggiatura dello stesso regista e colonna sonora di Philippe Arthuys. Una piccola produzione, e non conosciuta dai più, che fu presentata al Festival di Locarno del 1960, nella sezione "Cortometraggi in concorso". E' una performance che per lo più i biografi non riportano. In fondo più che un documentario con un filo conduttore, è un'insieme di flash che vedono lo scrittore ripreso nei luoghi a lui familiari: Parigi, la Normandia, la sua abitazione ad Echandens in Svizzera. L'intento del regista era quello di mostrare come Simenon scrivesse un romanzo.  La scelta dell'opera che doveva appunto spiegare il processo creativo cadde su Le President del 1957, che lo scrittore aveva ambientato tra Parigi e la Normandia, presidente che viene impersonato da Michel Simon (ruolo che nel film, tratto nel'61 dal romanzo, sarà di Jean Gabin). Simenon e Simon, l'autore e il personaggio, si alternano davanti alla cinepresa in una sorta di puzzle che intreccia realtà e fiction, il metodo della scrittura e il personaggio nella pelle del quale il romanziere ogni volta entrava, immmedesimandosi nei suoi comportamenti e nella sua mentalità. 

lunedì 20 febbraio 2012

SIMENON. OGGI MAIGRET FESTEGGIA CON LA... MOUCLADE

Il 20 febbraio è una data speciale per il commissario. E' la sua data di nascita... letteraria. Insomma un compleanno, magari non importante come quello dell'altr'anno, quando cadevano gli ottant'anni dal lancio delle sue inchieste. Oggi questo personaggio ne compie 81. Potremmo dire, con una tipica frase fatta in queste circostanze, che non li dimostra affatto. Ma noi siamo di parte e capiamo che questi giudizi lasciano per i non appassionati il tempo che trovano.
Torniamo quindi alla nascita del nostro che Simenon lanciò in un momento di grande fervore culturale, quando nella capitale francese lavoravano artisti come Picasso (che allora si dedicava alle forme plastiche e si cimentava nella scultura), Ernest Hemingway (che lavorava a "Death in the Afternoon"), Salvador Dali (che frequentava il circolo dei surrealisti), Paul Valery (che pubblicava "Regards sur le monde actuel"), André Gide (allora mentore di Simenon), Maurice Ravel (reduce dai trionfi del suo "Bolero") e potremmo andare avanti per molto.
Era il 1931 e Simenon realizzava anche il passaggio dalla letteratura alimentare (quella popolare scritta su ordinazione) a quella semi-alimentare (creando secondo la sua ispirazione e dando forma al suo stile). Un momento cruciale per la sua crescita letteraria la nascita di quel personaggio le cui modalità vi abbiamo già raccontato nei post Nasce Maigret. La versione di Georges e Nasce Maigret. Come è andata davvero.
Oggi Maigret è entrato con successo anche nel mondo degli ebook, dimostrazione di come si porti bene gli anni, di come le sue tematiche, il suo modo di raccontare, anche nel genere poliziesco, riscuota l'interesse dei lettori d'oggi, anche di quelli tecnolgicamente più avanzati.
Vorremmo festeggiare questo giorno come sarebbe piaciuto al commissario, facendogli idealmente gustare uno di suoi piatti preferiti, preparati dalla sua premurosa moglie o cucinato in qualche ristorante di quelli giusti (niente lusso, ma occhio alla sostanza), e che spesso Simenon citava nelle sue inchieste.

Ecco un brano tratto da La maison du juge (1942)
Thérese (una cameriera dell'Hotel du Port) aveva chiesto a Maigret:
- Le piace la "mouclade"?
- Che cos'è?
- Cozze alla panna... Una specialità del posto...
- Io non sopporto la panna - dichiarò Méjat (un ispettore di Lucon, cittadina dove si svolge l'azione)
... peccato (pensava Maigret) che la conversazione avesse avuto luogo proprio mentre stava mangiando le cozze, che erano un capolavoro.
E allora vediamo la ricetta come ce la presenta il famoso cuoco Courtin nel suo Le cahier de recettes de madame Maigret (1974).

Mouclade des boucholeurs
- Raschiare e lavare con molta acqua 3 kg di cozze
- Mettere in una grossa pentola 1/4 lt. di vino bianco secco, 125 gr. di burro delle Charentes, 8 scalogni, 4 spicchi d'aglio pestati, un abbondante pizzico di pepe. Portare a ebollizione e gettarvi dentro le cozze. Coprire.
- Quando le valve si saranno aperte, versare il contenuto della pentola in un'altra casseruola.
- Portare a ebollizione, aggiungere un pizzico di cumino e due cucchiai da minestra di curry. Lasciare bollire per due minuti.
- Versare nella casseruola 40 gr. di burro maneggiato con un cucchiaio di farina. Mescolare bene con un cucchiaio di legno. Aggiungere, fuori della fiamma, un decilitro di latte bollente e poi due decilitri di panna fresca. Passare al setacccio.
- Liberare le cozze della età dei loro gusci. Metterli su un gran piatto fondo: Ricoprire con la salsa e servire.
Buon appetito!
Ah dimenticavamo, Courtine suggerisce di abbinare un vino bianco dell'Ile de Ré.
Auguri e alla salute, commissario!