martedì 16 ottobre 2012

SIMENON. MAIGRET, L'ABITO FA' IL COMMISSARIO ?

Imparò subito la lezione. "... E' consigliabile che gli ispettori siamo muniti di abito nero, smoking e marsina, senza i quali non è possibile avere accesso a certe riunioni mondane...".
Istruzioni che valevano per ogni ispettori di tutti i commissariati, anche in quello del quartiere Saint Georges dove Maigret nel 1913 svolgeva le funzioni di segretario del commissario Maxim Le Bret. Come invece per altre occasioni sapeva, come recitava sempre il manuale, che "... un berretto, un fazzolettone, e un vecchio abito usato costituiscono, l'esperienza l'ha dimostrato, un efficace travestimento...".
Ci vuole  poco a capire che Jules Maigret non si sentiva affatto a suo agio, con il vestito da cerimonia e quanto soffrisse impazientemente, quando il servizio lo obbligava a frequentare ricevimenti e gala. Dopo tanti anni di servizio sulla strada, i travestimenti erano invece il suo divertimento, o comunque non si sentiva a disagio nei panni di un pover'uomo, quando doveva fare un inseguimento o stazionare ore in una brasserie di terz'ordine.
Queste erano situazioni frequenti, ma non la quotidianetà. Ma anche in quella, vestiti e accessori cambiavano a seconda dei periodi e delle mansioni. Ad esempio la bombetta che molti Maigret televisivi e molte illustrazioni fanno sembrare un accessorio usuale del commissario, era invece un cappello che usava solo per i funerali o le cerimonie ufficiali. Come pure il famoso pesante cappotto con il collo di velluto, non era la sua divisa. Lo stesso Maigret asserisce di utilizzarlo solo nei giorni di pioggia o di grande freddo. Ammette invece che nell'intimità della casa, va a letto con una camicia da notte e non con il pigiama.
E a proposito della sua attenzione nel vestire ecco quello che dice ne Le Mémoires de Maigret (1950 - Presses de La Citè).
"...Io non sono vanitoso. Mi preoccupo assai poco dell'eleganza. Ma, forse proprio per questo detesto farmi notare. E il mio piccolo sarto israelita di rue Turenne non desidera più di me che la gente si volti in strada quando passo...".
Anche in questo Simenon aveva creato un eroe "normale", né un damerino, né uno straccione. Ma un semplice funzionario, che vestiva in modo ordinario, senza concessioni alla moda o all'estrosità. E non solo nel vestire

lunedì 15 ottobre 2012

SIMENON. MA QUANTI SONO GLI SCRITTORI-SCRITTORI?

Traslocare è una bella cosa. Nel fare i pacchi si ritirano fuori cose dimenticate, ci si libera di un sacco di ciarpame, si scoprono altre cose che nemmeno sapevamo di avere... Si risistema tutto e... si pensa alla nuova vita che ci aspetta, nuova casa, nuova città, nuovo paese, nuovo lavoro...
Questo incipit sui traslochi stavolta non è riferito ai tanti che ha fatto Simenon. No. Si tratta più modestamente di una questione personale. Sto traslocando e appunto ho tirato giù libri, giornali, dispense, dvd, dischi, cassette VHS, insomma le cose più varie.
E tra le tante mi è capitato in mano un numero di Mercurio. Beh, non tutti, se non altro per questioni anagrafiche, possono sapere che cosa fosse. Si trattava di un supplemento del quotidiano La Repubbblica. Era un'iniziativa partita ai primi di marzo del 1989. Aveva un cadenza settimanale, 24 pagine, curato da Nello Ajello, si occupava di lettere, arti e scienze. Tutto rigorosamente in bianco/nero, ma già sfoggiava una bella impaginazione ariosa, moderna, caratterizzata da molte illustrazioni e poche foto.
Georges Simenon al Festival di Cannes del 1960 con Giulietta Masina e Federico Fellini
Quello che mi è capitato in mano è il numero del 16 settembre '89. Allora Simenon era scomparso da poco più di una settimana e sull'intera pagina dieci Mercurio pubblicava un'intervista di Alberto Arbasino a Simenon. Era un'incontro, di diversi anni prima, del 1960, a Cannes in occasione del Festival Cinematografico, dove il romanziere quell'anno era presidente della giuria.
Vi ritroviamo un Simenon su di giri, estremamente brillante e pungente al tempo stesso. Non svela segreti o novità, ma il tono ci è sembrato particolarmente sincero e quindi vi riportiamo qualche passo che ci auguriamo possa piacere anche a voi.
"...Gli scrittori sono dei noiosi insopportabili che perdono il tempo in chiacchiere; e stanno lì a raccontarsi dei romanzi che poi non scriveranno più. I caffé letterari li brucerei tutti. Hanno ragione gli scrittori americani, in questo, a vivere ciascuno per prorio conto e non voler mai incontrare i colleghi. Se si incomincia a vedersi tra noi, è finita. E' un circolo chiuso, artificiale. Preferisco vivere nella vita, dove tutti gli ambienti sono interessanti, tranne quelli artistici. Quelli mi fanno orrore...".
Schietto, diretto e senza peli sulla lingua. Che Simenon non amasse gli ambienti e ancor meno i circoli dei letterati, si sapeva, ma forse rare volte si era espresso così chiaramente, soprattutto in considerazione che chi lo stava intervistando era uno scrittore. E poi se la prende con gli scrittori "della domenica"
"... il fatto è che oggi ci sono molti più dilettanti e pochissimi veri scrittori, professionali. Quindi la maggior parte fà in fretta a stancarsi e a innervosirsi e a lasciar perdere: non sono i veri scrittori. A cominciare sono sempre in tanti perché definirsi "scrittore" o "giornalista" oggi pare un biglietto di presentazione simpatico: così credono, poveri coglioni. Però, poi, alla lunga si vede...".
Da chi ha dedicato tutta la vita alla scrittura, da chi si è sempre guadagnato da vivere scrivendo, da chi ha sempre scritto a tempo pieno e da uno come Simenon che, all'epoca dell'intervista, scriveva da quasi quarant'anni, i giudizi sopra espressi trovano la loro giusta angolazione. E non è finita.
"... e senza contare che tutti i professori che una volta scrivevano saggi su saggi, oggi si buttano a scrivere romanzi, perché sono convinti di possedere le ricette. Fino a neanche tanti anni fa', sarebbe parso inconcepibile: ma oggi non c'è un cattedrattico che non stia preparando un'opera di narrativa. Quanti sono però i veri romanzieri tra loro? Vorrei un po' vedere... Pochissimi!  C'é poco da fare: la mentalità analitica taglia le gambe al narratore. Non si può avere uno spirito critico, da professore, ed essere creatori nello stesso tempo. Sarebbe troppo comodo. Però non ci si riesce: per creare bisogna non aver paura né dell'irrazionale né del ridicolo; e non bisogna riflettere troppo sulle cose...".
E' un fiume in piena che travolge tutti clro che non hanno una concezione della  letteratura così totalizzante quanto la sua. Simenon non concepisce chi fa un lavoro qualsiasi e ogni tanto scrive un romanzo. Certo oggi che gli scrittori-scrittori sono sempre più rari, Simenon avrebbe fatto fuoco e fiamme. Ma oggi si può vivere scrivendo. Quanti sono che lo possono fare? Già in America è più facile, ma la situazione in Europa e specificatamente in Italia è molto diversa e lo scrittore "professonale", come lo chiama Simenon, va decisamente scomparendo.

domenica 14 ottobre 2012

SIMENON. MAIGRET C'E' E NON C'E'... STOP & GO... SCOMPARE E RIAPPARE...

Nota di precisazione -  Sembra, ce lo hanno riferito fonti anonime, ma noi non lo abbiamo visto con i nostri occhi, che ieri sera, sabato 14 ottobre, sia andata in onda una puntata delle inchieste televisive prodotte dalla Rai con il commissario Maigret.
Ci viene da pensare che abbiamo fatto bene allora a pubblicare oggi (ma lo avevamo scritto ieri) quella reprimenda alla Rai, almeno è servita a qualcosa!
A parte gli scherzi, evidentemente noi non c'entriamo affatto, ma comunque meglio così. D'altronde che volete... avete aspettato solamente cinque mesi...
A quando un nuovo stop a sorpresa?
A quando una nuova ripartenza?
Con la Rai la suspense non manca mai...

SIMENON. MAIGRET SU RAI 5. IL MISTERO DELLE REPLICHE SCOMPARSE

E' veramente il mistero delle repliche scomparse. Cerchiamo di fare un po' d'ordine e di vedere come è andata questa storia su cui ormai abbiamo scritto diversi post, anche sollecitati dalle numerose segnalazioni, proteste e arrabbiature dei telespettatori che hanno visto interrompersi il ciclo annunciato senza motivazioni, nè avvertimenti. A marzo la Rai aveva infatti annunciato che dal giorno 13, in seconda serata, sarebbero stati trasmessi, con cadenza settimanale, una serie di episodi del commissario interpretato da Gino Cervi. Serie lunga che doveva durare fino a giugno (vedi Il ritorno del 2 aprile). Lo stop arriva, dopo nemmeno un mese, il 12 maggio. Allora chiedemmo all'ufficio stampa della Rai e alla redazione di Rai 5, una qualche spiegazione che fino allora non era stata fornita (vedi Le repliche 24 maggio). Finalmente la risposta arrivò, ma era vaga. Parlava di problemi di diritti alla trasmissione, ma non accennava nemmeno se e quando la programmazione potesse riprendere (vedi La Rai risponde 26 maggio). Nel frattempo Simenon-Simenon viene subissato da altri messaggi, mail, commenti di protesta. I telespettatori affermano di sentirsi presi in giro e non ci stanno e continuano a scriverci. Tanto che dopo una ventina di giorni sentiamo l'esigenza di tornare sull'argomento (Ancora nessuna notizia 13 giugno), purtroppo potendo solo ribadire il silenzio della Rai e formulando qualche ipotesi sull'improvvisa interruzione.
Poi un segno. Il nostro solerte e sempre ben informato attaché Andrea Franco, la settimana scorsa ci informava che nei palinsesti era ricomparsa la programmazione dei Maigret, prevista per sabato 6 ottobre. Ma subito il giorno dopo doveva inviarci una smentita: il programma, per quanto annunciato, non era andato in onda.
Insomma ormai la storia è vecchia, talmente vecchia che, come si dice in gergo giornalistico, inizia a puzzare. Crediamo che valga la pena di metterci l'anima in pace (e una pietra sopra), dando per abolita per sempre la riproposta dei vecchi Maigret. La Rai d'altronde non è la prima volta che stravolge palinsesti e programmazioni senza fornire una spiegazione o una spiegazione esaustiva. E' questione di sensibilità, anche nei confronti di quei, forse non tantissimi appassionati, che avrebbero amato seguire quella serie. Ma nella tv di oggi, lo sappiamo, contano sempre più audience, share, budget pubblicitari. Spariscono i programmi culturali, si abbassa il livello, purtroppo anche su quelle reti (del digitale terrestre) che si pensava potessero essere affrancate dai problemi di ascolto e quindi permettersi di alzare un po' il livello e la qualità di quello che viene trasmesso. E invece purtroppo non è così.

Questo post è stato materialmente scritto sabato 13 ottobre, alle 18.00 circa e messo on-line stamattina. Non potevamo prevedere la "sorpresina" che la Rai intanto ci preparava per la serata. Vedi comunque il post successivo.

sabato 13 ottobre 2012

SIMENON.... SE NON L'AVESSE FATTO...

La nostra attachée Giovanna Ferraris ci propone un gioco di fantasia. Immaginare cosa sarebbe potuto succedere, o non accadere, se Simenon non avesse preso alcune scelte importanti della sua vita



10 dicembre 1922. Da Liegi a Parigi.
15 ottobre 1945. Da Londra a New York
19 marzo 1955 . Da Lakeville a Parigi.
Luglio 1957. Da Cannes a Echandens (Losanna)
Simenon è uno che ha viaggiato molto. Ma quelle qui sopra sono delle date molto importanti. Sono quattro spostamenti della sua vita che hanno lasciato un segno o ne hanno modificato il percorso. Ma se non fossero avvenuti? Se Simenon non fosse partito?

• 10 dicembre 1922. Da Liegi a Parigi.
A neanche vent'anni Simenon decide di lasciare il Belgio, la sua Liegi, il buon posto di giornalista alla Gazzetta di Liegi e la sua fidanzata e buttarsi in quella avventura dall'incerto finale che era la scrittura. Se non l'avesse fatto, avrebbe lo stesso sposato Tigy, avrebbe sicuramente fatto carriera al giornale. Figli? Probabilmente nessuno, come gli aveva fatto promettere Tigy prima del matrimonio. Avrebbe inizato a scrivere? Quasi sicuramente sì, ma certo possibilità e risonanza sarebbero state minori. MAigret sarebbe nato? Chissà.... senza quella caterva di romanzi popolari, chissà se gli sarebbe venuto in mente? Non avrebbe conosciuto Colette, André Gide, difficilmente avrebbe scritto per Gallimard. Comunque i confini di Liegi gli sarebbero stati stretti e prima o poi sarebbe andato via o si sarebbe adattato ad una vita più borghese e più ordinaria?

• 15 ottobre 1945. Da Londra a New York.
Parte con una moglie ed un figlio e torna dieci anni dopo con un'altra moglie e due figli in più. Se non avesse avuto il Fronte di Liberazione nazionale francese alle costole, Simenon non avrebbe abbandonato la Vandea. Magari avrebbe continuato a far su e giù con Parigi, magari avrebbe continuato a viaggiare e a pubblicare reportage sui giornali. Certo gli sarebbe mancata l'esperienza che dieci anni di States gli dettero. E forse quel soggiorno gli regalò qualcosa in più, oltre le conoscenze e i contatti con quelli che riteneva i migliori romanzieri del secolo. Forse gli servì anche a riscoprire le sue radici europee... a rivalutare Parigi...


19 marzo 1955. Da Lakeville a Parigi
 Simenon sarebbe potuto naturalizzarsi americano, prendere la cittadinanza e diventare un americano a tutti gli effetti.
Forse avrebbe stretto maggiori rapporti con Hollywwod per la trasposizione dei suoi romanzi. Ma quel Maigret così francese, così parigino, avrebbe avuto lo stesso sapore scritto da un americano? Sarebbe cambiato? L'oceano di mezzo alla lunga avrebbe avuto la sua influenza. I romanzi probabilmente no. E la fortuna dei suoi libri in Europa? Forse i suoi lettori non sarebbero cambiati, ma la popolarità nel vecchio continente non sarebbe forse stata più la stessa.
E' un fatto che il ritorno gli giovò. E fu un ritorno trionfale, come se tutti, letterati, editori, lettori europei avessero saputo che prima o poi sarebbe tornato.

Luglio 1957. Da Cannes a Echandens (Losanna) 
Finalmente la pace. Cambierà quattro case, ma sempre in Svizzera, anzi nel canton de Vaud, anzi nei dintorni di Losanna. Avrebbe potuto scegliere di tornare in Vandea, o a Parigi, ma (questioni fiscali/finanziarie a parte) forse sentiva il bisogno di allontanarsi da una Parigi che non era più quella degli anni '20/'30, la capitale mondiale della cultura. Lì a Losanna diciamo che Parigi era a portata di mano, ma lui era appartato, in una sistemazione tranquilla. Certo a Parigi sarebbe potuto stare più vicino alla figlia che lo adorava e aveva bisogno di lui.... Chissà se questo avrebbe potuto evitare la tragedia?
A cura dell'attachée del "Bureau Simenon-Simenon", Giovanna Ferraris

venerdì 12 ottobre 2012

SIMENON. METTETEVI NEI PANNI DI MAIGRET E...

Già. Chi lo ha letto magari l'ha fatto. Anzi ci azzarderemmo a dire che l'ha sicuramente fatto. Anche a noi è capitato, anche quando avevamo un'età, degli interessi e vivevamo una situazione ben lontana da quella del commissario.
Poi però presi un po' dall'atmosfera, interessati agli ambienti dove si svolgono le indagini, catturati dai personaggi che Simenon mette in campo... non è che ci si dimentichi di Maigret, ma, diciamo, le distrazioni sono molte. E questo perchè, ma l'abbiamo detto tante volte (forse fin troppe!), questi gialli sono molto poco polar, come dicono i francesi, e molto più romanzeschi, come sosteniamo noi (e su questo siamo in buona compagnia).
Mettersi nei panni di Maigret, ma non per trovarsi davanti criminali abituali. Tra questi e la polizia, almeno allora, c'erano dei codici di comportamento, un gioco delle parti in cui ognuno interpretava la sua, sapeva fin dove poteva arrivare e conosceva bene il ruolo e i limiti dell'altro.
No, qui si parla dei crimini commessi da personaggi non malavitosi, brave persone, anche ricchi borghesi e stimati professionisti.
Leggiamo quello che dice a questo proposito lo stesso commissario ne Les mémoires de Maigret (1950) e proviamo di metterci nei suoi panni.
"....Voglio parlare dei delitti commessi all'improvviso negli ambienti più imprevisti, e che sono il risultato di una lunga e sordida fermentazione. Una strada qualsiasi, pulita, perbene, a Parigi o in un'altra città. Gente che ha una casa confortevole una vita familiare, una professione onorevole. Mai avremmo avuto motivo di bussare alla loro porta. Spesso si tratta di un ambiente in cui difficilmente saremmo ammessi, dove stoneremmo, dove ci sentiremmo per lo meno goffi. Ora qualcuno è morto di morte violenta. E ci troviamo a suonare alla porta, ci troviamo davanti alcuni visi chiusi, una famiglia di cui ogni membro sembra possedere un proprio segreto. Qui l'esperienza acquisita in strada, nelle stazioni, nelle camere d'albergo non funziona più. Non c'è nessuno che tema di essere rispedito al paese d'origine. Nessuno che venga condotto in un ufficio del Quai per essere sottoposto ad un monotono interrogatorio che dura ore intere. Quelli che abbiamo di fronte sono gli stessi benpensanti che in diverse circostanze ci avrebbero chiesto: "Ma lei non si scoraggia mai?".
Sono proprio costoro che scoraggiano. Non subito. Non sempre. Perchè il compito è lungo e pieno di imprevisti. Anche perchè un colpo di telefono di un ministro, di un deputato, di una personalità importante, può cercare di metterci fuori strada....".
E qui vegono fuori un paio delle idiosincrasie di Simenon, quella borghesia ricca, gretta e perbenista. L'altra è quella classe politica vista come autoreferenziale, intenta a difendere i propri interessi e della classe da cui proviene, a costo di intralciare e condizionare addirittura delle indagini di polizia all'insegna dell'onorabilità, delle apparenze e del buon nome dei loro protetti.
"...V'è  una spessa vernice di rispettabilità da grattar via un po' alla volta. Ci sono i più o meno ripugnanti segreti di famiglia... è indispensabile far luce, senza preoccuparsi delle proprie teste e delle minacce...".
Sembra oggi. Dove il potere politico si mette non di rado di traverso, addirittura legislativamente, alle indagini della magistratura. Ma occorre stare attenti perchè, come ci spiega Maigret "...si rivelano sempre delitti di interesse. Non delitti di denaro. Intendo dire, non commessi per un bisogno immediato di denaro, come nel caso dei giovani malfattori che assassinano le vecchie signore. Dietro la facciata ci sono interessi più complessi, a lunga scadenza, che si concatenano e presentano le preoccupazioni della rispettabilità... E quando alla fine sono costretti a confessare... c'è il terrore delle conseguenze "E' assolutamente impossibile che la nostra famiglia venga trascinata nel fango. Bisogna trovare una soluzione...". Succede che la soluzione purtroppo venga trovata...".
Questa ultima considerazione di Maigret è estreamente amara. Rivela come un commissario di polizia, anche uno come lui, sia una rotella, un piccolo ingranaggio che una sola parola di una persona giusta riesce a fermare e tutto si inceppa, meglio si ferma e per dirla come Maigret: "...alcuni che avrebbero dovuto lasciare il mio ufficio solo per una cella alla Santé, siano scomparsi dalla circolazione...".
Ci verrebbe da dire.... tutto il mondo è paese. E Simenon sa bene che queste sono le frustrazioni universali, quelle di tutti i commissari del mondo, che i politici di tutto il mondo cercano di fermare quando stanno per incastrare i loro protetti, quando non gli amici di partito. E per questo le sue storie, anche quelle di Maigret, funzionano dappertutto, dicono le stesse cose a tutte le latitudini, raccontano i medesimi soprusi di ogni dove.
Ecco perchè che siate europei, o asiatici, sudamericani o africani, se vi metteste nei panni di Maigret, prima o poi vi scontrereste con il muro del potere che, come ci insegnano (anche) le storie di Simenon, è quasi sempre forte con i deboli e debole con i forti.