martedì 23 aprile 2013

SIMENON SIMENON E LA GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO

Buon libro a tutti! Simenon-Simenon non poteva mancare di ricordare la giornata mondiale del libro, parlando tutti i giorni di un signore che di libri ne ha scritti e ne ha fatti stampare in moltissimi paesi del mondo e ne ha fatti leggere a centinaia di milioni di persone.
Già per secoli i libri sono stati più o meno gli stessi. Sono cambiati i sistemi per stamparli, è cambiata la carta di cui sono fatte le loro pagine, si sono sperimentati nuovi materiali per le copertine, nuovi sistemi per la rilegatura. Ma l'oggetto finale è rimasto più o meno lo stesso o quasi lo stesso. Poi nei primi degli anni '90 la rivoluzione. Il libro si è smaterializzato o forse meglio si è dematerializzato, passando dallo stato cartaceo a quello digitale. Nasce l' ebook, cioè il libro digitale, fruibile da ereader, pc, notebook, tablet, smartphone... Meglio? Peggio? Nè meglio nè peggio, solo un'inevitabile evoluzione?
Gli schieramenti sono sostanzialmente questi.
Noi pensiamo che l'ebook sia un libro a tutti gli effetti. Capiamo la nostalgia per la carta, il suo odore, la sensazione tattile di sfogliare le pagine... ma la fruizione (magari attraverso lo strumento più adatto, cioè l'ereader) è uguale, anzi migliorata.
Si legge tenendolo in mano come un libro, in più si possono "conservare" un migliaio di ebook in un stesso ereader. E ognuno di questi lettori elettronici è dotato di vocabolari, dizionari, vi offre la possibilità si annotare tutto come desiderate... insomma se non conoscete già l'ereader, informatevi...
Daltronde anche Simenon era un innovatore in fatto di editoria.
Pensate al lancio dei Maigret. Una sfrenata festa notturna per lanciare un personaggio che di sfrenato e mondano non aveva propio nulla. Ma la novià della cosa contribuì alla visibilità e quindi anche al successo. E poi quelle copertine interamente fotografiche (stessa foto dalla copertina alla costa fino alla quarta di copertina) fu un'innovazione assoluta voluta proprio da Simenon.
E oggi le inchieste del commissario Maigret sono state proposte anche in formato ebook ed hanno avuto un immediato successo.
Poi, a nostro avviso, non significa che i libri spariranno. Oggi moltissimi di noi per scrivere qualcosa ad un amico o alla fidanzata utilizzano il computer e l'e-mail, ma nessuno vieta di andarsi a comparare busta e foglio di carta (magari anche pergamenata) di caricare una vecchia penna stilografica e di vergare il proprio messaggio. Chiudere tutto, compilare l'indirizzo sulla busta, poi andare alla posta e spedirla. 
Crediamo davvero che lo stesso succederà con i libri.

SIMENON. IL GRANDE INCROCIO TRA NOIR E ROMANZO

La nuit du Carrefour (tradotto in italiano con "Il mistero del crocevia" 1934 e "La casa delle tre vedove" 1961 da Mondadori e poi con "Il crocevia delle Tre vedove" nel 1996 da Adelphi) è uno dei primissimi Maigret, quelli, per intenderci, della serie Fayard, scritta ottantadue anni fa', nell'aprile del '31 da un Simenon, fresco fresco del lancio dei Maigret e del loro iniziale successo. Lo scrittore si trovava nello Chateau de Minaudiére a Guigneville (presso le Ferté Alais) e una volta tanto non su un canale a bordo di una delle sue imbarcazioni.
L'atmosfera che Simenon ricostruisce in questo incrocio di strade nei pressi di Arpajon, nella Seine-et-Oise meridionale, è surreale e spettrale.
Come se quei due nastri di asfalto che si incrociano fossero stati messi lì apposta per separare pompa di benzina con annesso garage-officina, la spettrale villa di fratello e sorella nobili decaduti e stravaganti quanto misteriosi, e l'abitazione borghese di un coppia borghese, con un lui borghesissimo agente assicuratore.
Poi il nulla. Nel senso che oltre un filare di alberi e una serie di pali della luce no ci sono altri elementi nello scenario di questa inchiesta, in cui Maigret di trova allo scoperto, anche fisicamente in questa landa desolata, facendo la spola tra il benzinaio, i due nobili decaduti e la coppia di borghesi. Mondi lontanissimi che costituisono un triangolo che Simenon è bravissimo a rendere, squallido, ma anche pericoloso... Siamo quasi nel noir, dove si muovono personaggi ambivalenti, atmosfere cupe, donne intriganti e indecifrabili, follie che prendono corpo e, ovviamente, omicidi.
Personalmente troviamo La nuit du Carrefour una delle inchieste del commissario Maigret, più riuscite, più spettrali e scarne nelle descrizioni, nella costruzione del paesaggio, ma con una profondità di descrizione nella psicologia a volte complessa e addirittura paranoica di certi protagonisti. Insomma un prova magistrale di Simenon che già a 29 anni dà la misura dello suo spessore di romanziere.
La vicenda è poi così intrigante che Simenon racconta questo fatto.
"... un giorno a giugno, mentre ero sul mio Ostrogoth a scrivere, vidi scendere da una Bugatti un signore. Questi senza tanti cerimoniali mi chiese se i diritti cinematografici de "La nuit du Carrefour" fossero ancora liberi. Nessuno mai mi aveva proposto un adattamento cinematografico... Mi batteva forte il cuore.
Ovviamente gli dissi di sì. Quel signore era il famoso regista Jean Renoir, di cui poi sarei diventato grande amico e che già allora, prima di conoscerlo, ammiravo più di tanti altri registi... gli avrei dato i diritti anche per nulla....".
Il film uscì nell'aprile del '32. Fu il primo adattamento cinematografico di un romanzo di Simenon. Maigret fu interpretato dal fratello di Jean, Pierre Renoir, affiancato da Winna Winfried, Georges Koudria, Lucie Vallat, Jean Gehret e Jane Pinson.
E non a caso anche la critica segnalò che questo poteva essere considerato un po' il precursore dei film noir... ma questa è un'altra storia e sarà un altro post.

domenica 21 aprile 2013

SIMENON. L'UOMO INVISIBILE

Una short story di Cristina De Rossi 
che ci propone una storia centrata sul famoso 
"passaggio della linea" simenoniano, 
ma qui questa linea viene passata più volte... 
Ricordiamo che chiunque volesse scrivere 
una short-story  per questa rubrica 
può inviarcela al nostro indirizzo

simenon.simenon@temateam.com










L'UOMO INVISIBILE
di Cristina De Rossi



Sonnecchiava sulla poltrona del suo ufficio. Erano quasi le sette, l'ufficio era oramai quasi vuoto. Lo animavano solo i rumori e le voci degli addetti alle pulizie.
Lo stordimento che lo attanagliava non impediva al suo cervello a girare senza sosta intorno a quell'unico pensiero. Quella maledetta telefonata...
- Ciao!... Oh, allegro! E' fatta... Chaubert è fuori gioco. Domani la sua "storia" con Eveline arriverà alle orecchie del presidente...
- Ma.. cosa...
- ...e fammi parlare. Non capisci che il vecchio pende dalle labbra di quella sciaquetta... Figurati come si  infurierà quando saprà della tresca con Chaubert... Ormai è, furori, fuori ti dico... il posto di Direttore è tuo...
- Rimbambito, sono io Chaubert.
L'altro aveva immediatamente interrotto la comunicazione.
Gli era sembrata la voce di Julliard, il consulente legale antipatico a tutti e che Morin era ruscito a far entrare nelle grazie del President Dumont.
Ma non ne era del tutto sicuro... Julliard non era uno stupido... Uno sbaglio così! Una telefonata del genere... Strano, molto strano... Oppure era stato fatto apposta? A che scopo? Quei due tramavano sempre qualcosa... Era stato ore a rimuginare quella cosa...Era tutta una macchinazione? L'auto di Eveline rotta... il passaggio che lei gli aveva  chiesto, non per andare a casa sua, ma da un'amica che, guarda caso, abitava proprio vicino casa di Chaubert. Poi la sosta in quel bar-pasticceria con la scusa che doveva prendere una torta... dove alla fine si erano seduti per bere un aperitivo...  E quell'abbraccio inaspettato... Eveline non era mai stata così espansiva con lui...
Cosa dimostrava questo?... Forse gli avevano fatto delle foto e poi volevano farle avere al Presidente?...
Quella sera l'aveva anche rimproverato la moglie. Era arrivato tardi a cena e aveva dimenticato di comprare quelle due o tre cose che gli aveva commissionato.
Lui come al solito aveva brontolato qualche parola e poi si era chuso nel suo solito mutismo... Pensava a quello che gli era successo... Eveline era sicuramente attraente e desiderabile, ma era conscio di non essere fatto per lei... gli anni che li separavano, la mentalità, il fatto che lei faceva la smorfiosa con tutti, ma con lui aveva solo un corretto rapporto di lavoro... cortese, ma fredda. Lui quindi si era costruito una serie di autoconvinzioni su du lei... una un po' stupida, una che, se non fosse stata così attraente, sarebbe finita a fare la commessa in un negozio polveroso e non la segretaria del presidente in una grande società.
Poi doveva anche essere antipatica...e poi era troppo magra... Insomma la aveva impacchettata in un" incartamento" di giudizi negativi e l'aveva messa da parte.
Poi al suo primo richiamo, era scomparso tutto e aveva ceduto su tutta la linea.
La mattina dopo, fredda e cortese, l'aveva salutato:
- Dottore la volevo ringraziare per il passaggio che mi ha offerto ieri.. è stato molto gentile. Ecco queste sono le sue relazioni che il presidente ha letto.
Detto questo, aveva girato i tacchi e era sparita per tutta la giornata.
Squillò il telefono.
- Ma sei ancora lì? Sta diventando un'abitudine fare tardi? - era la moglie, acidula comme sapeva esserlo lei - Si può sapere a che ora arriverai?
- Michelle, sto finendo una relazione per il Presidente... non so, forse tra  un'oretta..
- Sbrigati, non sto ai tuoi comodi... Tu stai lì a lavorare per lui anche la notte...
- ... macchè la notte... solo un paio di volte e poi sono appena le nove...
- Tu sfacchini per lui e voglio vedere "il tuo presidente" chi farà Direttore. Ci mancherebbe che nominasse quel Morin... Sbrigati...
E attaccò.
Provò ad alzarsi... le ossa gli facevano male... era stato troppo seduto in quella posizione contorta. Fece qualche passo. anche la testa gli doleva... Ma quello che lo infastiva di più era quel sordo risentimento per essersi fatto incastrare in quel modo... Già... se fosse stata vera l'ipotesi delle fotografie, avrebbero anche potute spedirle a sua moglie, magari se avesse accennato a qualche reazione per smascherarli...
Pensò un attimo a sua moglie con quelle foto in mano. Smise subito.
Si sentiva all'angolo. Impossibilitato a muoversi.
Uscì traballante e confuso dalla sua stanza. Il corridoio era in penombra ormai la squadra delle pulizie era al piano di sopra e i rumori arrivavano attutiti.
Una fessura di luce tagliava il buio del corridoio di traverso. Veniva dalla stanza di Morin. Si avvicinò... la porta socchiusa... stava al telefono... Ma la voce era un soffio... per un attimo ebbe la sensazione che non fosse quella di Morin...
Non capiva le parole, ma gli sembrava di cogliere un tono conclusivo.
Pensò che sarebbe presto uscito dalla sua stanza e decise di aspettarlo nell'atrio, al pian terreno dietro una delle grandi colonne e lì affrontarlo.
Scese giù, si appostò e aspettò. La guardia giurata sonnecchiava nel suo bugigattolo. Da fuori giungeva il rumore di un traffico sempre meno intenso.
Era circa mezz'ora che si trovava lì e non era successo nulla. Allora risalì le scale... piano senza fare un rumore.
Ma c'era qualcuno che scendeva anche lui senza fare rumore. O quasi.
Solo un piccolo colpo attutito e ripetuto. Continuò a salire ancora più furtivamente. La scala svoltava. I piccoli colpi continuavano regolari...
Ancora qualche gradino... Scorse appena la sagoma nel nel buio delle scale.
Quel profumo, quel bastone... urlò.
- Julliard!
Quello per lo spaventò fece un salto, perse il bastone che finì tra le mani di Chaubert. Questi istintivamente lo parò davanti a sè, per ripararsi dal corpo di Julliard che perso l'equilibrio e perso il suo bastone stava rotolando giù per le scale. Il suo corpo incontrò il bastone che si spezzò, ma che complicò la caduta di Julliard che fini scivolando giù fino alla svolta delle scale.
Immobili. Chaubert era pietrficato incapace di fiatare. Julliard scompostamente sdraiato sulle scale a testa in giù.
Passarono secondi, minuti, decine di minuti. Chaubret non avrebbe saputo dire.
Nel suo stordimento.... scese le scale... passò vicino a Julliard, immobile e molle. Continuò a scendere. Gli scalini erano bagnati. Gli ci volle un po' per capire che era sangue. Lasciò le sue orme fino alle porte. Si diresse verso la sua auto. Mise in moto. Si diresse, verso la periferia...
Arrivò ai primi lembi della campagna... Abbandonò la vettura e iniziò a camminare.
Era scappato! La peggior scelta che potesse fare. Lì in ufficio c'era un uomo a terra... Avrebbero fatto un'inchiesta, la polizia, Morin sotto pressione avrebbe sicuramente confessato tutto... l'inganno per incastrarlo, i meccanismi... anche le foto, certo. Avrebbe certamente tirato fuori quelle foto... sua moglie le avrebbe viste e chissà cosa avrebbe detto... avrebbe preteso subito la separazione e poi il divorzio.
Ma lui era innnocente! Era stato solo un banale, stupido incidente, su una scala al buio. Uno che sale, l'altro che scende con il bastone, zoppicante, malfermo... tutto doveva concorrere a dar corpo alla versione dell'incidente.
Ma lui era scappato. Gli inquirenti si sarebbero chiesti perché lui fosse scomparso. Morin avrebbe mentito giurando sui figli, la moglie e perfino sulla testa della vecchia madre. Una menzogna dietro l'altra... ognuna mezza menzogna mezza verità ma tutte che indicavano la colpevolezza del suo collega Chaubret.
Chi sparisce ha sempre torto, ha qualcosa da nascondere, avrebbero creduto a Morin e non a lui.
Anche se fosse tornato ad urlare la verità.... Ma ormai era tardi... Camminava, camminava, andava avanti fino a stordirsi, passavano campi,  qualche piccolo borgo, passò un ponte... avrebbe voluto buttarsi giù, ma era troppo basso. Superò il ponte, e superò anche l'idea di suicidarsi. Camminò ancora, le case erano sempre di più... la strada iniziò a presentare ai suoi lati due marciapiedi, le case erano attaccate una all'altra. C'erano botteghe, negozi, persone che camminavano in fretta, anche sulla strada si vedano macchine, camioncini, qualche autobus... Scorse l'insegna di un bistrot. Si sedette e ordinò una birra.
Allora si rese conto che era quasi il tramonto e che aveva camminato tutto il giorno... Tutt'a un tratto sentì una stanchezza incredibile. Anche la testa gli pulsava. Star seduto non gli dava conforto. La birra non lo dissetava. Il pensiero sempre lì su quelle scale, quel corpo immobile. Era la fine della sua vita... il lavoro, il matrimonio, la sua carriera... Non aveva figli. Per un istante questa mancanza che sempre l'aveva angustiato, gli dava un gran sollievo. Pian piano una stanchezza s'impadronì di lui e non solo quella fisica. Era stanco di quella vita... ad un certo punto credette di aver tutto ben chiaro. Basta con quell'ufficio, non voleva più vedere la moglie, non ne poteva neppure più di quella città gretta, provinciale, inospitale... sì, inospitale. Ad un certo punto pensò al carcere come ad un oasi... non avrebbe avuto le cosidette libertà... ma lui era davvero un uomo libero? Regole e capi in ufficio, regole e rampogne a casa, nessun ideale, nessuna aspirazione... una vita che valeva la pena di vivere all'ombra di tutti, sepolto in prigione... E poi ci sarebbe stato un processo. Lì avrebbe potuto dire tutto quello che voleva, alla moglie, a Morin... anche al Presidente....
Con un sforzo sovrumano finì la birra, pagò, uscì. Cercò un taxi e si fece riportare in città. Lo scaricò dove aveva lasciato la sua macchina... Entrò, la mise in moto, e si diresse dritto in ufficio. Lì avrebbe chiamato la polizia  e avrebbe fatto una scenata memeorabile.
Parcheggiò davanti allo scalone che saliva al portone. Salì si trovò nell'androne
era sera, ma c'era un insolito vivavai, a quell'ora c'era ancora il portiere al suo bancone.
Lo salutò come sempre.
Salì su al suo ufficio, le scale erano sbarrate, prese l'ascensore.
Arrivato al piano ufficio, incontrò Eveline. Lei lo guardò come se non lo vedesse da dieci minuti.
- Ha saputo dottore, vero?...
- Beh sì... povero Morin...
- Morin?
- Sì l'incidente...
Rispose meccanicamente.
- Già... ora pensavo a Julliard...
- Incredibile due incidenti in un giorno. Uno che scivola per le scale, batte la testa... con quella gamba, quel  bastone... ma perchè non ha preso l'ascensore? Ah... certe volte per una stupidaggine.... invece Morin era appena sceso dalla macchina e quel motociclista l'ha preso come un fuscello e l'ha sbalzato di venti metri!... Incredibile... in un momento, morti tutti e due...
Chabret non sapeva che dire. Ma Eveline non si fermava...
- Senta oggi con questa confusione ho scordato di dirle che ha chiamato sua moglie, ma le ho raccontato quello che era sccesso e lo scompiglio conseguente e che in quella confusione non si trovava nessuno...
- Sì, mia moglie...
- Ah e poi il presidente mi ha detto che domani mattina dovrebbe parlarle... prima delle dieci...
- Grazie, Eveline.
Lo lasciò lì... sulla porta del suo studio.
Entrò e compose il numero di casa.
- Ah, sei tu... siete ancora tutti sottosopra lì, c'è ancora la polizia?... Mi ha raccontato tutto Eveline... - per la prima volta nella voce acidula della moglie gli parve cogliere una sfumatura di ansia - Tu... tutto bene? Devi aver passato una nottataccia...
- Beh sì... capirai con queste tragedie... siamo tutti sottosopra - poi gli venne un'idea e chiese -  E' poi venuto a casa quel commissario di polizia... sì, come si chiama... eh no, ora non me lo ricordo...
- No, qui non si è visto nessuno...
- Va bene, tanto se non ci sono altre complicazioni...tra un po' torno a casa.
Poi uscì dal suo ufficio, andò su e giù per i corridoi, andò al piano di sopra. Incontrò colleghi segretarie, incrociò un paio di poliziotti... Nulla. Tutti si comportavano in modo assolutamente, normale... come se lui fosse sempre stato lì... Possibile che nessuno si fosse accorto della sua assenza? E le sue impronte di sangue lasciate nell'atrio?
Avrebbe saputo poi che il commissario che conduceva l'inchiesta si era arrabbiato moltissimo con il portiere. Questi quando aveva preso servizio la mattina non aveva notato nulla sulle scale. Ma aveva invece visto quelle macchie nell'atrio. Aveva dichiarato che un po' c'era poca luce, un po' perchè il sangue si era coagulato e a lui era sembrato fango o terriccio... Aveva pensato in quella squadra delle pulizie sono tutti sfaticati... E così, per non prendersi una lavata di capo da qualche dirigente, aveva afferrato un secchio di acqua saponata, spazzolone e straccio e aveva pulito tutto. Poi aveva lavato lo spazzolone e buttato via lo straccio, portato chissà in qualche discarica dal camion della mondeza che era passato poco dopo a raccogliere i rifiuti della giornata prima. Così quando erano arrivati impiegati e dirigenti tutti trovarono pulito, come al solito.
Insomma l'inchiesta andava confermando l'incidente mortale dello zoppicante Julliard, quanto a Morin era morto non avrebbe potuto più essergli di nessun nocumento. La moglie non si era nemmeno inquietata. E il direttore voleva parlargli... Si trattava della promozione a direttore?... Non voleva pensarci, come non voleva pensare a tutta quella storia, a tutte le idee che si era fatto...
Arrivò a casa. La moglie lo aspettava nell'ingresso.
- Come stai? Che brutta cera hai... devi essere stanchissimo, ti ho preparato un bagno caldo...poi, immagino, vorrai andare a dormire, no?
- Hai proprio ragione... sono distrutto sorpreso dall'atteggiamento della consorte.
Immerso nella vasca, era preso da strani pensieri... si sentiva come in una realtà irreale... Poi meccanicamente, uscì dalla vasca, si asciugò, infilò il pigiama e andò dritto a letto. Era stanchissimo di una stanchezza mai provata, si buttò pesantemente sul letto, ma non cadde in un sonno profondo. Era come se avesse paura che quello fosse tutto un sogno e aveva il terrore di svegliarsi in una realtà diversa...

venerdì 19 aprile 2013

SIMENON. I TRE ENIGMI...

Oggi poniamo ai nostri lettori tre enigmi che si riferiscono alle fotografie sulla destra, che ritraggono Georges Simenon con altri personaggi. A tale proposito vi facciamo una domanda... anzi tre. Saprete svelare gli enigmi?

1) Di questi tre personaggi uno solo non è un editore. Qual é il suo nome?

2)  Quale di questi signori è stato l'editore italiano di Simenon? Nome e cognome.

3) Di quale nazionalità è l'editore non italiano che è a fianco di Simenon?

Rispondete come volete, nei commenti, mandando un messaggio oppure una mail a simenon.simenon@temateam.com.

Dopodomani pubblicheremo i nomi di coloro che avranno indovinato tutti e tre gli enigmi.


giovedì 18 aprile 2013

SIMENON. 18 APRILE 1952... ORE DIECI...


Dalla nostra attachée Murielle Wenger viene un racconto di una mattinata particolare tra realtà e fiction. Un evento di esattamente ventuno anni fa'. Un post tutto da leggere. Chi volesse collaborare al "Bureau Simenon-Simenon" basta che scriva a simenon.simenon@temateam.com



Roma - dalla nostra attachée Murielle Wenger - Ore 10 della mattina. La finestra è aperta. Una leggera brezza primaverile scompiglia i fogli sparsi sulla scrivania. Un rimorchiatore fischia tre volte passando sotto il secondo arco del ponte di Saint-Michel.
Bussano alla porta, e, senza attendere risposta, Joseph, il segretario, entra e poggia sul tavolo una carta con il sigillo del comune, bordata d’arabeschi.
Maigret che sonnecchia ruminando qualche vago pensiero  - risultato di una lunga nottata senza sonno, passata ad interrogare i fratelli Riotti della banda dei Corsi -  si stira, allunga il braccio per finire il resto del caffè ormai freddo, nel fondo della tazza. Poi si alza, si piazza davanti alla finestra, riaccende la pipa, e si volta per prendere la carta portata da Jospeh.
Le sue grosse sopracciglia si aggrottano, mentre un con un muto bisbiglio decifra  il messaggio.

Il signor Prefetto della polizia prega tutti i commissari divisionali di rendersi disponibili, lasciando tutti gli affari correnti, venerdì 18 aprile alle 11.30

Maigret dà un colpo d’occhio al calendario aperto sulla sua scrivania dove è scritto, in grossi caratteri neri il numero 17. Non ha il tempo di arrabbiarsi perché l’avviso sonoro del rapporto quotidiano si fece sentire improvvisamente. Afferrò il dossier dell’affare Riotti con l’aria di voler colpire qualcuno, poi si dirige a passi pesanti verso  il fondo del corridoio  dove c’é la porta verde imbottita del Direttore della PJ.
I suoi colleghi sono già lì e Maigret si sistema sull’unica sedia libera. Atmosfera routinaria . Il capo della Buon Costume parla di una partouze che si era verificata al Bois de Boulogne finita male, in cui sarebbero implicati i figli di un alto funzionario del ministero.  Maigret spiega in qualche parola a che punto è con i suoi Corsi. Bollert, della Finanza, rientrato dalle vacanze con la famiglia,  ha riportato alcune casse di calvados che propone ad un prezzo speciale.
Il direttore rimette il cappuccio alla sua penna stilografica e si accende una sigaretta: è il segnale della fine della riunione. Tutti si alzano e mentre stanno per andarsene, Maigret tira fuori dalla tasca  la carta del prefetto.
- A proposito, capo, cos’è questa storia  dell’invito del prefetto per domani?
Il Direttore soffia il fumo nell’aria dorata che filtra attraverso  le tende di mussola bianca.
- Ricevimento ufficiale, con discorso, pranzo da Lapérouse e tutto il seguito… Sembra che non ci si lasci scelta e, come dice il prefetto, “di un’importanza estrema per il buon nome della polizia francese…”.
Il piccolo Costrad, di Garnis, capelli rossi a spazzola, con il vestito sempre sgualcito, domanda:
- Si, ma chi è che si riceve ? Il presidente di una repubblica delle banane? L’ambasciatore della Cina?
- Meglio ancora -  replica il prefetto – uno scrittore celebre…
- E questo che cosa ha a che vedere con noi? – chiede Maigret.
Il direttore sorride divertito. E, con una strizzata d’occhio ai suoi colleghi, risponde:
- Con noi non molto, ma con lei, mio vecchio Maigret, certamente sì…
Il commissario credette di aver capito e subito si rabbuiò. Evidentemente uno scrittore celebre, la PJ e lui stesso… un incrocio  che non poteva che portare al famoso Simenon, che si era permesso di utilizzare il suo nome per scrivere dei romanzi polizieschi… Con un certo successo, andava riconosciuto, ma Maigret ne aveva abbastanza di questa celebrità che si portava dietro.
- Credevo che si fosse stabilito in America. Vuole tornare in Europa?
Maigret dice queste ultime parole con un’aria così sconsolata tanto da suscitare un scoppio di risa dei suoi colleghi.
- No – risponde il direttore – fà giusto un giro. Dopo Parigi andrà a Liegi, la città in cui è nato. Il prefetto ha immaginato un grande ricevimento, durante il quale gli sarà consegnato il distintivo di commissario. Sembra che ci sarà anche una ricostruzione del Bal anthropométrique, anche se in versione ridotta…
Maigret si rabbuio ancor di più: quella sera del 1931 gli lasciava un ricordo non certo piacevole…
- E bisognerà partecipare anche a questo Bal?
- Non da questo siete dispensati. Ma il prefetto esige la vostra presenza al ricevimento di domani e non accetterà nessuna scusa. E’ stato irremovibile su questo punto.
Maigret esclamò:
- Esige?… E l’affare Riotti, allora? Ho per le mani due omicidi e un terzo di cui non si è ancora trovato il colpevole! Ma cosa s’immagina, che gli interrogatori si faranno da soli, mentre io faccio dei giri a vuoto in questo stupido ricevimento ?!
Il direttore batte amichevolmente la mano sulla spalla del commissario.
- Andiamo, vecchio mio, non vi innervosite.  Vi si domanda solo di essere là per l’aperitivo, poi il pranzo. Troverete senz’altro un paio d’ore dei vostri impegni da dedicare a questa cosa… A limite, niente vi impedisce di eclissarvi al dessert… Siate ragionevole, fate atto di presenza, è tutto quello che vi si chiede…


E’ mezzogiorno. Maigret è seduto ad un tavolo  della Brasserie Dauphine . Ha ordinato un Pernod, il cui aroma d’anice si mischia a quello del tabacco che fuma a grandi sbuffi nervosi. Il direttore l’aveva subito spinto gentilmente fuori dall’ufficio e Maigret aveva notato  che i colleghi si davano di gomito. Il commissario aveva poi raggiunto il suo ufficio, di cui aveva sbattuto la porta bruscamente.
Nessuno aveva osato disturbarlo, e, all’ora dell’aperitivo, aveva disceso tutto solo il grande scalone polveroso.
Ora nel suo angolo, prova una rabbia sempre maggiore che andava però pian piano mischiandosi ad una certa curiosità… Avrebbe voluto, in fondo, rivedere questo Simenon, che tanto faceva parlare di lui da tanti anni. Forse il giovanotto così sicuro di sé era cambiato?
Dopo tutto, e Maigret se ne rende conto, non ce l’aveva poi così tanto con il romanziere, ma con quel prefetto della malora che disponeva di lui con quella disinvoltura. Convoca la gente all’ultimo minuto, non si preoccupa di valutare se abbiano qualcosa di più urgente da fare, o affari più importanti che passare la mattinata a bere e a mangiare, anche magari cose deliziose…
Maigret si alza pesantemente, lascia la Brasserie salutando il padrone, poi le mani in tasca  si dirige verso Boulevard Richard-Lenoir . Nell’aria si sentiva bene la primavera e già le prime foglie dei castagni spuntano verdi verso l’azzurro del cielo.
Oh, e poi zut! In un alternarsi di pensieri migliori e peggiori, arriva ad un punto… Andrà al loro benedetto ricevimento, berrà l’aperitivo, sorriderà, pranzerà, berrà e poi…

Questa mattinata del 18 aprile del 1952 , quando M.me Maigret apre le tende, trova suo marito sotto le coperte con un aspetto febbricitante… Gli misura la febbre  e quando il termometro indica trionfalmente i suoi 39°, decise di preparare una bella tazza di tisana…

mercoledì 17 aprile 2013

SIMENON. ECCO LA LOCANDA DEGLI ANNEGATI

La Locanda dei pescatori detto L'Auberge aux noyés
Ci siamo. Ieri, oggi o al massimo domani a seconda delle librerie e della loro collocazione geografica. Parliamo del debutto de La locanda degli annegati e altri racconti, la nuova raccolta di racconti del commissario Maigret. Come avevamo annunciato in un post del nostro attaché Andrea Franco.
L'Auberge aux noyés scritto da Simenon nell'estate del 1938, quando risiedeva à La Rochelle, fà parte di quelle inchieste del commissario che il romanziere aveva ricominciato a scrivere dopo una pausa di poco più di quattro anni. Prima furono pubblicati da giornali come Police Film e Police-roman e poi nel '44 riuniti in un volume edito da Gallimard, Les nouvelle enquetes de Maigret.
E' il racconto che dà il nome alla nuova raccolta di Adelphi, ha un incipit che ci ha sempre colpito. Un Maigret, cappello calcato, mani in tasca, pipa in bocca, accigliato, pesante, immobile sotto un torrente d'acqua. Il cappello pieno di pioggia come un serbatoio che si svuota ad ogni più piccolo movimento.
Sono giorni difficili per il commissario, coinvolto da uno strano incidente durante una missione a Nemours per certi affari con il capitano della polizia locale: si tratta di annegati, ovviamente... quelli del titolo. Erano due innamorati. Suicidio o assassinio? Maigret dovrà vedersela con una piccola comunità, un gestore di una pompa di benzina, camionisti, un locandiere... E il commissario che viene dalla grande Parigi dovrà districarsi tra menzogne e piccoli segreti che in provincia sembrano crescere ingigantirsi... E' la seconda raccolta dei racconti di Maigret, dopo che Adelphi ha pubblicato tutti i romanzi del commissario simenoniano.