sabato 17 agosto 2013

SIMENON SIMENON - INVITO ALLA LETTURA: MAIGRET E IL CORPO SENZA TESTA

MAIGRET E IL CORPO SENZA TESTA 
(Maigret et le Corps sans tête) - anno 1957 - Edizioni Presses de La Cité

Presentazione: Questa inchiesta inizia nel segno dell'acqua, quella dei canali, luoghi che ricorrono spesso nelle indagini di Maigret. D'altronde, a quanto raccontava lo stesso Simenon, il personaggio del commissario parigino era nato proprio in riva ad un canale, a bordo di un barca arenata. Qui invece è una chiatta che non riesce a muoversi perché l'elica s'é impigliata in qualcosa che ne impedisce il funzionamento. Dopo una serie di tentativi riescono a sbloccarla, tirando su un... braccio umano, bello e impacchettato, manco fosse un regalo! Ben presto iniziano le ricerche in un largo tratto del canale e un esperto palombaro riesce a tirar su altri pezzi di quel corpo smemabrato. Ma la testa no.
L'inizio può essere definito un po' uno splatter ante-litteram, con il medico legale Paul che mette insieme i pezzi per dare un'identità a quel puzzle di... pezzi umani.
Poi c'è una donna che gestisce una tipica e modesta osteria di campagna, con poca luce, uno di quei posti dove si può portare il proprio mangiare e ordinare anche solo da bere. Ma nella sua semplicità e riservatezza è una donna enigmatica che cattura l'attenzione e la curiosità di Maigret. E poi questa testa che non si trova dà al caso un certo clamore, che risveglia la curiosità dell'opinione pubblica e finisce che del caso se debba interessare direttamente il giudice Comeliau. E' un'indagine che si insinua nella vita dei canali, in quella di chi guida le chiatte che trasportano ogni genere di merce, dei lavoratori delle fabbriche dei dintorni in quella che non è più città , ma non ancora campagna. Maigret si perde dietro un intreccio di amori, interessi e si ritrova dietro ad un bancone di un'osteria, dove...

"Il cielo incominciava a imapllidire, quando Jules, il maggiore dei due fratelli Naud, apparve sul ponte del battello, prima la testa, poi le spalle, e infine la lunga figura dinoccolata. Passandosi le mani tra i capelli color lino ancora in disordine, egli guardò la diga, la banchina di Valmy a destra; quindi si arrotolò una sigaretta e rimase lì a fumarla nell'aria fresca del primo mattino aspettando di veder la luce nel piccolo bar all'angolo di rue des Récollets..."
Edizione: Oscar Mondadori 1977 - Traduzione: Sarah Cantoni

PER ACQUISTARLO - I.B.S. sconto 15%

venerdì 16 agosto 2013

SIMENON E CAMILLERI. MA MONTALBANO E’ DAVVERO “NIPOTE” DI MAIGRET?


Lo si sente dire spessissimo. Molti intervistatori di Andrea Camilleri sembra non possano far a meno di tirare in ballo il parallelo tra i due commissari. C’è in merito una sorta di coazione a ripetere, evidentemente anche di tipo virale, che contagia giornalisti e uomini di cultura che intervistano lo scrittore siciliano, o che scrivono recensioni sui suoi libri.
Potremo definirlo un… vizio congenito?... Già, perché forse tutto parte dal fatto che Camilleri, all’epoca dei Maigret televisivi, nella seconda metà degli anni ’60, lavorava in Rai e fu delegato proprio alla produzione della serie tv simenoniana interpretata da Gino Cervi.
Ma certo questo ci pare davvero un po’ poco. 

 Sicuramente sono due commissari letterari di successo (un successo però che ad oggi non è possibile comparare), entrambe protagonisti di un giallo-non giallo, di tipo seriale, di un certo livello letterario. Tutti e due sono nati sulle pagine dei libri e poi hanno avuto una notevole fortuna anche in tv (… e limitiamoci all’Italia).
Ma quest’ultimo passaggio, quello dal libro allo schermo (piccolo o grande), è comune a molti altri protagonisti di gialli letterari… non ci pare così esclusivo da costituire un elemento di parentela o una discendenza.
Ma a questo punto le analogie di facciata, come le chiamiamo noi, finiscono.
E comunque ci paiono elementi di scarso peso, e non sufficienti per identificare Montalbano come una sorta di discendente di Maigret.
Uno europeo nordico e l’altro siciliano doc.
Uno tranquillo funzionario di Quai des Orfèvres, direttore della polizia giudiziaria della grande Parigi, l’altro commissario in modesto ufficio di polizia a Vigata, un immaginario piccolo paese della Sicilia.
Uno sposato con una presente e premurosa M.me Maigret, l’altro, un fidanzato… atipico, con un amore lontano e diverse tentazioni vicine.
Uno fuma la pipa, l’altro le sigarette (come d’altronde i rispettivi autori).
Uno più saggio, tutto intento a “comprendere che non a giudicare”. L’altro più tormentato, sempre in bilico tra l’azione e la riflessione, tra l’agire da solo e il gioco di squadra.
Entrambe però sono delle buone forchette (ma questo succede anche per Nero Wolfe, per Pepe Carvalho, per Hercule Poirot…).
Tra gli autori poi ci sono delle notevoli differenze, che si ripercuotono anche sui rispettivi personaggi.
“… Imparai l'arte dello scrivere romanzi gialli seguendo lo sceneggiatore, Diego Fabbri, il quale destrutturava il romanzo e lo ristrutturava. Da questo montaggio e rimontaggio imparai a scrivere un giallo… - spiega lo stesso Camilleri - … anni dopo, quando mi venne in mente di scrivere il primo poliziesco, mi tornò in mente questo lavoro fatto accanto a Diego Fabbri…”.
Sembra quindi che, a suo dire, la propria tecnica di scrittura sia più debitrice a Fabbri che a Simenon.
Quest’ultimo, come ben sappiamo, vedeva in prospettiva i gialli di Maigret come un passaggio tra la letteratura popolare e i romanzi, quelli che lui chiamava romans-dur. Una ventina di titoli e la serie si sarebbe esaurita. Ma anche Simenon, come i protagonisti dei suoi romanzi, non sapeva dove lo avrebbe portato il proprio destino… (cioè a scriverne oltre cento, tra romanzi e racconti, e di smettere di scrivere nel ’72 proprio con un Maigret).
La scelta dell’uso del dialetto, che potrebbe superficialmente sembrare popolare, da parte di Camilleri, invece è in un certo senso elitaria e selettiva, quasi l’autore volesse complicare un po’ il modulo lessicale come per selezionare i propri lettori… Se queste erano le intenzioni, Camilleri ha fallito decisamente, vista la grande diffusione delle storie del commissario Montalbano, nonostante i non pochi vocaboli siciliani utilizzati.
Simenon invece ha fatto la scelta di un linguaggio, asciutto, sintetico, a volte addirittura sincopato. Pochi vocaboli (lui asseriva: “non più di duemila”) e mot-matière, cioè parole concrete di oggetti concreti, cose che si toccano che hanno delle dimensioni, un peso… per realizzare una scrittura comprensibile a tutti.
Insomma due visioni e due punti di partenza diversi (d’altronde il primo Maigret fu scritto da Simenon nel settembre del ’29 a ventisei anni. Il primo Montalbano uscì nel ’94 quando Camilleri si avvicinava ai settant’anni. E anche questo una certa differenza la fà).
Vedi anche il nostro post del 04/09/2011 http://www.simenon-simenon.com/2011/09/simenon-maigret-e-montalbano-sul-larena.html
Certo sia Simenon che il romanziere siciliano, avrebbero voluto far morire il proprio eroe, e dedicarsi ad altra letteratura. Nessuno dei due ci è riuscito, anche se Simenon ha comunque realizzato con ampio margine il sogno di diventare un romanziere (e anche Camilleri più di qualche soddisfazione extra-Montalbano se l’è tolta). Ma anche questa è una situazione ricorrente: il troppo successo di un personaggio castra le ambizioni di uno scrittore. E per fare solo qualche esempio, questo era già successo a Conan Doyle con Sherlock Holmes, a Rex Stout con Nero Wolfe e più recentemente a Manuel Vazquez Montalban con Pepe Carvalho…
Nemmeno questo quindi fa del commissario di Vigata un discendente di quello parigino.
L’indole dei due commissari diverge. Maigret è lento all’inizio delle inchieste, quasi faticasse a mettersi in moto e quando gli pongono delle domande le sue risposte classiche sono: “No, per ora non ho nessuna pista” e “Sì, sospetto di tutti”.
Montalbano invece, che essendo uomo del sud ci aspetteremmo flemmatico e un minimo indolente, è invece spesso svelto ad afferrare le situazioni, scattante nell’azione… insomma efficiente… efficiente e acuto.
Maigret invece, che secondo i suoi superiori non ha un vero metodo d’indagine, come afferma Simenon “…non è intelligente, ma intuitivo…”.
Simenon nasce a Liegi, Camilleri a Porto Empedocle, circa 2500 km. più a sud.
Ma la loro non è una lontananza geografica, ma un modo diverso di vedere le cose (anche i ventitre anni in meno di Camilleri contano), e quindi di trasporle sulla pagina. Tra Simenon e Maigret, c’è man mano sempre più una convergenza. Camilleri invece si capisce che guarda con tenerezza al suo protagonista, ma si avverte che tra loro ci sono pochi punti di contatto. Insomma mentre in Maigret c’è un bel po’ di Simenon, a nostro avviso, in Montalbano c’è sì qualcosa del suo autore, ma non più di quanto succeda per altri personaggi di altri scrittori.
Insomma in Montalbano molti vedono un personaggio che segue da vicino l’altro commissario, correndo nella sua scia.
Secondo noi, invece, il discendente di Maigret non è ancora apparso all’orizzonte (e non è detto che apparirà), oppure, se è apparso, gode ancora di troppa poca visibilità.

giovedì 15 agosto 2013

SIMENON. SE MAIGRET INDAGA D'AGOSTO

Illustrazione di Ferenc Pintèr per la serie Maigret di Mondadori
"...le finestre, benchè aperte, non davano alcuna frescura: anzi, facevano entrare un'aria calda che sembrava salire dal'asfalto molle dalle pietre infuocate, dalla stessa Senna che pareva sul punto di fumare come una pentola sul fuoco. I tassì, gli autobus sul ponte Saint-Michel cammniavano più lenti del solito, sembravano trascinarsi....".
In Maigret tend un piége (Presses de La Citè - 1958), Simenon fa piombare il lettore, sin dalla prima pagina, nella torrida estate parigina e la sua afa di un agosto soffocante.
Eh già, perchè fanno da sfondo alle sue inchieste non solo le brume invernali dei canali, le nebbie notturne nei boulevard cittadini, o la pioggia battente sui marciapiedi e sullo scalone di Quai des Orfèvres. Molte delle inchieste si svolgono d'estate al caldo (a Parigi e altrove) con un commissario che, non solo dice ovviamente addio al suo cappotto con il collo di velluto e al suo chapeau-melon, ma che spesso si toglie, anche in ufficio, la giacca e addirittura la cravatta, come succede appunto in Maigret tend un piége. Il clima continentale non perdona e il caldo d'estate nella capitale francese dà del filo da torcere ai suoi abitabti.
Maigret, non rinuncia alla sua pipa, ma lavora con le maniche rimboccate. La birra fresca è un classico della stagione calda. Che venga su dalla brasserie Dauphine, che sia consumata da solo con uno dei suoi ispettori in qualche ombroso e riparato bistrot, o addiritura bevuta a casa, è la bevanda che ritroviamo più spesso nelle inchieste "bollenti" di Maigret.
Intanto spesso c'è una Parigi quasi disabitata.
"....in quel momento c'erano a Parigi, a causa delle ferie e del caldo, strade in cui passavano parecchi minuti prima di scorgere qualcuno. Maigret ricordava le strade del Mezzogiorno, l'estate all'ora della siesta, con le persiane chiuse, il  torpore pomeridiano di tutto il villaggio o di tutta una città, sotto il sole pesante. Oggi c'erano a Montmartre strade quasi simili...". E' la Parigi d'agosto in cui Maigret da la caccia ad un omicida seriale, cui si appresta a tendere un trappola con un'organizzazione in grande stile, che coinvolge molti tra ispettori, agenti e non solo di Quai des Orfevres.
Nonostante il caldo e l'afa, la macchina della polizia non si ferma... anche se con qualche pausa "....per circa un ora, solo nel suo ufficio, lesse e rilesse i verbali dell'interrogatorio... dopodichè sprofondò nella sua poltrona, con la camicia aperta sul petto, sembrò sonnecchiare davanti alla finestra...". E se al caldo estivo, si sommano lo stress degli interrogatori, il logorìo delle notti passate negli appostamenti, si capisce che la fine di un'inchiesta é una vera liberazione.
"...uno degli autisti gli chiese se desiderava la macchina, e lui fece cenno di no.
Aveva voglia prima di tutto di andarsi a sedere sulla terrazza della Birreria Dauphine...
- Una birra commissario?
Con ironia nella voce, un'ironia rivolta a sé stesso, rispose alzando gli occhi:
- Due!"

mercoledì 14 agosto 2013

SIMENON. SCOPRIRE OGGI MAIGRET A 23 ANNI

"Ho ventitre anni, mi sto per laureare in economia. Non ho mai letto molto, qualche classico, Kafka "La metamorfosi", Stevenson "Il club dei suicidi", Balzac "Papà Goriot", qualche best seller come Dan Brown "Il codice da Vinci",  e qualche altro titolo italiano che mi ispirava "Romanzo Criminale" di De Cataldo, "Gomorra" di Saviano, "La casta" di Rizzo e Stella. Quasi un mese fa' mi è capitato in mano un libro di Georges Simenon. Erano dei racconti del commissario Maigret...Mi hanno detto però che l'Adelphi sta finendo di pubblicare questa serie... Sapete darmi qualche consiglio per trovare gli altri libri? Mi hanno detto che Simenon ha scritto una novantina di libri... Io vivo in un piccolissimo centro e la libreria non è certo molto fornita. Dovrei andare nella città più vicina, poco più di cinquanta chilometri, dove ci sono almeno due grandi librerie. Ma lì troverò gli altri titoli del commissario Maigret? Datemi un consiglio. 
Paolo, un neofita".
Ecco una mail che ci è arrivata qualche giorno fa' e che abbiamo preso ad esempio di altre richieste che ci arrivano dello stesso tenore. L'ultima generazione, poco più che ventenni, quando Adelphi ha iniziato a pubblicare Maigret, nel 1983, non erano ancora nati. Quasi tutti non hanno sentito parlare delle edizioni Mondadori (tranne chi ha dei genitori appassionati simenoniani). Non parliamo poi di Cervi, l'indementicato Maigret televisivo italiano che concluse i suoi sceneggiati in tv nel 1972, cioè 41 anni fa'. Questo grosso modo vuol dire che i loro genitori (ammesso che abbiano fatto i figli intorno ai trent'anni) quando Cervi iniziò ad interpretare Maigret sul piccolo schermo  avevano quattro anni e appena dodici quando la serie terminò. Anche qui non è facile che molti l'abbiano vista.
A parte i consigli che abbiamo dato a Paolo (acquistare i libri su internet... magari anche degli ebook) tra questi giovani indubbiamente in gran confidenza con le nuove tecnologie (notebook, tablet, smartphone, ereader...), c'è qualcuno che cerca ancora i libri cartacei ed è ai primi passi nella scoperta del mondo simenoniano (da quello che ci ha scritto Paolo, ad esempio sembra ignorare che Simenon ha scritto anche oltre cento romanzi).
Ma questo ci porta ad una riflessione. Tra i giovani lettori, scarseggiano quelli  assidui, ma tra questi c'è chi si mette alla ricerca, ma i punti di contatto sono pochi... Adelphi sta finendo la serie dei Maigret e non si sa nulla delle eventuali ristampe a partire dal primo. In tv come commissario c'è il Montalbano di Camilleri, ma per quanto si dica da più parti che sarebbe una sorta di figlio letterario di Maigret (e noi, ad esempio, non siamo del tutto d'accordo... ma a questo dedicheremo un post apposito), porta semmai a leggere i libri dello scrittore siciliano. Qualche replica del Simenon televisivo su qualche canale digitale della Rai, qualche volta passa, ma anche qui orientarsi nella programmazione delle miriadi di canali free, non è cosa semplice. E poi sia nel caso di Adelphi, sia nel caso della Rai, manca la pubblicità. E quando la comunicazione latita la diffusione non è mai quella che dovrebbe essere.
Si dirà che gli Adelphi si vendono da soli e, ad ogni uscita, vanno sempre in classifica dei libri più venduti. Ma quando i titoli saranno terminati? Chi ne sentirà più parlare? Certo chi ha decine di anni sulle spalle di passione e lettura simenoniana, come noi, non ha problemi ad orientarsi, ma un ragazzo di vent'anni?
Certo Simenon-Simenon sarà lì a fare la sua parte di divulgazione, di approfondimento e d'informazione, ma come cambieranno le cose?

martedì 13 agosto 2013

SIMENON: IL PUNTO DI PARTENZA, SECONDO LUI

L'incipit, può essere una scelta non facile per uno scrittore. Si fa piombare il lettore in mezzo allo svolgimento della vicenda, magari in un momento critico della storia e poi pian piano gli si spiega il perché il come, il dove... Oppure una partenza descrittiva in cui si delinea il personaggio, si illustra l'ambito in cui si svolge la storia, si spiega il perchè e il come della circostanza, insomma si costruisce un quadro in cui si ritrovano tutti gli elementi essenziali che si svilupperanno sotto gli occhi del lettore durante il romanzo.
O anche l'inizio a ritroso. Si comincia con un antefatto di un mese prima, un anno, dieci anni prima. Un fatto quindi sucesso molto prima del tempo del romanzo, di cui il lettore di solito capisce poco o nulla, ma che avrà sempre più chiaro con l'evolversi della storia.
Insomma l'incipit, di cui abbiamo fatto solo qualche esempio, può essere creato in diversi modi.
Su questo l'opinione e la prassi di Simenon erano chiari. "... il punto di partenza può essere un incidente d'automobile, una crisi cardiaca o un'eredità. Ci vuole qualcosa che modifichi all'improvviso il corso dell'esistenza del personaggio - spiega lo scrittore durante la famosa intervista alla rivista medica svizzera Médicine et hygiène nel 1968 - E' palusibile, perché nella vita di quasi tutti c'è una svolta e se si cercano le reali cause, si scopre che sono talmente futili da non essere le vere ragioni. L'incidente è un segno che rivela o che mostra qualcosa del subconscio...".
Insomma è come se Simenon volesse sostenere che a volte aspettiamo quell'imprevisto per dar corpo a dei desideri nascosti per anni anche a noi stessi, e, inconsciamente, prendiamo al volo quell'inaspettata occasione per dar vita a quei desiderata per tanto tempo inconsapevolemente repressi.
Questo in realtà è un po' più dell'incipit, è in realtà il punto di partenza del  romanzo. E qui Simenon fà ritrovare il lettore nel pieno di questo cambiamento del protagonista, senza, all'inizio, fargli sapere né come era prima e né, ancora, come diventerà poi.
Il côté psicologico dei romanzi di Simenon ha un'importanza rilevante e anche l'avvio della storia è impregnata di tali problematiche.
"... L'imprevisto gioca un ruolo catalizzatore..". Simenon parte dunque per l'avventura del proprio protagonista, che all'inizio si rivela una strada buia che verrà lluminata man mano che si procede. Lui stesso dichiara che non ha idea di come finirà la vicenda. Dipenderà dalle scelte del protagonista, nella cui pelle Simenon stesso si è calato grazie all'état de roman, e si naviga a vista con gli stessi imprevisti e le medesime sorprese che riserva la vita.
E se la fine è quella voluta dal destino, l'inizio dei suoi romanzi è una sorta di pezzetto di legno che s'incastra nei complessi ingranaggi della vita e ne modifica inesorabilmente i movimenti e le traiettorie future.

lunedì 12 agosto 2013

SIMENON: IL PRIMO FEUILLETTON IN ITALIA FU SU "L'ORA" DI PALERMO

La scoperta, per gli appassionati, è di quelle gustose. Ci hanno segnalato infatti questo articolo dell'edizione di Palermo de La Repubblica del 10/08 (vedi il link nella Rassegna Stampa), in cui Umberto Cantone ci mette a conoscenza di una sua scoperta. Il primo romanzo di Simenon pubblicato in Italia su un quotidiano non è, come si credeva, su La Stampa di Torino nel 1931, ma su L'Ora di Palermo già nel giugno del 1930.
L'articolo è molto documentato e qui non vi diremo molto, perchè non vogliamo togliervi il piacere di leggerlo e di scoprire come un romanzo di Simenon sia finito nei primi anni '30 sui tavoli della redazione di un quotidiano palermitano. Ed è raccontato con gusto (scommettiamo che Cantone è un appassionato di Simenon), come dev'essere narrata la storia di una scoperta, ma che è anche un pezzo di storia della vita letteraria di Simenon, anzi di Georges Sim, come si faceva chiamare durante il periodo della cosiddetta letteratura alimentare.
Il romanzo a puntate è Il contrabbandiere gentleman (titolo originale "Destinées" - edizione Fayard) e mischia un po' di generi (ma Cantone spiega tutto) dando già prova di una facilità di scrittura. Siamo ad un anno dall'uscita di Maigret, quella che gli avrebbe fatto fare il salto alla scrittura semi-alimentare e quindi un periodo importante nel cammino del futuro romanziere.
Complimenti doppi a Cantone, dunque, per la sua scoperta e per il bell'articolo con cui ce l'ha raccontata. Se volesse scrivere qualcosa su Simenon-Simenon, sappia che i nostri post sono a sua completa disposizione. Chapeau!

domenica 11 agosto 2013

SIMENON, JEAN GABIN E LA RAGAZZA DEL PECCATO... OVVERO BRIGITTE BARDOT


Dopo Marie Trintignant, parliamo di Brigitte Bardot, un'altra donna che in qualche modo ha girato intorno a Simenon. In questo caso perché ha interpretato il ruolo di Yvette ne En cas de malheur (titolo italiano "La ragazza del peccato"), tratto dall'omonimo romanzo uscito nel '56 (Presses de La Cité). Il film fu diretto da Claude Autant-Lara, il quale proprio nell'agosto di 55 anni fa' stava lavorando alle fasi finali del film, che avrebbe debutato melle sale in Francia dopo la metà di settembre.
Il romanzo di Simenon è un riuscito quadretto della storia di un grande avvocato, interpretato dall'altrettanto grande Jean Gabin, della piccola delinquente, cui dà corpo la Bardot, che fa della bellezza e della seduzione allo stesso tempo le sue armi e la sue monete di scambio, e poi di un sottobosco di figure ambigue da Mazzetti, la figura del fidanzato italiano, a Janine, l'equivoca femme de chambre.
L'avvocato Gobillot, sposato e rispettabile, amico di ministri, é l'amante di Yvette. La tiene in un bell'appartamento e a controllarla c'è una femme de chambre, Janine. Ma Janine fa parte di un triangolo insieme ai due? Non si sa chiaramente, ma c'é il ragionevole dubbio. Mazzetti, ignaro di questo probabile triangolo, non tollera il rapporto tra Yvette e Gobillot. Non mancano poi altri amanti occasionali che la conturbante Yvette attrae come il miele fà con le mosche. In questo intreccio di rapporti Simenon si destreggia bene nel romanzo, sullo schermo, come al solito si perde un po' dello spessore psicologico, ma a dar smalto alla vicenda ci pensa un formidabile Jean Gabin e un strepitosa (almeno fisicamente, all'epoca aveva 24 anni) Brigitte Bardot che a fronte di un mostro sacro, come l'attore francese non ne esce poi così male, essendo certo già molto famosa, ma non ancora del tutto matura come attrice.
Simenon portò a termine la stesura del romanzo poco dopo essere tornato dai dieci anni di soggiorno americano. Nel novembre del '55 si era installato al Golden Gate, un lussuoso residence al centro di Cannes, ad un centinaio di metri dal mare, dove visse quasi due anni. Oltre ad En cas de malheur, vi scrisse Un échec de Maigret, Le petit Homme d'Arkangelsk, Maigret s'amuse, Le fils, Le Nègre, Strip-tease. Era in un periodo d'intermezzo della sua vita, tornato dall'America, non ancora stabilito in Svizzera che sarà il suo paese per oltre trent'anni, fino alla sua morte. Eppure la sua creatività non ne risente, il suo ritmo è regolare e gli consentono così di regalarci una vicenda a tinte noir ed un amaro epilogo dove i "poveracci" finiscono sempre per pagare e gli "altolocati", vengono appena sfiorati dalle tragedie.

sabato 10 agosto 2013

SIMENON SIMENON - INVITO ALLA LETTURA : L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE I TRENI

L'UOMO CHE GURADAVA PASSARE I TRENI 
(roman-dur) - anno 1938 - Edizioni Gallimard

Presentazione: Uno dei romanzi  di Geroges Simenon più riusciti degli anni '30. E' la rappresentazione più classica della parabola di un uomo rispettabile, dalla buona posizione sociale, con una famiglia regolare, impegnato in un buon posto di lavoro, nella quale a causa di un declic, magari insignificante, si mette in moto una serie di fatti concatenati che lo portano a quel famoso passaggio della linea, passando in quella parte della società dove non si è più gli stessi di prima, dove cambiano i valori, dove regna il disprezzo della buona società e dove spesso le disgrazie vanno a braccetto con i crimini e una spirale negativa trascina giù l'essere umano verso un destino tragico cui non potrà scampare. In questo caso chi guarda passare i treni è Popinga, Kees Popinga, un alto funzionario di un grande azienda che sta per chiudere. A questo punto, con la perdita di lavoro, di status sociale e d'immagine, si rovesciano le covenzioni sociali, le formalità esteriori e fors'anche le convinzioni di una vita saltano. Allora Popinga lascia Groninga, la sua città, moglie e figli, scappa dall'Olanda e si rifugia a Parigi, dove inizia a frequentare prostitute, gente di malaffare e conduce una vità speculare, ma opposta a quella di prima che era ordinata, onesta, rispettabile, rispettosa delle tradizioni....
Ma Popinga non reggerà a lungo. Nella capitale francese i giochi sono più grandi che a Groninga, un tragico epilogo lo aspetta inesorabile.

 

"Per quel che riguarda personalmente Kees Popinga, si deve convenire che alle otto di sera c'era ancora tempo, perchè, ad ogni buon conto, il suo destino non era segnato. Ma tempo per che cosa? E poteva lui agire diversamente da come poi avrebbe agito, persuaso com'era che i suoi gesti non fossero più importanti di quelli di mille altri giorni del suo passato? Avrebbe scrollato le spalle, se gli avessero detto che la sua vita sarebbe cambiata di punto in bianco....".
Edizione: Biblioteca Adelphi 169 - Traduzione: Paola Zallio Messori

PER ACQUISTARLO - I.B.S. sconto 15%

venerdì 9 agosto 2013

SIMENON, COME GLI ERA LEGATA MARIE TRINTIGNANT ?


Dieci anni fa'. Forse eravamo un po distratti. Allora si celebravano i 100 anni dalla nascita di Simenon. Ma dieci anni fa' moriva un'attrice francese, figlia di una grande attore. Stiamo parlando di Marie Trintignant, che morì in seguito alle percosse del suo allora fidanzato Bertrand Cantat, leader dei Noir Désir, in una lite avvenuta a Vilnius (Russia) dove l'attrice si trovava sul set di un film. Sottovalutando il trauma, Maire fu portata in ospedale solo il giorno dopo, dove prima fu riscontrato un edema cerebrale, dove poi cadde in coma e infine, nonostante una corsa disperata in Francia e un operazione in extremis, morì il primo agosto del 2003.
Dieci anni fa'.
Intanto il suo compagno-omicida, scontati i dieci anni che gli erano stati inflitti, ora é fuori di galera e ricomincia ad incidere un album che uscirà a breve.
Ma cosa c'entra la Trintignant con Simenon?
Beh, intanto diciamo che Maire Trintignant è, a nostro avviso, l'interprete di una delle più toccanti trasposizioni sullo schermo dei romanzi di Simenon: Betty. E Marie fu una Betty molto convincente, diretta da un regista del calibro di Calude Chabrol e al fianco di Stéphan Audran. Il film uscito nel '92 riporta il dramma del romanzo: Betty, una donna alcolizzata e dal passato misterioso. Ci sono delle terribili analogie con le circostanze in cui l'attrice è morta, maturata anche questa sotto il segno dell'alcol. La sua vita sembra un po' un romanzo di il padre è l'attore Jean Louis Trintignant), ma dalle frequentazioni un po' particolari. Quando muore lascia quattro figli maschi, ognuno con un padre diverso... Un personaggio un po' ribelle, che nella relazione con il cantante dei Noir Désir ha trovato un tragico destino cui non si è potuta o non si è voluta sottrarre.
Simenon, questa donna fragile, di buona famiglia (
L'altro legame con Simenon è proprio il padre Jean-Louis, anche lui inteprete di Le Train, film del '73, con la regia di Pierre Granier-Deferre, recitato accanto a Romy Schneider.
Ancora un'ultima piccola nota. Marie Trintignant era nata a Neuilly sur Seine luogo caro a Simenon che vi ambientò una ventina di indagini del commissario Maigret e qualche romans-durs.

giovedì 8 agosto 2013

SIMENON OGGI A NEW YORK: TRIBUTO AI SUOI ROMANZI SULLO... SCHERMO


Oggi a New York alle 19.00 locali, s'inaugura Cine Simenon la manifestazione-omaggio al coté cinematografico dell'opera di Simenon. Parte infatti questa sera all'Anthology Film Archives, nell'East Village a Manhattan, una retrospettiva di quattordici film, tratti da altrattanti romanzi di Simenon.
L'iniziativa proporrà, nei pomeriggi e nelle sere d'agosto, più volte e ad ore differenti, la proiezione di questi film fino al 31 del mese.
E' un evento importante. Non solo focalizzato sui romanzi di Simenon, ma anche sulla seduzione che hanno esercitato sulla cultura cinematografica e che hanno dato origine alle trasposizioni su grande schermo (ma anche su quelli televisivi) delle sue opere. Per la cultura statunitense, si sa, il cinema non è solo l'espressione artistica nazionale, ma anche un po' lo specchio del paese. Questo per dire in quale considerazione gli americani possano tenere quella letteratura che consente la nascita di bei film. E con Simenon da questo punto di vista siamo nell'occhio del ciclone. E non a caso quotidiani come The New York Times, o pubblicazioni cult come The Village Voice, hanno dato un certo risalto all'iniziativa. Simenon-Simenon ve l'aveva già anticipata in un post del 19 luglio, perchè questa attenzione al Simenon-cinematografico è un evento assai importante, soprattutto perchè costituisce un termometro dell'attenzione da parte di un pubblico, quello americano, sempre distratto da continue novità letterarie e cinematografiche, quasi sempre made in Usa e molto spesso di esordienti lanciati con una potenza che solo l'industria culturale statunitense può permettersi.
Bene, che per quasi un mese si possano rivedere vecchie e meno vecchie pellicole tratte dai Maigret e dai romans-durs simenoniani, ci pare un'ottima notizia.
Andiamo a vedere ora quali sono i film proposti, dall'Anthology Film Archives.
Stasera si debutta con La Marie du Port, tratto dall'omonimo romanzo scritto nell'ottobre del 1937 e pubblicato da Gallimard l'anno seguente.
Il film uscì nelle sale nel marzo del 1950, diretto da Marcel Carné e interpretato da Jean Gabin, Nicole Coursel e Blachette Brunoy
Ecco l'elenco degli altri film in programma.
The Clockmaker  tratto da L'Horologer d'Everton, scritto in America, pubblicato nel giugno del 1954 (Presses de La Cité), portato sullo schermo da Bertrand Tavernier, nel cast troviamo Philipe Noiret, Jean Rochefort, Jacques Denis.
Three rooms in Manhattan (1965) adattamento cinematografico di Trois Chambres à Manhattan, scritto nel 1947 in Canada, dove alla regia ritroviamo Marcel Carné, e tra gli interpreti Annie Girardot, Maurice Ronet, Gabriele Ferzetti
The man of the Eifel Tower (1950), tratta dall'inchiesta di Maigret La tete d'un homme (altro titolo: L'homme de la Tour Eifel) pubblicato nel 1931 da Fayard. Nella versione cinematografica il regista é Burgess Meredith, Maigret è impersonato da Charles Laughton, nel cast troviamo anche Franchot Tone e Patricia Roc.
A man's neck (1933), dal Maigret La tete d'un homme (1931) edito da Fayard, portato sullo schermo da Julien Duvivier con Harry Bauer, Valery Inkijinoff,Gina Manés.
The Man from London, tratto dal romanzo L'Homme de Londres (Fayard 1933), uscito nel 1943 per la regia d'Henry Decoin con Fernand Ledoux, Jules Berry, Suzy Prim.
Monsieur Hire, tratto dal romanzo, Les fiancelles de Mr. Hire (Fayard 1933), è un remake di un fim del 1947, Panique, diretto da Julien Duvivier e tratto dallo stesso romanzo. Quella del 1989 è diretta da Patrice Leconte, con Michel Blanc, Sandrine Bonnaire, André Wilms.
A life in the balance (1955) da un racconto breve di Simenon (qui Andrea ci potrà essere d'aiuto? n.d.r.) fu diretto da  Harry Horner e nel cast troviamo Ricardo Montalban, Anne Bacroft, Lee Marvin.
The bottom of the bottle (1956) tratto dal romanzo Le fond de la bouteille (1949, Presses de La Cité), portato sullo scherma da Henry Hathaway con Joseph Cotten, Van Johnson e Ruth Roman nel cast.
Betty (1992) dall'omonimo romanzo dell'ottobre del 1960, con alla macchina da presa Claude Chabrol e nel cast Marie Tritignant, Stéphan Audran e Jean- François Garreaud.
The brothers Rico (1958) dal romanzo del 1952 Les Fères Rico (Presses de la Cité) portato sullo schermo dal regista Phil Karlson, con Richard Conte, Dianne Foster, Argentina Brunetti.
Red lights (2003) dal romanzo Feux rouges pubblicato nel 1953 e portato sullo schermo da Cédric Kahn con Jean-Pierre Darroussin e Carole Bouquet.
The last train (1973) tratto dal romanzo Le train del 1961, con la regia affidata a Pierre Granier-Deferre con Romy Schneider, Jean Louis Tritignant, Régine.