sabato 21 giugno 2014

SIMENON SIMENON. I VOLTI DEL SESSO: 8000 PROSTITUTE, BETTY, JOSHEPINE BAKER... MA


L’altro ieri, sul Corriere della Sera, Roberta Scorranese ha firmato un articolo intitolato L'ossessione dell’intellettuale per il corpo femminile. Una cavalcata per  gli sconfinati territori del sesso percorsi, ognuno a modo loro, dagli intellettuali tra l'800 e il '900. Tra gli esempi riportati non poteva mancare Simenon che secondo l'articolista agognava a "... quella singolare purezza che nasce dalla corruzione più estrema. Quella che forse cercava Georges Simenon nelle sue ormai leggendarie orde femminili presenti nella vita reale (lui stesso confessò a Fellini di aver «avuto diecimila donne», di cui «ottomila prostitute»), ma anche in certi suoi indimenticabili personaggi — per esempio il candore marcio di Betty, sola e in indecente attesa al bancone del bar. Per non parlare della sua passione per la dea mulatta del canto, Joséphine Baker...".
Si dirà, cose già dette e risentite più di una volta. Sembra che lo spunto sia stato la tournée del Crazy Horse che il prossimo luglio toccherà Milano. Crazy Horse che, a quanto dicono, i parigini hanno sempre sentito come il loro locale, a dfferenza del Moulin Rouge che era destinato ai turisti. Il fatto è che questo cabaret, chiamiamolo così, aprì i battenti nel 1951, quando cioè Simenon viveva negli States e quando tornò nel '55 la novità doveva essere ormai passata. Onestamente non sappiamo se Simenon ci sia mai stato, certo è che era non lontano dal Georges V, l'hotel di gran lusso dove solitamente scendeva a Parigi. Per esempio nel '52 fece un viaggio in Europa e sicuramente alloggiò nell'albergo in cui andava sempre. 
Ma a parte il fatto che Simenon sia o non sia stato al Crazy Horse, questione riteniamo assai marginale, ci volevamo soffermare sui tre esempi portati per descrivere il rapporto con il sesso di Simenon su cui abbiamo già scritto diversi post: Il sesso extraconiugale dei coniugi Simenon - Simenon, sesso, sesso, sesso - Simenon, sex addicted ante-literam. Iniziamo così dalle diecimila donne (ottomila prostitute). Si tratta di numeri venuti fuori da un'affermazione fatta in un intervista a Federico Fellini. Ma  nessuno ricorda ad esempio che Simenon in quel pezzo scriveva anche che "... avrei voluto conoscere tutte le donne. Certo a causa dei miei matrimoni non ho mai potuto avere delle vere avventure. Nella mia vita quello che ho pututo fare è "sesso tra due porte", é incredibile. Ma non è solo perché si cerca un contatto umano vuol dire che poi lo si trovi. Si trova soprattutto il vuoto, non è vero?...". Sull'esuberanza sessuale del romanziere nessun dubbio, ma certo queste parole pronunciate a settantaquattro anni esprimono un'amarezza e dei rimpianti che dovrebbero porre delle domande sul vero rapporto di Simenon con il sesso e le donne, aldilà delle sue parole e dei comportamenti esibiti.
Passiamo invece a Betty, uno dei suoi personaggi femminili più riusciti e famosi. Un personaggio complesso, un esempio della capacità di Simenon di costruire psicologie vere, contraddittorie e intricate come solo la vita vera sa creare. Ma anche qui il sesso è solo una delle componenti dell'omonimo romanzo di Simenon, che invce scandaglia l'animo di questa donna (vedi in proposito il nostro post, scritto da Paola Cerana, Betty... ancora whisky, per favore). E forse, senza quella sua quotidiana frequentazione sessuale di donne di tutti i tipi, di differenti ceti sociali e di diversi paesi, non avrebbe acquisito quella particolare conoscenza che gli consentì di creare un personaggio come Betty. E, ricordiamolo ancora una volta, senza giudicare, mai.
La terza fa parte della sua vita vera. Al tempo il romanziere era un giovane di ventidue anni, nel pieno delle sue speranze e ricco di aspettative nei confronti della vita, con quella idea fissa di diventare romanziere. Già pubblicava qualcosa qua e la, ma sotto pseudonimi e nessun ancora lo conosceva. Gli eventi lo portarono a conoscere quella stella negra ventenne per cui tutta Parigi impazziva.  Fu subito un colpo di fulmine, come dice Pierre Assouline nella sua biografia "Simenon", "... lui fu raramente "au diapason" con una donna come lo fu con Josephine. La stessa energia che niente e nessuno avrebbe potuto esaurire, stessa attrazione per le performance in tutti i campi, lo stesso desiderio irreprimibile di godere della vita in tutti i suoi aspetti, la stessa gioia di vivere in un'esuberanza permanente, stessa sessualità libera da ogni tabù...".
Una vera avventura questa, anche se Georges era gia sposato con Tigy. Una storia travolgente che avrebbe potuto cambiare per sempre la vita di Simenon (vedi il post Un uragano chiamato Josephine Baker). E in questo caso più che l'amore, la passione e il sesso, poté l'incrollabile determinanzione di Simenon a diventare un giorno un romanziere. Nemmeno una "distrazione" potente come la Baker lo deviarono dal suo obiettivo. Le donne, il sesso, la passione erano importantissime per Simenon, ma...

venerdì 20 giugno 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET, PEPE CARVALHO, MONTALBANO....

Siamo alle solite. C'è sempre la voglia di collegare i personaggi di due scrittori, o di far discendere uno dall'altro, oppure di trovare le radici di un protagonista nelle caratteristiche di un'altro, ma, soprattutto quando c'è di mezzo un personaggio letterario di grande spessore e di grande successo, si cerca sempre il suo epigono, quello che in qualche modo possa raccogliere la sua eredità e magari anche i suoi lettori.
Maigret è stato ripetutamente al centro di queste operazioni. Quante volte abbiamo letto, all'apparire di un ennesimo commissario, "... questo nuovo personaggio per alcuni suoi tratti può essere considerato il Maigret della....". A nostro avviso tutto ciò è dovuto sia alla scarsa informazione da parte di chi scrive quelle presentazioni o recensioni che siano. Ma c'è spesso anche lo zampino dell'editore che volendo attribuire un quarto di nobiltà al personaggio che va ad editare, cerca in qualche modo di assimilarlo al celebre poliziotto di Simenon.
E se tutto ciò presenta un risvolto di interesse commerciale o costituisce un modo per suscitare l'attenzione di un certo numero di lettori, non sempre è così. A volte è la disinteressata opinione di critici letterati più o meno accreditati, che ricerca i legami tra un personaggio e un altro, oppure è lo stesso autore che dichiara esplicitamente quale è il suo riferimento (quale poi sia il risultato è tutto un altro discorso).
In questo post vogliamo sinteticamente esaminare quello che si è detto di due famossissimi investigatori letterari in merito ai loro rapporti con Maigret. Si tratta dello spagnolo Pepe Carvalho, dovuto alla penna di Manuel Vázquez Montalbán e dell'italiano (o meglio dovremmo dire siciliano, visto l'importanza  che rivestono sia i luoghi che la lingua) commissario Salvo Montalbano, creatura di un altro siciliano, Andrea Camilleri.
Iniziamo con un estratto di un articolo del periodico de L'Express, Lire, dove nel 2004 Christine Ferniot scriveva a proposito del personaggio di Camilleri: "... come un omaggio ai suoi (di Camilleri) maestri letterari: il belga Georges Simenon e lo spagnolo Manuel Vázquez Montalbán. Da uno prende in prestito la silhouette, la placida calma e la voglia di comprendere più che di giudicare, dall'altro prende i gusti culinari, l'epicureismo, l'umore e il nome Montalbano...".
Si possono condividere o meno queste scarne considerazione, ma è un fatto che la Ferniot metta sul piatto i tre: Simenon, Montalbán e Camilleri.
Per quanto riguarda lo scrittore siciliano, non ha mai fatto mistero delle sue ammirazoni (e talvolta invidie) letterarie di un autore che ha sempre amato e letto, ma di cui, come delegato alla produzione della Rai, contribuì anche alla  riduzione in sceneggiati televisvi dei suoi Maigret. E il suo personaggio è costruito forse in modo da non esplicitare troppo questa ammirazione/dipendenza da Simenon. Anche se qua e la saltano fuori dei tratti comuni. Il fatto di essere funzionari della pubblica amministrazione con tutto ciò che questo comporta. L'ambiente provinciale di Montalbano che, pur lontano da quelli che frequenta Maigret quando indaga fuori Parigi, in qualche modo presenta delle analogie. L'abitudine a non portare la pistola. La voglia di non avere nessuno tra i piedi quando indaga, soprattutto i superiori. Il grande amore per il cibo che per Maigret è però spesso un atto conviviale, invece per Montalbano è qualcosa da godersi rigorosamente da solo in santa pace (in sienzio possibilmente), sia in trattoria o in casa sua. Questo amore per il cibo porterebbe in ballo il Pepe Carvalho di Montalbán, che ha addirittura un assistente, Biscuter, che non si sa se classificare più come un aiuto-investigatore o come cuoco personale. Ma torniamo a Maigret-Montalbano. Anche il poliziotto siciliano, come Maigret, cerca più di capire che di arrestare un colpevole pucchessìa. Gli mancano invece una moglie premurosa, il coté famiglia (anche se pure Maigret non ha figli), non ci sono segni fortemente distintivi come per il collega francese: la pipa, lo chapeau-melon, il pesante cappotto con il collo di velluto.  E poi il bere: dalla birra al cognac, dal calvados la bicchiere di bianco che cadenzano le inchieste di Maigret come fossero lancette di un orologio.
Mentre le vicende di Maigret sembrano apparentemente asessuate, nelle storie di Montalbano sono frequenti le avventure anche di una sera. E anche Pepe Cavalho è uno spirito libero e il suo particolare rapporto con l'ex-prostituta Charo, non gli impedisce di vivere altre avventure.
Sul versante politico Maigret è il meno impegnato. Ha una vaga repulsione per la politica e i politici come pure per il mondo dei ricchi e dei potenti, ma non si va più in là di tanto. L'altro commissario, il siciliano, pur non espondendosi attvamente, non nasconde le sue tendenze progressiste. Ma nelle sue storie, che si svolgono tutte in Sicilia, ci si aspetterbbe una presenza più forte della mafia nei crimini in cui indaga. Invece l'organizzazione malavitosa ha un ruolo un po' confinato nelle storie raccontate da Camilleri. Il più esplicitamente politico é Pepe Carvalho ex militante comunista e combattente anti-franchista, ma poi scombina tutto con una parentesi addirittura come agente nella CIA.
Quello che unisce le tre coppie Simenon/Maigret, Manuel Vázquez Montalbán/Pepe Carvalho, Andrea Camilleri/Montalbano è un'interesse al contorno, ai personaggi alle vicende umane/sociali, più che all'intreccio. Simenon è stato il primo, anche per un fatto anagrafico, ed si è rivelato il più rivoluzionario lanciando negli anni '30 un poliziesco del tutto fuori delle regole. Già la strana figura di Pepe Carvalho negli anni settanta presentava connotati assai originali, ma la diversificazione della letteratura gialla ci aveva già abituato a molte tipologie di detective e a schemi polizieschi anche molto atipici. La comparsa del commissario Montalbano a metà degli anni '90 deve fare i conti con un periodo in cui il giallo ebbe un'esplosione nella produzione e pubblicazione di noir, thriller, polizieschi, gialli storici, spy-story, medical-thriller, procedural-story... Trovare una strada originale e valida non era facile. Camilleri si cucì addosso questo commissario di polizia siciliano, fortemente connotato dal dialetto e dall'ambito provinciale della sua regione che poi è anche quella dell'autore. E nel personaggio ritroviamo molte convinzioni dell'autore.
In tutti e tre la capacità letteraria ha fatto la differenza, anche se nessuno può vantare una produzione di romanzi come quella simenoniana. Anche se va ricordato che Camilleri non si riduce ai soli "Montalbano", come pure M. V. Montalbán che si inoltrò nell'ambito della poesia, della saggistica e del romanzo non giallo.
Abbiamo detto dell'ammirazione di Camilleri per Simenon, ma dobbiamo ricordare anche l'amicizia e la stima che legava Montalban e Camilleri (quest'utimo battezzò "Montalbano" il suo commissario proprio in onore del suo amico spagnolo).
In fondo per questi romanzieri può valere quello che Simenon disse in un'intervista a Le Monde nell'81 "...non ho mai fatto distinzioni tra i Maigret che scrivevo per mio piacere e i miei romans-durs"...".


giovedì 19 giugno 2014

SIMENON SIMENON. SE IL FESTIVAL DEL POLAR E' UN... CHIEN JAUNE

Tra poco meno di un mese aprirà i battenti la 20a edizione Festival du Polar de Concarneau "Le chien jaune" in omaggio alla famosa inchiesta del commissario Maigret così intitolata.
Nell'ambito del festival 2014, sarà inaugurata venerdì 13 giugno l'esposizione "Simenon et Concarneau" (dal 13 al 28 giugno presso l'agenzia del Crédit Agricole e dal 3 al 31 luglio alla biblioteca municipale di Concarneau). Questa iniziativa che apre il festival, vuole essere un omaggio al periodo passato da Simenon a Concarneau
Quello fu un periodo molto particolare. Infatti era in procinto di lanciare il suo nuovo personaggio, Maigret. Ma era anche il momento dei contrasti con il suo editore Fayard, per il quale scriveva da tempo dei romanzi popolari. Fayard era molto critico su questa "operazione Maigret", un poliziesco che secondo lui non rispettava le regole canoniche del genere, almeno per quei tempi, e che vedeva destinato ad un fiasco sicuro. Solo l'insistenza e la capacità di trattare di Simenon lo avevano portato, sia pure con gran riluttanza, ad accettare quell'avventura. Ma il problema non era solo quello. Simenon e Fayard avevano ancora in essere un contratto per un certo
numero di romanzi popolari, per i quali lo scrittore aveva già ricevuto un acconto di 30.000 franchi. Ma Simenon si era presentato con ben sei titoli di Maigret già belli che scritti e credeva che potessero rientrare nel contratto e di sostituire così i romanzi popolari che doveva ancora scrivere. Ma Fayard fu irremovibile. Simenon, furioso partì per Concarneau, dove si sistemò all'11 di avenue des Sables Blancs. Con lui la moglie Tigy, la segretaria e il suo cane.
Sarà li per tre mesi. Mesi invernali (e infernali) a cavallo tra il '30 e il '31. Undici ore di scrittura al giorno, alla media di ottanta pagine ogni 24 ore! Tensione nervosa al massimo, poche ore di sonno e invece grandi bevute, come l'alcol fosse un carburante insostituibile per mantenere quel ritmo indiavolato. Perse molti chilogrammi, ma, per così dire, guadagnò i 30.000 franchi ricevuti in acconto e, soprattutto, la libertà da quella letteratura popolare che iniziava a soffocarlo.
Ma forse la motivazione più forte che gli consenti di reggere a quel tour de force, fu proprio la possibilità di tuffarsi completamente nell'avventura Maigret in cui confidava moltissimo.
Infatti in un'intervista a Carlo Rim aveva affermato "... Maigret viveva dentro di me, lo vedevo come un personaggio in carne ed ossa, conoscevo il timbro della sua voce, conoscevo tutto di lui, dal suo vecchio maglione fino alla punta delle sue scarpe - raccontava Simenon -  Mentre io scrivevo furiosamente, lui era lì che fumava la sua pipa, aspettando. Avevamo fiducia... tutti e due..."
Mentre Simenon scriveva a macchina di là della sua finestra furoreggiava il mare invernale che forse lo ispirò, il mare e le spiaggie bianche della costa ovest di Concarneau.
Per quanto riguarda le informazioni sul festival cliccate qui Le chien jaune

mercoledì 18 giugno 2014

SIMENON SIMENON. L'AUTORE CI PARLA DE "LA CHAMBRE BLEUE"

Dopo Cannes, il BFF, (Brussels Film Festival), e l'anno prossimo il Sundance negli Usa. Il film di e con Mathieu Amalric ha fatto parlare molto di sè ed è gia uscito in Francia. Non ci sono invece notizie ufficiali per quanto riguarda la distribuzione all'estero e in particolare nel nostro paese. Restiamo in attesa e nel frattempo vi proponiamo invece una chiacchierata di Simenon sul romanzo da cui è stato tratto il film.

martedì 17 giugno 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET HA PAURA... DELLA PENSIONE. E SIMENON...

L'inchiesta che è intitolata Maigret a peur, scritta negli Usa (Shadow Rock Farm - 1953), ha a che fare con l'argomento che vogliamo trattare oggi. Il commissario ha paura di andare in pensione? Domanda che ne nasconde un'altra: è la stessa paura del suo autore?
Nell'inchiesta citata, la paura di Maigret é quella della vecchiaia che, nella fattispecie, ritrova sul volto e nei gesti di un suo antico compagno di gioventù, che ora fà il giudice istruttore in un piccolo paese. Gli capita di guardarsi allo specchio e vedersi anche lui diverso, più vecchio...
Quella vecchiaia che fà esitare, che leva le certezze della giovinezza e anche quelle dell'età matura. Ed è ciò che vede nel suo vecchio amico, che deve risolvere tre casi di omicidio, proprio quando casualmente Maigret decide di fargli visita.
Stessa età e sono entrambe vicini alla pensione. Una paura di Maigret che d'altronde ritroviamo anche in altre situazioni. Come chiamare d'altronde quella specie di malessere che lo coglie durante delle vacanze troppo lunghe o nel corso di malattie lo tengono lontano dal suo ufficio di Quai des Orfèvres?
Quando succederà, gli basterà leggere il giornale? Giocare nel pomeriggio a carte con i compaesani? Andare a pesca? Curare il suo orto?
Sono tutte cose a cui il commissario si è gia preparato mentalmente e non solo... ha infatti già comprato una casetta a Meung-sur-Loire, ma... Ma saprà stare lontano dai suoi ispettori, dai giudici con cui litiga, dalla brasserie Dauphine, dal suo ufficio ingombro di carte e di pipe? E dai suoi casi? Alcune volte ostenta una certa indifferenza all'idea di lasciare tutto, e con la moglie si mostra alcune volte addirittura impaziente di andare a sistemarsi lì sulla riva della Loira.
Ma non c'è dubbio che questa sia una sua paura... forse la più grande. E' la stessa paura di Simenon?... smettere di scrivere?
Anche qui, quando succederà nel 1972 con quel romanzo Victor che non ne voleva sapere di decollare, Simenon prenderà un decisione repentina, quasi troppo affrettata: smettere di scrivere, e questo per uno come lui significa ritirarsi in pensione. D'altronde quando succede, Simenon ha quasi settant'anni e ne ha passati quaranta a scrivere intensamente. Forse la decisione non è stata così improvvisa, forse ci pensava da tempo, ma probablimente non sapeva come e quando sarebe avvenuto. Al contrario del suo personaggio che sapeva con precisione matematica quando sarebbe arrivato il fatidico giorno.
Maigret, nella serie, ci viene spesso presentato in pensione, ma per un motivo o per l'altro, è di nuovo in pista ad indagare. Anche Simenon smette di scrivere i romanzi e i Maigret, ma continuerà a pubblicare i Dictées e poi scriverà nell'81 quel monumentale Mémoires intimes.
D'altronde Maigret è davvero un uomo come tutti gli altri, Simenon aspirava ad esserlo e la pensione non piace a nessuno ("la retraite", come si dice in francese, è una parola sulla quale Simenon diceva "... una parola che non amo, perchè mi fa pensare alle battaglie e ai militari. E io odio battaglie e militari...").
Ma forse é proprio questa "ritirata" che alla fine lo ha reso davvero uno come tutti gli altri...

domenica 15 giugno 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET: VIOLENZA E COMPRENSIONE



Uno degli appunti che ancor oggi viene rivolto dai più accaniti giallisti ai Maigret di Simenon è la mancanza di azione e, perché no, anche di una certa violenza. Questo binomio, azione & violenza, è diventato nel panorama della letteratura poliziesca talmente diffuso da essere spesso considerato un essenziale ingrediente del genere. Questo accade poi anche nelle produzioni cinematografiche e in buona parte anche nei serial televisivi di genere. In effetti azione e violenza non sono quasi mai presenti nelle inchieste del commissario Maigret e se ci fossero ci sembrerebbero una sorta di… fuori tema.
Eppure siamo di fronte ad un tipologia di poliziesco estremamente realistico, nessun complotto mondiale, nessuna organizzazione segreta guidata da supercriminali, nessun volo pindarico nel mondo delle imprese impossibili o dei casi fantascientifici.  Quello costruito da Simenon per Maigret è un mondo fatto di cose concrete, di omicidi compiuti per motivi anche banali: vendetta, gelosia, necessità, denaro… tragedie piccole e grandi della vita quotidiana. Ma sappiamo bene che in questa realtà, se non proprio l’azione, almeno la violenza è una componente essenziale negli omicidi, nei rapimenti, nelle vendette…
Una risposta dallo stesso Simenon, soprattutto per quanto riguarda questo mancata rappresentazione della violenza, ci viene da quella interessante intervista/seduta analitica cui lo scrittore si sottopose nel giugno del ’68, rispondendo alle domande  di cinque medici-redattori della rivista “Médecine et Hygiène”in occasione dei 25 anni della pubblicazione.
E una delle domande riguardava appunto la mancata violenza nelle sue opere.
“…in tutta la mia vita ho avuto un orrore fisico della violenza; mi pesa assistere ad un incontro di boxe alla televisione, per quanto abbia praticato per un po’ quello sport  -  spiega Simenon -  Odio la crudeltà, ad esempio sono incapace di assistere ad una corrida..:
Insomma viene fuori ‘immagine di un tranquillo borghese che è ben lontano dal mondo che invece frequenta il suo personaggio (e non scordiamo che quando provò a fare l’investigatore sul serio con il caso Stavisky,  fece un flop degno del più imberbe dei dilettanti).
I dottori, gli analisti e gli psicologi di “Médecine et Hygiène” trovano questo elemento interessante e insistono per capire qual è il motivo di una tale scelta. Perché l’omicidio o la violenza si sono sempre già consumate nel momento in cui Maigret arriva sul posto e perché il commissario sembra sempre interessato ad altro ?
“…questo è vero e per un buon motivo: cosa è un crimine? C’é un uomo, ha quaranticinque anni, oggi, domenica, è un uomo come gli altri appartenenti alla comunità. Nel giro di cinque minuti, questo signore, per un motivo qualunque, piccolo e insignificante come una goccia d’acqua – racconta il romanziere – commette un crimine e d’un tratto non appartiene più al consesso umano, diviene un mostro. Quindi ha vissuto per quarantacinque anni con un individuo ammesso nella società e cinque minuti dopo lo guardano con disgusto… non fa più parte della società…”.
Insomma è come se Simenon volesse dirci che il suo Maigret (o forse la propria proiezione nel ruolo del commissario?) sa che in pochi istanti si possono verificare eventi insignificanti che, cambiando la vita di un uomo, lo portano magari a compiere azioni raccapriccianti. Ma non è l’azione violenta e criminosa in sé ad aver importanza e ad essere il centro del suo interesse nelle indagini. Piuttosto è l’individuo in sè che lo interessa (il famoso “uomo nudo”). Vuole conoscere i condizionamenti sociali, i valori e la mentalità dominanti nell’ambito in cui è cresciuto  che ne hanno fatto di lui quello che è adesso. Deve entrare nel mondo in cui lavora e in cui vive con i suoi familiari. Quando, Maigret/Simenon sarà in sintonia con tutto questo e riuscirà a sentire quel modo di essere, allora si aprirà la via per comprendere le situazioni, l’accaduto e le azioni dei protagonisti.

sabato 14 giugno 2014

SIMENON SIMENON. BRASILE 2014: SCONTRI SUI CAMPI DA CALCIO, MA ANCHE NEL CAMPO DELLE EDIZIONI


In questi giorni il Brasile ha invaso i media: Campionato Mondiale di Calcio e, rovescio della medaglia, le proteste per la preoccupante crisi economica che  spinge i più colpiti a manifestare e a contestare gli stessi mondiali, per i quali, tra l'altro, trapelano notizie su ritardi nel completamento delle infrastrutture, caos organizzativo, corruzione che avrebbe dilagato un po' dappertutto, sprechi e ruberie sugli stanziamenti per l'avvenimento mondiale. Qualcuno dirà: sembra di sentir parlare dell'Italia, con lo scandalo per il Mose di Venezia, quelli per l'Expo Mondiale a Milano e via dicendo... 
Ma, anche se la stampa internazionale non se ne occupa, in Brasile si stà conducendo una battaglia legal-editoriale, legata proprio alle opere di Simenon.
Come è noto la casa editrice São Paulo Companhia das Letras ha appena pubblicato le prime tre inchieste del commissario Maigret: Pietr, o Letão; O Cavalariço da Providence e O Enforcado de Saint-Pholien, tutti del 1931 con l'intenzione di pubblicare tutta l'opera maigrettiana
Secondo il quotidiano brasiliano A Tarde, si tratta di una mossa discutibile. Infatti l'editrice L & PM (con 66 titoli di Maigret nella collana "Poket L& PM") pubblica da tempo con regolarità le indagini del commissario simenoniano. 

Ma nel dicembre 2012 la Companhia das Letras aveva già annunciato la pubblicazione di questa nuova serie, grazie ad un accordo con la Penguin, l'editore europeo. Tutto ciò ha scatenato la reazione della L & PM, che aveva acquisiti i diritti d'autore per Maigret fino a tutto il 2016.
Ovviamente L & PM promette azioni legali contro questo passaggio dei diritti alla Companhia das Letras, prima della scadenza de 2016, solo perchè questa è in partnership con la stessa Penguin.
Sembra un po' quello che accadde in Italia. Non ci furono carte bollate, ma  fu un caso più unico che raro nell'editoria, proprio per quello che rigardava i Maigret. Per circa un anno (1993/1994) Mondadori, storico editore italiano di Simenon dal 1932, pubblicò le inchieste di Maigret in contemporanea con l'Adelphi che aveva ottenuto prima i diritti sui romanzi e poi anche quelli sui Maigret (vedi a tale proposito il nostro post
I Maigret di Simenon pubblicati contemporaneamente da Mondadori e da Adelphi)

venerdì 13 giugno 2014

SIMENON SIMENON. UN OMAGGIO A MAIGRET DA.... PETERSON

Forse chi non fuma la pipa non sà chi è... o meglio cos'è Peterson. Una delle più prestigiose fabbriche di pipe fondata nel 1865, a Dublino. Questa che è illustrata  nel filmato e letteralmente tratta in guanti bianchi è una pregiata Peterson contraddistinta da n° 965 e chiamata Maigret, in onore del commissario più ostinato fumatore di pipa, ma anche del suo autore, che scriveva un capitolo fumandone sette/otto, come dichiarava lui stesso.
Nel filmato la pipa è trattata in guanti bianchi. Questo Maigret non lo faceva... anzi quando c'era da vuotare il fornello, alzava un piede e batteva la pipa sul tacco della scarpa... Ma certo lui non fumava delle Peterson!
Buona visione agli appasionati fumatori di pipa, ma anche agli altri che, chissà potrebbero imparare qualcosa o addirittura avere poi voglia di provare... anche se ormai pure fumare un pipa è... incorrect!



SIMENON SIMENON. GEORGES VS GEORGES


Le contraddizioni sono il sale (e il pepe) della vita di ciscuno di noi. Per i personaggi famosi, la vita è sotto i rifettori e passata al setaccio dai loro critici per trovare pecche, zone grigie e anche contraddizioni. Al contrario gli esegeti non mancano occasione per magnificare qualità, successi ed expolit dei loro amati.
Sembrerebbe quindi facile parlare delle contraddizioni del romanziere. Casi in cui aveva espresso un'opinione poi corretta con una di segno contrario o quasi.
In realtà ci sono diversi elementi che ci permetterebbero di fare questa operazione Ma quello che ci interessa di più è mettere a confronto due Simenon... o più. E' facile ricordare che quando iniziò a voler scrivere dei polizieschi, e inventò il personaggio di Maigret, voleva che quell'esperienza fosse una sorta di "apprendimento" per svincolarsi dalla letteratura popolare su commissione che fino ad allora da un parte gli aveva dato di che vivere, ma dall'altra si era rivelata una scuola di scrittura straordinaria, obbligandolo a confrontarsi con generi, pubblici, linguaggi e tipologie di narrazione sempre diverse. Ma Maigret era già "semi-letteratura" e costituiva il ponte per arrivare alla letteratura con la "L" maiuscola, i famosi romans-durs come li chiamava lui.
La sua decisione di chiudere con il 19° titolo previsto dal contratto con l'editore Fayard era irremovibile. L'inchiesta "Maigret" pubblicata nel '34 e sarebbe stata l'ultima.
E invece ricominciò e andò avanti per altri trent'anni insieme al commissario.
Ma vorremmo mettere a confronto il Simenon neanche ventenne appena arrivato a Parigi alla Gare du Nord, con quello degli anni '80, ritanato nella piccola casa rosa a Losanna, con la sua fedele Teresa. Oppure quello che fuggiva dalla Francia, dando l'idea di essersi definitivamente stabilito negli Stati Uniti, con quello che, tornato in Europa tra clamori e accoglienze principesche, veniva chiamato a presidere la giuria del Festival Internazionale del Cinema di Cannes.
E' chiaro che si tratta di Simenon resi diversi dall'età, dalle condizioni psicologiche dalle aspettative nei confronti delle sue ambizioni.  Il romanziere che nel 1931 scriveva Le Relais d'Alsace reggeva il famoso état de romans più a lungo, un capitolo al giorno per undici giorni...undici capitoli. Quando nel '63 la resistenza non è più quella dei trent'anni, i suoi romanzi, ad esempio La chambre bleue, contano solo sette capitoli. Ma certo questo non influisce sulla loro qualità.
Altri due Simenon da confrontare sono quelli dell'interesse dell'autore al destino dei suoi personaggi. Mentre il primo Simenon è un osservatore più distaccato con uno sguardo quasi da entomologo. Nel seconodo Simenon, si affaccia quel senso di pietà e di empatia, che troviamo in Maigret, che permette all'autore di essere più partecipe alle vicende, che cerca sempre più di capire e sempre meno di giudicare i protagonisti.
Un Simenon è quello in ascesa che si affaccia alla letteratura in casa Gallimard, sotto la prestigiosa tutela di André Gide. Il Simenon per cui il premio Nobel vede nel futuro un grande romanzo corale e di spessore, anche in termini di pagine. E Georges si mette a scrivere. Risultato il ponderoso Pedigree (1943 - oltre 500 pagine). Ma non va. Di contro c'è infatti il Simenon che cerca di svincolarsi da quel protettore, che pure ha contribuito non poco alla sua accettazione nel mondo delle lettere non solo francesi. Un'altro giogo da cui vuole liberarsi è la casa editrice, quotata, prestigiosa, che conferisce un quid in più a chi ne fà parte. Ma in Gallimard lui soffre la coabitazione con tanti nomi prestigiosi e non è una questione di sudditanza, ma l'idiosincrasia a far parte di una confraternita letteraria con i propri riti e le proprie cerimonie. E chissà... forse non vorrebbe mai aver scritto quel romanzone-autobiografico o almeno, in un'intervista a Carvel Collins, dichiara che, se dovesse scegliere un solo libro attraverso cui essere ricordato, certamente non sceglierebbe Pedigree. Insomma questo Simenon è tutt'altro da quello degli anni '30/'40: nel giro di poco tempo lascia Gallimard per un minuscolo editore alle primissime armi, Presses de La Cité. Abbandona la Francia che lo perseguita come un filo-nazista e infine si affranca a poco a poco dall'abbraccio di Gide per sentirsi libero, con un oceano che lo separa dal passato. Un nuovo mondo, che gli porterà una nuova moglie, due figli, una sicurezza nuova e una maggiore maturità nelle sue opere.
Altro ancora è il Simenon che non vuole più rimanere negli States. Lo scrittore sa, per averlo assaggiato in uno dei suoi viaggi nel vecchio continente, quanto sia cresciuta la sua popolarità in Europa, come la critica abbia ormai rivalutato le sue opere e addirittura i Maigret sono oggetto di alcune valutazioni che prevalicano la loro connotazione poliziesca. Insomma il suo status di romanziere è cresciuto e la situazione del 1945 in Francia è solo uno sbiadito ricordo.

giovedì 12 giugno 2014

SIMENON SIMENON. COME SI SCOPRE UNA DEDICA AUTOGRAFA

Facciamo un salto indietro nel tempo e più precisamente di 25 anni, in quel fatidico '89 in cui era scomparso Simenon. Io in ottobre ero a Parigi invitato da un casa automobilistica francese al debutto mondiale di un nuovo modello al Salone di Parigi dell'Auto. Come capita spesso in queste occasioni i giorni riservati alla stampa erano quelli che precedevano il weekend, che vedeva le parte aperte al pubblico.


Insomma ero a Parigi, con un venerdì pomeriggio, sabato e domenica a disposizione prima di tornare il lunedì in redazione... avevo tutto il tempo di fare incetta dei libri di e su Simenon. Mi portavo sempre dietro un elenco dei titoli che mi mancavano o di quelli che erano usciti da poco (allora non c'erano Amazon, IBS, e tutte le piattaforme di vendita on-line dei libri). E poi un elenco di librai, più  meno conosciuti che vendevano libri usati, vecchi e antichi. Insomma in qualità di appassionato simenoniano e di inguaribile cacciatore di vecchie edizioni, avevo un gran lavoro di ricerca davanti a me. Tra l'altro la recentissima scomparsa di Simenon aveva fatto mettere in bella mostra a tutte le  librerie, a quelle antiquarie e persino ai bouquinistes del lungo-Senna, tutti i titoli dello scrittore (e quelli che lo riguardavano).
Tra i vari volumi, avevo infilato un po' di fretta anche un Maigret del '58, Maigret voyage, edizione Presses de La Cité, un pocket che avrò pagato qualche franco. Il volume era abbastanza ben conservato e ancora ben allestito, forse poteva non essere stato ancora letto. Ma quello che mi spinse ad acquistarlo fu che stavo cercando di iniziare una collezione completa dei Maigret in lingua originale. Era un'inchiesta che infatti già avevo letto in un'edizione Mondadori e quindi Maigret voyage, prese posto nei miei scaffali riservati ai Simenon francesi. E lì rimase.
Facciamo ritorno ai giorni d'oggi. Qualche giorno fa' alla ricerca del primo Maigret siglato alla fine come "Noland", ripresi in mano il suddetto voulme. E sfogliandolo, scorsi sulla pagina dell'intestatazione un dedica. Ma il mio obiettivo era un'altro ed era all'ultima pagina.
Però c'era qualcosa che mi aveva colpito in quella dedica... chissà di chi era, chissà a chi era destinata... La curiosità mi fece tornare indietro e allora capii. Era la firma che mi era familiare. Già... era la firma di Simenon! Si tratta di una dedica che lo scrittore aveva fatto ad un certo Ernesto Barba e datata 1961. Il confronto con altre firme di Simenon e il parere di amici esperti, mi hanno confermato che la firma é proprio quella dello scrittore. Nella dedica tra l'altro si cita Brugenstock, località svizzera di vileggatura, e una veloce ricerca mi ha permesso di scoprire che la famiglia Simenon nel mese di luglio 1961 era appunto in vancanza proprio a Burgenstock.
Un altro aiuto, dalla nostra amica madrelingua francese Murielle, mi ha permesso di decifrare quasi del tutto la dedica.
"A Ernesto Barba avec qui j'ai plaisir à discuter au bar du Bürgenstock car avec lui, j'en apprens (sic) tous les jours. Très cordialement - 1961"  (A Ernesto Barba con il quale ho il piacere di parlare al bar di Burgenstock, perchè grazie a lui ne apprendo tutti i giorni. Cordialmente - 1961)
Spiega a margine Murielle:" Non sono del tutto sicura su quel "j'en apprens". All'inizio avevo pensato a "j'ai appris" ma questo non torna... Si potrebbe immaginare che questo Ernesto potrebbe essere un barman di Burgenstock. Si può ben immaginare Simenon che chiacchiera con un barman. D'altronde in Mémoires intimes, Simenon parla del fatto che sua figlia lo raggiungeva al bar prima di cenare. Ed era soltaa parlare con il barman...".
L'ipotesi di Murielle è assolutamente verosimile, ma io mi chiedo a questo punto: chi è questo Ernesto Barba?
Altra  ricerca e a questo nome corrisponde uno strano personaggio. Un taliano che al tempo aveva ventisei anni. Wikipedia, sempre che sia lo stesso Barca, ce lo presenta come un brillantissimo e anticonformista manger degli alberghi più lussuosi delle catene Hilton, Sheraton, che ha lavorato nei quattro continenti. Ma forse a ventisei anni ancora non era a quelle vette, però non era proprio un barman, ma può darsi che in qualche modo si occupasse della gestione dell'albergo dove risedeva Simenon. Sempre se fosse lui, sappiamo da altre testimonianze che ne '53 era a Losanna per frequentare una scuola alberghiera. Da sempre aveva una passione per la poesia, tanto che arrivò ad autoppubblicare  alcune sue raccolte di versi.
Secondo Wikipedia Barba è deceduto nel 1994 a Livorno.

P.S. La foto inserita nell'illustrazione è quella di un certo Barca. E dovrebbe proprio essere il nostro albergatore-poeta, ma potrebbe essere anche quella del fratello minore, Eugenio, regista teatrale di qualche fama.