martedì 26 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - CINQUE ANNI... INCREDIBILI

Georges Simenon negli anni '30
I primi anni '30 possono essere definiti il periodo d'oro di Simenon. Infatti dal 1931 al 1935 si susseguono una serie di avvenimenti che se da un parte segneranno inedelebilmente il corso della sua vita, dall'altra saranno delle tappe non certo dimenticabili della sua storia personale e professionale.
A febbraio del 1931 con il famoso Bal Anthropométrique alla Boule Blanche lancia il personaggio di Maigret che lui allora considerava una parentesi tra la letteratura popolare su commissione che aveva prodotto fino ad allora e i romans-durs cui si riprometteva di dedicarsi per il resto della sua vita. Una parentesi di diciannove titoli di Maigret, come recitava il contratto che con tanta fatica era riuscito a strappare al suo editore del momento, Fayard. Una specie di semi-letteratura, un ponte che, secondo lui, doveva servirgli anche a scrollarsi di dosso quella fama di scrittore-industriale che riusciva a produrre fino ad ottanta pagine in un giorno. Ma allora non sapeva, ma nemmeno l'immaginava, che il suo commissario l'avrebbe accompagnato per tutta la sua vita di romanziere fino al 1972, quando il suo ultimo libro di narrativa sarebbe stato appunto un Maigret.
Bal Anthropométrique alla Boule Blanche

Ma ritorniamo agli anni '30.
Nell'aprile del 1932 lascia definitivamente Parigi e la sua casa di Place des Vosges per Marsilly, un borgo nei pressi di La Rochelle. E' un momento importante. Perchè da allora in poi, Simenon non abiterà più nelle grandi città e  sceglierà sempre, per le sue residenze, piccole città o situazione di campagna. Tranne brevi periodi e per motivi specifici, si terrà lontano da Parigi e poi, nei dieci anni americani, da metropoli come Ottawa, New York, Los Angeles, San Francisco. E anche al suo ritorno in Europa, deciso di stabilirsi in Svizzera, eviterà accuratamente Ginevra o Zurigo. Solo nella vecchiaia (a settant'anni) opterà per Losanna, che certo non può essere considerata una grande città.
Ancora primi degli anni '30.
Tessera da giornalista di Simenon
Nel giugno del 1933 riesce ad intervistare Lev Trotsky, in fuga dall'Urss e dai sicari di Stalin, in quell'anno rifugiato in una delle isolette che pullalano nello stretto del Bosforo, davanti ad Instanbul. Questo è, come si dice, uno scoop giornalistico che mette a segno per Paris-Soir. Simenon anche se non ne ha quasi mai fatto parola, non disdegnava di rituffarsi nel mondo del giornalismo, che forse gli era rimasto un po' nel cuore sin dai tempi di quando, adolescente, era già redattore de La Gazette de Liège, esperienza che troncò nel dicembre del '22 per trasferirsi a Parigi e tentare, appena dicannovenne, l'avvventura della letteratura. Ma l'anno dopo non dette certo una gran prova di reporter. Questa volta si mise a seguire l'affaire Stavisky sempre per Paris-Soir. Era un scandalo finanziario, di corruzione politica, con tanto di morto, appunto il truffatore Serge Alexandre Stavisky, di orgine russa, oscura figura attorno cui giravano politici , finanzieri e avventurieri vari. Qui Simenon dette la dimostrazione che un conto è scrivere gialli e un'altro è svolgere delle indagini vere e proprie. Si diceva che Paris Soir avesse ingaggiato Maigret, ma alla fine il Simenon-detective collezionò una serie di brutte figure, dimostrando di aver seguito piste sbagliate, di aver sospettato di chi non aveva nulla a che fare con quel caso e di aver elaborato teorie che non avevano nessun riscontro reale. Da quel momento Simenon s'allontanò dai quotidiani, se non per qualche rescoconto di viaggi e, diventato un personaggio, per farsi intervistare.
Gaston Gallimard
Ottobre 1934. Altro passo decisivo, soprattutto per l'immagine e la staturaEditions Gallimard. Non era da tutti scrivere per patron Gaston Gallimard, ma lì con lui c'erano tutti gli scrittori che contavano, francesi e non. Nonostante il prestigio che quell'editore gli conferiva, la permanenza di Simenon in quel gotha letterario durò circa una decina d'anni (una quarantina di titoli tra i romans-durs e i Maigret).
letteraria di Simenon. Grazie al'intermediazione di Andrè Gide, suo grande ammiratore, lo scrittore fà il suo ingresso nella più prestigiosa casa editrice di Francia, le
Georges Simenon in Africa
Tra il 1932  e il 1935 vanno anche ricordati numerosi viaggi. Il lungo raid in Africa nel '32. Nel 1933 invece attraversò l'Europa. Nel '34 compì il peripo del Mediterraneo a bordo di una goletta. Nel 1935 è la volta del giro del mondo: New York, Panama, America del Sud, isole Galapagos, Tahiti, Nuova Zelanda, Australia e India.
In questi anni trovò il modo di scrivere una cinquantina di titoli, tra cui una quindicina di Maigret, una trentina di romans-durs, e cinque/sei raccolte di racconti vari.
La vitalità del giovane Simenon in questo straordinario quinquennio (dai ventotto ai trentadue anni) era al massimo. Uno spaccato del suo modo di affrontare la scrittura e la vita che sarebbe rimasta una sua cifra inconfondibile.
E di certo qualche cosa ci sarà scappata...

lunedì 25 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MA IL MOMENTO DELLA CONSACRAZIONE...?


E' difficile dire con precisione quando Simenon ebbe una decisiva ed indiscutibile consacrazione letteraria. Intanto la sua avventura di romanziere fà registrare una serie di tappe che hanno avuto un'importanza fondamentale sia che le si consideri come un salto di livello avvertito dallo scrittore stesso, oppure come una svolta decisiva percepita dai critici o da altri letterati.
Ci sono le famose tappe indicate da Simenon. Il passaggio dalla letteratura popolare ai Maigret e poi quello dalle inchieste del commissario ai romans-durs.
Oppure l'appoggio di un nume tutelare della letteratura fancese come André Gide e l'ingresso nel sancta-sanctorum degli scrittori, la casa editrice Gallimard. O anche il ritorno in Europa, dopo dieci anni negli Stati Uniti, quando lo scrittore stesso toccò con mano il tipo di accoglienza e la risonanza che il rientro ebbe nel mondo dei media e in quello letterario. Anche in questo caso Simenon si rese conto di come fosse cresciuta la sua statura letteraria rispetto a quando aveva abbandonato la Francia nel 1945.
Ma diversi studiosi, biografi e specialisti individuano tra il 1963 e il 1964 il momento in cui, a livello internazionale, Simenon veniva percepito come uno dei romanzieri più significativi del secolo. Ad iniziare dal plauso di François Mauriac in un famoso articolo su Le Figaro Littéraire (maggio 1963) oppure da altri articoli dedicati al romanziere in quegli anni sul francese Le Monde, sul tedesco Tagspiel, sul britannico Times Literary Supplement, sugli americani New York Times, Washington Post e Atlantic Monthly...
Insomma gli anni in cui Simenon pubblicava, tra gli altri, Les Anneaux de Bicêtre La chambre bleu e Le Petit Saint, ma che erano la summa di una carriera che a quel punto contava un centinaio di romanzi e una novantina di Maigret.  E con una continuità impressionante che durava dai primi degli anni '30.
A nostro avviso potremmo dire che a quel punto, tra il '63 e il '64, il suo essere "un fenomeno" (la velocità di scrittura, il ritmo di pubblicazione, la grande versatilità....) che sempre l'aveva contraddistinto nella considerazione generale, era finalmente offuscato dalla qualità di quello che scriveva (e che aveva scritto). A quel punto non si parlava più delle sue ottanta pagine in un solo giorno, dei Maigret che all'inizio erano usciti una volta al mese, nemmeno si trattasse di un periodico... era definitivamente dimenticata quella vecchia storia, per altro falsa, del romanzo scritto in una gabbia di vetro. lnsomma il recordman della scrittura cedeva il passo al romanziere di primissima statura.
Tutto questo accadeva in un momento critico della vita privata di Simenon, la crisi con la moglie era al culmine (tanto che Denyse nell'aprile del '64 abbandonava definitivamente la famiglia Simenon e la villa di Epalinges).
Simenon aveva 60 anni, aveva sempre scritto, aveva dedicato la sua vita alla scrittura, aveva lottato contro tutto e tutti quelli che l'avrebbero voluto diverso. Questo era momento della sua vittoria definitiva. Era ormai unanimemente considerato un romanziere senza se e senza ma, proprio come aveva sognato sul quel treno che il 10 dicembre 1922 lo aveva portato da Liegi a Parigi per iniziare la grande avventura.

domenica 24 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - SOSTIENE TIGY...

"... adesso si tratta di far accettare a Fayard, la sua idea della collezione poliziesca Maigret, di cui propone la presentazione, la copertina e il prezzo di sei franchi."
E' Tigy, la prima moglie di Georges che racconta il retroscena della nascità editoriale del personaggio Maigret e lo fa con uno stile più stringato e asciutto di quello del marito. Quasi telegrafico. Lo troviamo nel libro Souvenirs curato per Gallimard dalla nipote Diane (figlia di Marc) che ha raccolto e ordinato anno per anno diari, riflessioni, ricordi.
Siamo nel 1930 ".... Fayard ha firmato il contratto, ma prevede un fallimento. Il fatto è che Georges ha preso degli acconti non da poco su dei romanzi popolari. Adesso Fayard vuole quelle copie da vendere per rientrare del denaro sborsato..."
Simenon era di avviso contrario e avrebbe vouluto saldare il debito con le rendite di Maigret. Ma forse perché non credeva che da quel commissario sarebbero arrivati dei guadagni e forse perchè era indisipettito per aver infine ceduto alla proposta di Simenon per quello strapalato detective, che sarebbe dovuto uscire addirittura una volta al mese... Insomma pretese dallo scrittore che portasse a termine il numero di romanzi popolari pattuiti. La cifra di cui si discute non sono  proprio bruscolini, si tratta di 30.000 euro. Il ragionamenento di Simenon è che un capitolo di Maigret sarebbe costato molto più di ventimila righe di un romanzo popolare e il rimborso per Fayrad sarebbe stato più rapido. Ma l'editore da quella parte non ci sentiva, non voleva pasticci: prima chiudere il conto con i popolari e poi aprire il capitolo Maigret.
Simenon era furioso.
"... partiamo per Concarneau. Villa Le Roches Blanches - è ancora Tiy che ricorda -  Venti pagine dattilografate al giorno é un record. Ma Georges se l'é legata a un dito..."
E' un lavoro massacrante quello cui si sottopone lo scrittore. Altre fonti parlano sempre del suo ritiro a Concarneau, ma sarebbe stata non una villa, ma una baracca nella vicina Finistère, dove avrebbe scritto durante i tre mesi di permanenza non venti, ma addirittura ottanta pagine ad una media di undici ore al giorno.
Di quel periodo Simenon racconta che comunque "... Maigret viveva in me e lo vedevo come un personaggio in carne ed ossa, conoscevo il suono  della sua voce...la sua fgura fino alla punte della scarpe.Mentre io scrivevo furiosamente, lui era lì che fumava la sua pipa aspettando. Avevamo fiducia tutti e due..."
Conclude Tigy descrivendo la festa del lancio.
"...una grande festa alla Boule Blache, una boite notturna a Montparnasse: Le Bal Antropométrique. Sala decorata da Paul Colin, Don e Vertès. La Parigi che conta è invitata tutta. E' un successo. All'entrata ciascuno deve compilare una vera scheda antropometrica. Damia (una star dell'epoca) firma con le sue labbra rosse. Georges Sim, che ha ripreso il suo nome di Simenon, scrive dediche a tutto spiano. Molti articoli sui giornali...".

sabato 23 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - CON DENYSE MEMOIRES A LUCI ROSSE

Simenon non ha peli sulla lingua. Almeno a quasi ottant'anni quando scriveva Mémoires intimes. Stiamo parlando  di sesso, soprattutto per quanto riguarda quello con Denyse.  Ecco come il romanziere descrive uno dei primissimi incontri in un albergo.
"... Nuda, era ancor più magra di quanto avessi immaginato. Aveva i seni da ragazzina e una larga cicatrice rosso vivo le attraversava i ventre.
Mi gettai su di lei e l'avevo appena penetrata che già gemeva e tremava tutta. Il gemito divenne grido e probabilmente lo sentirono anche nella camera vicina. Alla fine scossa da un spasmo stalunò gli occhi tanto che ne vidi solo il bianco e mi spaventai.
Avevo consociuto molte donne e non ne avevo mai visto una godere così. Per un attimo mi domandai se fosse tutto vero, e non avevo torto  a dubitarne percché mi ci vollero più di sei mesi prima di sentirla godere realmente..."
Quella che diventerà la seconda M.me Simenon è molto diversa dalla prima, e già dai loro primi incontri lei cerca di impressionare Simenon con quei suoi contorcimenti, ma il suo interesse per il sesso era vreale e su un livello completamente diverso rispetto a quello di Tigy.
Ma vediamo dell'altro. Ad esempio quando Simenon ci descrive il viaggio a Cuba fatto nel '47.  
"...un pomeriggio io e D. decidemmo di fare una capatina in una delle tre case di appuntamenti. Chissà, forse abbiamo bevuto qualche daiquiri... fatto sta che D., perfettamente a suo agio, guarda con ammirazione una nera statutaria dal bellissimo corpo nudo.
-Perchè non sali in camera con lei?
_ Già, perchè no?
Ma non sapevo che D. sarebbe stata presente e che non si sarebbe accontentata di fare da spettattrice..."
Denys ha capito bemissimo che lasciare la briglia da quel lato al marito, anzi assecondarlo, era il modo migliore di tenerlo stretto a sè. Basta vedere anche quando sarà sua moglie il suo atteggiamento accondiscente nei confronti della relazione sessuale quotidiana che Simenon aveva con Boule.
La carica sessuale dei coniugi Simenon ha modo di estrinsecarsi anche in crociera. Stavolta siamo nel 1952 e si tratta di una contessina "bella bionda grassottella", dalla scollatura generosa e qualche bicchiere di troppo.
I primi approcci sono con Georges, ballano insieme, si strusciano sotto il tavolo e, a fine serata lo scrittore le dice:
"- Perché non viene a ragiungerci nella nostra cabina?
- Dice sul serio?
- Ma certo!...
A fine serata Simenon rivede Denyse cui racconta il flirt e lei chiede:
"- Devi rivederla?
- No. Pare che ci sia un marito. Comunque le ho detto che se ne ha voglia può venire da noi
- Credi che verrà?
Eccome se viene e fa persino un'entrata sensazionale. A passo di danza lascia cadere il vestito sotto il quale c'è solo il suo corpo roseo e tutto curve. Non  perdo tempo, la penetro e la faccio godere una, due volte, mentre D. si spoglia. Ma quando la contessa sente che anch'io sto per godere, mi respinge dolcemente:
- No! Qusto è per lei
D. è pronta ,
Ed è tutto...."

venerdì 22 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - UN RICCO SPENDACCIONE PER... NON ESSERE RICCO

Siamo nel 1931. L'era Maigret è appena iniziata, come pure quella della trasposizione delle sue storie sul grande schermo. Simenon continua a pubblicare ancora dei romanzi popolari, articoli per i quotidiani, racconti per i settimanali. Scrive tanto e guadagna tanto. In quell'anno, ad appena 28 anni, a dar fede alle cifre che giravano, lo scrittore avrebbe guadagnato circa 300.000 franchi. A sentire invece le sue dichiarazioni ai giornali, i suoi guadagni sarebbero stati addirittura il doppio.
Tre o seicentomila franchi fà certo la differenza, ma si tratta comunque di cifre decisamente ragguardevoli per chi, appena nove anni prima, era uno sconosciuto, arrivato a Parigi senza un soldo e solo con tante speranze.
D'altronde non si può dire che in quegli anni sia stato con le mani in mano. Sentiamo quello che dice lui stesso in proposito "... ho 28 anni. Fino all'anno scorso ho fatto un mestiere assai strano, nel senso che ho 'fabbricato' (é il termine letteralmente usato da Simenon) romanzi alla media di uno ogni tre giorni. Ovviamante si trattava di romanzi popolari, romanzi d'amore, d'avventura, racconti di tutti i tipi, pubblicati con una quindicina di pseudonimi differenti...".
Già, ovviamente era letteratura popolare, ma siamo comunque nell'ambito di una situazione più unica che rara. Era inevitabile che si parlasse già del fenomeno Simenon, dove il termine fenomeno non aveva sempre un'accezione positiva.
"... non ho fatto tutto questo per piacere. Non l'ho fatto nemmeno per necessità, volevo soltanto, prima di mettermi a scrivere più seriamente - spiega Simenon - guadagnare abbastanza per girare e conoscere il mondo in condizioni soddisfacenti...".
Insomma il denaro al servizio della sua priorità assoluta: la scrittura. Però va ricordato che già in questo periodo il suo trend di vita era già molto alto e dispendioso. Le cifre prima citate quindi non sono affatto improbabili. D'altronde il rapporto di Simenon con il denaro é sempre stato vario.
"... fin da quando ho iniziato ho voluto guadagnare denaro per liberarmi di certe inquietudini e soprattutto per non doverlo contare. Comprare senza sapere il prezzo. Vivere senza sapere quanto costa la vita. Era, già da bambino, il mio sogno, in una famiglia in cui invece lo si contava sempre dalla mattina alla sera...". In un primo tempo quindi lauti guadagni come antidoto a quella paura di tornare povero, quella sorta di sindrome del clochard che, per motivi diversi, ritroveremo poi nei suoi romanzi.
"... dicevo sempre che il denaro non é altro che l'uomo in conserva, perchè quel denaro rappresenta soprattutto tante ore di lavoro.. dei giorni, dei mesi di vite umane. E si dovrebbe rinchiudere in una cassaforte tutto questo che in fondo rappresenta la vita... Questo mi avrebbe fatto orrore. Al punto tale che spesso mi é successo di fare degli acquisti folli per ritrovarmi senza soldi ed essere costretto a lavorare. Mi fa orrore il sistema capitalistco. Credo sia odioso che il denaro frutti altro denaro...".
Simenon quindi anche anti-capitalista, ma ricco. La verità é che con tutta la sua attività, il suo talento e i suoi successi, tra vendite dei libri, cessioni di diritti al cinema, percentuali sulle traduzioni in tutto il mondo, c'era fiume di soldi prendeva la direzione di casa Simenon con una facilità impressionante.
Ma come abbiamo sentito, come facilmente entrava, altrettanto facilmente usciva.

giovedì 21 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MA QUESTO DETECTIVE NON SOMIGLIA A MAIGRET?

Abbiamo già parlato delle apparizioni in alcune storie di Simenon di un personaggio chiamato Maigret, ancora un prototipo del personaggio che assumerà, nel tempo e in diverse inchieste, alcune delle caratteristiche di quello definitivo, ovviamente ben prima che la serie ufficiale del commissario di Quai des Orfévres iniziasse. E lo abbiamo ricordato nel post del 07/09/2011 (Maigret prima di Maigret, dove troverete anche i rimandi ad altri due post essenziali: quello del 28/03/2011 "Nasce Maigret. La versione di Georges", e quello del 29/03/2011 "Nasce Maigret. Come é andata davvero").
Oggi invece ci occuperemo di un'altro aspetto. Cioè della creazione da parte di Simenon di alcuni personaggi, per lo più polizieschi, che ebbero una vita più o meno lunga (a volte durarono lo spazio di un romanzo breve), spesso molto diversi da Maigret, ma che presentavano anche una sola caratteristica che poi servirà a Simenon per costruire il carattere, la fisionomia, le inclinazioni e le idiosincrasie del commissario più famoso del mondo.
Tutto inizia da Yves Jarry, il tentativo di Simenon di creare un personaggio che fosse la versione poliziesca dell'allora famosissimo Arséne Lupin, il ladro gentiluomo che spopolava tra le lettrici, ma anche tra i lettori. La particolarità di Jarry, giovane, elegante, seduttore, cittadino del mondo, era quella di vivere diverse vite contemporaneamente. Ecco come lo descrive Simenon: "... parigino raffinato a Parigi, pescatore con gli zoccoli in Bretagna, contadino qui e piccolo-borghese lì..." E in che modo c'entra Maigret? "...e poi è arrivato Maigret che l'ha sostituito, e mi sono accorto che Maigret è una sorta di trasposizione di Jarry; anche lui vive un gran numero di vite. Ma è la vita degli altri ai quali, per un po', si sostituisce...".
E' così che nasce una delle caratteristiche salienti del commissario, quella di entrare nella pelle degli altri, per pensare come loro, per capirne la mentalità, per realizzare una sorta di indentificazione psicologica che lo porti a comprendere il meccanismo del delitto.
Sempre in un'avventura di Jarrry, L'amant sans nom (come Christian Brulls - Fayard - 1928) c'è un certo "ispettore n°49" che sembra proprio l'anteprima di Maigret.
"... era grosso e vigoroso, ma il suo volto non somigliava affatto all'idea che uno si fa di un detective. Non aveva nulla dell'eroe del romanzo poliziesco. La faccia era rotonda, un po' rossa, un viso da buon campagnolo. E i suoi occhi erano abbastanza ingenui...Camminando dondolava la testa come se parlasse continuamente con sé stesso... - é la descrizione di Simenon di questo  ispettore n°49 - ... un'aria spaesata, ma anche testarda e ostinata... " ...riempiva la sua pipa con la cura e la calma che metteva in tutte le sue cose, l'accendeva e si metteva a fumare, affumicando tutta la stanza...".
Altro poliziotto altro tratto. Qui si tratta dell'ispettore Jean Tavernier, fisicamente davvero differente dal commissario, ma usa quegli stessi metodi che sarebbero stati propri di Maigret. "...di solito qundo arrivava sul luogo del delitto, invece di impegnarsi nell'osservazione materiale, "aspirava" l'ambiente, come diceva lui stesso. I suoi colleghi lo prendevano in giro. Quando lo vedevano che andava e veniva dentro una casa con il naso per aria, dicevano: Eccolo che aspira!...".
E poi c'é Jackie  il poliziotto de Bandits de Chicago che aveva l'abitudine di ricostruire i pensieri dei criminali, pensando con il loro cervello.
Ma anche in Katia acrobate (Fayard 1931), dove per la prima volta appare un protagonista di un poliziesco con una moglie che per di più lo aiuta in una fase difficile dell'indagine.
Un'elaborazione complessa, insomma, forse a volte programmata per capire come funzionassero certi profili, ma magari a volte invece spontanea, imprevista, ma che costituiva poi sempre oggetto di riflessione. Così, uno strato alla volta, con un passo avanti e uno indietro, l'idea di un certo poliziotto, si faceva sempre più largo tra la schiera di protagonisti polizieschi che, quasi quotidianamente, Simenon metteva in scena.

mercoledì 20 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - SIMENON-FELLINI. ATTRAZIONE FATALE


 
Fellini e Simenon. Due personaggi diversi, con 17 anni di differenza, uno regista visionario, del sogno, dell'immaginario e l'altro romanziere legato alla realtà delle vicende quotidiane, degli uomini comuni. Il cineasta che trasfigura la vita, le persone, le vicende con la sua fantasia, mentre lo scrittore si lega alle storie concrete, ai piccoli drammi, a quei particolari realistici che caratterizzano l'esistenza delle persone qualunque. E poi il linguaggio. Ricco, ridondante, fastoso quello di Fellini, stringato, asciutto, sintetico quello di Simenon.
Così di primo acchitto sembra strana una tale attrazione tra due personaggi del genere, conosciutisi al Festival Internazionale del Cinema di Cannes nel 1960. Fellini 40 anni, Simenon 57, due uomini  professionalmente affermati che non solo si scoprono, ma scoprono un'ammirazione uno per l'altro che sconfina quasi nell'adulazione. Questo ce lo testimonia un libro di cui abbiamo parlato, costellato di epiteti enfatici e quasi adulatori con i quali uno si rivolgeva all'altro. (Carissmo Simenon, Mon cher Fellini" - Diogenes Verlag - 1997 in Simenon e Fellini. Caro, Carissimo amico, Carissimo grande amico).
Già nel loro epistolario c'è un crescendo di allocuzioni di stima, affetto, ammirazione, per le rispettive persone e per le opere. Ma come mai due artisti così diversi strinsero un'amicizia così fraterna, così stretta, riconoscendo nell'altro una sorte di nume tutelare da trattare con una malcelata suggestione e quasi con una certa forma di riverenza?
Ce la potremmo cavare dicendo che, come sostengono in molti, gli estremi si toccano e così avveniva tra la ridondanza di Fellini e l'essenzialità di Simenon. Oppure che fossero due personaggi con una faccia manifesta e una nascosta, e quindi il loro incontro faceva combaciare le loro caratteristiche.
Ma la prima ci pare troppo semplicistica e la seconda eccessivamente cervellotica.
Andiamo allora a vedere se il loro epistolario sia in grado di fornirci un'altra spiegazione.
Intanto partiamo dal processo creativo. Fellini dichiarava: "... prima di cominciare un film non ne so quasi niente. Cerco di creare una certa atmosfera, con un rituale ben preciso, come un prestigiatore... E' comunque come se il film esistesse già bell' e fatto al di fuori di me...".
Questa dichiarazione del regista italiano è particolarmente significativa. Vi ritroviamo una sorta di trance che lo trascina verso un percorso che lui stesso ignora. Non è praticamente la stessa situazione dell'état de roman che viveva Simenon, quandoanche lui iniziava a scrivere senza sapere come sarebbe andata a finire la storia? E poi troviamo parole e concetti ricorrenti nell'universo simenoniano come l'atmosfera, il rituale, una storia già precostituita, come già definito, fin dall'inizio, è il destino dei personaggi del romanziere.
Questa ci pare una base più solida che giustifica il loro particolare rapporto.
Simenon gli confida: "... non mi era mai successo ...Vedendo il suo 'Casanova' ho pianto... E' consapevole di aver creato un capolavoro?..."
E Fellini di rimando "... ho letto in questi giorni un tuo romanzo che non conoscevo, 'Le déménagement'. Viene voglia di applaudirti sempre, di scriverti, di dirti bravo e ancora bravo...".

E il romaziere: "... Caro Fellini, fratello, considerata la differenza di età, probabilmente dovrei chiamarla "figlio". Ma lei avrà capito che uso la parola "fratello in un altro senso..."
E il regista: "...Mio grande amico...grazie anche per 'Vento del nord e vento del sud' che ho letto la stessa notte con la gioiosa avidità con cui leggevo da ragazzo...".
E ancora Simenon: "... Caro gigantesco Fellini...ho potuto finalmente vedere 'La città delle donne'. Teresa ed io siamo usciti dal cinema inebetiti, camminando come ubriachi...Mai la sua opera ha avuto tanta profondità e potenza, né mai lo scarto tra lei e quelli che si definiscono suoi colleghi è stato così ampio..."
E ancora Fellini parlando di sé: "... il giovanottino diciassettenne che quarant'anni fa' in una sola notte aveva letto il 'Cane giallo', 'Il carrettiere della Provvidenza' e 'Gli impiccati di Saint-Pholien' si ammalò di una ammirazione sconfinata e che non doveva abbandonarlo mai più...".
E poi non va scordato che ne La Dolce Vita, che Simenon fece di tutto per far vincere in quel fatidico Festival di Cannes 1960, c'è la denuncia per quella classe alto-borghese, la sua vacuità, la sua maschera di perbenismo e i suoi vizi che tante volte Simenon ha denunciato nei suoi romanzi.
Ecco che allora qualche spiraglio si apre e certe affinità insieme a certe complementarietà iniziano a spiegare quell'attrazione intellettuale, ma anche umana, che i due geni sentivano uno per l'altro.

martedì 19 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - I SUOI ROMANZI "VAMPIRIZZATI" DA MAIGRET?

L'été meurtrier è il titolo di un articolo apparso qualche tempo fa' sulle pagine de Le Figaro (a firma J.Christophe Buisson) in cui, consigliando delle letture gialle per l'estate, non può non citare Simenon. Ma invece di scegliere, come sarebbe stato prevedibile, dei titoli delle inchieste di Maigret, Buisson va controcorrente e indica i romanzi di Simenon. Ed esplicita chiaramente questa sua opinione. "...Maigret ha la tendenza, ancora oggi, a vampirizzare Simenon...".
La sua teoria è intrigante, in quanto sarebbe stato anche il cinema a "salvare"  da questa cannibalizzazione i romans-durs. Non che sul grande schermo non siano apparse traposizioni di inchieste di Maigret, ma sono proprio i tanti film tratti dai romanzi ad averci ricordato "... la ricchezza e l'ampio respiro di un'opera di livello europeo...".
E nel sostenere questo, arriva a dire che negli anni '30 Maigret cerca di rinchiuderlo nella gabbia dorata del racconto poliziesco, quando Simenon, fin da quando si cimentava con la letteratura popolare, aspirava invece a scrivere romanzi con la "r" maiuscola.
Adesso questo è un po' il rivolto di ormai annose domande: Ma quanto sono diversi i Maigret dai romanzi, se sono diversi? O sono diversi solo perchè appartengno a due generi letterari diversi?  
I lettori che ci seguono da tempo sanno che abbiamo trattato gà questi argomenti (v. Simenon. Ma che tipo di romanzo? , oppure Simenon. Letteratura alta o bassa?  o anche  Prove dei romans-durs nei romanzi popolari ).
E sanno anche qual'è la nostra posizione che sintetizziamo qui rapidamente.
Aldilà della prima serie (la ventina di titoli per Fayard, tanto per intenderci) in cui anche Simenon volle "tenere le distanze" tra le inchieste di Maigret e i primi romans-dur che pubblicava (Le Relais d'Alsace, Les Pitards, La Maison du canal Les Fiançailles de M.Hire per citare solo qualche titolo tra il1931 e il 1933). A trent'anni ci teneva davvero a conquistarsi la propria reputazione di romanziere. Poi, pian piano, nella maturità e ancor più verso la fine, la differenza tra le scelte in fatto di scrittura, di temi trattati, l'approccio ai personaggi, l'analisi dell'ambiente in cui si svolge la vicenda e l'introspezione psicologica, tra i romanzi e i Maigret si assottigliano al punto di far dichiarare allo stesso Simenon che certe inchieste del commissario in fondo sarebbero potute essere dei romanzi.
Rimane il vincolo della serialità che pone allo scrittore alcune limitazioni, alcuni "obblighi" da cui non è possibile derogare. Ma al netto di ciò, era sempre lui che con la sua sensibilità, la sua creatività metteva a confronto il proprio commissario con personaggi, con situazioni, mentalità e vicende che, a nostro avviso, presentano un continuum con quelli dei romanzi e con questi si integrano, mostrandoci non due Simenon uno opposto all'altro, ma complementari come i due profili di uno stesso volto.

lunedì 18 agosto 2014

"SIMENON SOUVENIR" - TENGO FAMIGLIA... ANZI DUE... ANZI...


Da destra, Denyse, Marie-Jo, Johnny, Marc e Georges in piedi
La famiglia per Simenon ha sempre avuto una importanza rilevante. Sia nella vita che nei romanzi.  Che si trattasse della sua famiglia di provenienza che di quelle che avrebbe poi costruito nel corso della sua esistenza. Non sempre un elemento positivo, ma sempre molto coivolgente.
Iniziamo da quella d'origine. Désirè Simenon, il padre ventiseenne quando il 13 febbraio 1903 nacque  Georges, per la precisione Georges Joseph Christian. Henriette Brull, moglie di Désireè, divenne sua madre a ventitre anni.  Il suo unico fratello Christian Maurice Joseph nacque tre anni dopo di lui. Era una famiglia modesta, il padre impiegato in una società di assicurazioni. La madre casalinga. Lui, un uomo tranquillo, contento di quello che aveva, senza grandi aspirazioni (tanto da rifutare un posto di responsabilità, ma anche di rischio, nel nuovo redditizio ramo polizze-vita della ditta). Lei invece veniva da una famiglia con alcuni esponenti importanti e altri anche ricchi, teneva molto al decoro, ai giudizi della gente, anche se poi doveva spaccava i centesimi in quattro per andare avanti.
Tra la madre e Georges, non ci fu mai un buon rapporto. Il cocco di mamma era Christian. D'altronde Georges stravedeva per il padre e quando si ammalò, smise di lavorare e poi morì nel '21 fu davvero un duro colpo per lui. La madre non perdeva occasione per manifestargli la sua preferenza per il fratello. E chissà che nella decisione del 1922 di lasciare Liegi, il suo lavoro di giornalista, non abbia pesato anche la scomparsa del padre?
Régine Renchon, detta Tigy, e Georges
Prima di partire per Parigi, Simenon si era gia fidanzato con Régine Renchon che infatti sposerà nel 1923. Qui inizia la sua seconda famiglia. La moglie, belga, di buona famiglia, pittrice, lo segue di buon grado nella Ville Lumiére, pur essendo conscia che nei primi tempi avrebbero letteralmente fatto la fame. Nei loro piani iniziali non era previsto un figlio, era un'intenzione ben esplicitata prima del matrimono. E così prima di completare la famiglia con un erede passarono sedici anni. Infatti Marc nasce il 19 aprile 1939. Con loro, va però detto, che fin dal 1925 vive con loro una giovane femme de chambre, Henriette Liberge, conosciuta in Normandia, subito soprannominata da Georges, "Boule". E non  possiamo considerarla fuori dalla famiglia visto che rimarrà con i Simenon, prima con Georges, poi con la famiglia del figlio Marc, fino alla fine degli anni '60. Con lei Simenon ebbe anche un'intesa non solo contraddistinta da un'attività sessuale praticamente quotidiana, ci fu certo dell'affetto, forse anche del sentimento. La risposta è in alcune lettere  di Simenon, ma che furono distrutte per volere della stessa Boule, alla sua morte.
Terza famiglia. Ormai Simenon si è trasferito in America. Conosce la seconda moglie Denyse, venticinquenne, canadese del Quebec, a New York nel 1945 ed entra in casa Simenon come segretaria particolare dello scrittore. Nel 1950 il matrimonio, ma intanto avevano già avuto un figlio, Johnny, il 29 settembre del 1949. L'unica figlia dello scrittore, Marie-Jo, arrivò nel 23 febbraio 1953, anche lei "americana". Il terzo, Pierre Nicolas, nacque il 26 maggio 1959 quando i Simenon, tornati in Europa, e si erano stabiliti in Svizzera, nei pressi di Losanna. A questo nucleo manca Teresa Sburelin, friulana, una femme de chambre personalmente consigliata a Simenon dal suo editore italiano, Arnoldo Mondadori con cui lo scrittore aveva una vecchia amicizia, risalente agli anni '30. Era la fine del 1961 quando prense servizio. Con la Boule furono subito scintille, che dopo poco fece fagotto, per poi sistemarsi, come abbiamo detto, nella famiglia di Marc Simenon. La casa dello scrittore si va svuotando. La moglie, con cui il rapporto dal ritorno dall'America, è sempre più in crisi, viene peggiorato dal precario equilibrio mentale di lei, dalle sue gravi nevrosi e dal suo alcolosmo. Nel '64 lascia definitivamente la famiglia.
Georges Simenon e Teresa Sburelin
Il figlio Marc è con la propria famiglia a Parigi a fare il regista. Johnny invece è negli Stati Uniti a studiare giurisprudenza. Marie-Jo, cerca con difficoltà la sua strada e il suo equilibrio a Parigi.
Georges, Pierre Nicolas e Teresa è quello che rimane della  terza famiglia. Lei da femme de chambre è definitivamente diventata la sua compagna ufficiale, colei che lo assisterà premurosamente fino alla morte.
Febbraio 1974. 12, rue de Figuiers, sono ormai rimasti solo Georges e Teresa, una piccola casa, con un piccolo giardino, una vita da piccoli borghesi,  una piccola famiglia dove lui ormai vecchio e un po' malandato si sente sicuro e felice di poche piccole cose. E' la sua utima famiglia.

domenica 17 agosto 2014

"SIMENON SUOVENIR" - DENYSE E LA VENDETTA NERO SU BIANCO

Abbiamo più volte parlato delle conseguenze della separazione tra Georges e Denyse, la sua seconda moglie. E una di queste è una vendetta che la donna decise di prendersi nei confronti dell'ex-marito. Volle infatti scrivere un libro, Un oiseau pour le chat (edizioni Simoen - 1978) per poter  raccontare la sua versione e per far conoscere a tutti "il mostro" che lei riteneva fosse il marito e tutte le vessazioni che avrebbe dovuto sopportare. Ci racconta di un grande scrittore ma di un piccolo uomo, dei suoi disturbi psicologici, della sua immoralità, della sua mania di distruzione. E lei, che aveva dovuto sopportare tutto questo, si definisce una moglie ingannata, distrutta e sconfitta. 
Ma fino a che punto queste accuse sono vere? Certo vivere accanto a Simenon doveva essere impegnativo. Ma Denyse soffriva anche di una sorta di complesso d'inferiorità che si manifestava soprattutto nella vita pubblica. Simenon era famoso, accolto di solito con tutti gli onori, oggetto di manifestazioni di stima da parte degli ambienti letterari, ma anche di simpatia dagli ambiti popolari. Mentre lei in tali situazioni rimaneva ovviamente in secondo piano. A quel punto si era innescato nella sua mente un meccanismo di competizione con Georges che la spingeva ad adottare ogni tipo di comportamento pur di attrarre l'attenzione anche su di sé.
Eppure per molti anni la loro relazione aveva funzionato. All'inizio Simenon aveva addirittura confessato che con lei aveva scoperto l'amore travolgente e non solo la passione. E per questo aveva accettato la separazione definitiva dalla prima moglie (anche se con Tigy il matrimonio era di fatto finito da un bel po'), tollerava la progressiva ingerenza di Denyse nella parte amministrativa e contrattuale del proprio lavoro, le delegava la completa gestione della famiglia. Lei si era davvero innamorata di quell'uomo che l'aveva affascinata. Lei venticinquenne canadese di Ottawa, lui, poco più che quarantenne, scrittore già famoso, che veniva da Parigi, la quale negli anni '20 e '30 era considerata la capitale mondiale della cultura.
Eppure, soprattuto al loro rientro in Europa, il loro rapporto andò progressivamente deteriorandosi. Il libro di Denyse però non chiarisce i motivi e appare costellato da veri e propri sfoghi, un po' troppo di parte per sembrare obiettivi e credibili. 
Ma per capire è fatto ricorso anche alle interpretazioni di esperti, come lo psichiatra Armand Mergen, professore di criminologia presso la Johannes Gutenberg University di Mainz. Fu anzi lo stesso Simenon che gli sottopose il libro per un valutazione professionale e distaccata.
"... Conosco Georges ma non Denyse. Non ho fatto quindi una diagnosi psichiatrica della persona. Ho fatto l'analisi di un personaggio di un libro.... Direi un libro molto "Maigret", perché non si scopre una coppia, ma due donne e tre uomini... Perché c'è il Georges uomo, il Simenon scrittore e il Jo amante (i tre uomini). Poiché troviamo Denyse, la donna reale (la prima), e Denise (la seconda) la donna che racconta solo ciò che ritiene utile per il suo ritratto di vittima innocente. Fin dall'inizio, si dimostra possessiva. Vorrebbe che l'uomo che ha amato fosse nato al momento della loro conoscenza. Siccome, sia Georges che Maigret le pre-esistevano, non le sono congeniali, perché il loro passato non può appartenerle. Allora lei li cancella e costruisce in sostituzione Jo, il suo amore.... Denyse, scrive: "Il primo romanzo dopo il nostro incontro era Maigret a New York. Dopo averlo letto, ho avuto l'idea di apparire come la moglie del celebre commissario...".
E spiega l'analisi di Mergen. "...Ma ciò era impossibile. Denyse era davvero l'amante di Jo, ma non poteva essere la moglie di Maigret. Il Simenon scrittore divenne gradualmente il suo trauma, perché lui era anche Maigret e allo stesso tempo Jo. Denise era legata a Jo da un amore appassionato e sensuale, ma c'era anche Simenon lo scrittore geniale che sapeva lavorare duro e c'era anche Maigret sua parte integrante, intoccabile. Denyse scopre che non può essere sia di Madame Maigret, collaboratrice di Simenon, e l'amante padrona di Jo...".
Teoria interessante quella dello psichiatra tedesco. Ma qualsiasi possa essere l'interpretazione del libro, non ci pare che contribuisca in modo determinante a spiegare la degenerazione del rapporto della coppia. I questi casi, dice la saggezza popolare, i guai si combinano sempre in due. Le colpe sono da entrambe le parti semmai il difficile è capire dove finiscono quelle dell'uno e iniziano quelle dell'altro. Nel caso di Georges e Denyse c'è da considere l'impatto sulla coppia dell'impegno creativo e del suo ritmo da parte di Simenon e dall'altro le nevrosi e l'instabilità mentale di Denyse, peggiorate da un grave alcoolismo.
Il libro, non ebbe sucesso, anche se fece rumore soprattutto sui periodici che si occupavano di quello che oggi chiamiamo gossip. La curiosità di sapere tutto sulla vendetta (sia pure letteraria) della moglie di un personaggio famoso era, allora come oggi, un boccone che certa stampa non si faceva certo scappare. Ma l'opera non aggiunge nulla alla figura e alla conoscenza di Simenon