lunedì 13 febbraio 2012

SIMENON E MILLER: RELIGIONE O SESSO? O... RELIGIONE DEL SESSO?

Amici. Sì, per quanto differenti, Georges Simenon ed Henry Miller erano amici. Si erano conosciuti in occasione della permanenza americana del primo. Il loro primo approccio era stato epistolare: Miller il primo a scrivere. Poi si erano visti in America, poi in occasione del Festival del Cinema di Cannes del 1960 (dove Simenon era presidente della giuria e Miller giurato) e poi in Svizzera nel castello di Echandens, anche insieme al comune amico Charlie Chaplin.
Ma come successe con Fellini, anche con Miller fu soprattutto un'intenso scambio epistolare.
Dicevamo che il primo contatto fu la lettera di Miller, la scrisse dopo aver letto Lettre a mon juge (1946) e in cui esprime la sua ammirazione: "...per noi americani che vi stiamo scoprendo grazie alle traduzioni, siete come una nuova stella che è spuntata all'orizzonte. Assolutamente unico tra gli atori di grande successo tra il pubblico... c'è una tenerezza in voi che non ritrovo abitualmente negli scrittori francesi. Sarà il vostro essere belga?.... ".
Lo scrittore americano aveva vissuto una quindicina d'anni a Parigi fino al '40 quando rientrò negli Usa per stabilirsi in California. E con Simenon, che allora era in America, ricordavano con nostalgia la vita e l'effervescenza intellettuale della capitale francese, come pure i suoi bistrot, la sua vita notturna e le donne e le compagnie eccellenti.
Mentre Miller è un accanito lettore dei romanzi di Simenon, altrettanto non si può dire del nostro romanziere  che aveva sì letto il Tropico del Cancro (1934), rimanendone impressionato, ma quando concordarono un scambio di libri e si vide arrivare un'intera collezione dell'opera milleriana... beh.... Simenon non riusciva ad appassionarsi agli altri scrittori, anche queli che lo stimavano... era successo addirittura con Andrè Gide affascinato dal talento di Simenon, il quale però non riusciva a leggere le opere del "maestro", come pure lo definiva. D'altronde il modo di scrivere e di concepire un romanzo di Miller era lontano anni luce da quelli dell'amico europeo. Ma avevano alcuni tratti in comune, come ad esempio il fatto di detestare l'establishment letterario, oppure l'approccio alla religione e al sesso. La studiosa Anne Richter lì defini "religiosi senza religione", piuttosto erano entrambe affamati della vita, erano dei bulimici sessuali. Ma tutti e due non riuscivano a vedere contrapposti due concetti come quello di Dio e del sesso, che invece percepivano come necessari e innati.
A tale proposito Miller ricorda le lunghe chiacchierate fatte ad Echandens sul sesso e puntualizza "... Invece di parlare di Dio, parlo di sesso. Il sesso in un certo senso sostituisce Dio... questo può apparire sacrilego, ma non è così che va considerato. Perchè ero allo stesso tempo anche un uomo religioso....Non ho mai perduto questo senso...".
Anche per Simenon, e ne abbiamo conferma in molti suoi romanzi, la sensualità pura è sinonimo di innocenza e di purezza. E d'altronde il corpo è devvero importante nella visione simenoniana, senza corpo l'uomo non è tale e la purezza non passa certo attraverso la negazione del piacere, ma al contrario per il suo viverla nella più totale pienezza.
Qui potete leggere un brano dell'articolo di Miller pubblicato su Candide nel maggio del '61, durante una delle sue visite a casa di Simenon nel castello di Echandens  >>>

domenica 12 febbraio 2012

LE COPERTINE "QUADRI" DI PINTER IN MOSTRA A TORINO

Vi abbiamo già parlato delle iniziative editoriali della Little Nemo (Torino) per i tipi della quale Santo Alligo ha curato il cofanetto con i tre volumi che racchiudono il lavoro di illustratore del grande Ferenc Pintér per la Mondadori. E, in un'intero volume (Tutti i Maigret di Pinter), sono raccolte le splendide copertine di innumerevoli titoli di Simenon che l'impareggiabile artista che firmò
Il post in cui ve ne abbiamo parlato è recente (Simenon, Maigret "raccontato" da Pinter) e vi fornivano anche le coordinate per acquistare sia il libro singolarmente che il confanetto, ordinandoli on-line.
Oggi vi anticipiamo che ci sarà la presentazione di questa iniziativa editoriale, cui va il nostro plauso, che si svolgerà a Torino il prossimo sabato 18 febbraio, presso la Galleria Little Nemo in via Ozanam, 7 alle ore 18.00, cui partecipareanno oltre Alligo, anche Antonio Pintér, Vittore Armanni e Stefano Salis.
Non solo. Infatti nella stessa sede, dal 21 febbraio al 3 marzo, si svolgerà la mostra "La Pittura Grafica di Ferenc Pintér" con l'esposizione di ben cento opere dell'artista.
Assolutamente da non perdere.
• Per avere un'idea del lavoro di Pinter, andate a guardare la Galleria delle copertine di Maigret (cliccare sull'immagine per ingrandire le copertine)

sabato 11 febbraio 2012

SIMENON. L'ULTIMO ROMANZO... FU UN MAIGRET

Come sarebbe stato il romanzo Victor?
Epalinges-Losanna (Svizzera) - 11 febbraio 1972 - In quel giorno Simenon andava concludendo, nello studio privato della sua grande villa, la stesura della sua 102a inchiesta (tra romanzi e racconti) del commissario Jules Maigret. Titolo: Maigret et monsieur Charles.  Il libro sarebbe poi uscito verso fine luglio dello stesso anno, come al solito, per i tipi di Presse de La Cité.
Come avrebbe detto Simenon stesso, stava per "passare la linea", ma non lo sapeva.
Quella per lui fu una data fondamentale, la fine della sua carriera di romanziere.
Infatti circa tre mesi dopo, a settembre, compiuti i consueti riti preparatori, si dedicò alla stesura di un nuovo romanzo. Aveva già in mente il protagonista, gli aveva trovato un nome che avrebbe funzionato anche come titolo del romanzo: Victor.
Solo che, alla fine della giornata, non era riuscito a scrivere una riga e nemmeno a buttare giù tutti gli appunti preparatori che di consueto scriveva sulle famose buste gialle. Niente.
Mancava quella trance creativa che lui chiamava état de roman? Era un momento di sovraffaticamento? Lo avevano colpito particolari stress emotivi? C'era qualche problema particolare che lo assillava?
A queste domande dobbiamo rispondere no. Il legame con la moglie si era ormai definitavamente troncato, con la partenza di Denyse otto anni prima.  La madre, con cui aveva avuto un conflitto perenne, era morta ormai da due anni. I figli più o meno sistemati, Marc, con la sua famiglia e la sua attività di cineasta, Johnny negli Stati Uniti a studiare legge, Pierre tredicenne andava ancora a scuola. Le uniche preoccupazioni venivano da Marie-Jo, che a Parigi non trovava la sua strada e sprattutto il suo equilibrio mentale. Ma non era un problema nuovo, bensì una situazione critica di cui da tempo Simenon era ben cosciente. E, se vogliamo, la presenza di Teresa, sua nuova compagna, invece lo riempiva di serenità e di sicurezza.
Insomma possiamo fare delle ipotesi, ma un problema evidente e scatenante non possiamo citarlo...
L'indomani aspettò inutilmente quel déclic che faceva scattare il meccanismo, come era stato per centinaia di volte. Ma non successe nulla. A Teresa disse "... se anche domani mi troverò in questa condizione, potrò annunciarti che smetterò di scrivere...". E così fu.

Il  fatto è che Simenon non provò nemmeno, almeno così sembra accertato, a rimandare. Magari alla settimana successiva. Non pensò nemmeno di fare una pausa di qualche mese e attendere l'ispirazione per un altro romanzo.

La decisione di smettere di scrivere  fu come dettata dalla consapevolezza che il suo meccanismo di trance creativa non avrebbe funzionato più. Perchè? Su questo evidentemente Simenon non si fece domande, come non se lo era chiesto per tutti gli anni in cui aveva seguito quell'état de romance che gli dava l'ispirazione, che lo portava a scrivere, che lo guidava senza fargli sapere dove il romanzo sarebbe andato a parare. Era stato il suo modo più spontaneo di scrivere per quasi quarant'anni, un modo istintivo e, come sottolineava spesso Simenon, onesto nei confronti dei lettore. Scriveva solo quello che sentiva veramente, null'altro, niente di di artificioso o di costruito.
Anni dopo quella scelta, spiegò che volendo avrebbe potuto continuare a scrivere Maigret o romanzi "alla Simenon". Dopo centinaia di volte, aveva di certo il mestiere, l'esperienza e la capacità necessari per mettere insieme delle opere, con temi, stile, linguaggio, atmosfere tipicamente "simenoniani" e di cui forse nessuno avrebbe colto la differenza con i precedenti.  Ma, affermava, non sarebbe stato spontaneo e soprattutto non sarebbe stato onesto con i propri lettori.
In definitiva smise di scrivere, o meglio di scrivere romanzi.  Per la precisione infatti va detto che (aldilà dei "Dictées" che erano delle "sbobinature" delle sue registrazioni su nastro magnetico) materialmente scrisse solo due libri: Lettre à ma mére (1974) e Mémoires intimes (1981), due opere a fortissima connotazione autobiografica, di grande interesse, ma non certo romanzi, come per decenni Simenon ci aveva abituato.
Precismnte quarant'anni fa la sua macchina da scrivere tacque. Il suo état de roman fu solo un ricordo. La scrittura, suo vero motivo di vita, perse senso. E infatti questo "passaggio della linea" si manifestò con una svolta globale. Lasciò la sua gran villa di Epalinges per un modesto appartamento all'ottavo piano di un condominio di Losanna. Rinunciò ai suoi libri, alle sue autovetture, ai suoi quadri di valore, alla servitù. Con poche essenziali effetti personali  entrò con Teresa in una fase della vita che lo portò ad essere, secondo una sua espressione, "un homme comme les autres", come moltissimi protagonisti dei suoi romanzi.

venerdì 10 febbraio 2012

SIMENON FA' LA MORALE ALLA... POLIZIA

Il video che vi proponiamo questa volta è anch'esso tratto dagli archivi dell'I.N.A. e riguarda una intervista realizzata per la televisione francese da Roger Stéphane, che tratta il delicato tema della concezione della morale tra le forze dell'ordine. Nel video Simenon, partendo da Maigret e parlando in generale della polizia, afferma che loro non seguono nessuna morale, ma solamente la legge, addentrandosi poi sul diverso approccio che della morale hanno i poliziotti e i giudici e infine sull'evoluzione del concetto di morale. Si tratta di circa un paio di minuti, di un'intervista registrata nel 1963, ma il cui tema è ancora di grande attualità

                                                                                              VAI AL VIDEO >>>

mercoledì 8 febbraio 2012

SIMENON. LA DOLCE MORTE

Il tema dell'eutanasia scuote tutt'oggi il dibattito delle coscienze tra chi appoggia posizioni antagoniste. Da un parte si rivendica l'autodeterminazione dell'individuo che, lucido e consapevole, può decidere per l'eutanasia nel caso dovesse cadere in stato vegetativo o vittima di dolori terminali insopportabili. Dall'altra chi sostiene invece, per convinzioni religiose o etiche, che la natura o una divina volontà superiore va rispettata e la vita debba fare il suo corso costi quel che costi, al malato e a chi gli è vicino.
Parliamo di questo perchè Simenon aveva un'opinione precisa e netta su questo argomento, tanto da parlarne in un 'intervista del novembre 1981. Ecco un'estratto dell'articolo apparso su Paris Match a firma del giornalista Paul Giannoli.
"...il giorno in cui mi sentirò così male al punto di costituire non solo un peso per gli altri, ma di divenire insopportabile a mé stesso, sono  certo, perché glielo ho chiesto, che Teresa mi farà l'iniezione necessaria, con molta gentilezza, abbracciandomi e così tutto sarà finito....".
Il tema è da prendere  con le molle. Lo stesso scrittore negli ultimi anni della sua vita, dopo aver sopportato drammi affettivi (il suicidio della figlia Marie-Jo) e problemi fisici (l'operazione alla prostata nel'77 e quella al cervello dell'84 e infine la semi-paralisi che lo costrinse nell'ultimo anno su una carrozzella), non era che il pallido ricordo del brillante romanziere cittadino del mondo. La sua memoria è intermittente, anche la sua lucidità ormai e ridotta a sprazzi saltuari.
Chi l'ha visto in quel periodo racconta di una parte paralizzata, gamba e braccio immobili, la mano rattrappita e una guancia gonfia. Ormai ascolta solamente, non parla quasi più. Però non smette di fumare... è Teresa che gli riempe la pipa, l'accende e gliela mette in bocca. Teresa, la sola che capisca con un'occhiata le sue esigenze, Teresa che è ormai il suo tramite con la gente e con il mondo.
La siringa, di cui lui aveva parlato nell'intervista, Teresa non la usò e forse non ci pensò nemmeno mai.
Lei era troppo importante per lui. Simenon disse ai figli, come riferisce Pierre-Nicholas " ...Senza lei, sarei morto. Ho un fucile sotto il letto, l'avrei utilizzato...".
E invece morì nel suo letto, mano nella mano con Teresa, dicendole "...Alla fine, vado a riposarmi...". Erano le 3.30 del 4 settembre 1989.

lunedì 6 febbraio 2012

SIMENON. I LETTORI DI MAIGRET... ANCHE QUELLI "ELETTRONICI"

Nel post di ieri  avevamo riportato un intervista in cui Simenon parlava anche dell'età dei suoi lettori. In un dichiarazione  alla stampa, Giorgio Pinotti, della casa editrice Adelphi (l'editore italiano di tutti i Simenon), ha oggi dichiarato "... Simenon è uno dei nostri autori di punta. Negli anni la popolarità del commissario è cresciuta, soprattutto tra i più giovani, tanto che ora l’età media dei suoi lettori è di 35 anni. Anche per questo motivo abbiamo deciso di pubblicare le inchieste in e-book...”, a proposito del successo nel mercato dell'editoria digitale delle prime quattro uscite delle inchieste del commissario (come avevamo ampiamente riportato sul nostro post del 31 gennaio Simenon. Cambia tutto, ma Maigret fa sempre centro ).
Che fosse un loro autore di punta (se non addirittura l'autore) non avevamo dubbi. Che potesse essere così popolare da attrarre anche un pubblico particolare come quello degli ebook anche è un fatto che non ci stupisce più di tanto. Dobbiamo ancora una volta sottolineare che, nella sua vita, questo seriale, come forse nessun altro (e soprattutto all'epoca), si pone a cavallo tra la lettratura di genere e il romanzo tout court. Le trame sono sovente più profonde e articolate di quanto potrebbero sembrare ad un primo impatto. I personaggi non sono né stereotipati né schematici. Anche i pochi tratti che Simenon riserva alla loro descrizione sono quelli giusti e sufficienti a conferire alla figura da un parte quasi una tridimensionalità e, per altro verso, quell'umanità che ce la rende vicina. I temi tratti non sono banali, ma spesso intrecciano le problematiche come il destino dell'uomo e del suo rapporto con i male e il bene. Anche lo stile e il linguaggio dei Maigret si assimilano sempre più a quelli dei romanzi e soprattutto lo scarno vocabolario che Simenon dichiarava di usare (non più di duemila parole) è praticamente analogo.
E questo è evidentemente un altro argomento che spiega la popolarità della serie. Come più volte è stato detto il grande pubblico dei Maigret non è certo tutto composto da giallisti accaniti. La trama gialla, che pure c'è e costituisce una spina dorsale essenziale, spartisce la ribalta con gli altri elementi succitati e finisce per interessare una platea di lettori che oltrepassa lo zoccolo duro di appassionati di gialli, noir o, per dirla alla francese, di polar.

domenica 5 febbraio 2012

SIMENON CI RACCONTA CHI SONO I SUOI LETTORI

A cercare si fanno dei giri che ti portano in giro per il mondo e poi ti riportano a casa. E così, cercando tra le interviste rilasciate da Simenon, ci siamo imbattutti quella concessa al giornalista Roberto Gervaso, (per il Corriere della Sera?), poi raccolte con altre in un libro, La mosca al naso - Interviste famose (Rizzoli - 1980). Traccia di questa, l'abbiamo scoperta in un blog brasiliano, Perspectiva, che riporta l'intervista, in portoghese, tratta dalla rivisa Oitenta che la pubblicò nel 1984 e ripresa poi nel settembre del 2009 dal suddetto blog.
Si tratta, come nello stile di Gervaso, di una serie secca di botta e risposta. Qui riportiamo un estratto in cui il giornalista chiede a Simenon chi fossero i propri lettori. 

Gervaso - Dove ha più lettori? 
Simenon - Negli Stati Uniti e in Unione Sovietica. 
Gervaso - Più donne o più uomini? 
Simenon - Prendendo come riferimento le lettere che ricevo, sono metà e metà.
Gervaso - Cosa dicono le donne in queste lettere? 
Simenon - Si confidano e chiedono consigli.
Gervaso - E gli uomini? 
Simenon - Mi scrivono dei loro problemi. Soprattutto, quelli medici e quelli psichiatrici. 
Gervaso - I suoi libri sono più letti dai giovani o dai meno giovani? 
Simenon - Sono lettori dai tredici agli ottanta anni. 
Gervaso - Più intellettuali o più uomini qualunque? 
Simenon - Sia questi che quelli.

Può stupire che negli anni '80 Simenon vedesse come i suoi migliori mercati gli Stati Uniti e l'allora Urss. Non cita né i paesi europei, né l'Europa come continente che pure dovevano essere plausibilmente i bacini del suo zoccolo duro di lettori. Ma non dimentichiamoci che Simenon è stato tradotto in oltre trenta lingue e che lo scrittore stesso si chiedeva come culture così diverse dalla sua potessero apprezzare i suoi romanzi. Certo, le storie che lui racconta spesso non sono ambientate in  un luogo specifico e risultano poco contestualizzate. Ma la riposta vera va cercata nell'universalità che si trova nelle sue creazioni. Il famoso "uomo nudo", che lui andava cercando è l'uomo con le sue pulsioni primarie che vive in ogni parte del mondo. E anche lettori lontanti dalla cultura francese forse finiscono per ritrovarsi nei suoi personaggi.

sabato 4 febbraio 2012

SIMENON, PARLACI DI TUA MADRE

Il rapporto tra lo scrittore e sua madre è sempre stato assai problematico come abbiamo descritto in particolare nel nostro recente post del 14 gennaio Simenon. Una madre lontana... una lettera tardiva. Quest'oggi vogliamo proporvi in proposito una interessante intervista realizzata nel 1975 dalla giornalista Catherine Charbon nel programma televisivo la Voix au chapitre, per l'emittente svizzera e che ora è messo on-line dal sito dell'archiovio della stessa RTS. E' una chiacchierata in cui Simenon  commenta anche il suo romanzo Lettre a ma mére (1974). Si tratta di oltre 13 minuti di conversazione, ovviamamente tutti in francese. Cliccate qui per vedere Simenon e sua madre

venerdì 3 febbraio 2012

SIMENON. QUANTO PUO' ESSERE NOIR LA NEVE?

Sarà per la suggestione della neve, che in questi giorni sta coprendo l'Italia, capitale compresa, che ci torna alla mente il titolo di uno dei più duri e neri romanzi di Simenon, La Neige était sale, appunto. Scritto a Tucson (Arizona) nel '48  a ridosso della morte del fratello. E i paralleli con la scomparsa di Christian sono più d'uno. Intanto lo scenario è quello della seconda guerra mondiale, analogo a quello in cui il fratello stava combattendo in Indocina con la Legione Straniera. Ma il protagonista non è un soldato, è un figlio viziato di una tenutaria di un bordello. Eroe negativo per eccellenza che, giovanissimo senza legami, crede che uccidere per sfida farà di lui un uomo. Poi si troverà ad uccidere per necessità. E' uno dei romanzi più neri, e duri che Simenon abbia mai scritto. Ma anche qui c'è l'esperienza personale. Dicevamo prima del fratello morto combattendo "per le necessità in una guerra". Ma si trovava lì perchè il fratello scrittore lo aveva fatto fuggire dal Belgio, dove rischiava la forca perchè anche lui aveva ucciso gratuitamente, con le squadracce filo-naziste in cui militava, intere famiglie inermi di ebrei e di comunisti. Così Frank il protagonista di questo romanzo si muove in una sorta di delirio di onnipotenza dove le nefandezze e i crimini che compie fanno parte non solo della sua abiezione, ma anche dell'indefinito luogo in cui la vicenda ha luogo. E qui il romanziere crea uno  sfondo di violenza, di doppiezza, in un clima di cupezza. Ecco perchè si parla di noir e non è un caso che riferendosi a questo romanzo Dashiell Hammett, padre dell'hard-boiled, dichiarò al Los Angeles Times che Simenon era il miglior esponente del genere noir "... perchè è intelligente e per certi versi mi fa pensare a Edgard Poe...". Ed era anche piaciuto ad uno dei padri letterari di Simenon, Andrè Gide, perché lo confermava, a suo avviso, uno dei migliori romanzieri della letteratura francese.
E come poteva un romanzo così accativante non risvegliare gli appetiti dei produttori cinematografici?
Lo fece infatti nel '54 e si concretizzò in un film diretto da Luis Saslavsky. Ma ci fu anche una riduzione teatrale per  le Théatre de L'Oeuvre, esperienza per la verità non del tutto gratificante per Simenon. Comunque qualcuno prende questo romanzo anche come un salto di maturità nell'opera letteraria di Simenon.  Non si avverte più il "mestiere" dello scrittore, sfumano anche le tracce dei meccanismi che organizzano il romanzo, non si avverte più la volontà di dimostrare delle tesi. Tutto si amalgama e il risultato è un opera letteraria dove, nonostante la tragicità del tema e la durezza della vicenda, tutto è naturale, semplice e allo stesso tempo non banale, profondo nella sua capacità di raccontare, quasi in modo disarmante, il lato più oscuro dell'uomo.

giovedì 2 febbraio 2012

SIMENON. LA CALDA STAGIONE DI DENYSE E GEORGES


Del loro incontro abbiamo già raccontato. Amore e sesso a prima vista. Soprattutto per Simenon che rimane folgorato da questa canadesina ventincinquenne, al primo impatto fredda e calcolatrice, ma poi rivelatasi passionale e sensuale. Un melange in una sola donna che per la prima volta colpisce lo scrittore, ne rimane stregato.
Ma la passione tra i due non finisce lì, con il primo incontro anche se finisce ben presto tra le righe di uno dei più famosi romanzi di Simenon, Trois chambres a Manhattan (1947). Denyse non è tipo da farsi usare per poi essere messa da parte, né d'altronde Georges si è mai sentito così attratto da una donna.  Andiamo a vedere come prosegue la loro storia con un Simenon ancora ufficialmente sposato, anche se di fatto lui e Tigy fanno ognuno ormai una vita a sè, tranne per ciò che riguarda il figlio Marc. Denyse entrerà in casa come segretaria di Simenon (ufficialmente anche a causa della sua ancora scarsa padronanza dell'inglese) per occuparsi di tutte le pratiche per i diritti, le traduzioni, i contratti. Anche lei  inizierà a vivere a casa Simenon un po' al suo servizio, poi le cose cambieranno. Come per versi differenti era già successo a Boule e come accadrà poi a Teresa.
Ma torniamo alla passione tra i due. Negli incontri successivi, Simenon si convince di essere davvero coinvolto da quella donna, tanto da scoprirsi geloso. Per lui è una novità assoluta cui però non riesce a sottrarsi. Anche lei lo ha capito ed è proprio per questo che gli racconta le sue eseprienze sentimentali e sessuali, con ufficiali della marina,  con un certo lord inglese, la sua frequentazione di party e Simenon commenta "... li conosco bene quei party: si beve forte, si mangiano tartine e tramezzzini e, nella calca, è tutto un gran pomiciare, quando addirittura non ci si chiude in bagno per una sveltina..." Ed è lei stessa a raccontargli di come una sera, appunto durante un party, avesse all'improvviso sentito voglia di fare una nuotata e si fosse gettata nuda nella piscina che era lontana alla festa e al buio. Ma qualcuno, volendole fare uno scherzo, all'improvviso accese tutte le luci. E lei si era ritrovata lì, come mamma l'aveva fatta, dando spettacolo a tutti gli invitati. Vero? Falso? Quante delle cose che lei gli raccontava all'inizio erano vere o solo delle storie per farlo ingelosire? O anche per darsi un tono, lei giovane, che veniva da Ottawa, cercava in qualche modo di mettersi al livello di quell'uomo, che arrivava a Parigi, era uno scrittore famoso,  aveva girato il mondo e, a poco più di quarant'anni, aveva un'esperienza di ben altro livello rispetto alla sua. E così aveva trovato nella gelosia la leva su cui fare forza.
E in proposito vediamo cosa ricorda Simenon stesso in Mémoires intimes (1981). "...L'ascensore, la porta della suite il salottino, la camera dove lei cominciò a togliersi i vestiti, con gesti da spogliarellista,, osservandomi con la coda dell'occhio.... Entrai in lei come se volessi trafiggerla, e i suoi occhi si intorbidivano, si appannavano poco a poco... questa volta non si accontentò di sospiri ed ansimi: gridava, gridava davvero e tra un grido e l'altro diceva: 'Amore mio..." arrotando la 'r' come i borgognoni... A un certo punto sembrò perdere il controllo e al secondo amplesso, tutta ansante, gridò più forte che mai... ' Ti amo Georges'..."
Immagini, sensazioni, passione, un tumultuoso susseguirsi di stati d'animo investiva Simenon che intanto si chiedeva se l'amasse o la detestasse. Era ancora in una fase di totale stordimento. Alle sue provocazioni il nostro Georges rispondeva: "...Ad un tratto non era più l'aggraziata signorina in tailleur del Brussels' ( il loro primo incontro) e non fosse stato per tutto quel trucco che aveva sulla faccia, avrei potuto prenderla per una ragazzina che non ha il coraggio di affrontare la vita. Aveva bisogno di essere rassicurata , bisogno soprattutto di quella tenerezza che non aveva mai osato chiedere, per non fare la figura della collegiale, e che gli uomini non le avevano dato...".
Insomma se non sono queste le parole di un uomo davvero innamorato. Ma nel loro rapporto tenerezza e violenza, amore e passione si intrecciavano: "...Al contrario dell'amore  (e adopero questa parola non trovandone altre), la passione si alimenta anche di violenza. Ormai ero sicuro che lei mi esasperava deliberatamente, per farsi brutalizzare. E in quel periodo in cui avevamo bisogno di bere per alimentare il nostro fuoco interiore, io l'ho effettivamente brutalizzata. Spesso quando non raggiungeva il suo scopo, era lei a schiaffeggiarmi. Io non reagivo e lei aggressiva mi diceva: ' Lo vedi come sei sconcertato quando qualcuno ti tiene testa? So tutto degli uomini, io, e tu non sei diverso dagli altri...".
Ma non era vero.
Simenon era ormai convinto di amarla e si era prefisso di toglierla da quella spirale di sensi di colpa, di paure e di arroganza. Queste erano le buone intenzioni del principio. Ma questa vena di tensioni e di violenza caratterizzerà come un fiume carsico attraversando la loro storia, le nozze, i tre figli e per riemergere prepotentemente portando alla fine del rapporto tra Denyse e Georges.