Continuiamo con la nostra
ormai tradizionale rassegna
che ci illustra quello che i giornali
pubblicarono all'indomani
della scomparsa di Georges Simenon.
Questa volta si tratta
di un quotidiano italiano,
Il Mattino di Napoli,
che dedicò allora sette colonne
dell'intera pagina di cultura
all'evento.
Ancora una volta dobbiamo constatare che, almeno allora alcuni, non avessero ancora una percezione completa di cosa fosse l'opera di Simenon e i due principale titoli di questa pagina lo dimostrano.
L'articolo principale titola "Il prolifico papà di Maigret", mentre l'altro (a firma di Orio Caldiron) addirittura "Prigioniero di un colore" dove per colore s'intende il giallo e quindi significa per Simenon il successo di Maigret che, detta così, sembra abbia oscurato le centinaia di romans-durs, che lo hanno invece consacrato come uno dei romanzieri simbolo del '900.
Ma c'è qualche discrasia tra titoli e testo.
Il primo articolo parla infatti di una "riscoperta" di Simenon, del suo valore letterario e della dimostrazione concreta di come le alte tirature possano conciliarsi con la qualità letteraria. Ovviamante si fà una veloce biografia, dagli inizi, ai suoi pseudonomi, al lancio di Maigret fino ai romanzi. Si parla della sua scrittura come un opera di un artigiano e si cita il critico simenoniano Francis Lacassin che spiega come lo scrittore entrasse nella pelle dei protagonisti che faceva vivere nei propri romanzi. Invece nel pezzo di Caldiron si sottolinea come Simenon fosse passato dalla letteratura popolare su ordinazione al genere poliziesco, che pur rimane per molti sempre un genere semi-letterario. Anche se si fà notare come Simenon sia stato un rifondatore del romanzo poliziesco che, fino ad allora, aveva seguito tutte altre strade. Poi, finalmente, la svolta con i romanzi e l'articolo si conclude riferendosi ai protagonisti delle storie simenoniane "... sembrano dei fantasmi chiamati a raccontare le loro storie, come in trance, evocati come per magia dalla penna secca ed essenziale dell scrittore che ha lo sguardo inclemente di un maestro fiammingo". Completa la pagina un articolo di taglio basso, "Il fascino del commissario antieroe" in cui viene fatto un ritratto del celeberrimo commissario, comparandolo con gli altri investigatori letterari. Non poteva mancare una panoramica degli attori che lo hanno interpretato nelle varie versioni cinematografiche e televisive in tutto il mondo. E, una parte importante, non poteva che essere dedicata all'interpretazione televisiva del nostro Gino Cervi.
giovedì 22 maggio 2014
mercoledì 21 maggio 2014
SIMENON SIMENON. COME LA CENSURA RAI COLPIVA LE DONNE DEL MAIGRET-CERVI
![]() |
Gabriella Andreini in bikini come nei Maigret non si é mai vista |
Sappiamo che, per quanto libertaria fosse la concezione del sesso e della sua pratica da parte di Simenon, altrettanto castigati e austeri erano i comportamenti di Maigret, le situazioni e le donne nelle inchieste del commissario. Anche prostitute e donne di facili costumi erano sempre presentate in un modo mai scandaloso o scabroso.
Eppure... eppure nella trasposizione televisiva la censura è intervenuta durante i controlli di routine.
A questo proposito scrive il Corriere della Sera nel settembre del 1972, a proposito di due puntate della serie, Il ladro solitario e Maigret in pensione,
"...Nuovo spietato intervento della censura per i "gialli" di Maigret... il bersaglio è stata Gabriella Andreini colpevole di indossare un bikini, soltanto in parte coperto da una vestaglia... L'alto funzionario dopo aver assistito a "Maigret in pensione", ha ordinato il taglio di ben cinque scene in cui appare Gabriella Andreini con bikini e vestaglia...".
Si dirà, erano altri tempi, Maigret lo seguivano anche i bambini, insomma doveva essere uno spettacolo per famiglie e certe cose, benchè di sfuggita o marginali, il regista Mario Landi non se le poteva permettere. D'altronde non era la prima volta. Nello stesso articolo il quotidiano di via Soleferino, ricorda dei "... tagli apportati all'altro racconto della serie (Il ladro solitario) dal quale venne tolta una scena con Angela Cavo a schiena nuda, in controluce...".
E non è tutto. Riferendosi ancora a Maigret in pensione, il Corsera rivela "... un altro grave provvedimento... il taglio di una battuta tra Cervi e l'Andreini che faceva parte della sceneggiatura completa, approvata ai vari livelli dei rappresentanti della TV...".
Crediamo che queste beghe censorie italiane non siano mai arrivate alle orecchie di Simenon, che forse si sarebbe fatta una sonora risata. Chissà se nelle serie prodotte in altri paesi in quegli anni si verificavano gli stessi problemi?
martedì 20 maggio 2014
SIMENON SIMENON. IL ROMANZIERE CHE NE FACEVA DI TUTTI I COLORI
Nel post di ieri si parlava di quelle che qualcuno ha definito i rituali di scrittura di Simenon. Una di questi erano le famose buste gialle che servivano allo scrittore per buttar già nomi, date, riferimenti vari, prima di iniziare a scrivere. Perchè delle buste e perché gialle, l'autore non ha mai saputo dare una spiegazione razionale (vedi il nostro post Come preparava i romanzi: le famose buste gialle).
Questo colore giallo ha iniziato a girare per la nostra testa e pian piano sono affiorati, proprio pensando ai colori, un certo numero di romanzi nei titoli dei quali l'autore ha utilizzato un colore. Ne abbiamo trovati nove. Ben poca cosa pensando che si riferiscono ai Maigret, ai romans-durs e ai racconti (ben oltre ducento titoli e abbiamo escluso quelli firmati con gli pseudonimi). Ci è però sembrato curioso metterli insieme e formare una sorta di arcobaleno che attraversa l'opera di Simenon: Le chien jaune - 1931, L'ane rouge - 1933, Le cheval Blanc - 1938, La demoiselle en bleu pâle - 1938, Le volets verds - 1950, La piste de l'homme roux - 1943, Feux rouge - 1953, La Boule noire - 1955, La Chambre bleue - 1963 (vedi il post I colori dei romanzi).
Poi ci sono i contrasti cromatici tra il bianco sporco de la Neige ètat sale - 1948
e il nero de Le Negre - 1957. Tra il nero cupo della notte de La nuit du carrefour - 1931 e lo splendore aureo de La Tabatière en or - 1932.
Questo colore giallo ha iniziato a girare per la nostra testa e pian piano sono affiorati, proprio pensando ai colori, un certo numero di romanzi nei titoli dei quali l'autore ha utilizzato un colore. Ne abbiamo trovati nove. Ben poca cosa pensando che si riferiscono ai Maigret, ai romans-durs e ai racconti (ben oltre ducento titoli e abbiamo escluso quelli firmati con gli pseudonimi). Ci è però sembrato curioso metterli insieme e formare una sorta di arcobaleno che attraversa l'opera di Simenon: Le chien jaune - 1931, L'ane rouge - 1933, Le cheval Blanc - 1938, La demoiselle en bleu pâle - 1938, Le volets verds - 1950, La piste de l'homme roux - 1943, Feux rouge - 1953, La Boule noire - 1955, La Chambre bleue - 1963 (vedi il post I colori dei romanzi).
Poi ci sono i contrasti cromatici tra il bianco sporco de la Neige ètat sale - 1948
e il nero de Le Negre - 1957. Tra il nero cupo della notte de La nuit du carrefour - 1931 e lo splendore aureo de La Tabatière en or - 1932.
lunedì 19 maggio 2014
SIMENON SIMENON. IL SUNDANCE PRENOTA LA CHAMBRE BLEUE
La notizia arriva frasca fresca dall'Hollywood Reporter. Secondo il magazine di Los Angeles, l'ormai celebre festival, fondato da Robert Redford, avrebbe opzionato la pellicola di Amalric, tratta dal romanzo di Simenon La chambre bleue, per l'edizione 2015 della kermesse cinematografica americana. Non solo ma il presidente della Sundance Selects / IFC Films, Jonathan Sehring, ha detto: "Mathieu Amalric sta dimostrando di essere il più formidabile come regista come lui è un attore. Questo è un film superlativo". Di conseguenza non stpisce che ci sia in ballo un accordo anche per la distribuzione del film in America, accordo trattato da Arianna Bocco, responsabile acquisizioni e produzioni per Sundance Selects / IFC Films e dal produttore de La chambre bleue, Paolo Branco per conto di Alfama Films.
La francese Arianna e l'americano Paolo... sembra tanto un affare gestito tra italiani, tanto più che i cognomi sono rispettivamente Bocco e Branco!
SIMENON SIMENON. TV: CALASSO DA FAZIO, PARLA DI SIMENON, MA...
Ieri sera la tradizionale puntata domenicale di Che tempo che fà, ha aperto con un ricordo di Georges Simenon, reaizzata attraverso, una chiacchierata, meglio quasi un monologo, con il Presidente nonché Direttore Editoriale, ma anche scrittore ("tra i più prestigiosi" come l'ha definito Fabio Fazio), che ha parlato dell'autore, che Adelphi edita in esclusiva in Italia, iniziando dalla famosa intervista del '68 fatta da una serie di medici. Erano quelli svizzeri della rivista scientifica Médicine et Hygiène che, come ha raccontato Calasso, iniziarono quell'incontro domandandogli se lui fosse o meno uno scrittore dell'inconscio, cosa che il romanziere non negò. Da qui Calasso è passato poi a descrivere come nasce in Simenon un romanzo. E così ci ha parlato di quel malessere che precedeva la fase creativa, lo "stato di romanzo" come l'ha tradotto nella conversazione con Fazio...
Adesso diciamocelo francamente, fare le pulci ad un intellettuale come Calasso che oltrettutto da quasi trentanni pubblica i romans-durs e i Maigret di Simenon non è certo cosa né facile, né forse nemmeno simpatica. Ma qualche domanda, scusate, ce la dobbiamo porre lo stesso.
Infatti dopo aver parlato di "Simenon come scrittore dell'inconscio", dello "stato di romanzo" in cui componeva le sue opere, dopo aver parato dei rituali che accompagnavano la sua scrittura (ma di questo tratteremo in seguito), come ha potuto dimenticare il déclic? Capiamo la pressante sintesi che impone la televisione, soprattutto quando in quarto d'ora bisogna raccontare Simenon... Ma questa del déclic non è dimenticanza da poco.
E non siamo certo noi ad affermarlo, ma lo stesso Simenon in un'intervista del '55 con André Parinaud (che tra l'altro dovremmo aver già pubblicato).
"...Concepisco come protagonista, un personaggio della vita comune, con certe opportunità, e il mio problema, il primo giorno, è quello di inserirlo in una situazione tale che, reagendo ad essa, potrà potrà arrivare fino alla fine del suo percorso. Se volete, questa situazione che io ho creato, questo "dèclic", è l'unica parte artificiale del romanzo - sottolinea con chiarezza Simenon - Quello che chiamo "déclic" costituisce il primo capitolo. Può essere la morte del padre. Può essere un incidente, oppure un quiproquo come in un vaudeville, come nella vita di tutti i giorni. Le "déclic" può essere costituito da qualsiasi cosa possa capitare al mio protagonista, una lettera che non s'aspettava e che cambierà la routine di quella vita a cui s'era rassegnato..."
Insomma questo déclic, unico elemento razionale, in un mare di creatività inconscia, ci pare abbia un'importanza non certo trascurabile nel proceso di costruzione del romanzo simenoniano e ignorarlo, come ha fatto Calasso, non ci è sembrato opportuno.
Parlavamo degli oggetti di cui Simenon si circondava quando scriveva e che Calasso ha interpretato come facenti parte del "rituale". Li ha elencati, ma anche qui con qualche dimenticanza e qualche leggerezza.
Ha citato le quattro dozzine di matite ben appuntite, l'orario ferroviario, l'elenco del telefono (in realtà erano molti elenchi del telefono e non solo di Parigi) e il caffè. Questa del caffè è un'argomento controverso. E' vero, in Quand j'étais vieux (una sorta di "giornale intimo", scritto tra il '60 e i '63, pubblicato poi da "Presses de La cité" nel '70) il romanziere parla del caffè sulla scrivania. Ma questa era un'immagine che voleva accreditare presso il pubblico, soprattutto per distinguersi da quella della sua seconda moglie, Denyse, che era infatti un'alcolista. Ma ci sono foto della sua scrivania, testimonianze di intervistatori e racconti dei suoi ospiti che lo ritraggono e ne parlano fin dagli anni '30, con un bicchiere e una bottiglia di vino a portata di mano, vicino alla macchina da scrivere.
E poi le pipe.
Come si fa a parlare di Simenon senza citare la pipa? Qualcuno, forse anche lo
stesso Calasso, può ritenere che sia un'iconografia un po' suprficiale, ormai inflazionata, addirittura divenuta un po' stucchevole. Eppure la pipa non è uno strumento che serve a bruciare del tabacco. La pipa è un oggetto con cui si ha un certo rapporto. Si preferiscono alcuni tipi di pipe ad altri. Ci sono delle pipe nella propria collezione che si fumano più volentieri e non sono le migliori, né le più costose. Il fatto che una pipa quel giorno tiri bene, non bruci troppo in fretta o non si spenga di frequente, può influenzare l'attività che si sta svolgendo e addirittura l'umore del fumatore... oppure può essere l'umore che ne influenza il buon funzionamento... Fatto sta che, come per ogni fumatore, anche per Simenon il rapporto con le sue pipe non è così superficiale e marginale come si potrebbe credere e comunque non fino al punto di ignorarle.
Passiamo alla questione del calendario di cui l'editore dell'Adelphi aveva portato un esemplare in studio, dove erano segnati i giorni della scrittura. Anch'esso faceva parte del rituale: giorno per giorno Simenon segnava una croce su una casella. In sette giorni, ha spiegato Calasso, Simenon scriveva un romanzo. aggiungendo che gli otto giorni segnati sul calendario, inquadrato dalla telecamera, erano una sorta d'eccezione.
Altra piccola precisazione. Intanto va specificato che Simenon era solito scrivere un capitolo al giorno (se parliamo del periodo dal '31 in poi quando si dedicò ai Maigret e ai romans-durs). Ora capitava che l'état de roman (quello che Calsso ha tradotto come "stato di romanzo") era anche creare un vuoto in sé stesso per entrare nella pelle del protagonista di turno. Una fatica psichica e fisica che lo faceva calare di quasi un chilogrammo ad ogni seduta di scrittura. Quando non aveva ancora trent'anni, le sue forze gli consentivano di rimanere in quello stato per almeno una dozzina di giorni. Ecco perché i suoi primi romanzi avevano quasi tutti dodici capitoli. Poi con il passare del tempo e l'avanzare dell'età, la resistenza di Simenon diminuiva e negli ultimi tempi (gli anni dal '60 al '72) i romanzi arrivavano appunto a sette capitoli. Simenon non riusciva a restare in état de roman più di una settimana. Anche qui ci sono le parole di un giovane Simenon in un intervista a J.K. Raymond Millet de Le courrier cinématografique, nel '31 "...i miei romanzi hanno generalmente dodici capitoli. Scrivo un capitolo tutte le mattine, non di più. Questo mi richiede al massimo un'ora e mezza; ma poi mi sento "svuotato" per tutto il resto della giornata...".
Ci siamo già dilungati abbastanza. Un ultimo appunto lo dobbiamo a quella che chiameremmo un necessaria furbizia del mestiere. E qui Calasso non c'entra nulla. Infatti mentre lui parlava della storia d'amore tra Simenon e Josephine Baker, veniva proiettata una foto in che ritraeva lo scrittore e la starlette al tavolo di un locale lui, in frac, rivolto verso di lei e Josephine che gli faceva divertita gli occhi storti. Peccato che quella foto non testimoni un serata tête-à-tête tra i due. La foto proiettata è tagliata, ma quella orginale rappresenta una tavolata con altri amici e soprattutto con, a fianco dello scrittore, la sua prima moglie Tigy.
Adesso diciamocelo francamente, fare le pulci ad un intellettuale come Calasso che oltrettutto da quasi trentanni pubblica i romans-durs e i Maigret di Simenon non è certo cosa né facile, né forse nemmeno simpatica. Ma qualche domanda, scusate, ce la dobbiamo porre lo stesso.
Infatti dopo aver parlato di "Simenon come scrittore dell'inconscio", dello "stato di romanzo" in cui componeva le sue opere, dopo aver parato dei rituali che accompagnavano la sua scrittura (ma di questo tratteremo in seguito), come ha potuto dimenticare il déclic? Capiamo la pressante sintesi che impone la televisione, soprattutto quando in quarto d'ora bisogna raccontare Simenon... Ma questa del déclic non è dimenticanza da poco.
E non siamo certo noi ad affermarlo, ma lo stesso Simenon in un'intervista del '55 con André Parinaud (che tra l'altro dovremmo aver già pubblicato).
"...Concepisco come protagonista, un personaggio della vita comune, con certe opportunità, e il mio problema, il primo giorno, è quello di inserirlo in una situazione tale che, reagendo ad essa, potrà potrà arrivare fino alla fine del suo percorso. Se volete, questa situazione che io ho creato, questo "dèclic", è l'unica parte artificiale del romanzo - sottolinea con chiarezza Simenon - Quello che chiamo "déclic" costituisce il primo capitolo. Può essere la morte del padre. Può essere un incidente, oppure un quiproquo come in un vaudeville, come nella vita di tutti i giorni. Le "déclic" può essere costituito da qualsiasi cosa possa capitare al mio protagonista, una lettera che non s'aspettava e che cambierà la routine di quella vita a cui s'era rassegnato..."
Insomma questo déclic, unico elemento razionale, in un mare di creatività inconscia, ci pare abbia un'importanza non certo trascurabile nel proceso di costruzione del romanzo simenoniano e ignorarlo, come ha fatto Calasso, non ci è sembrato opportuno.
Parlavamo degli oggetti di cui Simenon si circondava quando scriveva e che Calasso ha interpretato come facenti parte del "rituale". Li ha elencati, ma anche qui con qualche dimenticanza e qualche leggerezza.
Ha citato le quattro dozzine di matite ben appuntite, l'orario ferroviario, l'elenco del telefono (in realtà erano molti elenchi del telefono e non solo di Parigi) e il caffè. Questa del caffè è un'argomento controverso. E' vero, in Quand j'étais vieux (una sorta di "giornale intimo", scritto tra il '60 e i '63, pubblicato poi da "Presses de La cité" nel '70) il romanziere parla del caffè sulla scrivania. Ma questa era un'immagine che voleva accreditare presso il pubblico, soprattutto per distinguersi da quella della sua seconda moglie, Denyse, che era infatti un'alcolista. Ma ci sono foto della sua scrivania, testimonianze di intervistatori e racconti dei suoi ospiti che lo ritraggono e ne parlano fin dagli anni '30, con un bicchiere e una bottiglia di vino a portata di mano, vicino alla macchina da scrivere.
E poi le pipe.
Come si fa a parlare di Simenon senza citare la pipa? Qualcuno, forse anche lo
stesso Calasso, può ritenere che sia un'iconografia un po' suprficiale, ormai inflazionata, addirittura divenuta un po' stucchevole. Eppure la pipa non è uno strumento che serve a bruciare del tabacco. La pipa è un oggetto con cui si ha un certo rapporto. Si preferiscono alcuni tipi di pipe ad altri. Ci sono delle pipe nella propria collezione che si fumano più volentieri e non sono le migliori, né le più costose. Il fatto che una pipa quel giorno tiri bene, non bruci troppo in fretta o non si spenga di frequente, può influenzare l'attività che si sta svolgendo e addirittura l'umore del fumatore... oppure può essere l'umore che ne influenza il buon funzionamento... Fatto sta che, come per ogni fumatore, anche per Simenon il rapporto con le sue pipe non è così superficiale e marginale come si potrebbe credere e comunque non fino al punto di ignorarle.
Passiamo alla questione del calendario di cui l'editore dell'Adelphi aveva portato un esemplare in studio, dove erano segnati i giorni della scrittura. Anch'esso faceva parte del rituale: giorno per giorno Simenon segnava una croce su una casella. In sette giorni, ha spiegato Calasso, Simenon scriveva un romanzo. aggiungendo che gli otto giorni segnati sul calendario, inquadrato dalla telecamera, erano una sorta d'eccezione.
Altra piccola precisazione. Intanto va specificato che Simenon era solito scrivere un capitolo al giorno (se parliamo del periodo dal '31 in poi quando si dedicò ai Maigret e ai romans-durs). Ora capitava che l'état de roman (quello che Calsso ha tradotto come "stato di romanzo") era anche creare un vuoto in sé stesso per entrare nella pelle del protagonista di turno. Una fatica psichica e fisica che lo faceva calare di quasi un chilogrammo ad ogni seduta di scrittura. Quando non aveva ancora trent'anni, le sue forze gli consentivano di rimanere in quello stato per almeno una dozzina di giorni. Ecco perché i suoi primi romanzi avevano quasi tutti dodici capitoli. Poi con il passare del tempo e l'avanzare dell'età, la resistenza di Simenon diminuiva e negli ultimi tempi (gli anni dal '60 al '72) i romanzi arrivavano appunto a sette capitoli. Simenon non riusciva a restare in état de roman più di una settimana. Anche qui ci sono le parole di un giovane Simenon in un intervista a J.K. Raymond Millet de Le courrier cinématografique, nel '31 "...i miei romanzi hanno generalmente dodici capitoli. Scrivo un capitolo tutte le mattine, non di più. Questo mi richiede al massimo un'ora e mezza; ma poi mi sento "svuotato" per tutto il resto della giornata...".
Ci siamo già dilungati abbastanza. Un ultimo appunto lo dobbiamo a quella che chiameremmo un necessaria furbizia del mestiere. E qui Calasso non c'entra nulla. Infatti mentre lui parlava della storia d'amore tra Simenon e Josephine Baker, veniva proiettata una foto in che ritraeva lo scrittore e la starlette al tavolo di un locale lui, in frac, rivolto verso di lei e Josephine che gli faceva divertita gli occhi storti. Peccato che quella foto non testimoni un serata tête-à-tête tra i due. La foto proiettata è tagliata, ma quella orginale rappresenta una tavolata con altri amici e soprattutto con, a fianco dello scrittore, la sua prima moglie Tigy.
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Stessa tavola qui con Tigy, tagliata nell'altra |

domenica 18 maggio 2014
SIMENON SIMENON. "LE SEPT MINUTES" PER... G.7
Anno 1938. Simenon è gia da qualche anno uno scrittore della prestigiosa casa Gallimard. Ha lasciato nel '34 Fayard, dopo la pubblicazione dei primi diciannove Maigret, del quale per quattro anni non ha scritto più nulla. Ha invece portato a termine e pubblicato una decina di romans-durs e poi iniziato di nuovo a scrivere delle inchieste del commissario a La Rochelle proprio nel '38.
Ma questi due filoni non esauriscono la serrata pubblicazione di titoli da parte del romanziere che, sempre nel 38, vede pubblicata una raccolta di racconti polizieschi scritti nel 1930 a Morsang. Ma in questo caso non si tratta né di romans-durs né di Maigret.
Sono romanzi polizieschi brevi (o se volete tre lunghi racconti) di oltre una settantina di pagine l'uno, che hanno come protagonista l'Agente G.7.
Nella nostra copia, datata 1938 e stampata il 3 marzo, i racconti sono tre: Le Grand Langoustier, La nuit des sept minutes e L'enigme da la Marie Galante. Ricordiamo che nel 1930 Simenon ancora pubblicava esclusivamente sotto pseudomini, e quindi questa avventure dell'agente G.7 sarebbero potute uscire firmate Christian Brulls o Georges Sim. E invece sono rimaste otto anni in un cassetto (di chi?) fin quando Gallimard le pubblicò nella serie La Renaissance de la nouvelle diretta da Paul Morand.
Ma chi era questo G.7? Siamo lontani o no da Maigret, e nel caso, quanto?
Vediamo cosa racconta di lui Simenon "... G.7 fumava la sua piccola pipa diligentemente seduto al posto che gli era stato assegnato... G.7 aveva l'aria di uno scolaretto che finge di non vedere nulla! - da Le Grand Langoustier - ...c'era solo G.7 che conservava la sua aria da giovanotto di buona famiglia...".
Insomma un giovanotto, a modo, gentile, non un consumato funzionario dello stato di mezz'età. Giovane quindi, dalla figura snella e non una sagoma massiccia e pesante. Anche se G.7 fuma la pipa, come il commissario, è un pipa piccola, quasi vezzosa, non un pipa grossa e tozza come quella di Maigret. E poi in questo racconto non si beve, non si mangia...
"...G.7 si contenta di unire la sua silhouette alla vita di tutti i giorni e di osservare per strada insieme alla gente i cantanti ambulanti. Bisogna abituarsi. All'inizio si è tentati di prenderlo per un'imbecille - si racconta ne La nuit des sept minutes - ... dietro la porta G.7 e Sonia erano già nelle braccia uno dell'altra...".
Qui Simenon accomuna G.7 e Maigret, il primo sembra un imbecille e del commissario il romanziere aveva sempre detto: Maigret non è intelligente...è intuitivo...". Ma dall'altra parte si parla una scena d'amore del giovane agente, che in Maigret sarenbe impensabile.
"... restai un'ora da solo nel café... arrivai a pensare che G.7 mi avesse voluto allontanare per ricevere una donna... - scrive Simenon in L'enigme da la Marie Galante - ... fu con un tono raffinato, da uomo di mondo, che G.7 ci presentò uno all'altra...".
Insomma tranne piccole caratteristiche G.7 ha un aspetto, un carattere e un modo di indagare che non sono queli del commissario Maigret. Addirittura qualcuno ha detto che questo personaggio poteva forse costituire il "piano B" di Simenon, in caso la serie di Maigret non avesse avuto il successo sperato.
La serie dedicata a G.7 comprende, oltre a quelli citati, la raccolta di racconti Les treizes énigmes (scritto nel '29), L'affaire du canal (stesura del '28/29) e La folle d'Ittevile (terminato nel '31).
sabato 17 maggio 2014
SIMENON SIMENON. E MAIGRET SCOPRE... LE DONNE DI GEORGES
Un'inchiesta fuori dall'ordinario
...Il giudice stava riordinando le carte e le penne sul tavolo. Maigret conosceva quel segnale, precedeva il commiato.
- Bene, la ringrazio per aver accettato e le auguro buon
lavoro. Ci vedremo domani mattina per discutere i dettagli.
A quelle parole l'uomo in grigio si era staccato dalla
libreria e aveva raggiunto Maigret, che nel frattempo si era alzato. Gli tese
la mano e con una voce afona disse: - Commissario, auguri. Abbiamo molta
fiducia in lei.
Maigret strinse quella mano affusolata e fredda, porse i
suoi saluti e uscì.
Attraversò la stanza degli ispettori senza guardare nessuno
e chiuse pesantemente la porta dietro di sé. Lucas, Torrence e Janvier
seguirono il passaggio del capo con la coda dell'occhio. Avevano percepito
immediatamente che era di umore nero. Nessuno si azzardò a entrare, quindi, per
la chiusura del caso Maras.
e Maigret non aveva nemmeno ordinato qualcosa alla brasserie
Dauphine. Da quando era rinchiuso nell'ufficio, con quel voluminoso
incartamento, non si erano sentiti rumori. Forse il capo stava studiando un
nuovo caso? Ma non era nel suo stile. Di solito concertava con gli ispettori i
primi passi dell'indagine. Alla fine la porta si aprì bruscamente.
- Lucas, vieni! L'ispettore si precipitò.
- Raccogli le deposizioni, i verbali e i referti che si
riferiscono al ritrovamento di Maras. Senti anche l'Istituto di medicina
legale, il dottor Moers dovrebbe darci i risultati dell'autopsia. Voglio tutto
sul mio tavolo per domani mattina: devo preparare la relazione per il giudice.
Oggi pomeriggio non ci sarò. Ci vediamo domani...
Colette racconta... il primo racconto
...Il cameriere gli indicò il tavolo dove l'attendeva Colette. Dopo i saluti, Maigret sedette e iniziò il suo solito discorsetto
...Il cameriere gli indicò il tavolo dove l'attendeva Colette. Dopo i saluti, Maigret sedette e iniziò il suo solito discorsetto
- La ringrazio di aver accettato questo colloquio. Anche
perché mi rendo conto che la mia posizione è singolare. Nonostante io sia un
semplice funzionario di polizia, mi trovo a svolgere un'indagine che di
poliziesco ha ben poco. Come mai? Le posso dire che in ambienti governativi
vogliono un quadro completo della vita dello scrittore, compresi, lei forse
capirà, gli aspetti meno noti, le situazioni private e sconosciute...
Colette aveva uno sguardo interrogativo:
- E perché tutto questo?
- Mah! Avranno le loro ragioni, a noi semplici funzionari
fanno fare solo il lavoro di raccolta...
- Ma lei non è un funzionario qualsiasi, Maigret. Non deve
essere certo un lavoro di routine se hanno deciso di affidarlo a lei.
- Comunque io devo solo raccogliere informazioni.
- Ecco perché vorrei che lei mi raccontasse qualcosa di Simenon,
come l'ha conosciuto, che tipo era al di fuori dell'ufficialità.
- L'ho conosciuto nel '23, era molto giovane. Un bel
ragazzo, si vedeva subito che era determinato a sfondare. Io all'epoca ero a
"Le Matin" con l'incarico di direttrice letteraria. Sul giornale
c'era una rubrica, "Le Mille e un mattino", molto prestigiosa, in cui
si pubblicava un racconto al giorno. E, per molto tempo, Simenon ogni settimana
portava i suoi racconti. Puntualmente gli venivano restituiti. Erano un po'
troppo di maniera, troppo letterari. Ma lui insisteva. Allora avevamo molti
autori che aspiravano a pubblicare, ma non c'era nessuno ostinato e regolare
come lui. Tanto che un giorno decisi di parlargli spiegandogli cosa c'era che
non andava. E lui, evidentemente, colse il messaggio e migliorò così tanto che
iniziai a pubblicarlo.
Intanto arrivò il cameriere a prendere le ordinazioni.
Maigret si fece consigliare da Colette, che chiaramente era una cliente
abituale. Iniziarono con un'insalata del Perigord e, per dopo, chiesero del
pollo al vino con contorno. Maigret ordinò del Blanc de Sancerre. Nonostante
tutto il commissario si sentiva a suo agio e la fame era segno del suo buon
umore.
- Fu l'inizio di una lunga serie - continuò Colette, — mi
pare che continuò a scriverne con una certa regolarità fino al '30. Forse quasi
un centinaio di racconti brevi.
- Un bel numero...
- Scherza? Simenon scriveva per molti altri giornali. Pensi
che all'epoca a Parigi c'erano una trentina di quotidiani e quasi tutti
riservavano uno spazio giornaliero ai racconti. Senza esagerare, Simenon in
quel periodo avrà scritto diverse centinaia di novelle, me lo diceva Gide...
Josephine Baker: il mito del sesso
e il giovane scrittore
...Era arrivato a Rue Poissonière davanti al Café Brébant, un
vecchio locale. Entrò, ma non trovò nessuno che potesse somigliare alla Baker.
Si sedette e ordinò un vieux calvados.
Appena lei entrò la riconobbe subito. Il corpo ancora dritto
avvolto in un leggero soprabito color crema, un cappello che le nascondeva i
capelli. I tratti del viso erano un po' spenti rispetto a quelli che Maigret
ricordava di aver visto, a suo tempo, nelle foto o nei manifesti.
Si alzò, levando la pipa di bocca. A piccoli passi la Baker
si avvicinò al tavolino e salutò il commissario con un filo di voce.
- Mi scusi, ma con questa raucedine non riesco a parlare
meglio di così. Con tutta l'umidità e il vento di questi giorni mi è andata via
la voce. Ma poco male, tanto ormai non debbo più cantare.
- Non si preoccupi, anzi mi scuso io per averla fatta venire
fino qui in queste condizioni... se avessi saputo...
- Ma no, sono contenta di uscire. Se la figura una come me,
abituata a passare a casa solo per cambiarsi d'abito, oppure per fare la
valigia o per dormire qualche ora, trascorrere le proprie giornate in casa,
magari a fare la calza?
Maigret ridacchiò.
- Veniamo al motivo di questo incontro. Vede, madame Baker,
sto raccogliendo testimonianze su Simenon e siccome so che tra voi c'è stata
una certa amicizia, anzi più
di un rapporto amichevole, volevo chiederle
di aggiungere un tassello al mosaico che sto costruendo.
- Ma quale tassello desidera? Vuole che le parli della
nostra storia? Sa, commissario, c'è poco da dire. Eravamo felici insieme, molto
felici. Tra me e Georges esistevano diversi punti in comune. Avevamo entrambi
una gran voglia di vivere, di esplorare sia la vita che i rapporti umani fino
in fondo, senza pregiudizi né remore. Amavamo tutti e due il sesso, senza tabù
o condizionamenti. E poi eravamo due spiriti liberi, molto liberi. Lei pensi
che allora, quando scoppiò la mia popolarità qui in Francia, avevo vent'anni
appena. Debuttai con la "Revue Nègre". Fu subito un successo. Allora
c'era un gran numero di uomini che mi faceva la corte. Gente anche molto importante,
potrà immaginare... industriali, politici, attori, e famosi playboy.
Maigret ripensava a quando era scoppiato il fenomeno Baker.
C'era stato un periodo in cui sembrava che Parigi fosse letteralmente impazzita
per questa mulatta di Saint Louis che aveva debuttato al teatro degli Champs
Elysées.
- Tra i tanti - continuò Joséphine - mi fu presentato questo
Georges Simenon. Allora anche lui aveva poco più di vent'anni, ma era già
lanciato nel suo lavoro di scrittore. Non pubblicava ancora romanzi importanti,
scriveva però una grande quantità di racconti sui quotidiani. Georges era un
uomo molto determinato e, facendosi largo tra le persone che mi giravano
intorno, riuscì a colpirmi. Mi ricordo che molti del mio staff si
meravigliavano che dessi la preferenza proprio a quel ragazzo.
Era strano stare lì seduti in un vecchio caffè ad ascoltare
una donna piccola, vestita con discrezione, che parlava con un filo di voce. E pensare che era la stessa bomba del sesso che aveva fatto delirare i parigini per il suo sedere e le
parigine per la pettinatura à la garconne.
Avevano ordinato un tè per madame Baker, e un secondo
calvados per il commissario. I camerieri scivolavano veloci e silenziosi sul
pavimento lucido della sala, con i loro grandi vassoi argentati.
Maigret iniziò a spiegare che aveva bisogno di qualche
informazione su Simenon e che sperava che lei potesse fornirgli qualche
indicazione proprio su quei tempi, che poi corrispondevano ai primi anni
trascorsi dallo scrittore a Parigi. Madame Baker sembrava molto contenta di
poter essere utile.
- Eravate entrambi dei nuovi arrivati. Simenon si trasferì a
Parigi alla fine del '22 e lei era arrivata da poco - disse Maigret.
- Sì, io sbarcai a Parigi dal Missouri nell'ottobre del '25,
al seguito dell'orchestra di Claude Hopkins con Sidney Bechet, il famoso
clarinettista jazz. Avevamo un gran da fare allora: interviste, fotografie, le
prove dello spettacolo, insomma c'era davvero poco tempo per vedersi. Spesso ci
si incontrava a notte fonda, in qualche locale ancora aperto. Georges veniva
con Tigy, poi c'erano i suoi amici, Paul Colin l'illustratore e altri
giornalisti di cui non ricordo il nome...
- Ma con Simenon avete avuto un rapporto... sì, insomma
siete stati amanti per qualche tempo. Possibile che Tigy non si accorgesse di
nulla? D'altronde lei e Simenon erano sposati da appena un paio d'anni...
Tratto da Maigret e il caso Simenon - Maurizio Testa - Robin edizioni - Libro e ebook
venerdì 16 maggio 2014
SIMENON SIMENON. OGGI AL FESTIVAL DI CANNES: LA CHAMBRE BLEUE... IL LETTO DEL CRIMINE...

del romanzo di Georges Simenon,
di e con Mathieu Amalric, regista e attore
(ma anche sceneggiatore insieme alla moglie)
di questa famosa "La chambre Bleu".
Qui di seguito una sintetica e rapida
rassegna stampa di estratti di quello che
quotidiani, settimanali e siti internet hanno pubblicato sul film e sul suo realizzatore.
Le Monde
La Chambre bleue : Amalric adapte Simenon, chic pipe
E' ungiallo che si collocherebbe volentieri come punto d'incontro tra Alfred Hitchcock e Francois Truffaut. Come il regista del Caso Pardine (1947), Amalric gira le scene d'amore come delle scene d'omicidio, E come Truffaut vincola magnificamente la storia ad una certa forma di realismo francese.
Le Figaro
La chambre bleue, le lit du crime
Presente a Cannes, l'adattamento de La Chambre Bleue da parte di Mathieu Amalric, esce oggi sugli schermi francesi. La messa in scena di La Chambre Bleue, innanzitutto molto curata, rende conto della complessità della situazione e della confusione, mettendo in contrasto il suono e l'immagine, ingarbugliando i fatti oggettivi con le deviazioni e i vuoti della memoria, confrontando il disordine interiore di Julien alla sua apparenza ordinata e all'apparato della giustizia. Lo svolgimento è un po' celebrale e quando si semplifica, questo dramma provinciale non risparmia qualche lungaggine. Resta comunque il personaggio dell'amante ossessivo, implacabile e frustrato. Un donna che si rivelerà fatale e che non demorderà.
Le Nouvel Observateur
A Cannes, trois grands films français hors compétition
Con la sua durata "express" (1 h 15"), la tensione di ogni scena e la sua inquietante sensualità, questo film conferma una volta di più che un certo Mathieu Amalric, attore brillante con gli altri, è anche un regista davvero di talento. Che non avrebbe rubato il suo posto nel concorso qui a Cannes...
Le Parisien
Baptême à la Croisette pour Léa Drucker
Aveva già messo pide sulla Croisette, ma mai per un film. Léa Drucker é arrivata ieri per la presentazione, nella selezione Un certain regard per "La Chambre bleue" adattamento di un romanzo di Georges Simenon di Mathieu Amalric. L'attrice è incinta di sette mesi.
L'Express
"Adapter Simenon, ca m'a excité"
Mathieu Amalric:"...Non sono uno specialista di questo autore ma, dopo aver letto altri romanzi di Simenon, trovo davvero che questo abbia qualcosa di particolare. E' uno dei pochi romanzi che non abbia una struttura lineare e cinematograficamente questo mi eccitava davvero molto..."
Liberation
Les poids plume
Film concepiti per il risparmio, con dei budget intorno a un milione di euro: "La chambre bleue" di Mathieu Amalric, adattato da Simenon, è costato un milione tondo tondo ed ora debutta a Cannes nella sezione "Un certain regard".
People Looks
Début à Cannes et dans le salles
Quest'anno Mathiue Amalric ritorna a Cannes con "La chambre bleue", una realizzazione molto originale. Stéphanie Cléau, é la compagna dell'attore regista che ha scritto insieme a lui la scenegiatura, ma anche il ruolo della sua amante in questo adattamento del romanzo di Simenon.
Je
n'étais pas du tout un spécialiste de cet auteur. Après coup, en ayant
lu d' autres de Simenon, je trouve que celui-là a vraiment quelque chose
de particulier, c'est un de ses rares romans qui n'a pas une structure
linéaire, et cinématographiquement ça m'excitait énormément.
En savoir plus sur http://www.lexpress.fr/culture/livre/cannes-2014-mathieu-amalric-adapter-simenon-ca-m-excitait_1542825.html#u3ctaIFJgoZSuUDO.99
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Je
n'étais pas du tout un spécialiste de cet auteur. Après coup, en ayant
lu d' autres de Simenon, je trouve que celui-là a vraiment quelque chose
de particulier, c'est un de ses rares romans qui n'a pas une structure
linéaire, et cinématographiquement ça m'excitait énormément.
En savoir plus sur http://www.lexpress.fr/culture/livre/cannes-2014-mathieu-amalric-adapter-simenon-ca-m-excitait_1542825.html#u3ctaIFJgoZSuUDO.99
TF1NewsEn savoir plus sur http://www.lexpress.fr/culture/livre/cannes-2014-mathieu-amalric-adapter-simenon-ca-m-excitait_1542825.html#u3ctaIFJgoZSuUDO.99
Les nouveautés cinéma du mercredi
Mathieu Amalric propone una esperienza tanto minimale che sensoriale, a testimonianza della sua ispirazione e del suo talento. Fra le immagini, ricorda che Simenon era un grande stendhaliano per essenzialità e velocità... Il film é corto (un po' più di un ora), ma coinvolgente e appassionante. E' più e meglio di un semplice esercizio di stile
Slate
Mystères de "La chambre bleue" de Mathieu Amalric
Adattando Simenon l'attore-regista parte da una classica inchiesta su un caso d'adulterio e su delle morti sospette per finire in un abisso molto inquietante, quello che separa le parole dai fatti. "L'amore, ah l'amore, lo fanno con trasporto Esther e Julien, nella camera blu di un piccolo albergo, vicino alla piccola piazza della stazione di questa piccola cittadina di provincia"
giovedì 15 maggio 2014
SIMENON SIMENON. MAIGRET SI IMBATTE NELLE SUE... INCHIESTE
Era la da più di un quarto d'ora. La pipa accesa, lo sguardo rivolto a quella libreria. Il rumore del ticchettìo della pioggia sulla finestra ricordava quello dei tasti di una macchina da scrivere.
Il commissario non avrebbe saputo dire cosa guardava... Era piuttosto sovrastato dalla quantità di libri, raccoglitori, cartelline, bozze, tutti stipati in quegli scaffali. Ognuno di essi aveva un cartellino, un etichetta, una scritta stampata o vergata a mano che recava un nome, il suo nome "Maigret". Maigret preceduto o seguito da altre parole, Maigret cinquanta... cento volte... Non avrebbe saputo dirlo. E non si era dato nemmeno pena di leggere altro. Lo sentiva, lo avvertiva sin troppo bene. Si trovava in un archivio degli uffici di quello scrittore che conosceva fin troppo bene, quel Simenon che l'aveva preso pari pari e messo come protagonista nelle sue storie poliziesche.
Il commissario sentiva che lì, in quella libreria, c'erano i propri casi, le proprie indagni, i propri morti, i propri condannati, le umide nottate passate appostato in una brasserie, a sbirciare dalla vetrina, ad aspettare il suo uomo e a bere calvaldos.
Lì c'era un pezzo della propria vita... un bel pezzo.
Ma poi c'erano le panzane, come le chiamava, cioè le storie inventate, le indagini che non aveva mai condotto, personaggi e fatti del tutto inesistenti. Già, perché quel Simenon aveva sfruttato ben bene quello che c'era da prendere dalla realtà, ma poi non si era fatto scrupolo d'inventare vicende e situazioni che non erano mai successe... ma lui se lo poteva permettere... non era uno scrittore? Anzi un romanziere, come si faceva chiamare. E anche per quello che riguardava sè stesso o il rapporto con sua moglie... tutto inventato... Tic e manie che non aveva mai avuto, come quella ridicola dell'antiquata stufa a carbone del suo ufficio...Ma come si può pensare?... Avrebbe perlomeno affumicato tutto l'ufficio!...E poi quella storia del bere, che esagerazione!... Ormai non poteva più entrare in un bar o una brasserie che subito il padrone gli chiedeva "Un calvados? Una bella birra fresca?... Un cognac?...".
Maigret era piantato lì davanti alla libreria, immobile, massicio, pesante almeno come tutta quella carta davanti a lui. L'unico segno di vita erano le dense boccate di fumo.
In quegli istanti aveva dimenticato tutto, la chiamata a Quai des Orfévres, la notizia che un archivista di quell'ufficio era stato trovato cadavere, la corsa in macchina con i suoi ispettori, Lucas che dava ordini ai gendarmi del quartiere.
Una volta entrato in quella stanza, e trovatosi a tu per tu con quella libreria, si era estraniato da tutto.
E ora continuava a stare fermo davanti alla libreria come di fronte ad uno specchio. Da una parte lui in carne ed ossa, dall'altra sempre lui ma sulla carta e nei libri. Il vero Maigret faccia a faccia con quello che conoscevano tutti, o meglio, che tutti pensavano di conoscere. Era uno come uno specchio? Sì, ma un specchio deformante che storceva la propria vita i propri casi, le proprie abitudini. In quel momento avvertiva tutto questo come un'indebita intrusione, una vera e propria....
- Commissario! - era Lucas che lo stava chiamando dalla stanza accanto - Commissario Maigret...
- Cosa c'è - rispose senza muovere ciglio - cosa vuoi?...
- Sta salendo il signor Simenon...
- Simenon? E come ha fatto a sapere?...
- Forse alla centrale - disse Lucas affacciandosi alla porta - sa... con tutti gli amici che ha... chissà, forse una telefonata...
Un grugnito usci dalla gola di Maigret.
Alzò gli occhi al cielo, ma vide solo un soffitto con delle macchie di umidità.
Poi a passi lenti e pesanti si avviò verso la porta.
La pipa non si era ancora spenta.
Maurizio Testa
Il commissario non avrebbe saputo dire cosa guardava... Era piuttosto sovrastato dalla quantità di libri, raccoglitori, cartelline, bozze, tutti stipati in quegli scaffali. Ognuno di essi aveva un cartellino, un etichetta, una scritta stampata o vergata a mano che recava un nome, il suo nome "Maigret". Maigret preceduto o seguito da altre parole, Maigret cinquanta... cento volte... Non avrebbe saputo dirlo. E non si era dato nemmeno pena di leggere altro. Lo sentiva, lo avvertiva sin troppo bene. Si trovava in un archivio degli uffici di quello scrittore che conosceva fin troppo bene, quel Simenon che l'aveva preso pari pari e messo come protagonista nelle sue storie poliziesche.
Il commissario sentiva che lì, in quella libreria, c'erano i propri casi, le proprie indagni, i propri morti, i propri condannati, le umide nottate passate appostato in una brasserie, a sbirciare dalla vetrina, ad aspettare il suo uomo e a bere calvaldos.
Lì c'era un pezzo della propria vita... un bel pezzo.
Ma poi c'erano le panzane, come le chiamava, cioè le storie inventate, le indagini che non aveva mai condotto, personaggi e fatti del tutto inesistenti. Già, perché quel Simenon aveva sfruttato ben bene quello che c'era da prendere dalla realtà, ma poi non si era fatto scrupolo d'inventare vicende e situazioni che non erano mai successe... ma lui se lo poteva permettere... non era uno scrittore? Anzi un romanziere, come si faceva chiamare. E anche per quello che riguardava sè stesso o il rapporto con sua moglie... tutto inventato... Tic e manie che non aveva mai avuto, come quella ridicola dell'antiquata stufa a carbone del suo ufficio...Ma come si può pensare?... Avrebbe perlomeno affumicato tutto l'ufficio!...E poi quella storia del bere, che esagerazione!... Ormai non poteva più entrare in un bar o una brasserie che subito il padrone gli chiedeva "Un calvados? Una bella birra fresca?... Un cognac?...".
Maigret era piantato lì davanti alla libreria, immobile, massicio, pesante almeno come tutta quella carta davanti a lui. L'unico segno di vita erano le dense boccate di fumo.
In quegli istanti aveva dimenticato tutto, la chiamata a Quai des Orfévres, la notizia che un archivista di quell'ufficio era stato trovato cadavere, la corsa in macchina con i suoi ispettori, Lucas che dava ordini ai gendarmi del quartiere.
Una volta entrato in quella stanza, e trovatosi a tu per tu con quella libreria, si era estraniato da tutto.
E ora continuava a stare fermo davanti alla libreria come di fronte ad uno specchio. Da una parte lui in carne ed ossa, dall'altra sempre lui ma sulla carta e nei libri. Il vero Maigret faccia a faccia con quello che conoscevano tutti, o meglio, che tutti pensavano di conoscere. Era uno come uno specchio? Sì, ma un specchio deformante che storceva la propria vita i propri casi, le proprie abitudini. In quel momento avvertiva tutto questo come un'indebita intrusione, una vera e propria....
- Commissario! - era Lucas che lo stava chiamando dalla stanza accanto - Commissario Maigret...
- Cosa c'è - rispose senza muovere ciglio - cosa vuoi?...
- Sta salendo il signor Simenon...
- Simenon? E come ha fatto a sapere?...
- Forse alla centrale - disse Lucas affacciandosi alla porta - sa... con tutti gli amici che ha... chissà, forse una telefonata...
Un grugnito usci dalla gola di Maigret.
Alzò gli occhi al cielo, ma vide solo un soffitto con delle macchie di umidità.
Poi a passi lenti e pesanti si avviò verso la porta.
La pipa non si era ancora spenta.
Maurizio Testa
mercoledì 14 maggio 2014
SIMENON SIMENON. L'ADDIO DE "IL GIORNO"
Torniamo con un'altra testimonianza giornalistica della scomparsa di Simenon. E' sempre il 7 settembre 1989 stavolta si tratta del quotidiano milanese "Il Giorno", nato nel '56 e che propose al suo esordio alcuni elementi innovativi in parte mutuati dalla stampa britannica.
La pagina che quel giorno dedica alla scomparsa dello romanziere è però ancora "la terza", quella che per tradizione e per lungo tempo fu dedicata dai giornali quotidiani ai temi culturali. In quell'anno era direto da Italo Pietra, gornalisa sensibile ala cultura come dimostrano le firme collezionae sotto la sua direzione: Arbasino, Cederna, Citati, Pasolini, Eco, Cassola, Soldati...
Il grande titolo "Addio Simenon" è sovrastato da un occhiello che definisce il romanziere come "l'autore delle avventure del commissario Maigret".
E ancora nel sommario si interroga: "La scomparsa lascia aperto l'enigma sulla sua personalità di scrittore, affabulatore alla maniera di Balzac, attratto dagli abissi di Dostewskji..."
A metà pagina un altro titolo recita "Prima del pubblico, furono i grandi dela letteratura, come Gide e Sartre, a decretare il successo dei suoi romanzi".
Nell'articolo d'apertura si dice che "... il miglior romanzo Simenon l'ha scritto vivendolo...". Le ricostruzioni proposte non sono tutte precise, come quella secondo la quale fu Simenon a decidere di smettere negli anni '70 la produzione dei Maigret... cosa abbastanza imprecisa, come sappiamo.
Si parla anche del suo metodo "...ecco il metodo di Maigret e lo stile di Simenon: un clinico dalla natura umana, niente affatto moralista, per solidale pietà...". E poi, buona metà della pagina dedicata a Maigret definito "L'eroe dei suoi racconti, campione di un mondo criminale che non esiste più".
Tre le foto che illustrano la pagina. In alto a destra, un Simenon anziano, dove una didascalia spiega il perchè del ritardo di tutti i quotidiani nel dare la notizia della morte, in realtà avvenuta il 4 settembre. Per volere di Simenon la notizia venne data alla stampa ad esequie avvenute, quindi il 6 di settembre, appena in tempo per uscire, tutti i giornali italiani e non, il 7 settembre. Le altre due foto riguardano una l'attore Cervi, il Maigret italiano, (quella in basso a sinistra) e l'altra (a fianco) Jean Gabin, altro grande attore simenoniano, qui però non nei panni di Maigret, ma protagonista insieme a Simone Signoret della trasposizione cinematografica de "Le chat". Completano la pagina, un box in cui si scrive che, ad allora, erano state vendute in Italia 20 milioni di copie delle opere di Simenon, e un articolo di taglio basso, in cui vengono passati in rassegna i vari Maigret, da quelli televisivi a quelli cinematografici, da quelli italiani a quelli francesi, inglesi... E l'articolo si chiude con l'invito ad andare a vedere al cinema un film tratto, non dai Maigret, ma da un roman-dur: L'insolito caso di Mr. Hire (Les fiancailles de Mr.Hire) con queste parole: "...La solitudine che circonda come una lieve nube i personaggi simenoniani è qui una categoria dell'esistenza...".
La pagina che quel giorno dedica alla scomparsa dello romanziere è però ancora "la terza", quella che per tradizione e per lungo tempo fu dedicata dai giornali quotidiani ai temi culturali. In quell'anno era direto da Italo Pietra, gornalisa sensibile ala cultura come dimostrano le firme collezionae sotto la sua direzione: Arbasino, Cederna, Citati, Pasolini, Eco, Cassola, Soldati...
Il grande titolo "Addio Simenon" è sovrastato da un occhiello che definisce il romanziere come "l'autore delle avventure del commissario Maigret".
E ancora nel sommario si interroga: "La scomparsa lascia aperto l'enigma sulla sua personalità di scrittore, affabulatore alla maniera di Balzac, attratto dagli abissi di Dostewskji..."
A metà pagina un altro titolo recita "Prima del pubblico, furono i grandi dela letteratura, come Gide e Sartre, a decretare il successo dei suoi romanzi".
Nell'articolo d'apertura si dice che "... il miglior romanzo Simenon l'ha scritto vivendolo...". Le ricostruzioni proposte non sono tutte precise, come quella secondo la quale fu Simenon a decidere di smettere negli anni '70 la produzione dei Maigret... cosa abbastanza imprecisa, come sappiamo.
Si parla anche del suo metodo "...ecco il metodo di Maigret e lo stile di Simenon: un clinico dalla natura umana, niente affatto moralista, per solidale pietà...". E poi, buona metà della pagina dedicata a Maigret definito "L'eroe dei suoi racconti, campione di un mondo criminale che non esiste più".
Tre le foto che illustrano la pagina. In alto a destra, un Simenon anziano, dove una didascalia spiega il perchè del ritardo di tutti i quotidiani nel dare la notizia della morte, in realtà avvenuta il 4 settembre. Per volere di Simenon la notizia venne data alla stampa ad esequie avvenute, quindi il 6 di settembre, appena in tempo per uscire, tutti i giornali italiani e non, il 7 settembre. Le altre due foto riguardano una l'attore Cervi, il Maigret italiano, (quella in basso a sinistra) e l'altra (a fianco) Jean Gabin, altro grande attore simenoniano, qui però non nei panni di Maigret, ma protagonista insieme a Simone Signoret della trasposizione cinematografica de "Le chat". Completano la pagina, un box in cui si scrive che, ad allora, erano state vendute in Italia 20 milioni di copie delle opere di Simenon, e un articolo di taglio basso, in cui vengono passati in rassegna i vari Maigret, da quelli televisivi a quelli cinematografici, da quelli italiani a quelli francesi, inglesi... E l'articolo si chiude con l'invito ad andare a vedere al cinema un film tratto, non dai Maigret, ma da un roman-dur: L'insolito caso di Mr. Hire (Les fiancailles de Mr.Hire) con queste parole: "...La solitudine che circonda come una lieve nube i personaggi simenoniani è qui una categoria dell'esistenza...".
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