La
vita letteraria di Maigret, ha avuto grosso modo tre aree geografiche
di riferimento, nel senso che Simenon ha scritto romanzi e racconti del
commissario in tre zone distinte: in Francia (prima e dopo i dieci anni statunitensi), in America (per la precisione in Canada e in Usa) e in Svizzera (fino all'interruzione della sua attività di romanziere).
Se
questo abbia avuto un'influenza sul modo di scrivere di Simenon e di
presentare il suo protagonista, andrebbe valutato con un'approfondita
analisi. Più superficialmente, e dal giudizio di chi ha letto l'intero corpus
maigrettiano, sembra che queste diverse aree geografiche non abbiano
avuto un'infuenza maggiore ad esempio di quella dovuta alla maturazione
dello scrittore (che iniziò la serie a 28 anni e la concluse quasi a 70),
delle sue vicende personali e delle mutate condizioni ambientali,
sociali e di mentalità, come avviene nel corso di quarant'anni.
Ad
ogni buon conto ci siamo presi la briga di andare a contare quanti
Maigret Simenon avesse scritto prima in Francia, poi in America e quindi
in Svizzera.
Abbiamo consultato più di una fonte e nella
fatispecie la bibliografia compilata da uno storico studioso
simenoniano, Francis Lacassin, quella realizzata dal più accreditatato
simenonologo odierno, Pierre Assouline, e poi per curiosità siamo andati
anche a vedere quello che riporta Wikipedia in merito.
Come
vedrete i numeri non coincidono, questo è dovuto soprattutto al fatto
che in alcuni casi si conteggiano le raccolte di racconti come un solo
titolo, mentre altre volte ogni racconto viene considerato un titolo a
sé. Quello che emerge è però la tendenza che invece è omogenea in tutti e
tre i casi esaminati.
Come anticipiamo nel titolo, la maggior
parte dei Maigret fu scritta in Francia tra il '31 e il '45 e poi nel
'55-'57 al rientro dagli Usa. Poi, facendo una media, seguono i romanzi
redatti in Svizzera. Al terzo posto si collocano quelli compilati in
America (tra Canada prima e Usa poi). Scarti bassi e a volte minimi, come se la produzione dei Maigret fosse abbastanza equamente ripartita.
Prima
di dare un po' di numeri, vorremmo però ricordare che Simenon scriveva
sempre, quando era nel comfort del proprio studio, in vaggio, nelle
località più lontane ed esotiche, sul suo Ostrgoth navigando per
canali e da giovane stava per accettare la sfida di scrivere addirittura
un romanzo sotto gli occhi di tutti in una gabbia di vetro (una trovata pubblicitaria, poi fallita, di uno dei suoi editori di allora, Eugene Merle). E in queste situazioni scriveva indifferentemente dei Maigret, come dei romans-durs.
Questo tanto per sottolineare che evidentemente la sua spinta creatrice
era più forte di altri elementi che potevano in qualche modo influire,
ma non essere determinanti.
E adesso veniamo ai dati.
• Dalla bibliografia di Lacassin ci risulta che i Maigret furono così distribuiti: 51 in Francia (3 al ritorno dagli Usa), 26 in America (Usa + Canada) e 25 in Svizzera.
• Dalla bibliografia di Assouline invece si apprende che 43 sono made in France (4 al ritorno dagli Usa), 26 del periodo americano (candesi compresi) e 25 svizzeri.
•
Wikipedia riporta invece che complessivamente in Francia ne uscirono
27, invece 20 furono quelli redatti in America e 25 quelli prodotti in
Svizzera.
Ultimi tre dati. Simenon visse 25 anni in Francia, 10 in America e 22 in Svizzera.
Va
ricordato che i 25 anni francesi sono tutti di piena attività, come
d'altronde i 10 americani. Mentre in Svizzera gli anni di scrittura
furono 15 (nel '72 Simenon smise di scrivere romanzi e Maigret).
Ammesso
che vi vogliate divertire, potreste incrociate il numero degli anni
passati in ogni paese con il numero di titoli lì scritti, avreste così
una sorta di indice di produttività.... ma così è solo un gioco...
martedì 22 luglio 2014
lunedì 21 luglio 2014
"SIMENON SOUVENIR" - LE INCOGNITE DEL NUOVO MONDO E LA SORPRESA DENYSE
Non si tratta solo della sua decisone di abbandonare la Francia e
trasferirsi negli Stati Uniti, con l'intenzione di rimanervi. No,
insieme a quella, nel '45, c'erano diversi elementi, a causa dei quali
possiamo dire che il romanziere fu nella condizione di lasciarsi alle
spalle tutto ciò che fino ad allora aveva costruito e iniziare daccapo,
in un posto che non conosceva, e dove lui era quasi uno conosciuto, o
certo molto meno famoso di quanto non fosse in Francia.
Possiamo paragonare questa fuga a quella di ventitre anni prima?
Allora lasciava Liegi, la sua città natale. Lasciava la famiglia, anche se i rapporti con la madre erano assai problematici, il padre era morto da un anno e il legame con il fratello non era così profondo. Lasciava, a diciannove anni, un lavoro gratificante e ben retribuito, quello di redattore de La Gazette de Liège dove per altro aveva buone prospettive di carriera. Lasciava la sua fidanzata, anche se c'era già un accordo per convolare a nozze. Comunque per il momento troncava tutto per tentare l'avventura letteraria a Parigi: un salto nel buio.
Adesso, che aveva nel mirino l'America, non si trovava in una situazione stabile. Pur continuando a convivere con Tigy (che insieme al figlio Marc l'avrebbe seguito in quell'avventura), il loro rapporto era definitivamente esaurito e la convivenza serviva solo per non turbare troppo Marc. Da un punto di vista editoriale aveva fatto un passo assai azzardato. Aveva lasciato la prestigiosa e ambita Gallimard per una piccola e allora sconosciuta casa editrice, Presses de La Citè. Non c'erano garanzie che la cosa potesse funzionare e lo stupore di molti che lo conoscevano certo non lo confortava in quella sua rischiosa scelta. A Parigi inoltre aveva dovuto lasciare Boule, sua femme de chambre da una ventina d'anni circa, alla quale lo legava non solo un quotidiano rapporto sessuale, ma anche una sincera tenerezza.
In più sbarcava in paese di cui non conosceva la lingua, o non sufficientemente, dove tutto gli era sconosciuto, dove non aveva amici, nè tanto meno quella rete di conoscenze che s'era lasciato alle spalle in Francia. Anche il suo ritmo di scrittura di quell'anno e di quello prima non è certo paragonabile alla sua media abituale
Simenon ha da poco passato i quarant'anni. Ha trascorso mesi terribili in Francia, sotto la spada di Damocle dell'accusa di collaborazionismo con i nazisti. E anche la partenza per gli Usa non è stata certo facile. Circa sei mesi di snervante attesa a Londra prima di trovare un passaggio qualsiasi per New York. Alla fine andrà bene anche un cargo.
Anche questa fuga in America è in un certo senso un salto nel buio, anche se ora Simenon possiede una serie di salvagenti costituiti da una certa traquillità economica, dall'affetto per un figlio, dalla sua reputazione di romanziere che, almeno in Europa, va crescendo e soprattutto dalle forze di un uomo maturo per affrontare queste difficoltà.
Probabilmente potremmo dire che comunque in quel momento era in uno stato di vulnerabilità, in una fase di incertezze e di incognite. Ed è in questo stato che incontra Denyse.
La segretaria-interprete lo travolge sentimentalmente e sessualmente e, come disse letteralmente Simenon, gli fece conoscere l'amore, quello travolgente, quello che suscita gelosia, quello che fa saltare tutti gli schemi.
Ci siamo chiesti più volte: ma come sarebbe andata se Simenon avesse incontrato Denyse in un altro contesto e in una situazione psicologica diversa?
Possiamo paragonare questa fuga a quella di ventitre anni prima?
Allora lasciava Liegi, la sua città natale. Lasciava la famiglia, anche se i rapporti con la madre erano assai problematici, il padre era morto da un anno e il legame con il fratello non era così profondo. Lasciava, a diciannove anni, un lavoro gratificante e ben retribuito, quello di redattore de La Gazette de Liège dove per altro aveva buone prospettive di carriera. Lasciava la sua fidanzata, anche se c'era già un accordo per convolare a nozze. Comunque per il momento troncava tutto per tentare l'avventura letteraria a Parigi: un salto nel buio.
Adesso, che aveva nel mirino l'America, non si trovava in una situazione stabile. Pur continuando a convivere con Tigy (che insieme al figlio Marc l'avrebbe seguito in quell'avventura), il loro rapporto era definitivamente esaurito e la convivenza serviva solo per non turbare troppo Marc. Da un punto di vista editoriale aveva fatto un passo assai azzardato. Aveva lasciato la prestigiosa e ambita Gallimard per una piccola e allora sconosciuta casa editrice, Presses de La Citè. Non c'erano garanzie che la cosa potesse funzionare e lo stupore di molti che lo conoscevano certo non lo confortava in quella sua rischiosa scelta. A Parigi inoltre aveva dovuto lasciare Boule, sua femme de chambre da una ventina d'anni circa, alla quale lo legava non solo un quotidiano rapporto sessuale, ma anche una sincera tenerezza.
In più sbarcava in paese di cui non conosceva la lingua, o non sufficientemente, dove tutto gli era sconosciuto, dove non aveva amici, nè tanto meno quella rete di conoscenze che s'era lasciato alle spalle in Francia. Anche il suo ritmo di scrittura di quell'anno e di quello prima non è certo paragonabile alla sua media abituale
Simenon ha da poco passato i quarant'anni. Ha trascorso mesi terribili in Francia, sotto la spada di Damocle dell'accusa di collaborazionismo con i nazisti. E anche la partenza per gli Usa non è stata certo facile. Circa sei mesi di snervante attesa a Londra prima di trovare un passaggio qualsiasi per New York. Alla fine andrà bene anche un cargo.
Anche questa fuga in America è in un certo senso un salto nel buio, anche se ora Simenon possiede una serie di salvagenti costituiti da una certa traquillità economica, dall'affetto per un figlio, dalla sua reputazione di romanziere che, almeno in Europa, va crescendo e soprattutto dalle forze di un uomo maturo per affrontare queste difficoltà.
Probabilmente potremmo dire che comunque in quel momento era in uno stato di vulnerabilità, in una fase di incertezze e di incognite. Ed è in questo stato che incontra Denyse.
La segretaria-interprete lo travolge sentimentalmente e sessualmente e, come disse letteralmente Simenon, gli fece conoscere l'amore, quello travolgente, quello che suscita gelosia, quello che fa saltare tutti gli schemi.
Ci siamo chiesti più volte: ma come sarebbe andata se Simenon avesse incontrato Denyse in un altro contesto e in una situazione psicologica diversa?
domenica 20 luglio 2014
"SIMENON SOUVENIR" - NESSUNA CONCESSIONE ALL'HAPPY END
- Nei suoi romanzi non commerciali, non prova nessun bisogno di fare concessioni?
- Non faccio mai questo, mai, mai, mai. Altrimenti non scriverei...
Chi domanda è Carvel Colllins, giornalista americano, chi risponde è Georges Simenon. Argomento, la linea di demarcazione tra letteratura commerciale e non. Anno 1956.
Sappiamo bene che Simenon, soprattutto grazie alla decina di anni passati a scrivere su commissione, ha le idee ben chiare su cosa considerava commerciale. Per lui era ogni opera che fosse scritta ad uso e consumo di uno specifico pubblico e che di conseguenza dovesse seguire certe regole e rispettare determinati schemi. Ma, lui che conosceva bene la materia, non condanna tutto. "...naturalmente ci possono essere vari gradi nella letteratura commerciale. Vi si possono trovare cose di pessima qualità e altre buonissime. I-libri-del-mese, ad esempio, sono letteratura commerciale, ma alcuni di essi sono quasi perfetti, quasi opere d'arte. Non del tutto, ma quasi...".
Sembra quindi che in qualche modo cerchi di sfumare quelle teoriche divisioni, troppo nette e troppo astratte per rispecchiare fedelmente la realtà.
Ma comunque il Simenon ultracinquantenne sa bene quello che vuole come romanziere e quali sono i suoi punti inderogabili.
Tornando all'intervista di Collins, questi insiste per sapere, secondo Simenon, come, non l'autore, ma il lettore possa capire se si tratti di un'opera commerciale o no.
"...La grande differenze sta nelle concessioni. Scrivendo a scopo commerciale si devono sempre fare delle concessioni - spiega Simenon, ribandendo poi come abbiamo citato all'inizio che - Non faccio mai questo, mai, mai, mai...".
D'altronde il romanziere non solo ha avuto esperienza diretta della letteratura commerciale. Nei dieci anni negli Stati Uniti ha avuto modo di conoscere bene il mondo cinematografico dove il coté commerciale finisce per prevalere anche su prodotti di qualità, in ossequio all'happy end, con delle conclusioni che non cozzino con la morale e i valori di riferimento della cultura americana.
"... si ha l'imperessione di vedere qualcosa di interamente nuovo e potente, poi alla fine arriva la concessione. Non sempre un finale felice, ma qualcosa per sistemare tutto secondo la morale o la filosofia. Tutti i personaggi che erano meravigliosamente delineati, cambiano completamente negli ultimi dieci minuti...".
- Non faccio mai questo, mai, mai, mai. Altrimenti non scriverei...
Chi domanda è Carvel Colllins, giornalista americano, chi risponde è Georges Simenon. Argomento, la linea di demarcazione tra letteratura commerciale e non. Anno 1956.
Sappiamo bene che Simenon, soprattutto grazie alla decina di anni passati a scrivere su commissione, ha le idee ben chiare su cosa considerava commerciale. Per lui era ogni opera che fosse scritta ad uso e consumo di uno specifico pubblico e che di conseguenza dovesse seguire certe regole e rispettare determinati schemi. Ma, lui che conosceva bene la materia, non condanna tutto. "...naturalmente ci possono essere vari gradi nella letteratura commerciale. Vi si possono trovare cose di pessima qualità e altre buonissime. I-libri-del-mese, ad esempio, sono letteratura commerciale, ma alcuni di essi sono quasi perfetti, quasi opere d'arte. Non del tutto, ma quasi...".
Sembra quindi che in qualche modo cerchi di sfumare quelle teoriche divisioni, troppo nette e troppo astratte per rispecchiare fedelmente la realtà.
Ma comunque il Simenon ultracinquantenne sa bene quello che vuole come romanziere e quali sono i suoi punti inderogabili.
Tornando all'intervista di Collins, questi insiste per sapere, secondo Simenon, come, non l'autore, ma il lettore possa capire se si tratti di un'opera commerciale o no.
"...La grande differenze sta nelle concessioni. Scrivendo a scopo commerciale si devono sempre fare delle concessioni - spiega Simenon, ribandendo poi come abbiamo citato all'inizio che - Non faccio mai questo, mai, mai, mai...".
D'altronde il romanziere non solo ha avuto esperienza diretta della letteratura commerciale. Nei dieci anni negli Stati Uniti ha avuto modo di conoscere bene il mondo cinematografico dove il coté commerciale finisce per prevalere anche su prodotti di qualità, in ossequio all'happy end, con delle conclusioni che non cozzino con la morale e i valori di riferimento della cultura americana.
"... si ha l'imperessione di vedere qualcosa di interamente nuovo e potente, poi alla fine arriva la concessione. Non sempre un finale felice, ma qualcosa per sistemare tutto secondo la morale o la filosofia. Tutti i personaggi che erano meravigliosamente delineati, cambiano completamente negli ultimi dieci minuti...".
sabato 19 luglio 2014
"SIMENON SOUVENIR" - MA IL MOMENTO DELLA CONSACRAZIONE...?
E'
difficile dire con precisione quando Simenon ebbe una decisiva ed
indiscutibile consacrazione letteraria. Intanto la sua avventura di
romanziere fà registrare una serie di tappe che hanno avuto
un'importanza fondamentale sia che le si consideri come un salto di
livello avvertito dallo scrittore stesso, oppure come una svolta
decisiva percepita dai critici o da altri letterati.
Ci sono le famose tappe indicate da Simenon. Il passaggio dalla letteratura popolare ai Maigret e poi quello dalle inchieste del commissario ai romans-durs.
Oppure l'appoggio di un nume tutelare della letteratura fancese come André Gide e l'ingresso nel sancta-sanctorum degli scrittori, la casa editrice Gallimard. O anche il ritorno in Europa, dopo dieci anni negli Stati Uniti, quando lo scrittore stesso toccò con mano il tipo di accoglienza e la risonanza che il rientro ebbe nel mondo dei media e in quello letterario. Anche in questo caso Simenon si rese conto di come fosse cresciuta la sua statura letteraria rispetto a quando aveva abbandonato la Francia nel 1945.
Ma diversi studiosi, biografi e specialisti individuano tra il 1963 e il 1964 il momento in cui, a livello internazionale, Simenon veniva percepito come uno dei romanzieri più significativi del secolo. Ad iniziare dal plauso di François Mauriac in un famoso articolo su Le Figaro Littéraire (maggio 1963) oppure da altri articoli dedicati al romanziere in quegli anni sul francese Le Monde, sul tedesco Tagspiel, sul britannico Times Literary Supplement, sugli americani New York Times, Washington Post e Atlantic Monthly...
Insomma gli anni in cui Simenon pubblicava, tra gli altri, Les Anneaux de Bicêtre La chambre bleu e Le Petit Saint, ma che erano la summa di una carriera che a quel punto contava un centinaio di romanzi e una novantina di Maigret. E con una continuità impressionante che durava dai primi degli anni '30.
A nostro avviso potremmo dire che a quel punto, tra il '63 e il '64, il suo essere "un fenomeno" (la velocità di scrittura, il ritmo di pubblicazione, la grande versatilità....) che sempre l'aveva contraddistinto nella considerazione generale, era finalmente offuscato dalla qualità di quello che scriveva (e che aveva scritto). A quel punto non si parlava più delle sue ottanta pagine in un solo giorno, dei Maigret che all'inizio erano usciti una volta al mese, nemmeno si trattasse di un periodico... era definitivamente dimenticata quella vecchia storia, per altro falsa, del romanzo scritto in una gabbia di vetro. lnsomma il recordman della scrittura cedeva il passo al romanziere di primissima statura.
Tutto questo accadeva in un momento critico della vita privata di Simenon, la crisi con la moglie era al culmine (tanto che Denyse nell'aprile del '64 abbandonava definitivamente la famiglia Simenon e la villa di Epalinges).
Simenon aveva 60 anni, aveva sempre scritto, aveva dedicato la sua vita alla scrittura, aveva lottato contro tutto e tutti quelli che l'avrebbero voluto diverso. Questo era momento della sua vittoria definitiva. Era ormai unanimemente considerato un romanziere senza se e senza ma, proprio come aveva sognato sul quel treno che il 10 dicembre 1922 lo aveva portato da Liegi a Parigi per iniziare la grande avventura.
Ci sono le famose tappe indicate da Simenon. Il passaggio dalla letteratura popolare ai Maigret e poi quello dalle inchieste del commissario ai romans-durs.
Oppure l'appoggio di un nume tutelare della letteratura fancese come André Gide e l'ingresso nel sancta-sanctorum degli scrittori, la casa editrice Gallimard. O anche il ritorno in Europa, dopo dieci anni negli Stati Uniti, quando lo scrittore stesso toccò con mano il tipo di accoglienza e la risonanza che il rientro ebbe nel mondo dei media e in quello letterario. Anche in questo caso Simenon si rese conto di come fosse cresciuta la sua statura letteraria rispetto a quando aveva abbandonato la Francia nel 1945.
Ma diversi studiosi, biografi e specialisti individuano tra il 1963 e il 1964 il momento in cui, a livello internazionale, Simenon veniva percepito come uno dei romanzieri più significativi del secolo. Ad iniziare dal plauso di François Mauriac in un famoso articolo su Le Figaro Littéraire (maggio 1963) oppure da altri articoli dedicati al romanziere in quegli anni sul francese Le Monde, sul tedesco Tagspiel, sul britannico Times Literary Supplement, sugli americani New York Times, Washington Post e Atlantic Monthly...
Insomma gli anni in cui Simenon pubblicava, tra gli altri, Les Anneaux de Bicêtre La chambre bleu e Le Petit Saint, ma che erano la summa di una carriera che a quel punto contava un centinaio di romanzi e una novantina di Maigret. E con una continuità impressionante che durava dai primi degli anni '30.
A nostro avviso potremmo dire che a quel punto, tra il '63 e il '64, il suo essere "un fenomeno" (la velocità di scrittura, il ritmo di pubblicazione, la grande versatilità....) che sempre l'aveva contraddistinto nella considerazione generale, era finalmente offuscato dalla qualità di quello che scriveva (e che aveva scritto). A quel punto non si parlava più delle sue ottanta pagine in un solo giorno, dei Maigret che all'inizio erano usciti una volta al mese, nemmeno si trattasse di un periodico... era definitivamente dimenticata quella vecchia storia, per altro falsa, del romanzo scritto in una gabbia di vetro. lnsomma il recordman della scrittura cedeva il passo al romanziere di primissima statura.
Tutto questo accadeva in un momento critico della vita privata di Simenon, la crisi con la moglie era al culmine (tanto che Denyse nell'aprile del '64 abbandonava definitivamente la famiglia Simenon e la villa di Epalinges).
Simenon aveva 60 anni, aveva sempre scritto, aveva dedicato la sua vita alla scrittura, aveva lottato contro tutto e tutti quelli che l'avrebbero voluto diverso. Questo era momento della sua vittoria definitiva. Era ormai unanimemente considerato un romanziere senza se e senza ma, proprio come aveva sognato sul quel treno che il 10 dicembre 1922 lo aveva portato da Liegi a Parigi per iniziare la grande avventura.
venerdì 18 luglio 2014
"SIMENON SOUVENIR" - IL GIORNALISTA E LA STORIA: FACCIA A FACCIA CON LEV TROTSKY
Ottant'anni fa'. Giugno. Simenon si trova in Turchia e più
precisamente a Istanbul. E' arrivato fin lì a intervistare, per conto
del quotidiano Paris-Soir, Lev Trotsky in fuga dall'Unione
Sovietica, perseguitato da Stalin, e in quel momento nascosto tra le
isolette del mar di Marmara. Il resoconto di quel viaggio e l'intervista
furono pubblicate sul quotidiano parigino in due puntate il 16 e il 17
giugno 1933.
Oggi vi proponiamo alcuni stralci del reportage.
"...ho incontrato dieci volte Hitler al Kaiserhof Hotel, quando teso e febbrile, già cancelliere, conduceva la sua campagna elettorale. Ho visto Mussolini osservare senza stancarso la sfilata di migliaia di giovani. E a Montparnasse, una sera, ho riconosciuto Gandhi, in una silhouette bianca che rasentava le case, seguito da giovani donne fanatiche.
Per intervistare Trotsky, eccomi sul ponte più brulicante di Pont-Neuf, che collega la vecchia e antica Costantinopoli, Stamboul e Galata.... Qui una riva si chiama Europa e l'altra Asia, al posto dei rimorchiartori e delle peniche della Senna vi sono altrettanti cargo e imbarcazioni a vapore che battono bandiere di tutti i paesi del mondo, che si dirigono verso il mar Nero o s'infilano nello stretto dei Dardanelli... Trotsky? Gli ho scritto l'altro ieri per chiedergli un'intervista. L'indomani mattina venivo già svegliato dal trillo del telefono.
- Monsieur Simenon? Sono il segretario de M. Trotsky. M. Trotsky la riceverà domani alle 4. Occorre innanzitutto che la avverta che M. Trotsky, le cui dichiarazioni sono state troppo spesso travisate, desidera ricevere in anticipo le vostre domande per iscritto. Lui anche risponderà scrivendo...
Ho fatto tre domande...
Ecco Prinkipo, l'isola dove sorge da qualche parte l'abitazione di Trotsky. Hanno parlato, credo, di una nascondiglio sontuoso, di villeggiatura di lusso, di proprietà paradisiache... Una vettura mi porta lungo una strada costeggiata da ville. Molte sono in vendita o in attesa di essere affittate, perchè la crisi è dura anche in Turchia... La vettura si ferma. Il mio accompagnatore, mi tende il braccio... Non mi resta che scendere per un corridoio stretto entro due mura. Tutto è così calmo, così immobile, l'aria, l'acqua, le foglie, il cielo, che si ha l'impressione di rompere, passando, i raggi del sole. Intanto ecco un uomo al di là di un cancello. La sua divisa da poliziotto turco è aperta su una camicia bianca e, come un pacifico pensionato nel suo giardino, calza delle pantofole. Esce un altro poliziotto, questo in abiti civili, o meglio in maniche di camicia, ha apenna finito di lavarsi e pulisce le sue orecchie con il bordo di una salvietta.
- Monsieur Simenon?
Sono in un giardino che non misura più di cento metri per cinquanta. Un piccolo cane si rotola nella polvere, un giovanotto allungato su un'amaca legge un fascicolo in inglese e non mi degna di uno sguardo. C'è un altro uomo sotto la veranda. Anche lui in maniche di camicia e pantofole. E altri due bevono del caffè nella prima stanza che è arredata solo da un tavolo con delle sedie. Tutto è rallentato. Credo la causa sia l'aria. Io stesso sono rallentato, direi senza curiosità.
- Monsieur Simenon?
Uno di quei giovani uomini si fa avanti, cordialmente, tendendomi la mano e ben presto siamo seduti tutti e due sulla terrazza, mentre all'altro capo del giardino il poliziotto termina la sua toilette.
Si potrebbe stare lì per ore, senza far niente, senza dire nulla, forse senza nemmeno pensare.
- Se volete, possiamo parlare prima noi due. Poi potrete vedere M. Trotsky.
Il segretario non è russo. E' un ragazzo del nord, pieno di salute, dal colorito roseo e dagli occhi chiari. Parla francese come fosse di Parigi.
- Sono stupito che M.Trotsky abbia accettato di incontrarvi. Di solito evita i giornalisti.
- Sapete perchè mi ha riservato questo favore?
- Lo ignoro.
Io pure. E continuerò ad ignorarlo. Forse le mie domande coincidevano con quello che Trotsky aveva voglia di dire o con qualche dichiarazione che voleva rilasciare in quel momento...
Trotsky si alza per tendermi la mano, poi si siede alla sua scrivania, posando dolcemente il suo sguardo sulla mia persona.
E' stato descritto migliaia di volte, e io non vorrei farlo di nuovo a mia volta. Quello che vorrei fare é rendere la stessa sensazione di calma e di serenità che ho percepito, stessa calma e stessa serenità nel giardino, nella casa, nell'arredo...
Trotsky semplice e cordiale, mi porge i fogli dattiloscritti che riportano le risposte alle mie domande.
- Le ho dettate in russo e il mio segretario le ha tradotte stamattina. Vi domando solo di firmarmi una copia che poi conserverò.
Sul tavolo ci sono sparsi dei giornali di tutto il mondo e Paris-Soir é sopra a tutti... Dalla finestra aperta si scorge, alla fine del giardino, un minuscolo porticciolo dove sono ormeggiate due imbarcazioni, un piccolo caicco del posto e un canotto con il motore fuoribordo.
- Vedete? - mi fa Trotsky sorridendo - Alle sei del mattino vado a pesca...
Non mi dice che è obbligato a portarsi dietro uno dei suoi poliziotti, ma io lo so.
Con un gesto, indica le morbide colline dell'Asia Minore, che sono appena a cinque chilometri,
- D'inverno c'è la caccia... laggiù... Ora possiamo parlare...
Ma mi sono impegnato a non pubblicare nulla di quello che dirà...
Commenta le dichiarazioni che mi ha consegnato. La sua voce e i suoi gesti sono tutt'uno con la pace di quell'ambiente.
Parliamo a lungo di Hitler. Il personaggio lo preoccupa e lo inquieta. Gli riferisco le opinioni contraddittorie che ho sentito un po' dappertutto in Europa, non tanto sull'attività del Führer, ma sulla sua personalità e sul suo valore personale.
E non credo di venir meno al mio impegno riportando qualche parola che mi ha particolarmente colpito, laggiù nella casa di Prinkipo, così lontano da Berlino...
- Hitler si è fatto da solo, man mano che andava avanti. Ha imparato passo passo, tappa dopo tappa, durante la lotta... ".
Questo, in sintesi è l'incontro di due uomini, un giovane giornalista scrittore di successo, occidentale, di 30 anni e un uomo politico di 54 anni dell'epopea comunista, fondatore del Politburo sovietico, ma ormai in fuga. Molto diversi tra loro, ma curiosi uno dell'altro, vivaci intellettualmente, inquieti per natura. Se invece siete interessati all'intervista vera e propria potrete leggerla integralmente in francese su Lèon Trotsky: interview par Georges Simenon
Oggi vi proponiamo alcuni stralci del reportage.
"...ho incontrato dieci volte Hitler al Kaiserhof Hotel, quando teso e febbrile, già cancelliere, conduceva la sua campagna elettorale. Ho visto Mussolini osservare senza stancarso la sfilata di migliaia di giovani. E a Montparnasse, una sera, ho riconosciuto Gandhi, in una silhouette bianca che rasentava le case, seguito da giovani donne fanatiche.
Per intervistare Trotsky, eccomi sul ponte più brulicante di Pont-Neuf, che collega la vecchia e antica Costantinopoli, Stamboul e Galata.... Qui una riva si chiama Europa e l'altra Asia, al posto dei rimorchiartori e delle peniche della Senna vi sono altrettanti cargo e imbarcazioni a vapore che battono bandiere di tutti i paesi del mondo, che si dirigono verso il mar Nero o s'infilano nello stretto dei Dardanelli... Trotsky? Gli ho scritto l'altro ieri per chiedergli un'intervista. L'indomani mattina venivo già svegliato dal trillo del telefono.
- Monsieur Simenon? Sono il segretario de M. Trotsky. M. Trotsky la riceverà domani alle 4. Occorre innanzitutto che la avverta che M. Trotsky, le cui dichiarazioni sono state troppo spesso travisate, desidera ricevere in anticipo le vostre domande per iscritto. Lui anche risponderà scrivendo...
Ho fatto tre domande...
Ecco Prinkipo, l'isola dove sorge da qualche parte l'abitazione di Trotsky. Hanno parlato, credo, di una nascondiglio sontuoso, di villeggiatura di lusso, di proprietà paradisiache... Una vettura mi porta lungo una strada costeggiata da ville. Molte sono in vendita o in attesa di essere affittate, perchè la crisi è dura anche in Turchia... La vettura si ferma. Il mio accompagnatore, mi tende il braccio... Non mi resta che scendere per un corridoio stretto entro due mura. Tutto è così calmo, così immobile, l'aria, l'acqua, le foglie, il cielo, che si ha l'impressione di rompere, passando, i raggi del sole. Intanto ecco un uomo al di là di un cancello. La sua divisa da poliziotto turco è aperta su una camicia bianca e, come un pacifico pensionato nel suo giardino, calza delle pantofole. Esce un altro poliziotto, questo in abiti civili, o meglio in maniche di camicia, ha apenna finito di lavarsi e pulisce le sue orecchie con il bordo di una salvietta.
- Monsieur Simenon?
Sono in un giardino che non misura più di cento metri per cinquanta. Un piccolo cane si rotola nella polvere, un giovanotto allungato su un'amaca legge un fascicolo in inglese e non mi degna di uno sguardo. C'è un altro uomo sotto la veranda. Anche lui in maniche di camicia e pantofole. E altri due bevono del caffè nella prima stanza che è arredata solo da un tavolo con delle sedie. Tutto è rallentato. Credo la causa sia l'aria. Io stesso sono rallentato, direi senza curiosità.
- Monsieur Simenon?
Uno di quei giovani uomini si fa avanti, cordialmente, tendendomi la mano e ben presto siamo seduti tutti e due sulla terrazza, mentre all'altro capo del giardino il poliziotto termina la sua toilette.
Si potrebbe stare lì per ore, senza far niente, senza dire nulla, forse senza nemmeno pensare.
- Se volete, possiamo parlare prima noi due. Poi potrete vedere M. Trotsky.
Il segretario non è russo. E' un ragazzo del nord, pieno di salute, dal colorito roseo e dagli occhi chiari. Parla francese come fosse di Parigi.
- Sono stupito che M.Trotsky abbia accettato di incontrarvi. Di solito evita i giornalisti.
- Sapete perchè mi ha riservato questo favore?
- Lo ignoro.
Io pure. E continuerò ad ignorarlo. Forse le mie domande coincidevano con quello che Trotsky aveva voglia di dire o con qualche dichiarazione che voleva rilasciare in quel momento...
Trotsky si alza per tendermi la mano, poi si siede alla sua scrivania, posando dolcemente il suo sguardo sulla mia persona.
E' stato descritto migliaia di volte, e io non vorrei farlo di nuovo a mia volta. Quello che vorrei fare é rendere la stessa sensazione di calma e di serenità che ho percepito, stessa calma e stessa serenità nel giardino, nella casa, nell'arredo...
Trotsky semplice e cordiale, mi porge i fogli dattiloscritti che riportano le risposte alle mie domande.
- Le ho dettate in russo e il mio segretario le ha tradotte stamattina. Vi domando solo di firmarmi una copia che poi conserverò.
Sul tavolo ci sono sparsi dei giornali di tutto il mondo e Paris-Soir é sopra a tutti... Dalla finestra aperta si scorge, alla fine del giardino, un minuscolo porticciolo dove sono ormeggiate due imbarcazioni, un piccolo caicco del posto e un canotto con il motore fuoribordo.
- Vedete? - mi fa Trotsky sorridendo - Alle sei del mattino vado a pesca...
Non mi dice che è obbligato a portarsi dietro uno dei suoi poliziotti, ma io lo so.
Con un gesto, indica le morbide colline dell'Asia Minore, che sono appena a cinque chilometri,
- D'inverno c'è la caccia... laggiù... Ora possiamo parlare...
Ma mi sono impegnato a non pubblicare nulla di quello che dirà...
Commenta le dichiarazioni che mi ha consegnato. La sua voce e i suoi gesti sono tutt'uno con la pace di quell'ambiente.
Parliamo a lungo di Hitler. Il personaggio lo preoccupa e lo inquieta. Gli riferisco le opinioni contraddittorie che ho sentito un po' dappertutto in Europa, non tanto sull'attività del Führer, ma sulla sua personalità e sul suo valore personale.
E non credo di venir meno al mio impegno riportando qualche parola che mi ha particolarmente colpito, laggiù nella casa di Prinkipo, così lontano da Berlino...
- Hitler si è fatto da solo, man mano che andava avanti. Ha imparato passo passo, tappa dopo tappa, durante la lotta... ".
Questo, in sintesi è l'incontro di due uomini, un giovane giornalista scrittore di successo, occidentale, di 30 anni e un uomo politico di 54 anni dell'epopea comunista, fondatore del Politburo sovietico, ma ormai in fuga. Molto diversi tra loro, ma curiosi uno dell'altro, vivaci intellettualmente, inquieti per natura. Se invece siete interessati all'intervista vera e propria potrete leggerla integralmente in francese su Lèon Trotsky: interview par Georges Simenon
giovedì 17 luglio 2014
SIMENON SIMENON - DA DOMANI DIECI POST "SOUVENIR"
Da domani 18 luglio, per una decina di giorni Simenon-Simenon si prende un pausa estiva. Ma voi potrete ugualmente seguire ogni giorno i post del nostro blog. Quotidianamente infatti proporremo un "SIMENON SOUVENIR" (illustrazione di F.Pinter), cioè un scelto tra una selezione dei post pubblicati in passato e che, in base alle visite, sono risultati tra i vostri preferiti. Chi li avesse persi o chi avesse cominciato a seguire il nostro blog da poco, troverà delle chicche pubblicate negli anni scorsi (a novembre 2014 Simenon-Simenon compirà 4 anni...).
Dunque continuate a seguirci e, dopo queste dieci puntate, il 29 luglio, torneremo a pubblicare dei post inediti.
Buona lettura.
SIMENON SIMENON. I NEMICI DEL COMMISSARIO MAIGRET
Il primo nemico di Maigret fu Arthème Fayard. L'editore di Simenon che cercò in tutti i modi, tra la fine degli anni '20 e i primi dei '30, di non far esordire quel commissario nella sua prduzione editoriale. Diciamo che potrebbe essere addirittura accusato di tentato infanticidio, visto che fece di tutto di far soccombere il "neonato" protagonista del romanziere. Ma Simenon si batté come un leone ed ebbe la meglio su Fayard, riuscì a far vivere Jules Maigret, a farlo crescere e a costruirgli una più che invidiabile posizione.
Un'altro nemico importante in ordine di tempo fu, paradossalmente, lo stesso autore che considerava quella dei Maigret una parentesi, una sorta di ponte che lo doveva condurre dalla letteratura popolare su commissione, che aveva costituito la sua prolifica produzione fino a tutti gli anni '20, alla letteratura dei romans-romans. Per cui, terminati i primi diciannove titoli previsti dal contratto con Fayard, pensava di archiviare il personaggio, il genere, e la letteratura seriale per dedicarsi a quella con la "L" maiuscola. Da giugno del 1933 a luglio del 1938, Simenon quindi non scrisse un Maigret per cinque anni, nonostante le preghiere degli editori, prima di Fayard e poi di Gallimard. Simenon può quindi essere accusato di sequestro di persona aggravato dalla lunga detenzione per di più in luogo sconosciuto.
Il terzo nemico di Maigret non ha un volto preciso, o meglio non ha un solo volto. Si tratta di tutti coloro che a partire dai critici ai giornalisti, da alcuni letterati a certi maitre à penser, relegarono le inchieste del commissario Maigret in una sorta di letteratura di evasione e quindi in qualche modo di serie B. Come se scriverlo si fosse trattato di un semplice passatempo non solo per l'autore, ma anche per chi lo leggeva. Questo vuol dire confinare il personaggio in una dimensione che non é la sua, che gli stava (e gli starebbe tutt'ora) davvero stretta e soprattutto significa fare confusione tra alcuni elementi non certo secondari.
E' fin troppo ovvio che, essendo una letteratura di genere e per di più seriale, quella dei Maigret é una letteratura vincolata da paletti molto ben precisi. Ma ad un'analisi un po' più approfondita tra il linguaggio, i temi trattati, il ritmo narrativo, le valenze psicologiche dei personaggi, le atmosfere dei Maigret e quelli dei romans non c'é tutta questa differenza qualitativa. E soprattutto con il passare degli anni le differenze si affievoliscono sempre più. Qui l'accusa é certamente quella di diffamazione reiterata e spesso a mezzo stampa.
Il quarto e utimo nemico che citiamo in questo succinto elenco è Victor. Come si sa, Victor non è mai esistito. Sarebbe dovuto essere il protagonista del romanzo che Simenon si apprestava a scrivere il 20 settembre del 1972 dopo aver terminato a febbraio dello stesso anno Maigret et M. Charles. Una seduta andata a vuoto, poi una seconda, quindi una terza e quindi la decisione di non scrivere più. Simenon ha 69 anni, avrebbe ancora tempo e risorse per scrivere, magari lasciando passare un po' di tempo... magari dedicandosi a Maigret e ritrovando poi pian piano quell'état de romans perduto... chissà? Ma in pochi giorni la decisione è presa. Victor non riesce e lui smette di essere un romanziere, uno scrittore e un autore. Di questa decisione ne fà le spese il povero Maigret le cui inchieste forse avrebbero potuto continuare ad essere scritte ancora per anni. Invece per colpa di Victor, che nemmeno esisteva, e quindi per colpa di un fantasma... di un ectoplasma Maigret muore. Qui non ci sono dubbi l'accusa è di omicidio. Stabilirà la corte se volontario o preterintenzionale...
Un'altro nemico importante in ordine di tempo fu, paradossalmente, lo stesso autore che considerava quella dei Maigret una parentesi, una sorta di ponte che lo doveva condurre dalla letteratura popolare su commissione, che aveva costituito la sua prolifica produzione fino a tutti gli anni '20, alla letteratura dei romans-romans. Per cui, terminati i primi diciannove titoli previsti dal contratto con Fayard, pensava di archiviare il personaggio, il genere, e la letteratura seriale per dedicarsi a quella con la "L" maiuscola. Da giugno del 1933 a luglio del 1938, Simenon quindi non scrisse un Maigret per cinque anni, nonostante le preghiere degli editori, prima di Fayard e poi di Gallimard. Simenon può quindi essere accusato di sequestro di persona aggravato dalla lunga detenzione per di più in luogo sconosciuto.
Il terzo nemico di Maigret non ha un volto preciso, o meglio non ha un solo volto. Si tratta di tutti coloro che a partire dai critici ai giornalisti, da alcuni letterati a certi maitre à penser, relegarono le inchieste del commissario Maigret in una sorta di letteratura di evasione e quindi in qualche modo di serie B. Come se scriverlo si fosse trattato di un semplice passatempo non solo per l'autore, ma anche per chi lo leggeva. Questo vuol dire confinare il personaggio in una dimensione che non é la sua, che gli stava (e gli starebbe tutt'ora) davvero stretta e soprattutto significa fare confusione tra alcuni elementi non certo secondari.
E' fin troppo ovvio che, essendo una letteratura di genere e per di più seriale, quella dei Maigret é una letteratura vincolata da paletti molto ben precisi. Ma ad un'analisi un po' più approfondita tra il linguaggio, i temi trattati, il ritmo narrativo, le valenze psicologiche dei personaggi, le atmosfere dei Maigret e quelli dei romans non c'é tutta questa differenza qualitativa. E soprattutto con il passare degli anni le differenze si affievoliscono sempre più. Qui l'accusa é certamente quella di diffamazione reiterata e spesso a mezzo stampa.
Il quarto e utimo nemico che citiamo in questo succinto elenco è Victor. Come si sa, Victor non è mai esistito. Sarebbe dovuto essere il protagonista del romanzo che Simenon si apprestava a scrivere il 20 settembre del 1972 dopo aver terminato a febbraio dello stesso anno Maigret et M. Charles. Una seduta andata a vuoto, poi una seconda, quindi una terza e quindi la decisione di non scrivere più. Simenon ha 69 anni, avrebbe ancora tempo e risorse per scrivere, magari lasciando passare un po' di tempo... magari dedicandosi a Maigret e ritrovando poi pian piano quell'état de romans perduto... chissà? Ma in pochi giorni la decisione è presa. Victor non riesce e lui smette di essere un romanziere, uno scrittore e un autore. Di questa decisione ne fà le spese il povero Maigret le cui inchieste forse avrebbero potuto continuare ad essere scritte ancora per anni. Invece per colpa di Victor, che nemmeno esisteva, e quindi per colpa di un fantasma... di un ectoplasma Maigret muore. Qui non ci sono dubbi l'accusa è di omicidio. Stabilirà la corte se volontario o preterintenzionale...
mercoledì 16 luglio 2014
SIMENON SIMENON. MAIGRET TRA I SEGRETI DELLE CHIUSE E DEI CANALI
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L'edizione Oscar Mondadori del 74. Copertina di Pinter |
L'estate del famoso anno della contestazione giovanile, mentre i giovani invadevano le piazze e occupavano scuole e università, gli adulti (e i ragazzini) erano incollati a seguire il quarto episodio della terza serie de Le inchieste del commissario Maigret... in totale circa 14 milioni di spettatori a seguire le indagini di Gino Cervi nei panni del famoso commissario simenoniano.
In Italia il romanzo era stato tradotto per la prima volta nel '34.
Qui di seguito il video delle tre puntate. La prima puntata (quella del 4 luglio) e invitiamo gli appassionati a godersi una serata d'estate come quelle di quarantasei anni fa'.
Buona visione.
martedì 15 luglio 2014
SIMENON SIMENON. UNA STORIA CHE INZIA MALE E FINISCE PEGGIO... UN NOIR?
Georges Simenon, Henry Hathaway, Van Johnson, Joseph Cotten. Un romanziere, un regista e due famosi attori dello star-system americano di allora. Un poker d'assi per The bottom of the bottle, la trasposizione cinematografica di uno dei romanzi del periodo americano, Le fond de la bouteille, finito dallo scrittore nell'agosto del 1948, a Tumacacori (Arizona) ai confini con la frontiera messicana, e poi pubblicato nel febbraio del '49.
L'ambiente in cui viveva lo scrittore e quello in cui si svolge la drammatica vicenda si sovrappongono. E' una fascia di terra dove americani, messicani, indiani meticci, trafficano in stupefacenti, auto rubate e vivono di altre losche attività. L'ambiente non può non far venire in mente quello del celeberrimo film di e con Orson Wells, The touch of Evil (L'infernale Quinlan), uscito nel 1958 e basato su un romanzo di Whit Masterson, Badge of Evil, pubblicato in Usa nel 1956.
Come si evince dalle date, ancora una volta Simenon ha precorso i tempi. Quell'atmosfera noir, quel senso di tragedia in cui si muovono gli emigrati ed emigranti clandestini, dal Messico agli Usa e dagli States al Messico, i trafficanti, gli spacciatori e i malavitosi non è scopiazzata né dal libro di Masterson né dal film di Wells.
Simenon ha invece colto la particolare atmosfera di quella specie di terra di nessuno e ne ha fatto un romanzo noir, si proprio quel noir di cui The Touch of Evil è considerato uno dei massimi simboli cinematografici. Simenon, quando lo scrive, vive negli Usa da appena tre anni, ma ha compreso perfettamente le luci e le ombre della società americana. Lui stesso dichiarò "... é il primo romanzo che ho pensato in inglese e in seguito ho avuto addirittura qualche difficoltà a creare degli efficaci dialoghi in francese...".
La storia racconta del dramma di due fratelli che si rincontrano a Nogales dopo molti anni. Uno è evaso e cerca di passare clandestinamnte la frontiera per raggiungere moglie e figli che lo aspettano in Messico. L'altro cerca di aiutarlo e fà di tutto per nasconderne la vera identità. Ma allo spietato sole del deserto dell'Arizona in quel momento si alterna una serie di incessanti temporali che gonfiano il fiume, precludendo l'unica via di fuga. Gli avvenimenti quindi costringono così i fratelli ad aspettare. Nell'attesa però la vera identità dell'evaso viene a galla e allora i due decidono comunque di partire correndo qualsiasi rischio, inseguiti dalle guardie di frontiera, dai rancheros del posto e sfidando la furia degli elementi...
Un dramma tutto americano, un noir, come l'hanno definito in molti, insomma quel tipo di narrativa che con poche ed illuminanti parole il romanziere americano Barry Gifford così descriveva " il noir è una storia che inizia male e finisce peggio".
Esattamente quello che succede ne Le Fond de la bouteille.
domenica 13 luglio 2014
SIMENON SIMENON. UN "CLASSICO" LONG-SELLER DI 80 ANNI CHE SE LA BATTE CON I ROMANZI D'OGGI
I Clienti di Avrenos, non mollano. Il romanzo di Simenon lo ritroviamo all'8° posto della classifica dei Top 10 stilata da Nielsen Bookscan per l'inserto TuttoLibri de La Stampa di ieri. Stesso inserto posto diverso: nella "Narrativa Straniera" dove occupa invece la 4a posizione. GFK invece per l'allegato La Lettura del Corriere della Sera di oggi, posiziona il titolo simenoniano alla 5a piazza. Finiamo il giro delle classifiche dei quotidiani con quella realizzata da Eurisko per RCult de La Repubblica di oggi che vede i Clienti al 4° posto della sezione "Narrativa straniera".
Per quanto riguarda i libri venduti on-line vediamo il romanzo di Simenon ben sistemato all'8°posto della Top 100 di Internet Book Shop, occupa il 7° posto della Top 100 de La Feltrinelli.it, lo troviamo al 5° posto dei libri più venduti su Rizzoli.it, si piazza all'83° della classifica top 100 di inMondadori e occupa al 12° posto della Superclassifica di Wuz...
Nella classifica dei libri in versione digitale di Internet Book Shop I Clienti di Avrenos occupa il 71° posto.
Insomma un piazzamento mediamente invidiabile per un romanzo scritto nel 1932. Allora abbiamo fatto un piccolo esperimento. Abbiamo preso i Top 10 di TuttoLibri di sabato e abbiamo ricercato l'anno in cui sono stati pubblicati. Ecco il risultato:
1) Una mutevole verità - Gianrico Carofiglio - 2014
2) La piramide di fango - Andrea Camilleri -2014
3) In fondo al tuo cuore - Maurizio di Giovanni - 2014
4) Adulterio - Paulo Coelho - 2014
6) Storia di una ladra di libri - Markus Zusak -2014
7) Vacanze in Giallo - AA.VV. -2014
8) I clienti d'Avrenos - Georges Simeon - 1935
9) Le scelte che non hai fatto - Maria Perosino - 2014
10) Uno splendido disastro - Jamie Mc Guire - 2012 (2013 in Italia)
Tranne Jamie Mc Guire, con un romanzo di un paio d'anni fa', tutti gli altri in classifica sono di quest'anno. Unico quello di Simenon di quasi ottanta anni fa'.
Non credo ci siano parole per commentare.
Per quanto riguarda i libri venduti on-line vediamo il romanzo di Simenon ben sistemato all'8°posto della Top 100 di Internet Book Shop, occupa il 7° posto della Top 100 de La Feltrinelli.it, lo troviamo al 5° posto dei libri più venduti su Rizzoli.it, si piazza all'83° della classifica top 100 di inMondadori e occupa al 12° posto della Superclassifica di Wuz...
Nella classifica dei libri in versione digitale di Internet Book Shop I Clienti di Avrenos occupa il 71° posto.
Insomma un piazzamento mediamente invidiabile per un romanzo scritto nel 1932. Allora abbiamo fatto un piccolo esperimento. Abbiamo preso i Top 10 di TuttoLibri di sabato e abbiamo ricercato l'anno in cui sono stati pubblicati. Ecco il risultato:
1) Una mutevole verità - Gianrico Carofiglio - 2014
2) La piramide di fango - Andrea Camilleri -2014
3) In fondo al tuo cuore - Maurizio di Giovanni - 2014
4) Adulterio - Paulo Coelho - 2014
6) Storia di una ladra di libri - Markus Zusak -2014
7) Vacanze in Giallo - AA.VV. -2014
8) I clienti d'Avrenos - Georges Simeon - 1935
9) Le scelte che non hai fatto - Maria Perosino - 2014
10) Uno splendido disastro - Jamie Mc Guire - 2012 (2013 in Italia)
Tranne Jamie Mc Guire, con un romanzo di un paio d'anni fa', tutti gli altri in classifica sono di quest'anno. Unico quello di Simenon di quasi ottanta anni fa'.
Non credo ci siano parole per commentare.
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