lunedì 22 novembre 2010

SIMENON E I NOMI DEI SUOI PERSONAGGI

Georges Simenon sceglie i nomi per i personaggi dei suoi romanzi
Come seceglieva i nomi del protagonsti dei suoi racconti, visto che Simenon dava una certa importanza ad essi e talvolta ne influenzavano addirittura il carattere? Quando inziava a scrivere un nuovo romanzo, aveva accanto un lista di nomi. Questi erano presi da uno dei tanti elenchi del telefono che teneva nel suo studio proprio per questo scopo. Quando aveva bisogno di "battezzare" i suoi protagonsti, una scorsa agli elenchi... poi ne tirava fuori quelli che gli suonavano meglio (forse addirittura che gli suggerivano qualcosa...) e quindi stilava una lista. Poi, per sicurezza, abbinava nome e personaggio per non incorrere in cambiamenti involontari, come talvolta gli era successo quando qualcuno dal quarto capitolo in poi cambiava nome.

DA EVERTON A SAINT PAUL, L'OROLOGIAIO DI SIMENON INCANTA E FA' RIFLETTERE

Da in alto a sinistra in senso orario, il romanzo nella sua versione francese, il regista Bertrand Tavernier, la locandina del film e Georges Simenon
Una situazione abituale per i romanzi di Simenon. Divenire soggetto per un film. Questa volta  presentiamo infatti uno tra più famosi titoli e una sua riuscita trasposizione per il grande  schermo. Dal romanzo L'orologiaio di Everton (1954) venne tratto il film L'orologiaio di Saint-Paul (1974) per la regia di  Bertrand Tavernier con protagonista Philippe Noiret, nel ruolo dell'orologiaio (nel film Michel Descombes)  e Jean Rochefort, altro attore francese abbastanza famoso, che veste i panni dell' ispettore Guilboud. Nella versione cinematografica Sylvain Rougerie è Bernard, il figlio di Michel e Christine Pascal è la sua ragazza. I due giovani sono sospettati dal padre di lui di aver commesso un assassinio. E sarà l'occasione per accorgersi che non ha mai saputo nulla del proprio figlio che, quando poi verrà arrestato, non lo accetterà più. Nel romanzo di Simenon il padre si chiama Dave Galloway, il figlio Ben e la sua ragazza Lilian (questo è uno degli ultimi romanzi del periodo americano). Su tutti pesa l'abbandono della madre che ha fatto di Dave una sorta di vedovo e di Ben, a soli sei mesi, una specie di orfano. Il padre gli darà l'attenzione di cui sarà capace e il figlio sembrerà sereno e felice. Ma una notte anche lui se ne andrà. Lascerà Dave da solo, lo lascerà con tutti i dubbi di questo mondo che pian piano cresceranno, fino a sfociare nella convinzione che Ben con l'aiuto di Lilian si sia macchiato di un omicidio. Allora  tutto va a fuoco, l'incomprensione sotto la facciata, la nascosta voglia di ribellione di Ben. Ed è tutto un gioco di dolori, rimorsi, illusioni spezzate probabilità di recuperare almeno qualcosa... E l'atmosfera è quella che Simenon sa creare così bene e che tiene il lettore coinvolto e partecipe, perchè i personaggi sono proprio come lui, hanno i suoi problemi, vivono le sue paure e Simenon è ancora una volta maestro nell'affondare la penna nelle profondità dell'animo dell'uomo qualunque.

SIMENON, LA SCRITTURA E LO STILE

Simenon alla sua scrivania intento a scrivere
Autunno del 1955. Simenon partecipa ad una serie di incontri a Radio Diffusion Francaise. Si parla della sua opera, dei suo gusti letterari e della sua metodologia di scrivere. Ecco quello che racconta il romanziere del suo modo di comporre."Il mio sforzo è andato verso una sempre maggiore semplificazione, e, per quanto strano vi possa sembrare, una riduzione del vocabolario -  poi spiega  -  Di solito uno scrittore tenta di arricchire il proprio vocabolario. E' un consiglio che vi danno al liceo: scegliete sempre la parola giusta. Impiegare sempre la parola giusta va benissimo, ma a che serve se il novanta per cento dei lettori non la capisce? Non dimentichiamo che scriviamo per essere letti. Anche se la parola non ci piace, si tratta di una sorta di messaggio, diciamo meglio di una sorta di comunicazione che dobbiamo fare. Quando parlate con una persona, adoperate un linguaggio che le sia accessibile. Io cerco di scrivere in una lingua che la maggioranza della gente possa comprendere, di adoperare parole che abbiano lo stesso senso nelle città e nei paesi, al nord, all'est, al centro e al sud . Il mio sforzo di scritttore è questo.  E anche quello di acquistare un certo ritmo, cosa che però è molto più difficile da spiegare. Beh, è come un incanto, un ritmo poetico che bisogna dare alla frase, senza per questo far somigliare il testo a versi senza rima o a quel che si chiama prosa lirica..."

SIMENON: NUMERI, DATI E CIFRE

Oggi divertiamoci con i numeri. Secondo l'Index Translationum (l'Indice delle Traduzioni) fornito dall'Unesco, in modalità multimediale per gli anni successivi al 1979 (l'indice esiste dal 1932 e per gli anni antecedenti al '79 c'è solo documentazione scritta), Simenon si piazza al 15° posto tra gli scrittori più tradotti in assoluto al mondo. Se prendiamo in esame solo gli autori di lungua francese invece occupa il 2° posto dietro Jules Verne.All'inizio degli anni '90 le copie vendute in tutto il mondo erano circa 500.000.000 (sì, avete letto bene, mezzo miliardo). In Italia a 100 anni dalla sua scomparsa Simenon ha venduto oltre 20.000.000 di copie (1931 - 2003). Sempre in Italia il boom  del Magret televisivo tra gli anni '60 e i '70, arrivò a mettere insieme fino a 18.000.000 di spettatori per un episodio (fonte Rai indice di ascolto massimo tra le puntate del '72).
La produzione totale di scritti pubblicati da Simenon (romanzi, racconti, memorie, raccolte di articoli, scritti vari) ammonta a ben oltre 400 libri (forse addirittura 420) considerando anche quelli scritti sotto pseudonimo.
Di questi oltre 100 sono le inchieste del commissario Maigret (tra romanzi, romanzi brevi e raccolte di racconti).
Simenon scrisse per 60 anni: 1921 (Au pont des Arches) al 1981 (Le livre de Marie-Jo).

GEORGES SIMENON E CARL GUSTAV JUNG E L'INCONTRO MANCATO

Lo psicologo-analista Carl Gustav Jung, sulla sua casa in riva al lago di Zurigo
Il romanziere sapeva di essere ipocondriaco e un po' polemicamente non disdegnava di dichiarare che provava maggiore ammirazione per i grandi medici che per i grandi scrittori. Spiegava che dai primi aveva molto da imparare e soprattutto dagli psichiatri o psicanalisti, forse perché il suo modo di scavare nei caratteri umani aveva qualche punto di contatto con l'analisi psichiatrica. Ma anche per quel suo cercare nei suoi romanzi sempre il perché. Perché certi suoi personaggi pensavano ed agivano in una determinata maniera? Perché bugiardi, coniugi traditori, genitori e amanti gelosi, egocentrici e egoisti si comportavano in quel modo? Nei suoi romanzi sembra interessato più ai motivi che scatenavano questi comportamenti o provocavano tali stati d'animo che alle loro conseguenze. E, se ci pensate bene, anche il commissario Maigret, quando deve trovare un'assassino o il colpevole di un reato, la prima vera domanda che si pone è: perché l'ha fatto? E, come spiega lo scrittore, agli inizi delle indagini Maigret non fà nulla. S'installa nel luogo del delitto, e sta lì a sentire quello che dice la gente, a "impregnarsi" dell'atmosfera, a carpire la mentalità di quell'ambiente. Acquisita una certa confidenza con tutto ciò, quasi come fosse uno del posto, inizia a scavare nei caratteri e nelle teste dei personaggi. E ad un certo punto scatta un meccanismo che gli permette di dare una direzione e un senso alla sua indagine. Forse è per questo che Smenon si sentiva "complice" degli psichiatri. Ed in quest'ottica uno dei suoi più grandi rimpianti era quello di non aver incontrato Carl Gustav Jung che abitava nella famosa torre di Bollingen, sulla parte nord del lago di Zurigo. Da quando era andato a vivere in Svizzera, lo scrittore si era ripromesso più volte di andarlo a trovare. Ma temeva di disturbarlo mentre sta componendo la propria autobiografia. Simenon era un lettore assiduo dei saggi di Jung, ma anche lo psicanalista provava un'ammirazione per lo scrittore. La scoperta di questa reciproca stima è merito di un giornalista che agli inizi degli anni '60 incontrò più volte l'uno e l'altro. Ma il reciproco desiderio di conoscersi venne troncato dalla morte improvvisa di Jung nel giugno del 1961. E dopo la sua scomparsa si apprenderà che in biblioteca aveva moltissimi romanzi di Simenon, ricchi annotazioni e commenti compilati di suo pugno

LO SCOOP DEL SIMENON GIORNALISTA: L'INTERVISTA CON LEV TROTSKY

Il politico russo Lev Trotsky (in russo Trockji) nel 1933 è un esule che scappa in un eslio voluto da Stalin, ora signore e padrone dell'Urss. E' in pericolo di vita, perchè non era certo un mistero che la Cheka aveva ordine di trovarlo e ucciderlo, anche se ufficialmente il dittatore russo lo negava. E così la vita di Trotsky era un fuga continua sia dai servizi segreti russi, che dalla stampa internazionale che gli stava addosso nel vano tentativo di strappargli un'intervista. Simenon ebbe l'incarico dal quotidiano Paris Soir di provarci e il nostro si mise sulle tracce del politico russo. La cosa non fu breve, né semplice. Ma finalmente riuscì ad avere un incontro con il suo segretario particolare. Era un olandese che prese a cuore la richiesta di Simenon, forse perché era un giornalista sui generis, molto più famoso come scrittore che come intervistatore o perché le sue domande erano semplici e concise. E così ce la fece dove altisonanti nomi del giornalismo internazionale avevano fallito. La risposta di Trotsky era stata positiva, ma poneva delle condizioni che ovviamente Simenon accettò. Tutte le domande dovevano essere poste per iscritto e le risposte essere riportate letteralmente e per esteso e si riservava di fare tutte le aggiunte e le correzioni che avesse ritenuto opportune. L'intervista avviene in Turchia, nel mar di Marmara dove, tra le altre, c'è l'isola di Prinkipo, qui, tra le altre, si nasconde l'abitazione segreta di Trotsky. Il 7 giugno Simenon viene portato in macchina fino ad un certo punto. Poi deve percorrere un vicolo stretto tra due muri. Alla fine, dietro una cancellata, un poliziotto turco, poi un'altro uomo della sicurezza in abiti civili. Viene fatto entrare e, dopo una chiachierata con il sgeretario, viene introdotto nella casa e poi nello studio. Trotsky si rivela un tipo alla mano, gentile che gli porge dei fogli dattiloscritti: le risposte alle sue domande. Ne fece fare una seconda copia dal segretario e la diede da firmare a Simenon, trattenendola poi lui stesso. Ma come gli succede spesso, Simenon vede più l'uomo che il politico. Parlano della passione del russo di andare a pescare la mattina alle sei e poi al pomeriggio anche se con il seguito dalla scorta, delle sue incursioni a Costantinopoli, per andare dal dentista o  per sbrigare altre faccende personali, sempre con i propri poliziotti alle calcagna. Ma poi il tema politico riprende quota e il russo non fà mistero di essere molto preoccupato da Hitler. Il discorso tocca poi i temi razziali, quindi la forma degli stati, dittature o democrazie, dell'imminenza o meno di un conflitto e della sottovalutazione che veniva fatta del fascismo e del nazionalsocialismo. Si congedarono con una cordialità inaspettata per Simenon. Tra lui e Trotsky si era stabilita una sorta di fiducia, tanto che il politico lo chiamò al telefono qualche mese più tardi chiedendogli di raggiungerlo il prima possibile perchè aveva un'importante dichiarazione da rilasciare. Ma desolato, Siemenon dovette rifiutare. Non poteva lasciare la Francia, si era impelagato nel famoso affare Stavisky, uno scandalo finanziario che fece tremare il paese e nel quale Siemenon si improvvisò investigatore, mettendo in gioco la sua credibilità di giornalista, di scrittore e di uomo pubblico. Ma questa è un'altra storia.
Lev Trotsky fu alla fine assassinato a Città del Messico, sette anni dopo, da un sicario stalinista.

SIMENON, UN ROMANZO IN UNA DECINA DI GIORNI


"Un romanzo in undici giorni". Questo dichiara Simenon nel suo L'età del romanzo scritto nel 1958. E' stato spesso criticato per la velocità con cui scriveva, come se questa influisse sulla qualità finale. Lui stesso ammetteva di poter scrivere a macchina fino ad ottanta pagine al giorno. Ossia in tre giorni poteva completare un romanzo popolare (quelli prima dell'era Maigret) di diecimila righe e in sei giorni uno più corposo di ventimila. Insomma una sorta di industria della scrittura, tanto che ci fu una famosa vignetta che lo ritraeva mentre scriveva e man mano che i fogli uscivano dalla sua macchina per scrivere, venivano portati da solerti fattorini nella tipografia, che si vedeva in secondo piano, e da cui uscivano dei camion pieni di libri di Simenon. Una vera catena di montaggio. Quando iniziò a scrivere romanzi veri e propri, impiegava unidici giorni.
E continua sempre ne L'età del romanzo: "...un romanzo scritto in undici giorni non può che appartenere alla più bassa categoria  di fabbricazione, non è vero? Non pensate che io stia esagerando - protesta Simenon - Un gran numero di critici nutrono la medesima prevenzione nei confronti degli autori che scrivono velocemente, e ciò indica che conoscono male i retroscena della storia letteraria. Forse non sanno che il grande Balzac sfornava il più delle volte quaranta pagine a notte.... E Stendhal allora? Ecco uno che riceve, meritatamente, il paluso dei letterati. Orbene, se non erro, Stendhal ha scritto la Chartreuse de Parme, che conta poco meno di mille pagine, in meno di sei settimane; Hugo ha scritto Marion Delorme in nove giorni, gli altri suoi lavori letterari sempre in meno di un mese e, ogni mattina, prima di entrare nella vita quotidiana, scriveva un buon centinaio di versi...."

domenica 21 novembre 2010

SE UNA NOTTE SIMENON, MAIGRET E CERVI...

Un'impossibile cena a casa del commissario... i piatti di madame Maigret... una chiamata da 36 Quai des Orfévres... una nottata in commissariato e una colazione alla Brasserie Dauphine, appena aperta, quasi all'alba. Come è possibile che  tre figure legate grazie alla letteratura si possano incontrare incrociando le vie della fantasia a quelle della vita reale, creando un cocktail irreale eppure plausibile? Forse un sogno da cui risvegliarsi? Oppure un gioco cui sarebbe bello partecipare? Eppure il romanziere, il commissario e l'attore, mangiano, chiacchierano, scherzano, fumano  nel più naturale dei modi. E possibile che tutto ciò non sia mai accaduto? Può darsi, eppure si raccontano storie  vere, si scambiano esperienze vissute, si fanno confidenze, parlano della loro vita... Eppure in un vecchio libro di una decina d'anni si narra tutta questa storia. Ma, si sa, alle storie non sempre bisogna crederci, spesso sono frutto di fantasie, sogni, inconsce associalzioni mentali, illusioni...

SIMENON E LE LEGGENDE METROPOLITANE. IL CASO DEL ROMANZO SCRITTO NELLA GABBIA DI VETRO


Cage au verre. Letteralmente "Gabbia di vetro". Siamo nei primi anni '20 e a Parigi c'è un editore che spopola. E' Eugene Merle che, oltre ad aver lanciato il quotidiano Paris Soir, pubblica giornali vari, un settimanale satirco-politico di sinistra, Le Merle Blanc (arriverà a tirare circa ottocentomila copie), poi un periodico femminile il cui nome è tutto un programma, Frou-Frou, e  altri popolari come Le Merle Rose. Un personaggio spregiudicato, furbo, fiuto da commerciante, sa come fare soldi e infatti ne fa a palate. Simenon lavora per lui firmando qualche articolo e producendo un ingente mole di altri pezzi sotto pseudonimi. All'imprevedibile Merle, viene l'idea di sfruttare la popolarità nascente dello scrittore Simenon per lanciare il suo nuovo quotidiano Paris Matin con una trovata pubblicitaria delle sue. Vista la velocità di scrittura e la flessibilità sui temi di Simenon, lancia la proposta di mettere una gabbia di vetro di sei metri per sei sulla terrazza del Moulin-Rouge con dentro lo scrittore che in una settimana dovrà completare un romanzo il cui soggetto e i cui protagonisti verranno determinati da un referendum lanciato da Paris Matin. Simenon non avrà modo di sapere nulla prima di entrare nella gabbia di vetro, sarà lì a scrivere sotto gli occhi di tutti, sotto le indicazioni del pubblico che potrà leggere le pagine del romanzo... in diretta, appena scritte. Più circo che letteratura, certo. Ma per un Simenon che andava cercando soldi e popolarità forse poteva essere una buona occasione. Il contratto prevedeva per lo scrittore un anticipo di 50.000 franchi, altri 50.000 franchi a lavoro fatto e una percentuale di 1,25 franchi per ogni riga del romanzo pubblicata da Paris Matin, per una lunghezza minima stabilita di diecimila righe ( quindi almeno altri 12.500 franchi), più ovviamente il 50% di tutto quello che sarebbe potuto venire dal romanzo: traduzioni, versioni cinematografiche, adattamenti vari e anche pubblicità. Insomma un affare che per Simenon poteva voler dire duecentomila franchi e forse addirittura il doppio. E poi il can can mediatico che Merle avrebbe messo su, gli avrebbe dato una indubbia popolarità . Fu redatto un documento, fu commissionato ad un studio di architetti la gabbia di vetro, iniziarono le prime indiscrezioni sull'impresa, messe in giro ad arte da Merle e poi la campagna pubblicitaria vera e propria. Per un po' di tempo nei settori giornalistici e letterari non si parlava d'altro. Poi iniziarono a piovere critiche da tutte le parti, i giornali lo presero in giro e tutti battevano sull'aspetto ridicolo e addirittura degradante per un scrittore che si presta ad un simle pagliacciata anche se molto redditizia. Le critiche divennero sempre più dure e spietate (addirittura un cronista dichiarò che avrebbe sparato contro il vetro della gabbia per far finire quello scempio che screditava tutta la categoria dei letterati). Tanto rumore per nulla. Infatti non se ne fece più niente. Da una parte le critiche crescenti erano sfociate quasi in uno scandalo, Simenon aveva aumentato le sue pretese economiche, la Prefettura non voleva dare l'approvazione per qualcosa che avrebbe potuto minacciare l'ordine pubblico, la gabbia non sarebbe stata pronta per la data stabilita... insomma tutto  congiurò contro l'avvenimento. Ma nonostante non si fosse mai svolto, nonostante le smentite di Merle e di Simenon, molti giornali ne scrissero come un fatto avvenuto davvero, se ne parlava come un qualcosa accaduto in realtà. A distanza di anni biografie e libri sullo scrittore riportavano il fatto come davvero successo. Era il 1927 e Simenon si portò dietro per un bel po' l'appellativo dello "scrittore nella gabbia di vetro", ma questo accrebbe molto la sua popolarità. Da una parte il Simenon giovane scrittore si gioverà di tutto questo per aumentare il suo successo. Ma quando si dedicherà alla letteratura, ai suoi romans-romans, sarà un peso di cui cercherà di sbarazzarsi, non sempre riuscendoci.

... E LA BIOGRAFIA DI JULES MAIGRET?

Non ci riferiamo alla genesi del personaggio letterario, ma alla sua biografia desunta qua e la dalle inchieste scritte da Simenon, da qualche dichiarazione dello stesso e da qualche deduzione... magari un po' discrezionale, ma ecco quello che ne viene fuori.
Jules Maigret nasce nel 1887 a Saint Fiacre, nella regione dell'Ile de France.  Si conosce il nome del padre, Evariste, gestore e contabile di un fondo agricolo, ma non quello della madre, probabilmente casalinga. A scuola dopo aver superato il liceo, si iscrive all'Università, facoltà d'Agricoltura. A 24 anni, nel 1911 entra nella polizia giudiziaria come gendarme ciclista di pattuglia. L'anno sucessivo sposa Luoise Léonard, di origine alsaziane, che nell'ottobre del 1912 diventerà dunque l'altrettanto famosa "madame Maigret". Due anni più tardi viene promosso per aver risolto un'indagine importante, il caso Gendreau-Balthazar. Il giovanotto ha stoffa e nel 1917 entra nella Brigata Speciale e gli viene assegnato un ufficio tutto suo. Ma la sua carriera ha uno stop a causa di un superiore con cui ha dei dissidi e per i quali nel 1921 viene traferito in una sede di provincia. Dopo tre anni torna a Parigie si installa al celeberrimo 36 Quai Des Orfèvres come commissario della brigata omicidi. Nel 1931 viene promosso commissiario divisionario e diventa titolare del famoso ufficio con le finestre che danno sulla Senna. Ormai, nel 1935 è un personaggio pubblico, famoso e spesso compare sulla stampa, nelle prime pagine dei quotidiani parigini. Ma inizia ad essere stanco di quella vita e inizia a sognare la pensione. Nel 1940, va in prepensionamento (tre anni prima della scadenza)  e si trasferisce nella sua casa di campagna di Meung-sur-Loire. Qualche volta torna a Parigi, dove ha conservato la sua vechia abitazione, ad esempio nel '46 per togliere dai pasticci il nipote, anche lui entrato in polizia. Forse infuenzato dal suo...creatore, nel 1950 si decide a scrivere "Le memorie di Maigret". Dopo il 1951 se ne perdono le tracce. E' un mistero, come lo è quella della figlia che sembra esser morta appena nata o comunque in tenerissima età, come è un mistero la data della morte del commissario.