Il politico russo Lev Trotsky (in russo Trockji) nel 1933 è un esule che scappa in un eslio voluto da Stalin, ora signore e padrone dell'Urss. E' in pericolo di vita, perchè non era certo un mistero che la Cheka aveva ordine di trovarlo e ucciderlo, anche se ufficialmente il dittatore russo lo negava. E così la vita di Trotsky era un fuga continua sia dai servizi segreti russi, che dalla stampa internazionale che gli stava addosso nel vano tentativo di strappargli un'intervista. Simenon ebbe l'incarico dal quotidiano Paris Soir di provarci e il nostro si mise sulle tracce del politico russo. La cosa non fu breve, né semplice. Ma finalmente riuscì ad avere un incontro con il suo segretario particolare. Era un olandese che prese a cuore la richiesta di Simenon, forse perché era un giornalista sui generis, molto più famoso come scrittore che come intervistatore o perché le sue domande erano semplici e concise. E così ce la fece dove altisonanti nomi del giornalismo internazionale avevano fallito. La risposta di Trotsky era stata positiva, ma poneva delle condizioni che ovviamente Simenon accettò. Tutte le domande dovevano essere poste per iscritto e le risposte essere riportate letteralmente e per esteso e si riservava di fare tutte le aggiunte e le correzioni che avesse ritenuto opportune. L'intervista avviene in Turchia, nel mar di Marmara dove, tra le altre, c'è l'isola di Prinkipo, qui, tra le altre, si nasconde l'abitazione segreta di Trotsky. Il 7 giugno Simenon viene portato in macchina fino ad un certo punto. Poi deve percorrere un vicolo stretto tra due muri. Alla fine, dietro una cancellata, un poliziotto turco, poi un'altro uomo della sicurezza in abiti civili. Viene fatto entrare e, dopo una chiachierata con il sgeretario, viene introdotto nella casa e poi nello studio. Trotsky si rivela un tipo alla mano, gentile che gli porge dei fogli dattiloscritti: le risposte alle sue domande. Ne fece fare una seconda copia dal segretario e la diede da firmare a Simenon, trattenendola poi lui stesso. Ma come gli succede spesso, Simenon vede più l'uomo che il politico. Parlano della passione del russo di andare a pescare la mattina alle sei e poi al pomeriggio anche se con il seguito dalla scorta, delle sue incursioni a Costantinopoli, per andare dal dentista o per sbrigare altre faccende personali, sempre con i propri poliziotti alle calcagna. Ma poi il tema politico riprende quota e il russo non fà mistero di essere molto preoccupato da Hitler. Il discorso tocca poi i temi razziali, quindi la forma degli stati, dittature o democrazie, dell'imminenza o meno di un conflitto e della sottovalutazione che veniva fatta del fascismo e del nazionalsocialismo. Si congedarono con una cordialità inaspettata per Simenon. Tra lui e Trotsky si era stabilita una sorta di fiducia, tanto che il politico lo chiamò al telefono qualche mese più tardi chiedendogli di raggiungerlo il prima possibile perchè aveva un'importante dichiarazione da rilasciare. Ma desolato, Siemenon dovette rifiutare. Non poteva lasciare la Francia, si era impelagato nel famoso affare Stavisky, uno scandalo finanziario che fece tremare il paese e nel quale Siemenon si improvvisò investigatore, mettendo in gioco la sua credibilità di giornalista, di scrittore e di uomo pubblico. Ma questa è un'altra storia.
Lev Trotsky fu alla fine assassinato a Città del Messico, sette anni dopo, da un sicario stalinista.
Assolutamente da leggere la serie di articoli "chez trotsky"che ci dimostra le qualità giornalistiche di simenon
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