lunedì 7 novembre 2011

SIMENON. QUESTO COMMISSARIO NON E' INTELLIGENTE

Sì. E' davvero il commissario Maigret. Ed è proprio il suo creatore ad affermare che il proprio personaggio più famoso non sia intelligente. Immediatamente dopo lo definisce intuitivo. Uno degli atteggiamenti in cui lo coglie più spesso è quello di fiutare. E' un gesto, l'utilizzo di uno dei cinque sensi, al tempo stesso molto materiale ma anche molto impalpabile e se vogliamo anche metaforico ed extra-sensoriale.
Maigret non sarà intelligente, ma la coniugazione tra l'intuizione e il fiuto è una di quelle che presuppone una certa sensibilità per capire le situazioni, le mentalità, il modo di ragionare delle persone che incontra nelle sue inchieste e forse addirittura gli consente di vedere più lontano di altri.
Certo l'aspetto pachidermico, lo sguardo, che lo stesso Simenon definisce bovino, non avvicina Maigret agli altri investigatori letterari in voga in quegli anni '30. Non ha il fascino noir di Sam Spade o il fatalismo seducente di Philp Marlowe, non ha le incrollabili e un po' antipatiche sicurezze di Sherlock Holmes, né la vezzosa metodologia d'investigazione di miss Marple. Niente sesso, ma molto cibo, niente azione, ma lentezza e spesso adirittura l'inazione. Inazione apparente però perchè in quell'ozio Maigret "assorbe", lo sottolinea il suo creatore, l'ambiente che lo circonda. Maigret non sembra, ma mette in funzione la sua sensibilità, rizza invisibili antenne. Tutto questo, detto così, non sembrerebbe delineare un personaggio capace di coinvolgere il lettore. Il suo avvio è lento, "bighellona" tra un bancone di un café e la cucina di un portinaia dove cuoce qualcosa, talvolta può sembrare snervante. C'è un omicida in giro e lui che fa? Fiuta nelle pentole, beve Calvados, se ne sta lì a sentire le chiacchiere dei perditempo locali.
Eppure "acchiappa". La gente legge e rimane catturata. Identificazione? Certo il commissario è quanto di più vicino ci possa essere alla gente comune. Un piccolo borghese, con un premurosa moglie casalinga,  prende il tram (meglio la piattaforma esterna, lì si può fumare) per andare in ufficio, pardon al commissariato. E' uno di noi? Sì e no. Ci somiglia molto, ma lui quando ha captato la giusta lunghezza  d'onda, vede tutto più chiaro, decifra i codici di comportamento, scopre i legami tra vicende e personaggi e imbocca la giusta via. E quando arriva a pizzicare il colpevole ha già capito i pregressi, i motivi che lo hanno spinto e il destino (sì, quello cinico e baro) che gli ha guidato la mano. E decide. Spesso decide che la legge non avrebbe potuto capire, che la legge non sarebbe stata all'altezza della giustizia e allora decide lui di mettere mano e di aggiustare i destini.
Ma con quale diritto. In nome di chi? Beh... Maigret non sarà intelligente, ma ha intuito, ha fiuto e, lo abbiamo detto, di solito ha capito prima di tutti la situazione, sa meglio di tutti, come sarebbe andata a finire la storia e spesso ha il coraggio di cambiare il futuro delle persone.
Chapeau, monsieur Maigret!

domenica 6 novembre 2011

SIMENON: PERCHE' I FILOSOFI SCRIVONO ROMANZI?

A 73 anni Simenon aveva smesso di scrivere da un anno, ma dettava al registratore alcune sue considerazioni e riflessioni che poi venivano, come si dice "sbobinate", inviate al suo editore Presses de La Cité, che dopo un lavoro di editing continuava così a pubblicare titoli di Simenon, anche se ormai lui non avrebbe scritto più per un lungo periodo, soprattutto per lui (riprese la penna solo per comporre "Lettre à ma Mére" nel 1974 e "Mémoires intimes" nel 1981). Tra il '73  e il '79 sfornò con questo metodo ben ventitre titoli.
E' chiaro che non si trattava più dei suoi fascinosi romanzi o delle accattivanti indagini del commissario Maigret. Come precisava lo stesso autore "... se ho scritto circa duecento romanzi e se una volta ritiratomi ho continuato a dettare con altrettanto accanimento è, anche secondo me, per bisogno. Forse per cacciare i miei fantasmi, come Fellini, ben più giovane di me, continua a fare...".
Insomma erano le sue considerazioni, anche frammentarie, dei ricordi del passato, alcune osservazioni dei fenomeni del presente, a volte critiche e forse anche l'occasione di togliersi qualche sassolino  dalle scarpe.
Ad esempio sappiamo bene con quanta umiltà, perseveranza e programmazione Siemenon abbia perseguito prima un periodo di apprendistato con la letteratura popolare, poi sia approdato a alla semi-letteratura, come lui stesso definiva i Maigret, e poi finalmente, dopo tale trafila, iniziò a scrivere romanzi e a definirsi romanziere. Per dedicarsi completamente ai romanzi lasciò anche la sua attività giornalistica e qualsiasi altrà occupazione connessa. Questo tanto per rendere l'idea di come prendesse con serietà questa sua vocazione.
In Au delà de ma porte-fenetre (Dictées -1973) si interroga sul fatto perché gli intellettuali, e nello specifico i professori, si dedicassero a tempo perso, a scrivere dei romanzi.
"...negli Stati Uniti non è raro vedere un professore di filosofia scrivere, per proprio divertimento e probabilmente per migliorare le proprie entrate, dei romanzi polizieschi. Sono i peggiori, come succede per i romanzi dei filosofi francesi...."
Trapela da queste parole la riprovazione per chi, invece di investire tutte le prorpie energie (come faceva lui) nel proprio mestiere, anche se solo per diletto, le indirizzava verso qualcosa che a lui era costato anni di preparazione (e circa un chilo per ogni giorno di scrittura). E quindi continua "...Hanno l'abitudine a non essere contraddetti e sono persuasi di essere gli unici detentori della verità umana, per non dire di quella cosmica... Ho degli amici del genere..."
Qui si intravede un risentimento, che rasenta il dispregio, sia nei confronti della categoria dei filosofi universitari oltre a quelli che, per di più, scrivono romanzi. "...vi assicuro che non ho mai cercato di discutere con loro perché i loro argomenti sono quelli ai quali non si può rispondere senza irritarsi..."
Insomma Simenon rivendica che siano i romanzieri a scrivere i romanzi ed è molto seccato che la moda di publicare romanzi abbia preso piede tra i professori non solo dell'università, ma anche tra quelli di liceo e che i loro titoli abbiano invaso il mercato.
Con il senno di poi, e guardando anche al nostro paese oggi, dobbiamo constatare che non solo filosofi o professori, ma anche medici, magistrati, uomini di spettacolo, sportivi abbiano scoperto una vena letteraria, molto spesso con risultati mediocri. E con il ragionevole dubbio che siano operazioni più funzionali al profitto dell'industria culturale, che non insostituibili contributi alla letteratura tout court. E Simenon lancia questi strali, quando ormai ha già smesso di scrivere. Quando la sua poderosa opera è completa e lui si è chiamato fuori dalla letteratura e si sente a maggior ragione autorizzato a rivendicare, dal suo punto di vista, la produzione dei romanzi ai "veri" romanzieri. Alzi la mano chi è d'accordo.

sabato 5 novembre 2011

SIMENON. ROMANZI SCRITTI CON LA MACCHINA... FOTOGRAFICA

L'Occhio di Simenon. La mano di Simenon. Uno per osservare e l'altra per scrivere. Ma proprio L'Oeil de Simenon è il titolo di una mostra fotografica di immagini scattate dall'autore che si tenne in occasione del centenario della sua nascita alla Galleria Jeu de Paume a Parigi 13 gennaio-7 marzo 2004 . La mostra  diventò un libro che aveva lo stesso titolo (Editore Omnibus, chi volesse acquistarlo può approfittare della vendita on line ). Curato da un esperto simenoniano, come Michel Carly, il libro propone trecento fotografie e ci mostra l'altro lato di un uomo abituato a raccontare le proprie storie con la penna o la macchina per scrivere, magari in état de roman. Qui invece imbraccia la macchina fotografica e, al contrario, deve cogliere rapidamente l'attimo, quell'attimo fuggente che appunto racconta in un immagine ferma tutto un passato o lascia intravedere un futuro che entrambe travalicano il personaggo, la scena o il paesaggio ritratto nella sua fissità.
Ad esempio osservate la foto intera qui a destra, di cui una parte scelta per la copertina del libro. E' stata scattata a Tunisi nel 1934 e ognuno può capire il mestiere della donna che nasconde il suo profilo, l'uomo che la guarda con occhio voglioso e l'espressione vogliosa. Sarà un bordello locale? Si sta per consumare un frettoloso rapporto mercenario? Una routine? Una donna che viene da un passato di povertà e miseria? L'aspetta un futuro di degrado e giorni sempre uguali? E l'uomo un piccolo mercante? Aspetta il suo turno per poi tornare alla sua numerosa famiglia?  Nei vari viaggi  dall'Africa centrale, alle isole caraibiche, dalle isole del Pacifico, all'Australia, Simenon si rivela efficace a cogliere ancora una volta più veloce della sua pur veloce scrittura. Foto che testimoniano personaggi, più che paesaggi, come se lo scrittore intravedesse appunto in ognuno di quei ritratti una storia, magari da trasformare poi in un romanzo.

venerdì 4 novembre 2011

SIMENON. UNA FONDAZIONE DA UNA DONAZIONE/2

Il Castello di Colonster sede del Fonds Simenon
... continua ...Et voila. Il 3 novembre 1976 nasce quindi il Centre d'études Georges Simenon  anche l'omonima fondazione, insediandosi all'Università di Liegi e al Castello di Colonster.  E' un ulteriore consacrazione per lo scrittore. Il centro studi è stato inizialmente curato dal professor Maurice Piron, con grande soddisfazione di Simenon che nel suo Je suis resté un enfant de choeur, uno dei suoi Dictées (1977), commenta "...l'ha realizzato così bene, con tanta pazienza ed intelligenza che i miei invii a Liegi si sono moltiplicati, non più un volume dopo l'altro, ma una cassa di volumi dopo l'altra, innumerevoli libri, numerose edizioni che non ho sentito il bisogno di conservare adesso nel mio particolare "ritiro"...".
Insomma tra l'entusiasmo del professor Piron e la piena collaborazione di Simenon è stato possibile mettere su un centro di documentazione sullo scrittore a dir poco singolare. La quantità di documeenti, manoscritti, fotografie, edizioni introvabili, e oggetti permettono a studiosi e specialisti di entrare nell'universo simenoniano per ricercare, approfondire, studiare, avendo a disposizione una quantità   di materiale di qualità, organizzato e sistematizzato. Il Centro Studi è, come già detto, insediato presso Università di Liegi a Place Cockerill, èd è presieduto dalla professoressa Danielle Bajomee e diretto da Benoit Denis, invece il Fonds Simenon, coordinato da Laurent Demoulin, si trova nel  castello di Colonster nel campus universitario di Sart Tilman (sempre nei pressi di Liegi) che mette a disposizione la sua poderosa collezione non solo ai professionisti, ma anche ai gruppi e alle scolaresche che ne facciano specifica richiesta. 
Le attività sono molteplici come ad esempio la realizzazione di studi sull'opera simenoniana, l'organizzazione di incontri internazionali per dibattere temi inerenti all'opera, alla vita e alla critica letteraria di e su Simeno.  Inoltre pubblica anche una rivista, Traces, che ogni anno fa il punto sulla pubblicistica sul mondo simenoniano con articoli, studi, commenti, dibattiti cui collaborano specialisti e studiosi simenoniani da tutto il mondo. Inoltre, ricordiamo (come riportiamo sempre nella colonna qui al lato) è on line anche un sito dove è possibile trovare numerose ed interessanti informazioni Le Centre d'études Georges Simenon et le Fonds Simenon de l'Université de Liège 
Simenon forse aveva pensato alla sua memoria postuma? O invece é stato un modo di mettersi a nudo, come aveva già fatto diverse volte nella sua vita, vedi l'intervista di Médicine et Hygiène oppure le sue opere autobiografiche o qualche "confessione" televisiva, come quella famosa in Apostrophe di Bernand Pivot nel novembre del 1981 (vedi il post del 28 luglio Simenon e le sue "Memoires" chez Bernard Pivot)? O ancora aveva timore che tutte le sue cose fossero poi finite disperse, mentre così tutte raccolte e conservate avrebbero avuto ben altro valore?
Quale che sia stato l'intento, il risultato è stato ottimale e cosituisce una gran fortuna non solo per gli studiosi di letteratura, ma anche per tutti gli appassionati di Simenon. 

giovedì 3 novembre 2011

SIMENON. UNA FONDAZIONE DA UNA DONAZIONE/1


E' il 3 novembre 1976. All'università di Liegi si respira un'aria speciale. Quella mattina s'inaugura il Fonds Georges Simenon. E' un progetto nato sotto gli auspici di Maurice Piron, professore di filosofia e di letteratura presso la suddetta univerità.
"... i miei manoscritti e tutta la documentazione che io posseggo - spiega Simenon  decidendo la donazione del materiale - ho pensato a Liegi, la mia città natale, con la quale mantengo diversi legami anche se ne vivo lontano. Così hovoluto donare all'Università di Liegi tutti i miei manoscritti, tutte le edizioni delle mie opere, comprese le traduzioni straniere e un certo numero di opere introvabili di cui io stesso non avevo che un solo esemplare..."
Insomma uno scrittore che decide di separarsi da tutto quello che ha realizzato nella sua vita, che poi per Simenon è stata una vera propria ragione di vita, parrebbe alquanto strano. Ma in quel momento per lui non è un gran sacrificio. Ormai a 74 anni si considera in pensione, da ormai cinque anni non scrive più un romanzo, nemmeno un Maigret. Vive una sorta di distacco dalla scrittura e dalla letteratura. Ma anche il suo stile di vita è cambiato. Niente più sfarzose ville o castelli, basta garage con una decina di vetture, via dalle pareti quadri dei pittori più famosi. Ormai lui con Teresa, vive in una piccola casa a Losanna con un modesto giardino e il tempo scorre scandito dalle semplici occupazioni quotidiane, i pasti, la passeggiata, il riposo pomeridiano. E' un Simenon molto lontanto da quello che era stato un tempo, minato nel fisico e stanco di tutte quelle stressanti immedesimazioni nei suoi personaggi, di quei centinaia e centinaia di defatiganti état de roman, che lo hanno logorato forse anche psichicamente. Ora è preoccupato della figlia, della sua instabilità mentale (di lì a sei mesi Marie-Jo si sarebbe infatti suicidata), è preso dal rapporto con Teresa che per lui è una compagna, una madre, una badante, una fonte di consolazione e di sicurezza. Già perché l'ultimo Simenon è un uomo incerto, che ha bisogno di un appoggio sicuro. E Teresa è un punto fermo e una persona che gli si dedica completamente.
Queste le sue condizione all'epoca, tanto che il giorno dell'inaugurazione del Fonds Georges Simenon, lo scrittore non può essere presente perchè ricoverato per un'operazione alla prostata. Ma la cerimonia ha luogo lo stesso e .... continua....

mercoledì 2 novembre 2011

SIMENON. LA SERENITA' DEL SILENZIO

Oggi vi proponiamo un video, in francese, che è pubblicato sul sito  dell' I.N.A. (Institut National de l'Audiovisuel), nella sezione cultura, che documenta l'intervista dal giornalista Claude Mosse. Qui di seguito riportiamo la traduzione del testo che accompagna il filmato prodotto da l'Office national de radiodiffusion télévision française
."Claude Mosse andato a visitare Georges Simenon, a Losanna, nel suo appartamento in una grande "torre" residenziale, in cui vive da quando ha lasciato la grande villa di Epalinges. Al momento dell'intervista Simenon è oltre un anno che ha vissuto da recluso, non ricendo più nessuno. - Nell'intervista lo scrittore spiega perché ha smesso di scrivere romanzi, di scrivere in generale e soprattutto di creare personaggi. E' ormai solo con un registratore che detta le sue riflessioni personali visto che comunque ha ancora bisogno di esprimersi.  
Afferma di aver dimenticato Maigret e di non pensare più alla letteratura e racconta invece delle sue attività quotidiane "in pensione". Si è
liberato dall'ansia che stava causando dei gravi problemi... Ha poi espresso la sua paura del declino fisico e mentale dovuto all'invecchiamento e alle malattie. Simenon si sente felice nella sua solitudine. Lo scrittore dice quello che pensa decorazioni e onorificenze e fà un breve accenno a Francois Mauriac. Conferma come non sia interessato agli adattamenti televisivi e cinematografici delle sue opere e si rifiuta anche di commentare gli interpreti di Maigret. Per quanto riguarda il denaro, ha in programma di porre fine completamente i suoi giorni con solo una semplice pensione di veccchiaia. No dimentica le sue donne sulle donne affermando di non avere mantenuto i rapporti con le donne che amava. Ricorda la sua infanzia a Liegi. Su richiesta di Claude Mosse, che gli chiede quale titolo avrebbe preferito per questa intervista  e lui risponde "Serenità Simenon" piuttosto che "Silenzio".