domenica 6 novembre 2011

SIMENON: PERCHE' I FILOSOFI SCRIVONO ROMANZI?

A 73 anni Simenon aveva smesso di scrivere da un anno, ma dettava al registratore alcune sue considerazioni e riflessioni che poi venivano, come si dice "sbobinate", inviate al suo editore Presses de La Cité, che dopo un lavoro di editing continuava così a pubblicare titoli di Simenon, anche se ormai lui non avrebbe scritto più per un lungo periodo, soprattutto per lui (riprese la penna solo per comporre "Lettre à ma Mére" nel 1974 e "Mémoires intimes" nel 1981). Tra il '73  e il '79 sfornò con questo metodo ben ventitre titoli.
E' chiaro che non si trattava più dei suoi fascinosi romanzi o delle accattivanti indagini del commissario Maigret. Come precisava lo stesso autore "... se ho scritto circa duecento romanzi e se una volta ritiratomi ho continuato a dettare con altrettanto accanimento è, anche secondo me, per bisogno. Forse per cacciare i miei fantasmi, come Fellini, ben più giovane di me, continua a fare...".
Insomma erano le sue considerazioni, anche frammentarie, dei ricordi del passato, alcune osservazioni dei fenomeni del presente, a volte critiche e forse anche l'occasione di togliersi qualche sassolino  dalle scarpe.
Ad esempio sappiamo bene con quanta umiltà, perseveranza e programmazione Siemenon abbia perseguito prima un periodo di apprendistato con la letteratura popolare, poi sia approdato a alla semi-letteratura, come lui stesso definiva i Maigret, e poi finalmente, dopo tale trafila, iniziò a scrivere romanzi e a definirsi romanziere. Per dedicarsi completamente ai romanzi lasciò anche la sua attività giornalistica e qualsiasi altrà occupazione connessa. Questo tanto per rendere l'idea di come prendesse con serietà questa sua vocazione.
In Au delà de ma porte-fenetre (Dictées -1973) si interroga sul fatto perché gli intellettuali, e nello specifico i professori, si dedicassero a tempo perso, a scrivere dei romanzi.
"...negli Stati Uniti non è raro vedere un professore di filosofia scrivere, per proprio divertimento e probabilmente per migliorare le proprie entrate, dei romanzi polizieschi. Sono i peggiori, come succede per i romanzi dei filosofi francesi...."
Trapela da queste parole la riprovazione per chi, invece di investire tutte le prorpie energie (come faceva lui) nel proprio mestiere, anche se solo per diletto, le indirizzava verso qualcosa che a lui era costato anni di preparazione (e circa un chilo per ogni giorno di scrittura). E quindi continua "...Hanno l'abitudine a non essere contraddetti e sono persuasi di essere gli unici detentori della verità umana, per non dire di quella cosmica... Ho degli amici del genere..."
Qui si intravede un risentimento, che rasenta il dispregio, sia nei confronti della categoria dei filosofi universitari oltre a quelli che, per di più, scrivono romanzi. "...vi assicuro che non ho mai cercato di discutere con loro perché i loro argomenti sono quelli ai quali non si può rispondere senza irritarsi..."
Insomma Simenon rivendica che siano i romanzieri a scrivere i romanzi ed è molto seccato che la moda di publicare romanzi abbia preso piede tra i professori non solo dell'università, ma anche tra quelli di liceo e che i loro titoli abbiano invaso il mercato.
Con il senno di poi, e guardando anche al nostro paese oggi, dobbiamo constatare che non solo filosofi o professori, ma anche medici, magistrati, uomini di spettacolo, sportivi abbiano scoperto una vena letteraria, molto spesso con risultati mediocri. E con il ragionevole dubbio che siano operazioni più funzionali al profitto dell'industria culturale, che non insostituibili contributi alla letteratura tout court. E Simenon lancia questi strali, quando ormai ha già smesso di scrivere. Quando la sua poderosa opera è completa e lui si è chiamato fuori dalla letteratura e si sente a maggior ragione autorizzato a rivendicare, dal suo punto di vista, la produzione dei romanzi ai "veri" romanzieri. Alzi la mano chi è d'accordo.

1 commento:

  1. andrea franco(bottegadellibro_asti@libero.it)6 novembre 2011 alle ore 22:18

    io sono completamente d'accordo con simenon(che nel 1976 aveva visto lungo),purtroppo al giorno d'ogggi chiunque scrive un libro(o pseudotali)per fini puramente commerciali,personaggi che magari non sanno neppure coniugare verbi ma che sono pubblicizzati con passaggi televisivi che li consentono di promuovere i loro titoli.spesso i loro libri sono totalmente privi di significato

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