giovedì 19 gennaio 2012

SIMENON. IL GIOCO DEI SOPRANNOMI

L'argomento si presta alle più varie trattazioni. Ma è evidentemente un tratto significativo. A tre delle donne più importanti della sua vita, quando inziarono a frequentare il suo ambito,  Simenon cambiò il nome.
Successe infatti con la prima moglie Régine Renchon, per la quale coniò il diminuitivo di Tigy che le rimasenon solo per tutta le loro via matrimoniale, maanche dopo, anche per i figli, per la famiglia. Lo stesso accadde con Henriette Liberge, la femme de chambre che lui e Tigy avevano scelto giovanissima durante un soggiorno vacanziero in Normandia. Anche lei soprannominata. Divenne infatti la Boule, perché era piccola rotondetta e piaceva molto a Simenon per cui fu un'amante fissa, aldilà delle mogli e delle inummerevoli donne che lo scrittore possedette. Una relazione per la vita, con tanto di scambi epistolari che la donna volle fossero distrutti alla sua morte.
Anche la seconda moglie non sfuggì alla regola. Infatti da Denise divenne Denyse. Quando la conobbe, al suo arrivo in America, per lei ebbe un vero e proprio colpo di fulmine, come mai gli era successo nella sua vità. E oltre l'amore, la complicità e l'immediata intesa, c'era quel sesso passionale che con  Tigy non aveva mai nemmeno sfiorato lontanamente. Anzi. E in quella situazione Simenon si scopri geloso e soprattutto di un altro Georges, precedente amante di Denise. Lei lo chiamava Jo, cosi chiamava anche Simenon. Le impose immediatamente di non chiamarlo più con quel diminutivo e iniziò a chiamarla Denyse, con la "y", come se fosse una donna nuova, cui lui stesso aveva scelto il nome. Poi quando alla fine del loro matrimonio, la loro relazione era peggiorata, Simenon le si rivolgeva e scriveva di lei con una sola lettera: D.
Sembrerebbe facile affermare che Simenon era un egocentrico e tutto quello che girava intorno a lui doveva essere, come lui voleva, nomi inclusi. Ma questo sarebbe semplicistico e poco realistico.
Certo era un preciso e un organizzatore, inoltre era abituato a dare nomi a tutti i protagonisti e ai personaggi dei suoi romanzi, dei suoi racconti e dei suoi Maigret. E, primo di tutti, lui stesso si era dato dei soprannomi: tutti quegli pseudonimi con cui aveva firmato tutti i suoi libri popolari, una ventina circa di cui il più usato era Sim. Georges Sim.

martedì 17 gennaio 2012

SIMENON E I SUOI ACQUIRENTI PER... PROCURA

Vorremmo segnalarvi un post apparso su Vanity Blog, nella versione on-line del settimanale Vanity Fair. Si tratta di un breve e gustoso racconto (vero o verosimile?) di cui però non vi anticipo nulla, tranne il fatto che viene coinvolto Simenon. Il post è intitolato Il signor Simenon ed é stato pubblicato oggi tra i post di Viola . Consigliata la lettura? Assolutamente sì. Gli estimatori del romanziere si trovano dappertutto, anche nei blog... basta  cercarli. Buon divertimento.

SIMENON. DIECI VOLTE DIGITALE

Prima o poi doveva succedere. Anche Simenon, raffinato e allo stesso tempo popolare scrittore,  è approdato alle impalpabili sponde del digitale e ben dieci dei suoi romanzi vengono ora proposti come ebook in italiano. L'editore di casa nostra, Adelphi, fa trapelare che saranno ben presto disponibili anche le inchieste del commissario Maigret.
In Italia il mercato dei libri cosiddetti elettronici è stato stimato a fine 2011 in circa 20.000 titoli in commercio. Nessun (o quasi nessun) editore ne è rimasto fuori e, se fino ad un paio d'anni fa' ci si doveva contentare per la lingua italiana di classici e rari titoli originali, oggi le cose sono cambiate e sono destinate a cambiare ancora.
E quindi Adelphi esce con ben dieci romanzi di quello che probabilmente è il suo autore più venduto. Certo si tratta di titoli già rieditati in economica o super-economica, tutti con diverse edizoni sulle spalle, ma titoli che quando vengono ripubblicati entrano quasi matematicamente in classifica.
Vediamo intanto quali sono questi titoli:
- Il gatto
- Luci nella notte
- Il ranch della giumenta perduta
- La camera azzurra
- La fuga del signor Monde
- La pazza di Itteville
- L'orologiaio di Everton
- Corte d'assise
- Cargo
- L'assassino
Il problema é che in Italia non è ancora decollata la vendita degi "ereader." Cioè quegli strumenti con schermo più o meno grande che servono a leggere. Certo poi ci sono i tablet, i computer di tutti i tipi dai desktop agli utilimissimi ultrabook e qualcuno ci mette dentro addirittura gli smartphone. Ognuno di questi è uno  strumento con cui scaricare e leggere gli ebook. A giugno 2011 erano qusi 400.000 gli ereader venduti in Italia, l'unico strumento davvero adatto alla lettura di un romanzo, perché non è retrolluminato, perchè è opaco (quindi non stanca gli occhi anche se si leggono cinquanta pagine) e perchè costa decisamente meno di tutti gli altri strumenti citati.
Il nostro consiglio è di lanciarsi nel mondo della letteratura digitale. Non temere la scomparsa del libro cartaceo, ma sperimentare che, se si comincia, si apprezzano le qualità degli ereader per gli ebook.

lunedì 16 gennaio 2012

SIMENON SIMENON SALUTA CARLO FRUTTERO

Simenon Simenon partecipa all'ultimo saluto a Carlo Fruttero, uno dei più raffinati scrittori e giallisti italiani che per quasi per mezzo secolo ha formato una coppia straordinaria con Franco Lucentini. Lasciamo ad altri il ricordo della notevole produzione letteraria dei due, romanzi, saggi, articoli e dei film che furono tratti dai loro titoli.
Qui vogliamo solo ricordare come fossero anche loro estimatori di Simenon e di quello che Fruttero disse nel 2003, in occasione della scomparsa dello scrittore papà di Maigret, in un'intervista al quotidiano La Repubblica, di cui vi riproponiamo un brano.
 "... Ciò che stupisce in Simenon - dice Fruttero - è la concretezza della scrittura. Leggevo giorni fa un suo breve romanzo, La pioggia nera. In poche pagine, lui riesce a mettere insieme una vecchia zia, una città, un intero ambiente di provincia. Possiede un senso rigoroso della sintesi: è il suo dono. Il suo è stato l'ultimo occhio 'balzacchiano'. Solo chi crede nella realtà può riuscire a disegnarla con mezzi così strepitosamente succinti...".
Certo potremmo analizzare le analogie letterarie, l'interesse per la provincia, l'attenzione per i caratteri umani, per certe atmosfere, ma non ci pare questa la sede e il momento.

SIMENON E LA CARTA DEI VINI (E DEI LIQUORI) DI MAIGRET

Sulla propensione di Maigret a mangiare e bere se ne è parlato molto. E' una delle caratteristiche esteriori forti del personaggio che, ad esempio assieme alla pipa, contribuisce a costituirne alcuni dei tratti fortemente riconoscibili. Abbiamo quindi detto bere, mangiare e fumare... insomma un personaggio che sembra godersi la vita nonostante la sua professione gli procuri problemi e preoccupazioni non da poco.
Ma Simenon quando ha costruito il personaggio, ha voluto crearne uno quanto più vicino alla gente comune e così anche questa sua passione per il mangiare e il bere non é sofisticata (anche se il commissario mostra in più di un caso una certa cultura in fatto di gastronomia), ma indirizzata verso gusti semplici, piatti e bevande popolari.  Certo nel centinaio di casi scritti da Simenon (tra romanzi e racconti) Maigret ha bevuto e mangiato di tutto. Occasioni di vario tipo lo hanno portato a bere un bicchiere di whisky, anche se non gli piace. Come pure lo chamapagne, che lo lascia piuttosto indifferente. Invece gradisce volentieri il Martini dry,  o meglio ancora, il cognac di cui tiene una piccola scorta anche in ufficio, per le lunghe nottate di interrogatori o per aver qualcosa da offrire quando l'occasione lo richiede. Anche l'armagnac anche fa parte delle sue preferenze ma soprattutto il calvados.
Vorremmo soffermarci su questo liquore che prende il nome dall'omonima regione del nord della Francia e che è un distillato di mele. Negli anni '30 era un liquore molto popolare, economico e senza grandi pretese. Maigret ne beve spesso e volentieri, soprattutto durante gli appostamenti notturni o gli inseguimenti che lo costringono all'aperto durante le fredde notti d'inverno parigine. Poi anche il calvados si è sofisticato, lo hanno iniziato ad invecchiare, in botti di rovere, poi in botti dove era stato invecchiato il cognac... insomma oggi è diventato un distillato di pregio e costoso.
E poi c'è la birra che è un'altro "must" del commissario, tipica di quei vassoi che da Quai des Orfévres ordinano alla famosa brasserie Dauphine, quando gli interrogatori di uno o più sospettati si prolungano nella notte e fanno saltare la cena al commissario e ai suoi ispettori. Birra insieme ai panini che consumano lì in commissariato. Però la birra è anche quella fresca e ristoratrice che durante i mesi esistivi, gli rinfresca la gola secca per la calura e spesso lo rimette in sesto nel bel mezzo di un'indagine difficile. Ma Maigret non si ubriaca mai? Generalemente no. Non è nel personaggio. Stazza imponente, abituato a bere (alcune volte Simenon gli fa trangugiare un doppio kummel da 65°) e che in definitiva regge molto bene l'acol. Anche perché le occasioni per bere sono, come abbiamo visto, tante come ad esempio gli aperitivi e qui le sue preferenze vanno al francesissimo pernod.
Birra e pernod ci fanno da trait d'union per passare ai vini. Quando il commissario è a tavola la sua preferenza va a beaujolais, chateneuf de pape, rosé di Provenza, al sancerre, ma anche a vini italiani come il chianti. Ma anche qui, proprio per fare del commissario uno come gli altri, Simenon gli fa bere molto spesso del vino bianco, quello al bicchiere che Maigret butta giù tutto d'un fiato, magari sul bancone zincato di un vecchio bar.
Il suo amico dotttor Pardon (quello con cui si scambiano gli inviti a cena una volta al mese)  si accorge di questa proponsione al bere dell'amico e gli consiglia ogni tanto di moderarsi.
Ma d'altronde per Maigret le tentazioni sono un po' ovunque. Anche a casa dove non manca mai la prunella fatta dalla sorella di M.me Maigret. Non è il massimo per il commissario, ma dopo quelle cenette a base di fricandeau all'acetosella o di faraona in crosta oppure razza di bue al burro nero preparate dalla moglie, per digerire, insieme ad una pipata, va bene anche un bicchierino o due di prunella.

sabato 14 gennaio 2012

SIMENON. UNA MADRE LONTANA...UNA LETTERA TARDIVA

Che tra Georges e sua madre non corresse buon sangue è ormai cosa nota a cui abbiamo accennato più d'una volta. Più esatto sarebbe affermare che da sempre le preferenze della madre erano andate al figlio più piccolo, Christian. Georges aveva come riferimento il padre. Desiré, anche se recessivo come carattere rispetto a quello forte e dominante della moglie, il genitore era nella considerazione del futuro scrittore un uomo saggio, quieto, che sapeva godere di quello che aveva.
E il suo pudore, quella sua tendenza a non esternare le proprie emozioni, faceva parte anche del carattere del piccolo Simenon che di solito, in cantuccio della casa, con un libro davanti agli occhi sembrava il ritratto in sedicesimo del padre che, tornato dal lavoro, si sedeva a leggere il giornale. S'intendevano con un colpo d'occhio i due, senza bisogno di parole. Invece non s'intendeva con Henriette, la quale ad esempio lo rimproverava di starsene sempre lì seduto a leggere. Questa relazione complicata e difficile andò avanti negli anni. Basta ricordare che quando, alla fine della seconda guerra mondiale, Christian si era messo nei guai seri (era ricercato dal Fronte Nazionale di Liberazione belga per aver preso parte a dei raid con i nazisti, dove erano state uccise intere famiglie colpevoli di essere comuniste o ebree). Crimini di guerra. E Chistian Simenon rischiava la forca. Allora la madre si rivolse a Georges, nonostante non avesse mancato di esprimere il suo disappunto per il successo e la ricchezza che aveva conseguito. Lo scrittore si dette da fare, mettendo in moto le conoscenze che la sua posizione gli permetteva (posizione che Henriette aveva spesso criticato). Alla fine riuscì a farlo arruolare nella Legione straniera e farlo sparire. Quando nell'ottobre del '47 Christian morì nel golfo del Tonkino, durante un'operazione militare, la madre addossò la colpa a Georges, perché era stato lui a farlo entrare nella Legione Straniera.
Il tema del rapporto tra madre e figlio ricorre spesso nei romanzi dello scrittore, in questo ambito va ricordato quell'imperdibile Lettre mà ma mére (1974), scritto quattro anni dopo la scomparsa di Henriette, dove pur scoprendo il vero aspetto dell'animo della genitrice, continua a chiamarla mère invece di un più affettuoso maman. Lei a 91 anni sul letto di morte, lui il figlio lontano quasi settantenne, in quel momento tragico è come se continuassero una lotta sotterranea, frutto dell'incomprensione di una vita. E in questo libro Simenon le confida:
"...non ci siamo mai amati, lo sai bene. Tutti e due abbiamo sempre fatto finta... - Perché sei venuto Georges? (lo scrittore era corso al capezzale della mdre morente) - Questo piccolo inizio della tua frase può essere la spiegazione di tutta la tua vita...". Parole amare, che danno idea del tono di questa "lettera" in cui viene fuori la figura di una donna, sì, segnata dal destino, ma ferrea nella sua volontà di sembrare agli altri più bisognosa del reale, ma solo per dimostrare alla gente che lei non aveva mai avuto bisogno di nessuno e non aveva mai chiesto nulla a nessuno.
"...Tra noi due non c'è stato che un legame  - si rammarica Simenon nella "lettera" - Questo legame era la tua volontà feroce di essere buona, per gli altri, ma forse soprattutto per te stessa...".

venerdì 13 gennaio 2012

SIMENON. SAINT-FIACRE IL PEDIGREE DI MAIGRET?

Ottant'anni fa', precisi. Gennaio 1932. Simenon si trova a svernare nel sud della Francia, a Cap d'Antibes, per la precisione, nella villa Les Roches-Grises (di proprietà dello scrittore Henry Duvernois). Lì e allora completò la stesura della quattordicesima inchiesta del commissario Maigret: L'Affaire Saint-Fiacre. Aveva appena venduto il suo Ostrogoth e così passava i mesi più freddi sulla Costa Azzurra. Ma nessuna mondanità. Simenon deve lavorare sodo e infatti in due mesi scrive, oltre al già citato, altri due Maigret: L'Ombre Chinoise e Chez les Flamands.
L'Affaire Saint-Fiacre è la storia di un crimine annunciato. Vittima? La vecchia contessa di Saint-Fiacre che spira in una chiesa proprio sotto gli occhi di Maigret che era corso sul posto, che tra l'altro conosceva bene per essere stato il luogo della sua infazia. Infarto? Forse provocato dallo spavento di uno stralcio di giornale, infilato ad arte tra le pagine del suo messale, dove l'anziana nobildonna aveva appreso della morte del figlio? L'inchiesta per il commissario è anche un tuffo negli anni della propria gioventù, con le illusioni e le delusioni di chi non torna nel posto natìo da oltre trent'anni. Il tutto è poi caratterizzato da un certo distacco di Maigret dal cuore dell'indagine. Caso difficile, non ci sono prove, tutto è successo lì sotto i suoi occhi e non sembra certo un omicidio, ma... Per altro chi conduce i giochi per scoprire l'assassino è qualcuno che proprio non dovrebbe...
La trama segue un andamento un po' strano per Maigret, con questo tuffo nel suo passato, quando il padre era il contabile delle terre dello scomparso conte di Saint-Fiacre... Anche se tutto é molto cambiato, la nostalgia i ricordi si fanno sentire, insomma sembra essere un piccolo Pedigree di Maigret. Chi l'avesse perso, e non lo trovasse nell'edizione Adelphi, sappia che, con un po' di pazienza, lo potrà acquistare con Il Sole 24 Ore che tra i quaranta titoli che porterà in edicola, ha previsto per la 26a uscita, il 4 luglio, proprio Il caso Saint-Fiacre.
Dal romanzo venne tratto nel '59 un omnimo film diretto da Jean Delannoy, dove Jean Gabin interpreta il commissario, (lo era già stato nel '58 in "Maigret tend un piége" sempre di Delanoy e lo sarà ancora nel '63 in "Maigret voit rouge" di Gilles Grangier). L'interpretazione di Gabin nonostante sia magistrale, forza un po' i comportamenti di un Maigret che, come abbiamo detto, nel romanzo rimane un po' ai margini dell'inchiesta, mentre la sceneggiatura del film punta molto sul protagonismo dell'attore. D'altronde con un occhio al romanzo e uno al botteghino, i produttori come facevano a non sfruttare al massimo l'accoppiata Maigret-Gabin?

giovedì 12 gennaio 2012

SIMENON, SEX ADDICTED ANTE LITTERAM?

L'uscita domani di Shame un film americano sulla dipendenza dal sesso, e da qui al sesso a pagamento, ha dato l'occasione al quotidiano La Repubblica di oggi di dedicare ben due pagine a questo fenomeno, a quanto pare niente affatto episodico e che anzi sembra stia assumendo (almeno negli Usa) una rilevanza sociale come altre dipendenze, droga, alcol, etc... In pagina, oltre alle riflessioni sul tema che il film tratta in modo molto serio, anche l'intervista al regista (l'afro-americano Steve McQueen, 42 anni) e una rassegna, con tanto di foto, di personaggi famosi colpiti da quello che l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera una malattia e definisce sex-addiction. Tra gli altri l'ex-direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Khahn, il campione di golf Tiger Woods, gli attori Warren Beatty e Michael Douglas e David Duchovny e...neanche a dirlo... lo scrittore Georges Simenon. Motivo? La strafamosa affermazione di aver avuto nella sua vita rapporti con diecimila donne, di cui ottomila prostitute (L'Express - 1977 - Intervista a Felini).
E' una delle performance extra-letterarie che colpisce di più l'immaginario collettivo e quindi uno di quei segni distintivi che non cade mai nel dimenticatoio e, ogni volta che si presenta l'occasione, in modo o in un altro il nome di Simenon e delle sue maratone sessuali salta fuori.
Anche Simenon Simenon ne ha parlato più volte  (vedi ad esempio il post di lunedì 13 dicembre 2010 Simenon. Sesso, sesso, sesso oppure quelli del 20 febbraio 2011 Il sesso extra-coniugale dei coniugi SImenon/1 e 2 ) ma c'è qualche puntualizzazione che ci sembra doveroso fare.
Questo comportamento, come abbiamo detto, viene spiegato come una malattia che si cura con ricoveri in cliniche specializzate, dove i divi di Hollywood arrivano a pagare 1200 dollari al giorno. Simenon invece, stando almeno alle sue dichiarazioni, ha sempre vissito la sua intensa attività sessuale con una grande semplicità, come l'espletamento di un'impellenza, che non gli creava problemi e, contrariamente a quello che afferma di loro il regista di Shame "...sono come gli alcolizzati, non conoscono il piacere...", Simenon lo faceva con grande soddisfazione e senza nessuna vergogna.
"...da questo punto di vista mi considero un uomo perfettamente normale. Quello che dovrebbe sorprendere qualcuno è il fatto che io non mischio mai sessualità, sentimento e amore. Con una sola donna, D. (Denyse, la seconda moglie), sesso e amore si sono intrecciati e si intreciano ancora. Con le altre no - spiegava Simenon in Quand jétais vieux nel 1961 - E non si tratta di cinismo, né di vizio. Considero la sessualità e tutti gli atti sessuali come naturali e belli...".
 E sulla iperattività dello scrittore non ci sono dubbi. La era cosa era troppo risaputa e in diversi ambienti per non essere vera. E d'altronde, quando lo portavano a parlare dell'argomento, Simenon non aveva l'aria di vantarsi, ma piuttosto quella preoccupata di chi vuol far capire di come si trattasse di un comportamento normale. Certo alcune sue parole sembrerebbero confermare l'ipotesi della dipendenza: "...mi ricordo per esempio dei miei primi tempi a Parigi, quando mi capitava di svegliarmi alle undici di mattina tra le braccia di una donna... e dopo solo qualche minuto ritrovarmi ed essere spinto ad abbordare una prostituta o ad entrare in un casa d'appuntamenti, per ricominciare poi un paio di volte nello stesso pomeriggio...".
Certo si dirà, allora era ancora giovanissimo, non ancora ventenne, si trovava a Parigi, lui piccolo provinciale di Liegi... le tentazioni erano non poche... ma quattro volte  al giorno anche non sono poche! Ma tornano le parole dello scrittore per spiegare che "...faccio l'amore semplicemente, in modo sano, tanto spesso quante volte è necessario, ma non obbedisco a nessun assillo. Non sono spinto da nessun complesso, solamente per un bisogno...".
Simenon, come abbiamo riportato prima, non mischiava sessualità, sentimento e amore. Ma allora oltre al piacere fisico, cosa provava a letto con quelle donne (spesso professioniste, ma anche semi-professioniste, come le definiva lo stesso scrittore) verso cui il "bisogno" lo spingeva? Ecco come lo spiega: "... per tutte provo, nel possederle, una sorta di tenerezza, quella che potrei chiamare tenerezza umana. Non è sentimento. Non mi pongo problemi al loro riguardo. Non mi interesso alla loro sorte. E' un'interesse per l'essere umano, per la carne vivente, per un corpo che per un determinato istante, nelle mie braccia, rappresenta la vita...".
A chi ci segue più assiduamente, queste parole forse ne fanno rieccheggiare altre. Quelle della ricerca, nei suoi romanzi, dell'uomo nudo, spogliato dalle convenzioni sociali, dai condizionamenti e che privato di tutti gli orpelli e delle apparenze, si presenta nudo con i suoi bisogni veri, quelli primari, quelli tipici dell'Uomo con la U maiuscola. Certo questa semplificazione può risultare eccessiva, anche se il suo comporamento sessuale e la ricerca dell'uomo nudo, a nostro avviso, partono da una stessa base...

mercoledì 11 gennaio 2012

SIMENON. UN AVVENTURIERO METODICO E ORDINATO

Quante volte la vita di Simenon è stata definita movimentata se non avventurosa?  Il periodo delle navigazioni fluviali sui canali di tutta Europa. Quello dei viaggi ai quattro angoli del mondo. Il suo spostarsi continuamente da Parigi alla Vandea, da Porquerolles alla Normandia. E poi gli stati: il Belgio, la Francia, il Canada, gli Usa, la Svizzera. Le sue trenta abitazioni, le due mogli, i quattro figli, ma anche le diecimila amanti...
Si sarebbe portati a pensare ad una vita disordinata, di quel disordine creativo che nell'immaginario collettivo circonda gli artisti.
No. Siemenon era tutto tranne che disordinato. Preciso, ordinato, programmato al limite del maniacale, nelle piccole e nelle grandi cose. Basti pensare a tutti i rituali della scrittura che a prima vista sembrerebbero quasi dei preparativi propiziatori. Una minuziosa ripetizione di gesti e una metodica preparazione di oggetti e strumenti che non devono cambiare il procedimento della scrittura sia che si trovi a Tucson, a Parigi, in viaggio nella Nuova Zelanda o a bordo del suo Ostrogoth in uno dei porti europei.
Ma anche la programmazione della sua attività di scrittore, che aveva già chiara quando nel '22 sbarcò a Parigi, dimostra il suo ordine mentale. Diciannovenne infatti aveva già previsto le sue tappe letterarie: l'apprendistato con il romanzo popolare, la semi-letteratura e infine i romanzi. E per di più dichiarava che il Nobel non gli sarebbe arrivato prima dei quarant'anni (invece ci andò vicino un paio di volte, ma non l'ebbe mai).
Simenon era disciplinato, soprattutto quando scriveva, andava a letto presto, non beveva, usava sempre le due solite camicie, appuntava su un calendario il lavoro compiuto nella giornata. Tutto con una ripetitività e una costanza che non gli costavano fatica.
Anche dal punta di vista sentimentale la sua iperattività sessuale non interferiva minimamente con la sua famiglia, con i rapporti con le mogli, anche se alla prima Tigy, che era gelosissima,  era costretto a nascondere i suoi numerosi amplessi extra-coniugali, mentre nella seconda, Denyse, trovò quasi una complice che assecondava questa sua "impellenza" e gli favoriva una quieta e ordinata vita familiare. Anche i suoi rapporti sessuali con la Boule, la sua maitresse-femme de chambre di una vita, era fatta di appuntamenti puntuali e metodici, per anni dopo pranzo durante la siesta pomeridiana. Insomma nessun rapporto sentimentale che sconvlgesse il suo ordine precostituito. Una sola volta ci andò vicinissimo, con Josephine Baker, ma allora era ancora molto giovane, ancora in cerca della popolarità e con il timore di essere schiacciato dalla fama della diva del momento. Si fermò ad un passo dal precipizio e fuggì d Parigi con la prima moglie.
Lui stesso dichiarò più volte che "...una mia biografia darebbe l'impressione di una vita tumultuosa e brillante. Non c'è nulla di più falso. Ho viaggiato molto, é vero. Ho visuto in un certo numero di paesi, di case, di castelli. Dappertutto seguivo lo stesso orario. Ogni ora della mia giornata é programmata..." (Mes Dictées/2 - 1975).


SIMENON. PERCHE' PROPRIO MAIGRET?

Già. E' una domanda lecita. Come mai per passare dalla letteratura popolare su ordinazione, alla semi-letteratura  Simenon scelse proprio Maigret? Non ci riferiamo alla scelta tra lui e altri protagonisti polizieschi che aveva provato precedentemente. Lasciamo da parte anche la versione "simenoniana" sulla nascita del personaggio e quella più "storica" che lo vedeva crescere in romanzi che però non avevano ancora le coordinate delle inchieste del commissario.
Maigret, lo ha detto chiaramente Simenon più volte, non è certo una propria proiezione nelle pagine del protagonista di un seriale poliziesco. Altre volte però ha ammesso che volentieri si è servito del commissario per esprimere considerazioni e convincimenti che gli erano propri  (e che ritroviamo anche nei romans-durs). Alcuni tratti, dai più esteriori a quelli più profondi chiaramente coincidono, dal maniacale legame con la pipa, alla sua massima preferita: "comprendere e non giudicare".
Insomma attraverso questo personaggio semplice per il quale il sesso, così importante per Simenon, consisteva solo in alcuni momenti di fugace tentazione, attraverso un uomo che non aveva le grandi ambizioni del suo autore (rifiutò ad esempio la direzione generale della Polizia Giudiziaria di Parigi) Simenon riuscì in una sofisticata operazione... insomma per molti tratti sembra che lo scrittore si sia impegnato a costruire un personaggio double face. Da un parte vicino a lui e dall'altra molto lontano. Almeno noi la vediamo così.
Ma perchè avrebbe fatto questa scelta?
Crediamo che la costruzione del personaggio Maigret sia più complessa di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Non abbiamo elementi certi per affermare che questa sia stata coscientemente creata così appositamente. Forse c'entra quell'inconscio junghiano di cui Simenon parlava spesso con Fellini. Ma torniamo alla domanda. Probabilmente questi due livelli (l'identità e la diversità) servivano da una parte a permettergli di esprimere sé stesso, le proprie idee, la propria visione del mondo e della vita. E dall'altra di poterlo fare con un personaggio che invece per molti versi era molto distante da lui, in modo da evitare una facile e banale identificazione con lui stesso.
Come tenere il piede in due staffe. Un gioco di equilibrio che alternava consonanze e dissonanze con il proprio personaggio. Questo gli consentiva quella libertà di approccio grazie alla quale poteva costruire intrecci e ambientazioni "maigrettiane", ma che gli permetteva di inserire temi e atmosfere tipicamente "simenoniane"
In questo senso forse Maigret ha costituito in realtà un salto più lungo di quello che allora era sembrato: non tanto dalla letteratura popolare alla semi-letteratura ma, se ci si consente l'allocuzione, ad una più sofisticata pre-letteratura romanzesca. Ed è anche per questo che abbiamo più volte sostenuto che, aldilà dei paletti del genere e della serialità, la distanza tra i Maigret e i romanzi è davvero impalpabile.