sabato 4 febbraio 2012

SIMENON, PARLACI DI TUA MADRE

Il rapporto tra lo scrittore e sua madre è sempre stato assai problematico come abbiamo descritto in particolare nel nostro recente post del 14 gennaio Simenon. Una madre lontana... una lettera tardiva. Quest'oggi vogliamo proporvi in proposito una interessante intervista realizzata nel 1975 dalla giornalista Catherine Charbon nel programma televisivo la Voix au chapitre, per l'emittente svizzera e che ora è messo on-line dal sito dell'archiovio della stessa RTS. E' una chiacchierata in cui Simenon  commenta anche il suo romanzo Lettre a ma mére (1974). Si tratta di oltre 13 minuti di conversazione, ovviamamente tutti in francese. Cliccate qui per vedere Simenon e sua madre

venerdì 3 febbraio 2012

SIMENON. QUANTO PUO' ESSERE NOIR LA NEVE?

Sarà per la suggestione della neve, che in questi giorni sta coprendo l'Italia, capitale compresa, che ci torna alla mente il titolo di uno dei più duri e neri romanzi di Simenon, La Neige était sale, appunto. Scritto a Tucson (Arizona) nel '48  a ridosso della morte del fratello. E i paralleli con la scomparsa di Christian sono più d'uno. Intanto lo scenario è quello della seconda guerra mondiale, analogo a quello in cui il fratello stava combattendo in Indocina con la Legione Straniera. Ma il protagonista non è un soldato, è un figlio viziato di una tenutaria di un bordello. Eroe negativo per eccellenza che, giovanissimo senza legami, crede che uccidere per sfida farà di lui un uomo. Poi si troverà ad uccidere per necessità. E' uno dei romanzi più neri, e duri che Simenon abbia mai scritto. Ma anche qui c'è l'esperienza personale. Dicevamo prima del fratello morto combattendo "per le necessità in una guerra". Ma si trovava lì perchè il fratello scrittore lo aveva fatto fuggire dal Belgio, dove rischiava la forca perchè anche lui aveva ucciso gratuitamente, con le squadracce filo-naziste in cui militava, intere famiglie inermi di ebrei e di comunisti. Così Frank il protagonista di questo romanzo si muove in una sorta di delirio di onnipotenza dove le nefandezze e i crimini che compie fanno parte non solo della sua abiezione, ma anche dell'indefinito luogo in cui la vicenda ha luogo. E qui il romanziere crea uno  sfondo di violenza, di doppiezza, in un clima di cupezza. Ecco perchè si parla di noir e non è un caso che riferendosi a questo romanzo Dashiell Hammett, padre dell'hard-boiled, dichiarò al Los Angeles Times che Simenon era il miglior esponente del genere noir "... perchè è intelligente e per certi versi mi fa pensare a Edgard Poe...". Ed era anche piaciuto ad uno dei padri letterari di Simenon, Andrè Gide, perché lo confermava, a suo avviso, uno dei migliori romanzieri della letteratura francese.
E come poteva un romanzo così accativante non risvegliare gli appetiti dei produttori cinematografici?
Lo fece infatti nel '54 e si concretizzò in un film diretto da Luis Saslavsky. Ma ci fu anche una riduzione teatrale per  le Théatre de L'Oeuvre, esperienza per la verità non del tutto gratificante per Simenon. Comunque qualcuno prende questo romanzo anche come un salto di maturità nell'opera letteraria di Simenon.  Non si avverte più il "mestiere" dello scrittore, sfumano anche le tracce dei meccanismi che organizzano il romanzo, non si avverte più la volontà di dimostrare delle tesi. Tutto si amalgama e il risultato è un opera letteraria dove, nonostante la tragicità del tema e la durezza della vicenda, tutto è naturale, semplice e allo stesso tempo non banale, profondo nella sua capacità di raccontare, quasi in modo disarmante, il lato più oscuro dell'uomo.

giovedì 2 febbraio 2012

SIMENON. LA CALDA STAGIONE DI DENYSE E GEORGES


Del loro incontro abbiamo già raccontato. Amore e sesso a prima vista. Soprattutto per Simenon che rimane folgorato da questa canadesina ventincinquenne, al primo impatto fredda e calcolatrice, ma poi rivelatasi passionale e sensuale. Un melange in una sola donna che per la prima volta colpisce lo scrittore, ne rimane stregato.
Ma la passione tra i due non finisce lì, con il primo incontro anche se finisce ben presto tra le righe di uno dei più famosi romanzi di Simenon, Trois chambres a Manhattan (1947). Denyse non è tipo da farsi usare per poi essere messa da parte, né d'altronde Georges si è mai sentito così attratto da una donna.  Andiamo a vedere come prosegue la loro storia con un Simenon ancora ufficialmente sposato, anche se di fatto lui e Tigy fanno ognuno ormai una vita a sè, tranne per ciò che riguarda il figlio Marc. Denyse entrerà in casa come segretaria di Simenon (ufficialmente anche a causa della sua ancora scarsa padronanza dell'inglese) per occuparsi di tutte le pratiche per i diritti, le traduzioni, i contratti. Anche lei  inizierà a vivere a casa Simenon un po' al suo servizio, poi le cose cambieranno. Come per versi differenti era già successo a Boule e come accadrà poi a Teresa.
Ma torniamo alla passione tra i due. Negli incontri successivi, Simenon si convince di essere davvero coinvolto da quella donna, tanto da scoprirsi geloso. Per lui è una novità assoluta cui però non riesce a sottrarsi. Anche lei lo ha capito ed è proprio per questo che gli racconta le sue eseprienze sentimentali e sessuali, con ufficiali della marina,  con un certo lord inglese, la sua frequentazione di party e Simenon commenta "... li conosco bene quei party: si beve forte, si mangiano tartine e tramezzzini e, nella calca, è tutto un gran pomiciare, quando addirittura non ci si chiude in bagno per una sveltina..." Ed è lei stessa a raccontargli di come una sera, appunto durante un party, avesse all'improvviso sentito voglia di fare una nuotata e si fosse gettata nuda nella piscina che era lontana alla festa e al buio. Ma qualcuno, volendole fare uno scherzo, all'improvviso accese tutte le luci. E lei si era ritrovata lì, come mamma l'aveva fatta, dando spettacolo a tutti gli invitati. Vero? Falso? Quante delle cose che lei gli raccontava all'inizio erano vere o solo delle storie per farlo ingelosire? O anche per darsi un tono, lei giovane, che veniva da Ottawa, cercava in qualche modo di mettersi al livello di quell'uomo, che arrivava a Parigi, era uno scrittore famoso,  aveva girato il mondo e, a poco più di quarant'anni, aveva un'esperienza di ben altro livello rispetto alla sua. E così aveva trovato nella gelosia la leva su cui fare forza.
E in proposito vediamo cosa ricorda Simenon stesso in Mémoires intimes (1981). "...L'ascensore, la porta della suite il salottino, la camera dove lei cominciò a togliersi i vestiti, con gesti da spogliarellista,, osservandomi con la coda dell'occhio.... Entrai in lei come se volessi trafiggerla, e i suoi occhi si intorbidivano, si appannavano poco a poco... questa volta non si accontentò di sospiri ed ansimi: gridava, gridava davvero e tra un grido e l'altro diceva: 'Amore mio..." arrotando la 'r' come i borgognoni... A un certo punto sembrò perdere il controllo e al secondo amplesso, tutta ansante, gridò più forte che mai... ' Ti amo Georges'..."
Immagini, sensazioni, passione, un tumultuoso susseguirsi di stati d'animo investiva Simenon che intanto si chiedeva se l'amasse o la detestasse. Era ancora in una fase di totale stordimento. Alle sue provocazioni il nostro Georges rispondeva: "...Ad un tratto non era più l'aggraziata signorina in tailleur del Brussels' ( il loro primo incontro) e non fosse stato per tutto quel trucco che aveva sulla faccia, avrei potuto prenderla per una ragazzina che non ha il coraggio di affrontare la vita. Aveva bisogno di essere rassicurata , bisogno soprattutto di quella tenerezza che non aveva mai osato chiedere, per non fare la figura della collegiale, e che gli uomini non le avevano dato...".
Insomma se non sono queste le parole di un uomo davvero innamorato. Ma nel loro rapporto tenerezza e violenza, amore e passione si intrecciavano: "...Al contrario dell'amore  (e adopero questa parola non trovandone altre), la passione si alimenta anche di violenza. Ormai ero sicuro che lei mi esasperava deliberatamente, per farsi brutalizzare. E in quel periodo in cui avevamo bisogno di bere per alimentare il nostro fuoco interiore, io l'ho effettivamente brutalizzata. Spesso quando non raggiungeva il suo scopo, era lei a schiaffeggiarmi. Io non reagivo e lei aggressiva mi diceva: ' Lo vedi come sei sconcertato quando qualcuno ti tiene testa? So tutto degli uomini, io, e tu non sei diverso dagli altri...".
Ma non era vero.
Simenon era ormai convinto di amarla e si era prefisso di toglierla da quella spirale di sensi di colpa, di paure e di arroganza. Queste erano le buone intenzioni del principio. Ma questa vena di tensioni e di violenza caratterizzerà come un fiume carsico attraversando la loro storia, le nozze, i tre figli e per riemergere prepotentemente portando alla fine del rapporto tra Denyse e Georges.

mercoledì 1 febbraio 2012

SIMENON. UN ROMANZIERE SENZA EREDI?

"... mi piacerebbe creare i mei personaggi con un maggior peso, più tridimensionali... Tento di rendere ciascuno di loro pesanti come una statua e fratelli di tutti gli uomini della terra...". Lo diceva Simenon nel '58 in una conferenza a Bruxelles.  E' una parte importante degli obiettivi dello scrittore che la considerava come una sorta di vocazione. E lo aveva affermato esplicitamente più volte. Se non fosse riuscito nell'intento di raccontare la realtà e l'uomo così come sono, nudi e crudi, tutta la sua opera non sarebbe servita a niente.
In realtà ci è riuscito benissimo e non siamo soli in questa valutazione. A tale proposito la professoressa universitaria Marie-Paul Boutry nel suo Les 300 vies de Simenon (C.M. du Garde éditeur - 1990) scrive "... si legge Simenon un po' come lui scrive, ciascuno vi ritrova ombre, luci e riflessi della propria vita. Questo immenso universo simenoniano, dove volteggiano dei geni inquieti, senza riferimenti e senza illusioni su sè stessi, costituisce una delle più magistrali raffigurazioni del nostro secolo..."
A distanza di oltre vent'anni quest'affermazione non è sempre condivisa. O perlomeno c'è ancora chi trova degli alti e dei bassi nella produzione simenoniana e, per esempio, non riesce a non considerare tutto il cotè Maigret come una zavorra che abassa il livello dell'intera produzione. Indubbiamente ci sono dei romanzi meglio riusciti ed altri meno. Ma questa è un'ovvia considerazione, resa ancor più banale da una produzione tanto imponente. Quello che ci interessa qui è però analizzare quanto della sua opera abbia una presenza viva e quanto influenzi ancora oggi la letteratura. Il tema è di quelli che fanno tremare i polsi e oltrettutto questa sede non è la più idonea ad approfondire in modo esausitivo l'argomento. Ma ci sembra doveroso accennare alcune considerazioni...
• Primo. E' un fatto che la presenza dei suoi titoli tra i best-seller più venduti ancora oggi sia una testimonianza della sua modernità. La sua prosa asciutta e stringata fa ancora larga breccia in un publico trasversale ed eterogeneo. Il suo tratteggiare personaggi, vicende e atmosfere con poche parole è sulla lunghezza d'onda del linguaggio odierno sempre più conciso e sintetico.

• Secondo. E' vero. Simenon nelle sue storie è sempre alla ricerca dell'uomo nudo, come spiegava lui stesso, l'uomo al netto di sovrastrutture, convenzioni e condizionamenti sociali. Ma per fare questo passa inevitabilmente attraverso un'analisi delle caratteristiche sociali, della mentalità dominante, dei meccanismi che producono disuguaglianza ed emarginazione.. Con questo questo non vogliamo etichettare l'opera di Simenon come sociologica, ma evidenziare, come, a nostro avviso, questo aspetto non viene sufficientemente sottolineato e come, oltre l'uomo, anche la società e le sue dinamiche entrano nel mirino dello scrittore. E pure questo lo avvicina ad una sensibilità odierna dove è sempre più difficile per un autore estraniarsi dalla realtà
.

• Terzo. Simenon non è ancora considerato un classico, accademicamente parlando, ma una sorta battitore libero, di livello certo, ma che non ha conseguito una consacrazione definitiva. E' forse ancora considerato troppo isolato e nemmeno capostipite di una scuola o di un romanzo simenoniani. Molto spesso, analizzando un romanzo di un nuovo autore, in questi anni si è scritto  "...  e poi, come Simenon, dimostra un capacità di....". Ma, a quanto  ci risulta nessuno è considerato un suo erede.  Non si contano le affermazioni che al tempo definirono Simenon "il Balzac del '900".
Nessuno scrittore è stato etichettato come "il Simenon del 2000".
Qualche suo tratto stilistico, un certo suo approccio alle storie, alcuni suoi temi, li ritroviamo singolarmente qua e là in diversi autori. Ma sono tutti "pezzetti" di Simenon che vanno a... concimare  le opere di alcuni scrittori. Ma la sua globale espressione letteraria non ha generato eredi.

• Quarto. In questo essere solo, conta probabilmente anche la sua naturalezza, diremmo quasi disinvoltura, a passare dalla letteratura alta a quella più popolare (divisione tipica della critica italiana). Anche quel ritrovarsi a suo agio su vari registri, altra capacità rara da trovare ed evidentementte anche da replicare, per qualcuno è lungi da essere un talento e considerato una versatilità non positiva.

Ci sarà chi ci rimproverà di aver sbrigativamente archiviato la domanda posta all'inizio, ma speriamo comunque di aver fornito spunti per riflessioni, per critiche e per precisazioni, magari utili anche per un eventuale dibattito.

martedì 31 gennaio 2012

SIMENON. CAMBIA TUTTO, MA MAIGRET FA SEMPRE CENTRO

In fondo dalla data del suo lancio, nel 1931, fino a qualche settimana fa' per le inchieste di Maigret poco era cambiato. Nel senso che i libri pubblicati da Adelphi poco differiscono da quelli di Fayard che i francesi iniziarono a leggere ottant'anni fa'. Una copertina,  fogli di carta stampata, una rilegatura, si acquistavano in librerie o in qualche chiosco.
Certo oggi nel 2012, le procedure di stampa sono migliorate, i caratteri sono più definiti, la composizione della carta è molto cambiata, la diffusione e la vendita dei libri si è capillarizzata. Ma sostanzialmente il prodotto è sempre quello.
Adesso invece il salto. Come vi avevamo accennato in un nostro precedente post (vedi il 17 gennaio Simenon. Dieci volte digitale), l'editore milanese dopo qualche titolo di Simenon, ha iniziato a mettere sul mercato la serie completa delle inchieste del commissario in ebook, partendo dai primi cinque titoli.
Questa è, come abbiamo più volte detto, un vera rivoluzione. Niente carta, nessun inchiostro... niente libro. In sua vece un immateriale "file" di testo che può essere visualizzato da tutta una serie di strumenti (ereader, computer, pc, notebook, tablet, smartphone, etc) e letto con maggiore o minore facilità  sul loro schermo.
E ai primi rilevamenti, sembra che anche in versione digitale, il nostro commissario abbia fatto centro. Secondo BooksBlog (16-22 gennaio) tre titoli su cique appena affacciatisi in classifica hanno conquistato il quinto posto. Su Amazon, ad oggi  li ritroviamo al 2°, 3°, 5°, e 7° posto. Invece  su Bookrepublic, altro portale di diffussione degli ebook, i quattro titoli di Maigret hanno fatto piazza pulita, occupando i primi quattro posti dei più venduti. E ancora, sulla graduatoria di Feltrinelli per l'editoria digitale, i quatto Maigret sono al 4°, 5°, 7° e 8° posto.
Insomma un successone, che però non ci stupisce. E vero che il pubblico degli ebooks è diverso (anche se in parte sovrapponibile) a quello dei libri tradizionali, e con una notevole componente di una fascia giovane, più in confidenza con l'ultima tecnologia elettronica. Ma in ottant'anni quante volte sarà cambiato il pubblico di Maigret? Quante diverse generazioni di lettori, per motivi diversi, hanno scoperto le inchieste del commissario e sono poi diventati appassionati fedeli? Da oggi la scoperta di Maigret passerà anche per gli ebook... E se il buongiorno si vede dal mattino...

• Doverosa  annotazione. - Su Simenon-Simenon, avrete sicuramente trovato refusi, qualche accento sbagliato, dei plurali sballati, doppie mancanti o in sovrabbondanza. Errori. Che siano dovuti alla fretta, all'ignoranza, alla disattenzione sono comunque errori. Ce ne scusiamo con i nostri lettori e cercheremo di farne sempre meno. Questo cappello è per spiegare un grossolano errore che avete letto nella nostra rassegna stampa. Nell'incipit dell'articolo di ieri de Il Sole 24 Ore, Simenon. Ce l'ho. Mi manca, proprio sul successo dei Maigret in ebook, si trova scritto "...gli ebook di Simenon (quelli a pagamento) hanno fatto l’amplein...". Ecco "amplein" non è farina nostra, ma di chi ha firmato l'articolo in questione. Non ci pare sia francese e nemmeno inglese, l'unica ipotesi che ci viene in mente è che sia la trasposizione scritta della pronuncia di "en plein"  (in francese: in pieno, appieno, etc...), a meno che non si tratti di un neologismo, a noi ancora ignoto, forse tratto dal suono dell'allocuzione francese... Mah... Chi ne sa più di noi, per favore, ci dia lumi.

lunedì 30 gennaio 2012

SIMENON E IL '68. DALLA PARTE DEL... MOVIMENTO

Siamo andati a ripescare una corposa intervista fatta allo scrittore, da un simenonologo doc, Francis Lacassin, fatta per Le Magazine Letteraire nel 1975. In quell'occasione, Lacassin chiede tra l'altro qual era il giudizio di Simenon sul maggio '68, sul movimento studentesco e sull'aria di rivolta, se non di rivoluzione, che si respirava allora a Parigi e in tutta Europa.
Sono delle risposte abbastanza sorprendenti, in considerazione che ormai Simenon non era più un giovanotto... aveva settantadue anni, un'età in cui spesso le opinioni conservatrici prevalgono.
Arrivati a parlare d'attualità lo scrittore afferma che "...seguo l'attualità da vicino, ma non mi tocca. E' una curiosità, come la televisione che accendo, quando sono troppo stanco per leggere: la guardo sì, ma se mezz'ora dopo mi chiedete quello che ho visto, faccio fatica a rispondere. L'attualità... è un po' stesso la solità roba: gli stessi vincitori, gli stessi sconfitti. Spero che gli sconfitti un giorno abbiano la meglio sugli altri, ma spero di non dover passare prima un epoca ancora più reazionaria di oggi...".
Il Simenon anziano che vive nella sua casetta rosa al 12 di rue des Figuiers  a Losanna, in compagnia di Teresa, è in effetti un'uomo ormai distaccato dal mondo, anche da quello letterario, non scrive più da qualche anno, passa il tempo con il registratore ad incidere quelli che saranno i Dictées. Ma è lucido e ha le idee ben chiare su quello che sa succedendo nel mondo. E a questo proposito Lacassin gli chiede se al riguardo sia pessimista e come valuta le conseguenze del movimento del '68.
"... Enormemente, Tutti i goveri di destra hanno avuto paura. E quello che ora dà più soddisfazione.... Quando Giscard si è accorto che Mitterand aveva una forza politica equivalente cosa ha fatto? Ha copiato il programma di Mitterand e ora si sforza di realizzarne un certa parte: la legge sull'aborto, la pillola, il divorzio, il voto a diciott'anni. Ma, vedrete,  non riuscirà a rimanere in carica.
Sperano in questo  modo di canalizzare la rivoluzione. Ma qualsiasi cosa essi facciano, questa ormai è partita. Ci sarà prima un nuovo fascismo, come quello che rischiano di avere in Italia dove le destre sono molto ben armate e hanno molti uomini importanti al loro servizio o meglio "nelle loro tasche", perchè questi gli devono molti soldi. In Francia vedete come si parla sempre più di milizie private e dell'aumento dei guardiani della pace, dell'aumento dei poteri della polizia... etc. E' un brutto segno. Ma in fondo è un buon segno: il Francese reagirà quando questi continueranno così...".
Ecco un Simeon davvero indito molto schierato contro la conservazione e le politiche delle destre.
E se non fosse chiaro, rincara la dose quando Lacassin gli chiede cosa avrebbe fatto se nel '68 avesse avuto diciotto anni.
"... sarei di sinistra. Ma più a sinistra dei comunisti. Nei paesi occidentali come la Francia, l'Italia, i comunisti sono borghesi, starei per dire capitalisti. Von Darwel, che ho consociuto bene, che era presidente della Seconda Internazionale Socialista, diceva 'Se non vogliamo una rivoluzione sanguinosa, occorre dare ad ogni famiglia e che noi abbiamo le nostre coperative e le nostre banche'. A Liegi ho visto nascere le grandi coperative e le banche socialiste. Sul piano pratico in Belgio i socialisti si relazionano assai bene con la borghesia. Si può dire che siano degli uomini di sinistra? Io non credo. O almeno è una sinistra molto...rosa...".
A questo punto non c'è molto da dire, il pensiero del Simenon settant'enne è chiaro e netto. E l'intervista racconta come Simenon abbia passato gli anni del '68.
"...ero elettrizzato. Passavo le giornate davanti alla radio e alla televisione. Mio figlio Johnny, che ora studia ad Harvard, era allora sulle barricate di boulevard Saint-Michel. Ha rimediato un bel po' di botte dai poliziotti. Me lo raccontava al telefono e i domandava 'Non sei arrabbiato, vero?'. E io gli rispondevo 'Al contrario, continua'..."

domenica 29 gennaio 2012

SIMENON. SANCETTE L'ANTI MAIGRET O L'ANTE MAIGRET?

Sappiamo senza ombra di dubbio, che apparizioni di Maigret si ritrovano in altri titoli di Simenon, ben prima che il personaggio del commissario assumesse la configurazione definitiva con cui fu lanciato nel '31 e che lo rese famoso in tutto il mondo.
Tracce di Maigret, se così possiamo dire, si trovano in tre titoli antecedenti al lancio ufficiale fin dal settembre 1929 in Train de Nuit, ne La Jeune Fille aux perles dell'estate del '29  e ne La femme rousse del 1930.  Ma c'erano stati altri tentativi di creare un seriale di genere poliziesco. Vi abbiamo parlato di Ives Jarry comparso in quattro romanzi fin dal 1927 e di altri personaggi (vedi il post del 29/03/2011 Nasce Maigret. Come è andata davvero). Ma nessuno di loro attecchì. Evidentemente non convinsero per primo l'autore.  Però la strada imboccata era quella giusta. Infatti un altro tentativo Simenon lo fece con l'ispettore Sancette, detto anche l'ispettore 107, che fà al sua comparsa nel '29 proprio contemporaneamente all'uscità del citato Train de nuit. Il titolo è Captain S.O.S,  la sua prima inchiesta. La serie poi continuerà sulla rivista Ric et Rac con ben quattordici racconti, pubblicati come la serie Les Exploit de Sancette tra il maggio '29 e il febbraio 1930. Poi assistiamo ad un'evoluzione, Sancette diventa l'ispettore G.7 per una raccolta di racconti dal titolo Les Treize Enigmes uscita sul magazine Détective (e poi per Fayard in un omonimo volume nel '32). Ma la fine di Sancette è vicina. Nell'ottobre del '31 esce un'altra sua avventura La folle d'Itteville, ma nel frattempo è arrivato l'uragano Maigret che tra febbraio e settembre di quell'anno ha già lanciato sul mercato ben nove titoli! Il successo era nell'aria, ma il gradimento da parte del pubblico del commissario di Quai des Orfévres a quel punto era ormai una solida realtà. Al contrario, La Folle d'Itteville si era rivelato un mezzo flop. Non c'era storia e quella fu l'ultima apparizione di Sancette.
Ma cerchiamo di capire differenze e analogie tra il povero Sancette e il fortunato Maigret.
Primo e non secondario aspetto. L'autore di Sancette era ancora tale Christian Brulls. Con Maigret nacque lo scrittore Georges Simenon.
Qualcosa in comune l'ispettore e il  commissario ce l'hanno. Il primo infatti dichiara in Captain S.O.S. "...un vero poliziotto è un confessore al quale nessuno dirà nulla e che dovra scoprire tutto!... - oppure - Cos'è un crimine? Un atto commesso da un uomo! Quello che mi interessa è la mentalità dei criminali... E' stato commesso un crimine... io mi metto al posto di colui che l'ha compiuto... Cerco di avere gli stessi pensieri che lui ha avuto..."
Sembra in effetti per certi versi il "metodo Maigret". Anche Sancette mangia in un bistrot di place Dauphine. Abbiamo prima detto della sua sigla 107... in effetti in francese la pronuncia del numero centsept é quasi indentica a quella del suo nome. Ma anche questo è un nome ombra, quello vero è Joseph Boulines, sembra che usasse questo espediente per nascondere il fatto che era figlio di un alto funzionario.
Giovane, allegro, gioviale, Sancette, scapolo dagli occhi azzurri, è un bravo ragazzo, niente a che fare con il burbero, massiccio e a volte brusco commissario, ma tutti e due fumano la pipa (anche se allora in Francia era  un'abitudine molto più diffusa di oggi). E poi non ha certo il fisique du role di un funzionario di polizia, dove era entrato a soli diciotto anni e dove, grazie al suo fiuto straordinario per la soluzione dei casi, fà un'incredibile carriera. E' il beniamino della polizia giudiziaria, chiamato spesso gamin, cioè ragazzo. Il "ragazzo" ha una convinzione: se nei primi tre giorni dell'inchiesta troverà un indizio, per piccolo che sia, poi il resto sarà un gioco da ragazzi.
Come maialla fine Maigret vinse su Sancette? Forse un certo spessore che si ritrova nel primo manca nel secondo? Probabilmente la caratterizzazione del commissario risultava più originale e marcata. Quella di Sancette, per quanto si distaccasse dai cliché del poliziesco allora in voga, non era poi così diverso... Era pur sempre un giovane, brillante, scapolo, in carriera... insomma molti suoi tratti erano in comune con tanti e tanti altri protagonisti della letteratura di genere.
Maigret invece fu una vera rottura, un decisa inversione di rotta che inoltre permise all'autore anche allargarsi più di un volta alla letteraura tout court, aldilà delle regole che allora vigevano per il polar.
Forse il commissario vinse perchè era un personaggio più vicino alla gente comune, con le sue umili origini, i suoi anni di gavetta in polizia, il suo gusto per le cose semplici?
Magari vinse perché nelle sue inchieste si presagiva la trasformazione di Simenon da scrittore a romanziere... Le vicende del commissario non costituivano forse l'anticamera di quel tipo di letteratura cui fin da giovanissimo l'autore aveva aspirato?

sabato 28 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET "RACCONTATO" DA PINTER E NON SOLO...

Grande. Anzi grandissimo. Lo abbiamo citato più volte qui su Simenon-Simenon sia nei post, sia riproponendole sue opere (qualche volta addirittura, indegnamente, giocandoci) . Stiamo parlando di Ferenc Pintér, indiscutibilente l'autore delle più belle copertine del Maigret targato Mondadori. Certo con sempre davanti la faccia del nostro commissario televisivo, Gino Cervi, ma la sua arte, la sua sensibiltà, la sua capacità di rendere con pochi tratti e qualche macchia di colore il personaggio, sono a nostro modesto avviso, insuperabili e hanno creato degli orginali capolavori.
E anche la cabala ci ha messo del suo. Infatti Pintèr è nato insieme a Maigret, nel 1931, nello stesso anno in cui veniva lanciata la serie dei Maigret con il famoso Bal Anthropométrique.
Il piacere di parlare ancora una volta di questo artista ce lo fornisce l'uscita di Tutti gli Oscar di Pintér per i tipi della Little Nemo, un volume curato da Santo Alliago che comprende ben 800 copertine create dal grande illustratore per la famosa collana mondadoriana (prezzo 35 euro)
Vale ricordare che Pintér italiano, di Alassio, ma che, a nemmnon dieci anni, si trasferì in Ungheria per dei problemi di salute del padre che infatti morì di lì a qualche anno. Nel '56, durante la rivolta ungherese contro l'invasione russa, riuscì a fuggire da Budapest e a tornare in Italia dove dal 1960 iniziò a lavorare per Mondadori.
La sua inconfondibile mano non si cimentò solo su Maigret, ma i suoi quadri (scusate, ma noi quelle copertine le consideriamo dei veri e propri quadri), per gli appassionati del commissario simenoniano, costituiscono un'icona nel loro immaginario collettivo, e questo libro dà l'occasione a chi, per ragioni anagrafiche ha conosciuto solo quelli di Adelphi, di scoprire l'universo creativo di Pintér che oltretutto si attaglia perfettamente allo stile di Simenon. Anche lui riesce a creare con pochi essenziali tratti un 'atmosfera coinvolgente. La stessa capacità dello scrittore di individuare quei particolari che ci raccontano una storia. Anche lui, come l'autore, esprimendosi senza ridondanze è capace di realizzare un opera completa che non manca di nulla, ma dove non c'è una pennellata di troppo.
Tutti gli Oscar di Pintér, completa tra l'altro la triologia della Little Nemo sul grande illustratore, scomparso nemmeno quattro anni fa', aggiungendosi a Tutti i Maigret di Pintér e a Tutti gli Omnibus Gialli di Pintér formando, con i contributi di Ferenc Pintér, Antonio Pintér, Stefano Salis, Vittore Armanni e Massimo Romano, il confanetto Ferenc Pintér (al prezzo speciale fino al 3 marzo di 99 euro invece di 130).
Chiunque volesse, potrà acquistarli on line. Cliccare qui

giovedì 26 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET CATALOGATO COME MOZART?

L'eclettico Steve Trussel
La catalogazione è un importante strumento per tutti gli studiosi di un certo ambito. Tanto per fare un esempio, potremmo citare quello delle opere di Mozart. Sì, Wolfgang Amadeus Mozart le cui creazioni  furono catalogate dal musicologo austriaco Ludwig Ritter Von Köchel. Da qui la cifra alfa-numerica che precede il nome delle compsizioni mozartiane: come il Rondò in si bemolle maggiore siglato K 269, dove K sta per Köchel e 269 indica la collocazione cronologica.
Pochi lo sapranno, ma esiste anche una catalogazione per le inchieste del commissario Maigret, romanzi e racconti. Questa è dovuta all'eclettico ed enciclopedico Steve Trussel che ha ideato un sistema in inglese che si basa però sui titoli orginali in francese. La classificazione in questo caso non ha nessun ordine cronologico. Dal titolo originale vengono estratte tre lettere, che nel titolo sono consecutive e ritenute significative e non si tratta quindi nemmeno di acronimi. Queste sigle vengono poi ordinate alfabeticamente dal 1° AMI per Mon ami Maigret del '49, fino al 103° VOY per Maigret voyage del '57.
Va sottolineato che le sigle sono in maiuscolo per i romanzi, ma variano e sono invece tutte in minuscolo per i racconti. Ad esempio la sigla del 91° Stan le tueur, racconto del '37 è sta, tutto minuscolo. Qualche altro esempio. Al numero 52 troviamo LOG, Maigret, Lognon et les gangsters, sempre romanzo del '51, al 13° posto c'è ceu che corrisponde al racconto Ceux du Grand Café del '38.
Non è proprio quella che si definisce una catalogazione intuitiva. Sembra piuttosto un codice a chiave. Il primo Maigret (almeno convenzionalmente) Pietr-le-Letton pubblicato nel '31, lo troviamo al 50° posto come LET e l'ultimo Maigret et Monsieur Charles del 1972 è 14° e siglato CHA.
Ma come in tutte le discpline, nulla è immobile e immutabile. Nulla vieta che qualcuno, chssà un italiano, elabori una nuova e diversa (speriamo meno criptica) classificazione che magari potrebbe includere tutte le opere di Simenon, compresi i romanzi e la letteratura popolare. Chi se la sente, faccia un passo avanti.
Per chi volesse l'elenco completo (con evidenziate in rosso le lettere che formano la sigla) può cliccare qui su Catalogazione Trussel.

mercoledì 25 gennaio 2012

SIMENON NON DIVENTA AMERICANO PER IL MACCARTISMO

Il senatore americano Joseph McCarthy
Si parla sempre di un Simenon tutto sommato conservatore. Meglio potremo dire che è stato spesso identificato come un conservatore silenzioso. Quasi mai ha espresso giudizi politici specifici (a parte la sua insofferenza nei confronti del generale De Gaulle). I suoi trascorsi come giornalista alla Gazzette de Liége un giornale di destra, le sue condizioni di ricco e agiato borghese dalle frequentazioni di livello, il suo dossier del Fronte Nazionale di Liberazione francese per i suoi contatti (e gli affari) durante l'occupazione con la Continental, società di produzione cinematografica di fatto in mano al ministero della propaganda nazista. Insomma tutti fatti indiscutibili che sembrerebbero deporre a favore della sua collocazione in un'area conservatrice.
In realtà se andiamo a scavare un po' più di più, ci accorgiamo ad esempio che durante la guerra fece prima il Commissario per i rifugiati  del Belgio che sbarcavano in Vandea e che poi fu messo sotto inchiesta dai collaborazionisti francesi perché il suo cognome Simenon, derivava da Simon, un nome evidentemente ebreo. E faticò non poco a salvarsi, dovendo attacarsi alle ascendenze prussiane da parte della madre, Henriette Brulls. Non va poi dimenticata la sua dura posizione contro il colonialismo, su cui scrisse diversi reportage. E poi nei suoi romanzi i protagonisti sono molto spesso gli ultimi nella scala sociale, quelli per cui parteggia lo scrittore, in contrapposizione con certa borghesia parassitaria, ipocrita, attenta solo al proprio profitto, alla propria rispettabilità. E poi Maigret. Il suo soprannome "riparatore dei destini" è nei fatti una dura contestazione del sistema, in questo caso quello giudiziario. Un funzionario dalla lunga esperienza come Maigret, sa che non sempre la legge coincide con la giustizia. E allora certe volte non dà peso ad una prova, ignora una testimonianza e, quando decide lui, il colpevole materiale finisce per farla franca. Perchè il commissario reputa (ma questo è ovviamente quello che pensa Simenon) che certi colpevoli non lo sono affatto, sono anzi vittime della società, di condizioni cui non possono ribellarsi, spesso messi al muro da un destino che non dà loro altra scelta. E allora, siccome il commissario sa che spesso la legge e l'iter processuale sono ottusi, e non tengono conto di quelle che non siano prove tangibili e i fatti incontrovertibili, ci pensa lui ad "accomodare i destini".
E inoltre va anche segnalata l'esperienza del periodo del maccartismo negli Usa a cavallo degli anni '40 e '50. Simenon aveva fatto domanda di naturalizzazione da poco, proprio quando si alzava  l'onda della caccia alle streghe da parte del senatore Joseph McCarthy e della sua commissione nei confronti dei comunisti americani o presunti tali.
Accuse portate senza prove o peggio con prove false. Questo colpì molto Simenon che si era fatto dell'America l'idea di un paese libero dove professioni di pensiero, religiose e politiche avessero piena cittadinanza. E invece vide amici come Hammett, finire in prigione e ridotto al lastrico dalla confisca i tutti i suoi beni. Charlie Chaplin dovette partire per l'Europa. La caccia si concentrava soprattutto sul mondo dello spettacolo e della cultura dove le simpatie per le idee della sinistra erano piuttosto diffuse. Simenon vide alcuni colleghi, amici e conoscenti, confessare reati inesistenti, accusare altri colleghi. Altri invece tennero duro a costo di non riuscire più a lavorare, nel migliore dei casi, o di finire spesso in manette.

Simenon e la moglie Denyse nella loro casa, Shadow Rock Farm
Ecco come Simenon stesso ricorda quel periodo nelle pagine di Mémoires intimes.
"... Nella primavera del '51, in pieno disgelo, mentre i nostri ruscelli si trasformavano in torrenti, un certo senatore McCarthy otteneva dal Senato la presidenza di una comissione incaricata di giudicare numerose personalità accusate di sovversione, vale a dire di attività non conformi all'interesse del Paese. Le sedute di questa commissione, eretta a tribunale, venivano integralmente trasmesse per radio e alla televisione, e ho passato giornate intere a seguirle davanti al mio apparecchio. Quel periodo è rimasto tristemente famoso sotto il nome di caccia alle streghe..."
Simenon fu colpito particolarmente dall'audizione di Oppenheimer, docente di fisica all'Università di Princeton, braccio destro di Einstein, che aveva collaborato di persona alla messa a punto della bomba atomica di Hirohsima.
"... decine di intellettuali e di artisti rinomati si succedettero davanti al collerico senatore dalla voce tonante. Quella vicenda mi appassionava e io e D, quando ci allontavamo da casa, seguivamo i processi in macchina alla radio... Avevamo già parecchi amici a Lakeville, ma di questa cosa non si parlava mai, come se ciascuno di noi avesse paura di compromettersi.... Quello che davvero mi sbalordiva era che la sua caccia alle streghe potesse aver luogo nella libera America, di cui conoscevo quasi a memoria la Costituzione e il famoso discorso di Lincoln... ce l'avevo con McCarthy e con i suoi simili perché sporcavano la "mia" America... ho rinunciato alla domanda di naturalizzazzione, che forse mi era stata ispirata dall'atmosfera particolare di Shadow Rock Farm e dei suoi dintorni...".
Erano già anni tra il '52 e il '53. A marzo del 1955 Simenon abbandona gli Stati Uniti e ritorna definitivamente in Europa.
Non si può dire che la decisione fosse maturata in seguito alla tragedia del maccartismo, ma certo anche questo ebbe la sua influenza.