
Il
quotidiano nel senso moderno del termine, a Parigi iniziò a muovere i
primi passi nella prima metà dell'ottocento. Il concetto che il giornale
potesse diventare un mezzo di comunicazione, se non ancora di massa, ma
molto diffuso, si concretizza grazie all'evoluzione tecnologica e alla
rivoluzione industriale che permette di ridurre i costi e farne un
genere di consumo accessibile ad una base sempre più larga. Ma c'è un
altro fattore molto importante, la nascita della pubblicità che, con i
suoi introiti, consente di realizzare quotidiani più ricchi a prezzi più
bassi. Così già nel '36 uscivano giornali come
Le Siécle e
La Presse,
cui ci si poteva abbonare con 40 franchi l'anno. A quel punto, per
arrichire la loro proposta, gli editori iniziarono ad inserire una
sezione dedicata anche alla letteratura. E di questa facevano parte dei
racconti o dei veri e propri romanzi a puntate chiamati appunto
fuilleton-roman.
E spesso si trattava di opere che poi venivano raccolte in un volume.
Ovviamente si trattava di letteratura d'evasione, popolare, che di
solito veniva impaginato alla base di una pagina, tanto da meritarsi
l'appellativo di
rez-de-chaussée (piano terra). Snobbati dai
critici letterari, questi romanzi però avevano come autori personaggi
che si chiamavano Balzac, Alexandre Dumas, Zola e poi spingevano le
tirature dei giornali a cifre prima mai raggiunte, in alcuni casi da
80.000 a 180.000 copie. Nel 1863 nacque un quotidiano
Le Petite Journal che dopo pochi anni grazie ai suoi
feuilletons raggiunse le 350.000 copie.

E
ancora negli anni '20 questo fenomeno editoriale continuava a tirare e
Simenon non poteva sfuggirgli, inoltre la sua facilità nello scrivere
vari generi e la sua velocità d'esecuzione ne facevano un perfetto
estensore. Moltissimi, per non dire tutti, i suoi romazi popolari
seguivano questa procedura prima
feuilleton, poi libro. Si trattava di libri molto economici (
l'editore Gustave Barba arrivò a mettere sul mercato una collana di romanzi brevi illustrati a 20 centisimi l'uno). Il record spetta a Fayard che con la sua serie
Le Livre Populaire, lanciata nel 1912 a 45 centesimi, sfornò oltre 2000 titoli fino al 1964!
E così siamo arrivati a quell'editore con cui il Simenon della
letteratura popolare lavorò moltissimo e con il quale fece il grande
passo dei Maigret. Ma questa doppia pubblicazione andò avanti fino al
1936, poi la decisione."...
fino ad allora tutti i miei romazi,
compresi e soprattutto i non Maigret, uscivano in feuilleton nei
quotidiani di allora, Paris-Soir, Le Petite Parisien, Le Jour.
Economicamente era vantaggioso perchè questi giornali mi pagavano
altrettanto se non di più di quello che percepivo per il romanzo in
libro... Ma io volevo spingermi più in profondità nella conoscenza
dell'uomo e senza dovermi preoccupare dei gusti dei lettori di
feuilletons... - spiega lo scrittore in uno dei suoi Dictées (
Vent du nord -1974) -
Da
un giorno all'altro ho smesso di far uscire i miei romanzi con questo
sistema. Ma da un giorno all'altro mi sono sentito angosciato. A torto o
a ragione, credevo che se avessi continuato ad addentrarmi sempre più
nelle motivazioni umane, il mio equilibrio mentale ne avrebbe
probabilmente sofferto...".
Ma quella dei feuilletons fu una scuola importante per Simenon. Il suo
"apprendistato", come ebbe modo di raccontare più volte, fu molto
importante anche e grazie ai ritmi infernali che questo richiedeva.
Un funzionario della sezione romanzi popolari di Fayard testimonia che la sua inesauribile produzione "...
faceva di lui (Simenon) la Provvidenza del patron Charles Dillon ....".
In effetti se c'era bisogno di un romanzo sentimentale di quindicimila
righe o di un racconto poliziesco bastava fargli un colpo di telefono.
Si prendevano gli accordi anche per tempi strettissimi e Georges
puntuale il giorno prestabilito si presentava con il lavoro fatto "
....con una nonchalace che stupiva Dillon...".
Dei romanzi leggeri in quattro giorni? E lui rispondeva "
Lo avrete".
Dei romanzi d'amore in due settimane? E ancora "
Lo avrete".
E poi ci si chiede perchè si portasse dietro il soprannome di "
Citroen della Letteratura", in riferimento ai suoi tempi da catena di montaggio che riusciva a reggere.
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