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Come sarebbe stato il romanzo Victor? |
Epalinges-Losanna (Svizzera) - 11 febbraio 1972 - In quel giorno Simenon andava concludendo, nello studio privato della sua grande villa, la stesura della sua 102a inchiesta (
tra romanzi e racconti) del commissario Jules Maigret. Titolo:
Maigret et monsieur Charles. Il libro sarebbe poi uscito verso fine luglio dello stesso anno, come al solito, per i tipi di
Presse de La Cité.
Come avrebbe detto Simenon stesso, stava per "
passare la linea", ma non lo sapeva.
Quella per lui fu una data fondamentale, la fine della sua carriera di romanziere.
Infatti circa tre mesi dopo, a settembre, compiuti i consueti riti preparatori, si dedicò alla stesura di un nuovo romanzo. Aveva già in mente il protagonista, gli aveva trovato un nome che avrebbe funzionato anche come titolo del romanzo:
Victor.
Solo che, alla fine della giornata, non era riuscito a scrivere una riga e nemmeno a buttare giù tutti gli appunti preparatori che di consueto scriveva sulle famose buste gialle. Niente.
Mancava quella trance creativa che lui chiamava
état de roman? Era un momento di sovraffaticamento? Lo avevano colpito particolari stress emotivi? C'era qualche problema particolare che lo assillava?
A queste domande dobbiamo rispondere no. Il legame con la moglie si era ormai definitavamente troncato, con la partenza di Denyse otto anni prima. La madre, con cui aveva avuto un conflitto perenne, era morta ormai da due anni. I figli più o meno sistemati, Marc, con la sua famiglia e la sua attività di cineasta, Johnny negli Stati Uniti a studiare legge, Pierre tredicenne andava ancora a scuola. Le uniche preoccupazioni venivano da Marie-Jo, che a Parigi non trovava la sua strada e sprattutto il suo equilibrio mentale. Ma non era un problema nuovo, bensì una situazione critica di cui da tempo Simenon era ben cosciente. E, se vogliamo, la presenza di Teresa, sua nuova compagna, invece lo riempiva di serenità e di sicurezza.
Insomma possiamo fare delle ipotesi, ma un problema evidente e scatenante non possiamo citarlo...
L'indomani aspettò inutilmente quel
déclic che faceva scattare il
meccanismo, come era stato per centinaia di volte. Ma non successe
nulla. A Teresa disse "...
se anche domani mi troverò in questa
condizione, potrò annunciarti che smetterò di scrivere...". E così fu.
Il fatto è che Simenon non provò nemmeno, almeno così sembra
accertato, a rimandare. Magari alla settimana successiva. Non pensò
nemmeno di fare una pausa di qualche mese e attendere l'ispirazione per
un altro romanzo.
La decisione di smettere di scrivere fu come dettata dalla consapevolezza che il suo meccanismo di
trance creativa
non avrebbe funzionato più. Perchè? Su questo evidentemente Simenon non
si fece domande, come non se lo era chiesto per tutti gli anni in cui
aveva seguito quell'
état de romance che gli dava l'ispirazione,
che lo portava a scrivere, che lo guidava senza fargli sapere dove il
romanzo sarebbe andato a parare. Era stato il suo modo più spontaneo di
scrivere per quasi quarant'anni, un modo istintivo e, come sottolineava
spesso Simenon, onesto nei confronti dei lettore. Scriveva solo quello che
sentiva veramente, null'altro, niente di di artificioso o di costruito.
Anni
dopo quella scelta, spiegò che volendo avrebbe potuto continuare a
scrivere Maigret o romanzi "alla Simenon". Dopo centinaia di volte,
aveva di certo il mestiere, l'esperienza e la capacità necessari per
mettere insieme delle opere, con temi, stile, linguaggio, atmosfere tipicamente
"simenoniani" e di cui forse nessuno avrebbe colto la differenza con i
precedenti. Ma, affermava, non sarebbe stato spontaneo e soprattutto
non sarebbe stato onesto con i propri lettori.
In definitiva smise di scrivere, o meglio di scrivere romanzi. Per la precisione infatti va detto che (
aldilà dei "Dictées" che erano delle "sbobinature" delle sue registrazioni su nastro magnetico) materialmente scrisse solo due libri:
Lettre à ma mére (1974) e
Mémoires intimes (1981),
due opere a fortissima connotazione autobiografica, di grande
interesse, ma non certo romanzi, come per decenni Simenon ci aveva
abituato.
Precismnte quarant'anni fa la sua macchina da scrivere tacque. Il suo
état de roman fu solo un ricordo.
La scrittura, suo vero motivo di vita, perse senso. E infatti questo
"passaggio della linea" si manifestò con una svolta globale. Lasciò la
sua gran villa di Epalinges per un modesto appartamento all'ottavo piano
di un condominio di Losanna. Rinunciò ai suoi libri, alle sue
autovetture, ai suoi quadri di valore, alla servitù. Con poche
essenziali effetti personali entrò con Teresa in una fase della vita che lo portò ad essere, secondo una sua espressione, "
un homme comme les autres", come moltissimi protagonisti dei suoi romanzi.