martedì 24 giugno 2014

SIMENON SIMENON. GLI STRANI CLIENTI D'AVRENOS

Domani uscirà nelle librerie, ma qualcuna potrebbe già averlo oggi, I clienti di Avrenos il quinto roman-dur scritto da Simenon per i tipi della Gallimard e pubblicato nel 1935. Su quando sia stato scritto ci sono varie ipotesi. Le nostre consultazione ci hanno infatti fornito indicazioni contrastanti.
Ad esempio nella bibliografia de L'Association Jacques Riviere-Alain Fournier  vengono presentate tre ipotesi:
Scritto nella Villa « Les Robert », all'isola di Porqurolles (Var), nel maggio del 1934 [?] (il punto interrogativo è loro).
• Secondo la lista del "segretariato Simenon" sarebbe stato scritto a Marsilly (Charente-Maritime, France), nell'estate del 1932.
• Ma, secondo quanto riportato dal libro della contabilità di Simenon, viene dato come scritto all'isola di Porqurolles (Var), nell'estate del 1933.
Secondo la bibliografia di Francis Lacassin fu invece terminato nell'estate del 1932 alla Richardiére (La Rochelle)
La prestigiosa raccolta Tout Simenon, nella fiche dedicata al romanzo, scrive che è stato redatto a  Villa "Les Robert" a Porquerolles e a Marsilly, periodo: estate 1932 - maggio 1934 (anche questa un'indicazione alquanto criptica);
La data in cui è stato scritto il romanzo ha una certa importanza. Infatti la vicenda raccontata da Simenon si svolge in Turchia, tra Ankara e Istambul.
Adesso sappiamo che l'autore non scriveva mai romanzi con un'ambientazione inventata. I posti dove succedono i fatti delle sue storie, anche se lontano dalla Francia, sono quelli in cui era stato e dei quali conosceva abbastanza bene la topografia, gli usi, i costumi, le persone.
Sappiamo che Simenon si è recato in Turchia un'unica volta, nell'estate del 1933, quando il 7 luglio incontrò Lev Trotskji per realizzare un'intervista per il quotidiano Paris Soir. Tutto quello che lo scrittore avrà assorbito come una spugna in quell'occasione, come di consueto, sarà stato riversato ne I clienti d'Avrenos. Ma questo può essere successo solo all'indomani del 7 luglio '33. Questo taglierebbe fuori le informazioni della bibliografia di Francis Lacassin, ma anche quella del "segretariato Simenon" che indicano come periodo di scrittura l'estate dell'anno prima. E poi un romanzo di Simenon scritto nel '32 che rimane nelle redazioni di Gallimard per tre anni prima di essere pubblicato, non è certo una consuetudine...
Il romanzo, tradotto per la prima volta in Italia nel 1961 da Mondadori e ora riproposto da Adelphi, racconta la storia di Nouchi, una ballerina minorenne che fà a sua apparizione all'inizio del romanzo, in un cabaret, Le Chat Noir di Ankara, dove le ragazze, oltre a ballare più o meno vestite e a far bere i clienti, sono ben disposte ad un extra, certo adeguatamente retribuito. Qui la giovanissima Nouchi conosce il fascinoso Bernard de Jonsac, un francese quarantenne, squattrinato, che in qualche modo però ha a che fare con l'ambasciata francese in Turchia. Convinta che lui conosca quindi il bel mondo, la furba e maliziosa Nouchi riesce a convincerlo a portarla con lui a Istambul. Qui i due iniziano a fare coppia fissa e a vivere tra la gente che ruota intorno al locale gestito dall'Avrenos del titolo. E' una fauna dove non mancano nobili decaduti, artisti, ex-banchieri, giornalisti, tutti dediti all'acol e a fumare hascic. L'arrivo di una ragazza come Nouchi crea una situazione strana: chi in un modo chi un'altro si sentono attratti dalla giovane che però sa come trattare gli uomini, come sedurli, ma poi tenerli a distanza. Ingenua, provocante, maliziosa, Nouchi sa interpetare bene tutti i ruoli pur di avere quello che vuole. E soprattutto vuole soldi, soldi soldi. E' stata troppo povera da ragazzina prima in Ungheria, poi a Vienna, e ora non vuole per nulla al mondo tornare povera. E, per i soldi, è pronta a tutto. Riuscirà a farsi sposare da Jonsac che fino ad allora non ha mai potuto godere dei suoi favori sessuali. Ma così sarà anche dopo il matrimonio, da lei voluto solo per non dover lasciare il paese, governato da poco dal presidente Mustafa Kemal, poi diventato Atatürk (padre dei turchi), che vuole moralizzare la Turchia e impedire a ballerine, estetiste e simili di potervisi stabilire.
La storia tra Jonsac e Nouchi prenderà una strada imprevista e una sorta di gioco di scambio delle coppie si tramuterà in un tragico evento.
Il settimanale L'Espresso nel presentare questo libro, spinge molto su un fatto che Simenon racconta nelle prime pagine del romanzo. E' quando le "ballerine" de Le Chat Noir ad Ankara vengono chiamate ad un pranzo nientemeno alla "Ferme" di Mustafa Kemal, dove si trovavano ministri, amici personali, dignitari, per rallegrare il dopo cena dei potenti. E Nouchi sembra aver fatto talmente breccia nelle preferenze del presidente, tanto da passare tutta la notta a la "Ferme".
Enrico Arosio, sul suo articolo  (trovate il link  a destra, nella colonna della rassegna stampa) Il Rubygate? L'aveva già raccontato Simenon, fa un parallelo tra questo episodio e lo scandalo che ha travolto l'ex-presidente del consiglio Berlusconi con l'ormai famosa Ruby, Karima El Marough, e le cosidette "olgettine", nelle famigerate nottate bunga-bunga.
In realtà nel libro è un episodio marginale del romanzo e serve solo a mettere in risalto la capacità di Nouchi di manovrare gli uomini, anche quelli così importanti, e a capire la sicurezza e, fors'anche il cinismo, con cui si comportava. 
"...fu per lei una notte strana, una notte che si sarebbe potuta definire alla rovescia, perchè questa volta la ragazza aveva visto fuori dai cabaret gli uomini che un tempo era abituata a incontrare solo ai tavoli..."        

domenica 22 giugno 2014

SIMENON SIMENON. L'IMPAREGGIABILE COMMISSARIO GABIN

Filmsonor, Intermondia Films, Cinetel (Parigi), Titanus, Pretoria Films (Roma). Ecco le società che produssero il secondo Maigret portato sul grande schermo, Maigret et l'affaire Saint-Fiacre, da Jean Gabin 55 anni fa'. Il popolare attore francese aveva già interpretato vari film tratti dai romanzi di Simenon (La Marie du Port, 1950 - La vérité sur Bébé Donge, 1952 - Le Sang à la tête, 1956 - Maigret tend un piége, 1958 - En cas de malheur, 1958), ma nel '59 si decise, sotto la direzione di Jean Delannoy, a vestire per la seconda volta i panni del celebre commissario. La produzione, come abbiamo detto all'inizio, fu franco-italiana e il famoso autore entrò definitivamente nell'immaginario collettivo dei francesi, e in particolare in quello di Simenon che già aveva dichiarato "...è un guaio! Una volta vista l'interpretazione di Gabin, ogni volta che penso a Maigret, mi viene in mente la sua faccia. Anche quando scrivo e immagino Maigret, lo vedo con le fattezze di Gabin... Non vorrei che prima o poi mi venisse a chiedere i diritti d'immagine!..."
Questa battuta la dice lunga sull'effetto che l'attore aveva fatto sullo scrittore e chairisce meglio di ogni dichiarazione a chi andassero le proprie simpatie tra i tanti attori cinematografici e televisivi che interpretarono Maigret.
Il terzo Maigret di Gabin fu diretto da Gilles Grangier, Maigret voit rouge (1963).
Oggi vi proponiamo  qualche minuto di Maigret et l'affaire Saint-Fiacre, dove Jean Gabin esce dall'ombra e, come al solito, fa sua la scena.

sabato 21 giugno 2014

SIMENON SIMENON. I VOLTI DEL SESSO: 8000 PROSTITUTE, BETTY, JOSHEPINE BAKER... MA


L’altro ieri, sul Corriere della Sera, Roberta Scorranese ha firmato un articolo intitolato L'ossessione dell’intellettuale per il corpo femminile. Una cavalcata per  gli sconfinati territori del sesso percorsi, ognuno a modo loro, dagli intellettuali tra l'800 e il '900. Tra gli esempi riportati non poteva mancare Simenon che secondo l'articolista agognava a "... quella singolare purezza che nasce dalla corruzione più estrema. Quella che forse cercava Georges Simenon nelle sue ormai leggendarie orde femminili presenti nella vita reale (lui stesso confessò a Fellini di aver «avuto diecimila donne», di cui «ottomila prostitute»), ma anche in certi suoi indimenticabili personaggi — per esempio il candore marcio di Betty, sola e in indecente attesa al bancone del bar. Per non parlare della sua passione per la dea mulatta del canto, Joséphine Baker...".
Si dirà, cose già dette e risentite più di una volta. Sembra che lo spunto sia stato la tournée del Crazy Horse che il prossimo luglio toccherà Milano. Crazy Horse che, a quanto dicono, i parigini hanno sempre sentito come il loro locale, a dfferenza del Moulin Rouge che era destinato ai turisti. Il fatto è che questo cabaret, chiamiamolo così, aprì i battenti nel 1951, quando cioè Simenon viveva negli States e quando tornò nel '55 la novità doveva essere ormai passata. Onestamente non sappiamo se Simenon ci sia mai stato, certo è che era non lontano dal Georges V, l'hotel di gran lusso dove solitamente scendeva a Parigi. Per esempio nel '52 fece un viaggio in Europa e sicuramente alloggiò nell'albergo in cui andava sempre. 
Ma a parte il fatto che Simenon sia o non sia stato al Crazy Horse, questione riteniamo assai marginale, ci volevamo soffermare sui tre esempi portati per descrivere il rapporto con il sesso di Simenon su cui abbiamo già scritto diversi post: Il sesso extraconiugale dei coniugi Simenon - Simenon, sesso, sesso, sesso - Simenon, sex addicted ante-literam. Iniziamo così dalle diecimila donne (ottomila prostitute). Si tratta di numeri venuti fuori da un'affermazione fatta in un intervista a Federico Fellini. Ma  nessuno ricorda ad esempio che Simenon in quel pezzo scriveva anche che "... avrei voluto conoscere tutte le donne. Certo a causa dei miei matrimoni non ho mai potuto avere delle vere avventure. Nella mia vita quello che ho pututo fare è "sesso tra due porte", é incredibile. Ma non è solo perché si cerca un contatto umano vuol dire che poi lo si trovi. Si trova soprattutto il vuoto, non è vero?...". Sull'esuberanza sessuale del romanziere nessun dubbio, ma certo queste parole pronunciate a settantaquattro anni esprimono un'amarezza e dei rimpianti che dovrebbero porre delle domande sul vero rapporto di Simenon con il sesso e le donne, aldilà delle sue parole e dei comportamenti esibiti.
Passiamo invece a Betty, uno dei suoi personaggi femminili più riusciti e famosi. Un personaggio complesso, un esempio della capacità di Simenon di costruire psicologie vere, contraddittorie e intricate come solo la vita vera sa creare. Ma anche qui il sesso è solo una delle componenti dell'omonimo romanzo di Simenon, che invce scandaglia l'animo di questa donna (vedi in proposito il nostro post, scritto da Paola Cerana, Betty... ancora whisky, per favore). E forse, senza quella sua quotidiana frequentazione sessuale di donne di tutti i tipi, di differenti ceti sociali e di diversi paesi, non avrebbe acquisito quella particolare conoscenza che gli consentì di creare un personaggio come Betty. E, ricordiamolo ancora una volta, senza giudicare, mai.
La terza fa parte della sua vita vera. Al tempo il romanziere era un giovane di ventidue anni, nel pieno delle sue speranze e ricco di aspettative nei confronti della vita, con quella idea fissa di diventare romanziere. Già pubblicava qualcosa qua e la, ma sotto pseudonimi e nessun ancora lo conosceva. Gli eventi lo portarono a conoscere quella stella negra ventenne per cui tutta Parigi impazziva.  Fu subito un colpo di fulmine, come dice Pierre Assouline nella sua biografia "Simenon", "... lui fu raramente "au diapason" con una donna come lo fu con Josephine. La stessa energia che niente e nessuno avrebbe potuto esaurire, stessa attrazione per le performance in tutti i campi, lo stesso desiderio irreprimibile di godere della vita in tutti i suoi aspetti, la stessa gioia di vivere in un'esuberanza permanente, stessa sessualità libera da ogni tabù...".
Una vera avventura questa, anche se Georges era gia sposato con Tigy. Una storia travolgente che avrebbe potuto cambiare per sempre la vita di Simenon (vedi il post Un uragano chiamato Josephine Baker). E in questo caso più che l'amore, la passione e il sesso, poté l'incrollabile determinanzione di Simenon a diventare un giorno un romanziere. Nemmeno una "distrazione" potente come la Baker lo deviarono dal suo obiettivo. Le donne, il sesso, la passione erano importantissime per Simenon, ma...

venerdì 20 giugno 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET, PEPE CARVALHO, MONTALBANO....

Siamo alle solite. C'è sempre la voglia di collegare i personaggi di due scrittori, o di far discendere uno dall'altro, oppure di trovare le radici di un protagonista nelle caratteristiche di un'altro, ma, soprattutto quando c'è di mezzo un personaggio letterario di grande spessore e di grande successo, si cerca sempre il suo epigono, quello che in qualche modo possa raccogliere la sua eredità e magari anche i suoi lettori.
Maigret è stato ripetutamente al centro di queste operazioni. Quante volte abbiamo letto, all'apparire di un ennesimo commissario, "... questo nuovo personaggio per alcuni suoi tratti può essere considerato il Maigret della....". A nostro avviso tutto ciò è dovuto sia alla scarsa informazione da parte di chi scrive quelle presentazioni o recensioni che siano. Ma c'è spesso anche lo zampino dell'editore che volendo attribuire un quarto di nobiltà al personaggio che va ad editare, cerca in qualche modo di assimilarlo al celebre poliziotto di Simenon.
E se tutto ciò presenta un risvolto di interesse commerciale o costituisce un modo per suscitare l'attenzione di un certo numero di lettori, non sempre è così. A volte è la disinteressata opinione di critici letterati più o meno accreditati, che ricerca i legami tra un personaggio e un altro, oppure è lo stesso autore che dichiara esplicitamente quale è il suo riferimento (quale poi sia il risultato è tutto un altro discorso).
In questo post vogliamo sinteticamente esaminare quello che si è detto di due famossissimi investigatori letterari in merito ai loro rapporti con Maigret. Si tratta dello spagnolo Pepe Carvalho, dovuto alla penna di Manuel Vázquez Montalbán e dell'italiano (o meglio dovremmo dire siciliano, visto l'importanza  che rivestono sia i luoghi che la lingua) commissario Salvo Montalbano, creatura di un altro siciliano, Andrea Camilleri.
Iniziamo con un estratto di un articolo del periodico de L'Express, Lire, dove nel 2004 Christine Ferniot scriveva a proposito del personaggio di Camilleri: "... come un omaggio ai suoi (di Camilleri) maestri letterari: il belga Georges Simenon e lo spagnolo Manuel Vázquez Montalbán. Da uno prende in prestito la silhouette, la placida calma e la voglia di comprendere più che di giudicare, dall'altro prende i gusti culinari, l'epicureismo, l'umore e il nome Montalbano...".
Si possono condividere o meno queste scarne considerazione, ma è un fatto che la Ferniot metta sul piatto i tre: Simenon, Montalbán e Camilleri.
Per quanto riguarda lo scrittore siciliano, non ha mai fatto mistero delle sue ammirazoni (e talvolta invidie) letterarie di un autore che ha sempre amato e letto, ma di cui, come delegato alla produzione della Rai, contribuì anche alla  riduzione in sceneggiati televisvi dei suoi Maigret. E il suo personaggio è costruito forse in modo da non esplicitare troppo questa ammirazione/dipendenza da Simenon. Anche se qua e la saltano fuori dei tratti comuni. Il fatto di essere funzionari della pubblica amministrazione con tutto ciò che questo comporta. L'ambiente provinciale di Montalbano che, pur lontano da quelli che frequenta Maigret quando indaga fuori Parigi, in qualche modo presenta delle analogie. L'abitudine a non portare la pistola. La voglia di non avere nessuno tra i piedi quando indaga, soprattutto i superiori. Il grande amore per il cibo che per Maigret è però spesso un atto conviviale, invece per Montalbano è qualcosa da godersi rigorosamente da solo in santa pace (in sienzio possibilmente), sia in trattoria o in casa sua. Questo amore per il cibo porterebbe in ballo il Pepe Carvalho di Montalbán, che ha addirittura un assistente, Biscuter, che non si sa se classificare più come un aiuto-investigatore o come cuoco personale. Ma torniamo a Maigret-Montalbano. Anche il poliziotto siciliano, come Maigret, cerca più di capire che di arrestare un colpevole pucchessìa. Gli mancano invece una moglie premurosa, il coté famiglia (anche se pure Maigret non ha figli), non ci sono segni fortemente distintivi come per il collega francese: la pipa, lo chapeau-melon, il pesante cappotto con il collo di velluto.  E poi il bere: dalla birra al cognac, dal calvados la bicchiere di bianco che cadenzano le inchieste di Maigret come fossero lancette di un orologio.
Mentre le vicende di Maigret sembrano apparentemente asessuate, nelle storie di Montalbano sono frequenti le avventure anche di una sera. E anche Pepe Cavalho è uno spirito libero e il suo particolare rapporto con l'ex-prostituta Charo, non gli impedisce di vivere altre avventure.
Sul versante politico Maigret è il meno impegnato. Ha una vaga repulsione per la politica e i politici come pure per il mondo dei ricchi e dei potenti, ma non si va più in là di tanto. L'altro commissario, il siciliano, pur non espondendosi attvamente, non nasconde le sue tendenze progressiste. Ma nelle sue storie, che si svolgono tutte in Sicilia, ci si aspetterbbe una presenza più forte della mafia nei crimini in cui indaga. Invece l'organizzazione malavitosa ha un ruolo un po' confinato nelle storie raccontate da Camilleri. Il più esplicitamente politico é Pepe Carvalho ex militante comunista e combattente anti-franchista, ma poi scombina tutto con una parentesi addirittura come agente nella CIA.
Quello che unisce le tre coppie Simenon/Maigret, Manuel Vázquez Montalbán/Pepe Carvalho, Andrea Camilleri/Montalbano è un'interesse al contorno, ai personaggi alle vicende umane/sociali, più che all'intreccio. Simenon è stato il primo, anche per un fatto anagrafico, ed si è rivelato il più rivoluzionario lanciando negli anni '30 un poliziesco del tutto fuori delle regole. Già la strana figura di Pepe Carvalho negli anni settanta presentava connotati assai originali, ma la diversificazione della letteratura gialla ci aveva già abituato a molte tipologie di detective e a schemi polizieschi anche molto atipici. La comparsa del commissario Montalbano a metà degli anni '90 deve fare i conti con un periodo in cui il giallo ebbe un'esplosione nella produzione e pubblicazione di noir, thriller, polizieschi, gialli storici, spy-story, medical-thriller, procedural-story... Trovare una strada originale e valida non era facile. Camilleri si cucì addosso questo commissario di polizia siciliano, fortemente connotato dal dialetto e dall'ambito provinciale della sua regione che poi è anche quella dell'autore. E nel personaggio ritroviamo molte convinzioni dell'autore.
In tutti e tre la capacità letteraria ha fatto la differenza, anche se nessuno può vantare una produzione di romanzi come quella simenoniana. Anche se va ricordato che Camilleri non si riduce ai soli "Montalbano", come pure M. V. Montalbán che si inoltrò nell'ambito della poesia, della saggistica e del romanzo non giallo.
Abbiamo detto dell'ammirazione di Camilleri per Simenon, ma dobbiamo ricordare anche l'amicizia e la stima che legava Montalban e Camilleri (quest'utimo battezzò "Montalbano" il suo commissario proprio in onore del suo amico spagnolo).
In fondo per questi romanzieri può valere quello che Simenon disse in un'intervista a Le Monde nell'81 "...non ho mai fatto distinzioni tra i Maigret che scrivevo per mio piacere e i miei romans-durs"...".


giovedì 19 giugno 2014

SIMENON SIMENON. SE IL FESTIVAL DEL POLAR E' UN... CHIEN JAUNE

Tra poco meno di un mese aprirà i battenti la 20a edizione Festival du Polar de Concarneau "Le chien jaune" in omaggio alla famosa inchiesta del commissario Maigret così intitolata.
Nell'ambito del festival 2014, sarà inaugurata venerdì 13 giugno l'esposizione "Simenon et Concarneau" (dal 13 al 28 giugno presso l'agenzia del Crédit Agricole e dal 3 al 31 luglio alla biblioteca municipale di Concarneau). Questa iniziativa che apre il festival, vuole essere un omaggio al periodo passato da Simenon a Concarneau
Quello fu un periodo molto particolare. Infatti era in procinto di lanciare il suo nuovo personaggio, Maigret. Ma era anche il momento dei contrasti con il suo editore Fayard, per il quale scriveva da tempo dei romanzi popolari. Fayard era molto critico su questa "operazione Maigret", un poliziesco che secondo lui non rispettava le regole canoniche del genere, almeno per quei tempi, e che vedeva destinato ad un fiasco sicuro. Solo l'insistenza e la capacità di trattare di Simenon lo avevano portato, sia pure con gran riluttanza, ad accettare quell'avventura. Ma il problema non era solo quello. Simenon e Fayard avevano ancora in essere un contratto per un certo
numero di romanzi popolari, per i quali lo scrittore aveva già ricevuto un acconto di 30.000 franchi. Ma Simenon si era presentato con ben sei titoli di Maigret già belli che scritti e credeva che potessero rientrare nel contratto e di sostituire così i romanzi popolari che doveva ancora scrivere. Ma Fayard fu irremovibile. Simenon, furioso partì per Concarneau, dove si sistemò all'11 di avenue des Sables Blancs. Con lui la moglie Tigy, la segretaria e il suo cane.
Sarà li per tre mesi. Mesi invernali (e infernali) a cavallo tra il '30 e il '31. Undici ore di scrittura al giorno, alla media di ottanta pagine ogni 24 ore! Tensione nervosa al massimo, poche ore di sonno e invece grandi bevute, come l'alcol fosse un carburante insostituibile per mantenere quel ritmo indiavolato. Perse molti chilogrammi, ma, per così dire, guadagnò i 30.000 franchi ricevuti in acconto e, soprattutto, la libertà da quella letteratura popolare che iniziava a soffocarlo.
Ma forse la motivazione più forte che gli consenti di reggere a quel tour de force, fu proprio la possibilità di tuffarsi completamente nell'avventura Maigret in cui confidava moltissimo.
Infatti in un'intervista a Carlo Rim aveva affermato "... Maigret viveva dentro di me, lo vedevo come un personaggio in carne ed ossa, conoscevo il timbro della sua voce, conoscevo tutto di lui, dal suo vecchio maglione fino alla punta delle sue scarpe - raccontava Simenon -  Mentre io scrivevo furiosamente, lui era lì che fumava la sua pipa, aspettando. Avevamo fiducia... tutti e due..."
Mentre Simenon scriveva a macchina di là della sua finestra furoreggiava il mare invernale che forse lo ispirò, il mare e le spiaggie bianche della costa ovest di Concarneau.
Per quanto riguarda le informazioni sul festival cliccate qui Le chien jaune

mercoledì 18 giugno 2014

SIMENON SIMENON. L'AUTORE CI PARLA DE "LA CHAMBRE BLEUE"

Dopo Cannes, il BFF, (Brussels Film Festival), e l'anno prossimo il Sundance negli Usa. Il film di e con Mathieu Amalric ha fatto parlare molto di sè ed è gia uscito in Francia. Non ci sono invece notizie ufficiali per quanto riguarda la distribuzione all'estero e in particolare nel nostro paese. Restiamo in attesa e nel frattempo vi proponiamo invece una chiacchierata di Simenon sul romanzo da cui è stato tratto il film.

martedì 17 giugno 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET HA PAURA... DELLA PENSIONE. E SIMENON...

L'inchiesta che è intitolata Maigret a peur, scritta negli Usa (Shadow Rock Farm - 1953), ha a che fare con l'argomento che vogliamo trattare oggi. Il commissario ha paura di andare in pensione? Domanda che ne nasconde un'altra: è la stessa paura del suo autore?
Nell'inchiesta citata, la paura di Maigret é quella della vecchiaia che, nella fattispecie, ritrova sul volto e nei gesti di un suo antico compagno di gioventù, che ora fà il giudice istruttore in un piccolo paese. Gli capita di guardarsi allo specchio e vedersi anche lui diverso, più vecchio...
Quella vecchiaia che fà esitare, che leva le certezze della giovinezza e anche quelle dell'età matura. Ed è ciò che vede nel suo vecchio amico, che deve risolvere tre casi di omicidio, proprio quando casualmente Maigret decide di fargli visita.
Stessa età e sono entrambe vicini alla pensione. Una paura di Maigret che d'altronde ritroviamo anche in altre situazioni. Come chiamare d'altronde quella specie di malessere che lo coglie durante delle vacanze troppo lunghe o nel corso di malattie lo tengono lontano dal suo ufficio di Quai des Orfèvres?
Quando succederà, gli basterà leggere il giornale? Giocare nel pomeriggio a carte con i compaesani? Andare a pesca? Curare il suo orto?
Sono tutte cose a cui il commissario si è gia preparato mentalmente e non solo... ha infatti già comprato una casetta a Meung-sur-Loire, ma... Ma saprà stare lontano dai suoi ispettori, dai giudici con cui litiga, dalla brasserie Dauphine, dal suo ufficio ingombro di carte e di pipe? E dai suoi casi? Alcune volte ostenta una certa indifferenza all'idea di lasciare tutto, e con la moglie si mostra alcune volte addirittura impaziente di andare a sistemarsi lì sulla riva della Loira.
Ma non c'è dubbio che questa sia una sua paura... forse la più grande. E' la stessa paura di Simenon?... smettere di scrivere?
Anche qui, quando succederà nel 1972 con quel romanzo Victor che non ne voleva sapere di decollare, Simenon prenderà un decisione repentina, quasi troppo affrettata: smettere di scrivere, e questo per uno come lui significa ritirarsi in pensione. D'altronde quando succede, Simenon ha quasi settant'anni e ne ha passati quaranta a scrivere intensamente. Forse la decisione non è stata così improvvisa, forse ci pensava da tempo, ma probablimente non sapeva come e quando sarebe avvenuto. Al contrario del suo personaggio che sapeva con precisione matematica quando sarebbe arrivato il fatidico giorno.
Maigret, nella serie, ci viene spesso presentato in pensione, ma per un motivo o per l'altro, è di nuovo in pista ad indagare. Anche Simenon smette di scrivere i romanzi e i Maigret, ma continuerà a pubblicare i Dictées e poi scriverà nell'81 quel monumentale Mémoires intimes.
D'altronde Maigret è davvero un uomo come tutti gli altri, Simenon aspirava ad esserlo e la pensione non piace a nessuno ("la retraite", come si dice in francese, è una parola sulla quale Simenon diceva "... una parola che non amo, perchè mi fa pensare alle battaglie e ai militari. E io odio battaglie e militari...").
Ma forse é proprio questa "ritirata" che alla fine lo ha reso davvero uno come tutti gli altri...

domenica 15 giugno 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET: VIOLENZA E COMPRENSIONE



Uno degli appunti che ancor oggi viene rivolto dai più accaniti giallisti ai Maigret di Simenon è la mancanza di azione e, perché no, anche di una certa violenza. Questo binomio, azione & violenza, è diventato nel panorama della letteratura poliziesca talmente diffuso da essere spesso considerato un essenziale ingrediente del genere. Questo accade poi anche nelle produzioni cinematografiche e in buona parte anche nei serial televisivi di genere. In effetti azione e violenza non sono quasi mai presenti nelle inchieste del commissario Maigret e se ci fossero ci sembrerebbero una sorta di… fuori tema.
Eppure siamo di fronte ad un tipologia di poliziesco estremamente realistico, nessun complotto mondiale, nessuna organizzazione segreta guidata da supercriminali, nessun volo pindarico nel mondo delle imprese impossibili o dei casi fantascientifici.  Quello costruito da Simenon per Maigret è un mondo fatto di cose concrete, di omicidi compiuti per motivi anche banali: vendetta, gelosia, necessità, denaro… tragedie piccole e grandi della vita quotidiana. Ma sappiamo bene che in questa realtà, se non proprio l’azione, almeno la violenza è una componente essenziale negli omicidi, nei rapimenti, nelle vendette…
Una risposta dallo stesso Simenon, soprattutto per quanto riguarda questo mancata rappresentazione della violenza, ci viene da quella interessante intervista/seduta analitica cui lo scrittore si sottopose nel giugno del ’68, rispondendo alle domande  di cinque medici-redattori della rivista “Médecine et Hygiène”in occasione dei 25 anni della pubblicazione.
E una delle domande riguardava appunto la mancata violenza nelle sue opere.
“…in tutta la mia vita ho avuto un orrore fisico della violenza; mi pesa assistere ad un incontro di boxe alla televisione, per quanto abbia praticato per un po’ quello sport  -  spiega Simenon -  Odio la crudeltà, ad esempio sono incapace di assistere ad una corrida..:
Insomma viene fuori ‘immagine di un tranquillo borghese che è ben lontano dal mondo che invece frequenta il suo personaggio (e non scordiamo che quando provò a fare l’investigatore sul serio con il caso Stavisky,  fece un flop degno del più imberbe dei dilettanti).
I dottori, gli analisti e gli psicologi di “Médecine et Hygiène” trovano questo elemento interessante e insistono per capire qual è il motivo di una tale scelta. Perché l’omicidio o la violenza si sono sempre già consumate nel momento in cui Maigret arriva sul posto e perché il commissario sembra sempre interessato ad altro ?
“…questo è vero e per un buon motivo: cosa è un crimine? C’é un uomo, ha quaranticinque anni, oggi, domenica, è un uomo come gli altri appartenenti alla comunità. Nel giro di cinque minuti, questo signore, per un motivo qualunque, piccolo e insignificante come una goccia d’acqua – racconta il romanziere – commette un crimine e d’un tratto non appartiene più al consesso umano, diviene un mostro. Quindi ha vissuto per quarantacinque anni con un individuo ammesso nella società e cinque minuti dopo lo guardano con disgusto… non fa più parte della società…”.
Insomma è come se Simenon volesse dirci che il suo Maigret (o forse la propria proiezione nel ruolo del commissario?) sa che in pochi istanti si possono verificare eventi insignificanti che, cambiando la vita di un uomo, lo portano magari a compiere azioni raccapriccianti. Ma non è l’azione violenta e criminosa in sé ad aver importanza e ad essere il centro del suo interesse nelle indagini. Piuttosto è l’individuo in sè che lo interessa (il famoso “uomo nudo”). Vuole conoscere i condizionamenti sociali, i valori e la mentalità dominanti nell’ambito in cui è cresciuto  che ne hanno fatto di lui quello che è adesso. Deve entrare nel mondo in cui lavora e in cui vive con i suoi familiari. Quando, Maigret/Simenon sarà in sintonia con tutto questo e riuscirà a sentire quel modo di essere, allora si aprirà la via per comprendere le situazioni, l’accaduto e le azioni dei protagonisti.

sabato 14 giugno 2014

SIMENON SIMENON. BRASILE 2014: SCONTRI SUI CAMPI DA CALCIO, MA ANCHE NEL CAMPO DELLE EDIZIONI


In questi giorni il Brasile ha invaso i media: Campionato Mondiale di Calcio e, rovescio della medaglia, le proteste per la preoccupante crisi economica che  spinge i più colpiti a manifestare e a contestare gli stessi mondiali, per i quali, tra l'altro, trapelano notizie su ritardi nel completamento delle infrastrutture, caos organizzativo, corruzione che avrebbe dilagato un po' dappertutto, sprechi e ruberie sugli stanziamenti per l'avvenimento mondiale. Qualcuno dirà: sembra di sentir parlare dell'Italia, con lo scandalo per il Mose di Venezia, quelli per l'Expo Mondiale a Milano e via dicendo... 
Ma, anche se la stampa internazionale non se ne occupa, in Brasile si stà conducendo una battaglia legal-editoriale, legata proprio alle opere di Simenon.
Come è noto la casa editrice São Paulo Companhia das Letras ha appena pubblicato le prime tre inchieste del commissario Maigret: Pietr, o Letão; O Cavalariço da Providence e O Enforcado de Saint-Pholien, tutti del 1931 con l'intenzione di pubblicare tutta l'opera maigrettiana
Secondo il quotidiano brasiliano A Tarde, si tratta di una mossa discutibile. Infatti l'editrice L & PM (con 66 titoli di Maigret nella collana "Poket L& PM") pubblica da tempo con regolarità le indagini del commissario simenoniano. 

Ma nel dicembre 2012 la Companhia das Letras aveva già annunciato la pubblicazione di questa nuova serie, grazie ad un accordo con la Penguin, l'editore europeo. Tutto ciò ha scatenato la reazione della L & PM, che aveva acquisiti i diritti d'autore per Maigret fino a tutto il 2016.
Ovviamente L & PM promette azioni legali contro questo passaggio dei diritti alla Companhia das Letras, prima della scadenza de 2016, solo perchè questa è in partnership con la stessa Penguin.
Sembra un po' quello che accadde in Italia. Non ci furono carte bollate, ma  fu un caso più unico che raro nell'editoria, proprio per quello che rigardava i Maigret. Per circa un anno (1993/1994) Mondadori, storico editore italiano di Simenon dal 1932, pubblicò le inchieste di Maigret in contemporanea con l'Adelphi che aveva ottenuto prima i diritti sui romanzi e poi anche quelli sui Maigret (vedi a tale proposito il nostro post
I Maigret di Simenon pubblicati contemporaneamente da Mondadori e da Adelphi)

venerdì 13 giugno 2014

SIMENON SIMENON. UN OMAGGIO A MAIGRET DA.... PETERSON

Forse chi non fuma la pipa non sà chi è... o meglio cos'è Peterson. Una delle più prestigiose fabbriche di pipe fondata nel 1865, a Dublino. Questa che è illustrata  nel filmato e letteralmente tratta in guanti bianchi è una pregiata Peterson contraddistinta da n° 965 e chiamata Maigret, in onore del commissario più ostinato fumatore di pipa, ma anche del suo autore, che scriveva un capitolo fumandone sette/otto, come dichiarava lui stesso.
Nel filmato la pipa è trattata in guanti bianchi. Questo Maigret non lo faceva... anzi quando c'era da vuotare il fornello, alzava un piede e batteva la pipa sul tacco della scarpa... Ma certo lui non fumava delle Peterson!
Buona visione agli appasionati fumatori di pipa, ma anche agli altri che, chissà potrebbero imparare qualcosa o addirittura avere poi voglia di provare... anche se ormai pure fumare un pipa è... incorrect!