domenica 6 febbraio 2011

PERCHE' SIMENON PIACEVA TANTO A ANDRE' GIDE

Dell'ammirazione che André Gide provava per Simenon abbiamo già accennato varie volte in queso blog. Cerchiamo questa volta di andare un po' più a fondo e partiamo dalla prima lettera che Gide scrisse a Simenon, fu una sorta di consacrazione e diceva "...si è creato un disdicevole equivoco su di voi. Siete considerato un autore popolare, mentre non vi rivolgete al grande pubblico, ma in realtà solo ai più raffinati...". E questo è un vero e proprio sdoganamento, perché, nonostante avesse iniziato a scrivere per le prestigiose edizioni Gallimard, Simenon per la critica si portava dietro l'immagine del prolifico autore di romanzi popolari e tutt'al più quella di un bravo narratore di vicende poliziesche. Ma non era quel riconoscimento come romanziere cui Simenon aspirava e per cui si era puntigliosamente preparato. E non a caso nella loro corrispondenza Simenon lo chiamava mon cher maitre. E di contro Gide " ...più mi immergo nel vostro lavoro e più vorrei continuare..".E il Nobel francese aveva un grande interesse per l'opera di quello scrittore così diverso da lui, opera senz'altro meno intellettuale e meno filosofica, ma con un autore capace di grande spontaneità, di andare dritto al cuore delle situazioni, di scrutare nell'animo e nelle passioni più profonde dell'animo umano. Quasi fosse intrigato dal capire come riusciva in quell'impresa. Il loro fu però sempre un rapporto dove l'amicizia si fermava ad un certo punto e in cui Gide comunque rimaneva il maestro. Ed era infatti una delle rarissime persone cui SImenon permetteva di leggere i suoi libri prima di consegnarli all'editore e forse l'unico da cui accettava consigli, suggerimenti e anche critiche. E d'altronde Gide non sembrava andare troppo per il sottile quando dichiarava: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi». Per un premio Nobel della Letteratura, che per almeno venticinque-trenta anni era stato considerato un punto di riferimento imprescindibile per il milieu culturale e letterario francese, non era certo poco.
Questo rapporto fece un gran bene alla considerazione di Simenon, non tanto da parte della gente, ma di quel sistema di critici letterari e scrittori che Simenon non amava frequentare. Ma la predilezione e la protezione di Gidecontirbuì non poco a fare pulizia di luoghi comuni, invidie, antipatie.
Ecco una frase per tutte, scritta nel '45 da Gide in merito a La veuve Couderec (1940) : "... c'è una straordinaria anologia con L'étranger di Camus (1942), di cui si è tanto parlato, ma va molto più lontano, pur senza averne l'aria, quasi inavvertitamente, il che, come sappiamo, rappresenta la massima dimostrazione dell'arte".

sabato 5 febbraio 2011

SIMENON NON E' PIU' UN ROMANZIERE?

5 febbraio 1973. Simenon ha settant'anni. Fa una regolare richiesta al consolato belga di Losanna di cambiare la dicitura relativa alla propria professione sul passaporto. Da romanziere a senza professione. Una decisione che non deve essere stata facile e che arriva un anno dopo la cosidetta crisi della pagina bianca che si era verificata per il romanzo che avrebbe dovuto chiamarsi Victor, per il quale non riesce nemmeno a tirar giù una scaletta. Ma non è solo questo. Ormai ha lasciato la faraonica villa di Epalinges e si è trasferito in un condominio, al'ottavo piano in un palazzone a Liegi. Ormai è rimasto solo con Teresa, mogli e figli hanno seguito ognuno il proprio destino. La ricchezza e lo sfarzo che lo hanno accompagnato durante i suoi anni migliori, ora iniziano ad essergli estranei. Non che sia povero, assolutamente! E proprio lui che sente il bisogno di una vita ritirata e modigerata, amorevolmente assistito da Teresa. Una vita fatta delle cose semplici di tutti i giorni. E il 7 febbraio concede un'intervista ad un quotidiano di Losanna, 24 heures, in cui annuncia pubblicamente di rinunciare alla letteratura. Così l'ultimo libro scritto sarebbe Maigret e Monsiuer Charles (1972). Il che non è proprio vero. infatti usciranno ancora altri libri di Simenon, ma saranno i famosi Dictées, cioè pensieri, considerazioni, commenti e ricordi registrati e poi sbobinati da una dattilografa. Saranno ventuno "dettati"  tra il 1974 e il 1980.E poi non si può ignorare l'ultimo grande sforzo. Quello che gli prenderà per la sola stesura quasi un anno, dal febbraio al novembre del 1980. Parliamo di Memoires Intimes (oltre 1000 pagine), uno dei suoi più importanti testi autobiografici, che sarà pubblicato l'anno seguente unitamente al Livre de Marie-Jo, la figlia venticinquenne che viveva a Parigi e che solo tre anni prima si era uccisa.
Insomma un Simenon in declino, un Simenon cui nemmeno più la scrittura, che per lui è stata una esigenza insopprimibile, a volte una terapia, a volte addirittura una salvezza, insomma una ragione di vita, ora non è più...vitale. Non cade più in état de roman, non si mette più nelle pelle degli altri e non cerca più  l'uomo nudo.
"...i romanzieri sono dei mostri che soffrono, si contorcono, si tendono, sudano  ore, giorni, mesi per cadere in trance - scriveva Simenon in "Problèmes du roman" (1943) - si sforzano di creare un mondo, con il rischio di scoppiare..."

venerdì 4 febbraio 2011

JULES MAIGRET: LA FICHE PERSONALE E QUELLA PROFESSIONALE

Facendo incrociare i dati raccolti dai libri di Simenon, da dichiarazioni, articoli e scritti vari, siamo riusciti a ricostruire una parziale scheda biografica (personale e professionale) del più celebre commissario di polizia del mondo letterario.
Profilo personale

Nome:        Jules, Joseph Anthelme
Cognome    Maigret
Nato nel:    1887
Nato a:       Sainte-Fiacre par Matignon (Alliers)
Padre:        Evariste, gestore di un castello con annesso  fondo agricolo
Madre:       Nome sconosciuto, casalinga
Studi:         Liceo e poi l'università, Medicina a Nantes, interrotta
Altezza:     1,80 m.
Peso:         110 kg.
Capelli:     color castano scuro
Stato civile: sposato il 12/1912 con Louise Léonard, alsaziana
Figli:          una figlia morta in tenera età
Domicilio: 132 boulevard Richard Lenoir (IV piano) - Parigi XI
Segni particolari: Fuma la pipa - Non ha la patente di guida - Amante del mangiare


Profilo professionale

1911  Ingresso nella polizia parigina - servizio di ronda in bicicletta
1913  Viene promosso  assistente-commissario dopo la soluzione di un caso
1917  Entra nella Brigata speciale e gli viene affidato un suo ufficio
1921  Dopo dei contrasti con il suo superiore viene trasferito in provincia
1924  Torna a Parigi, a Quai des Orfèvres, come commissario della Brigata Omicidi
1931  Promozione a commissario divisionario. Nuovo ufficio, con vista sulla Senna
1935  Ormi la sua fama lo porta spesso sulle prima pagine dei quotidiani parigini
1937  Inizia a pensare ad andare in pre-pensionamento
1940  Lascia Quai des Orfèvres e va in pensione
1942  Si trasferisce in una casa di campagna a Meung-sur-Loire
1946  Torna a Parigi per togliere dai guai il nipote, anche lui entrato in polizia
1950  Inizia a scrivere  "Le memorie di Maigret"
1951  Da  quest'anno non si hanno più notizie su di lui, né si sa quando è avvenuto il suo decesso

SIMENON E LE SUE DONNE IN DUE LIBRI

Oggi parliamo di Simenon et les femmes, un libro uscito da poco per le edizioni Omnibus - collana Carnet (Paris) a firma di Michel Carly che è andato a scavare in uno dei temi più ghiotti (e più ricchi) dell'universo simenoniano. E donne non vuol dire necessariamente mogli e amanti. Infatti si parla anche della madre con cui ebbe tutta la vita un rapporto conflittuale e che influenzò non poco la relazione Simenon-mondo femminile. Ma troviamo anche letterate come Colette, importante soprattutto per gli inizi della sua attivita di scrittore. Non mancano le prostitute di alta classe, quelle dei piccoli bordelli e quelle incontrare nei suoi viaggi, oppure l'anticonfomista modella parigina Kiki de Montparnasse. La storia con Josephine Baker. Carly ci racconta di questo rapporto con le donne, ce è il frutto di un lavoro minuzioso e decennale, su scritti, interviste, affermazioni, romanzi autobiografici e non, sfatando luoghi comuni, ma soprattutto scoprendo, anche con un ricerca sui romanzi dello scrittore, come le tantissme donne da lui consociute (anche biblicamente) fossero poi trasposte nelle sue storie. Storie che in definitva offrono un panorama dell'universo femminile assai articolato e niente affatto stereotipato.Quasi a far da riscontro a quello che ha scritto Michel Carly, l'Omnibus ha nel suo catologo un poderoso libro (1088 pagine) dal titolo quasi simile  Romans des femmes, che invece è una raccolta di dieci titoli simenoniani dove in ognuno si trova una donna diversa. Insomma un buon complemento da leggere dopo il libro di Carly. Ecco i titoli dei dieci romanzi:
•La Nuit du carrefour (Maigret) - 1931
• La Veuve Couderc - 1940
La Fenêtre des Rouet - 1945
• Le Temps d'Anaïs - 1951
Marie qui louche - 1952
En Cas de malheur - 1955
• Strip-tease - 1957
• La Vieille - 1959
Betty - 1960
La Prison - 1968

martedì 1 febbraio 2011

SIMENON E LE LEGGENDE METROPOLITANE DURE A MORIRE

Sul sito booksblog.it, ieri è stata messa on line una recensione di un libro, meglio una sorta di manuale formato e.book, Vendere il tuo libro con successo, scritto da Stephen Brown. E booksblog.it spiega che la letteratura "...abbonda di esempi di scrittori che si sono rimboccati le maniche per farsi conoscere (e non parliamo di autori sconosciuti, ma di grandi nomi) che spesso (ma non sempre) avevano uno spiccato senso per la vendita e per gli affari e che sapevano reinventarsi per poter essere sempre sulla cresta dell’onda. Un esempio?..."Qual è il primo esempio citato? Georges Simenon. E perché? Beh, crediamo perché, avendo venduto alcune centinaia di milioni di libri in tutto il mondo, non poteva non esser preso in considerazione da mister Brown, che per dimostrarlo scrive: "Georges Simenon, incontenibile autore di racconti polizieschi campioni di incassi, vendette se stesso grazie alla forza della sua prodigiosa produttività (e promiscuità) e a un certo punto si rese disponibile a scrivere una storia di Maigret in una gabbia di vetro, di modo che i lettori curiosi potessero guardarlo mentre creava un altro capolavoro. A ogni modo, dopo aver generato un’enorme risonanza pubblicitaria e non pochi commenti negativi in merito al suo sfacciato comportamento, Simenon cambiò idea sulla propria trovata, attirando in tal modo un interesse ancora maggiore".
Alcune precisazioni.
Intanto nella sua carriera Simenon ha scritto più romanzi che inchieste del commissario Maigret. Che la sua produttività l'abbia aiutato ad imporsi è fuor di dubbio. Ma la promiscuità? Quale? Quella sessuale, quella sociale, quella dei generi da lui frequentati nel periodo dell'apprendistato, prima dei Maigret? Questo non è dato da sapere, almeno dal brano riportato da booksblog.it. La storia della gabbia di vetro è una leggenda metropolitana. L'abbiamo già raccontato e spiegato in un precedente post. C'era un progetto in merito, ma poi non se ne fece più nulla. Ma ancora oggi, a distanza di ottantaquattro anni, dopo smentite sulla stampa, dpo biografie, interviste, dopo le dichiarazioni dell'autore e dell'editore, Eugene Merle, se ne parla ancora. In secondo luogo, dentro quella gabbia Simenon non avrebbe potuto scrivere un romanzo di Maigret. Siamo infatti nel 1927 e Simenon pubblicò la prima inchiesta del commissario solo nel 1931 (scritta con altre tre inchieste nel '30) e non per Merle, bensì per Fayard.
La tesi poi che la storia della gabbia di vetro l'abbia agevolato "attirando un interesse semre maggiore" é del tutto falsa, difatti Simenon fece di tutto per farla dimenticare al più presto, perchè non faceva che danneggiarlo come scrittore... Non ci pare certo un esempio da portare per vendere il proprio libro con successo..

lunedì 31 gennaio 2011

SIMENON TIRATO IN BALLO SULLE POLEMICHE CON SAVIANO

Siamo nella cronaca più stringente. Le accuse che quelli del centro-destra rivolgono a Saviano, reo, a loro avviso, d'aver accettato la laurea Honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Genova e soprattutto di averla dedicata ai magistrati della procura di Milano, quelli che lavorano alla preparazione del processo a Berlusconi, Fede e Mora. E succede ancora e stavolta, in una lenzuolata domenicale de Il Foglio. Insomma questo Buttafuoco, tale il cognome di chi ha scritto questa sorta di lettera dal "tu" confidenziale a Saviano, lo invita a "non assomigliare ai suoi lettori". ".... E ti chiedo: - scrive  letteralmente il Buttafoco - perché, tu che non somigli a nessuno, vuoi assomigliare ai tuoi lettori?". Domanda lecita, ma poco comprensibile. E per spiegare perchè Saviano voglia somigliare ai suoi lettori (ma lo vorrà davvero? n.d.r.) e se effettivamente gli somigli, tira in ballo Simenon. Perché direte voi? Preferisco non spiegarlo con parole mie, ma mi affidarvi all'eloquio raffinato dell'articolista. "..Guai se Georges Simenon, che è un genio, risultasse identico ai viaggiatori negli scompartimenti, i suoi lettori. Sarebbe solo un disturbato incapace di vedere la propria vita. Magari sarebbe in grado di uccidere. Ma non di scrivere e di scappare via da quel mondo...". Forse, non sicuro di aver fatto comprendere appieno il concetto, ricorre anche ad una citazione virgolettata delle parole di Simenon (di cui però non ci rivela né quando né in che occasione siano state dette o scritte). "Sono partito – così confessò – proprio per non commettere quei delitti di cui mi sarei volentieri macchiato se fossi rimasto in provincia” . E poi continua citando Carmelo Bene, Baudelaire, la Carrà (sì proprio Raffaella, la soubrette televisiva) andando avanti per oltre 16.000 battute (quasi nove fogli A4) di cui vi risparmiamo anche solo un succinto riassunto.Onestamente dobbiamo ammettere che non siamo riusciti a comprendere il messaggio inviato a Saviano (o forse in questa sede non ci interessava così tanto).
Però vorremmo capire a che titolo e per quale motivo il Buttafuoco abbia citato Simenon. Primo perchè consideriamo un'abitudine disdicevole, tirare per la giacchetta grandi uomini scomparsi per ridurli a testimonial delle proprie teorie (tanto loro sono morti e non possono smentire). E poi anche perchè questa ipotesi sulla provincia che fomenterebbe istinti delittuosi, ci risulta strana in bocca a Simenon. Infatti della provincia parlava solitamente bene. Ad esempio nel 1934 in un'intervista a Carlo Rim, giornalista del magazine Marianne, affermava adirittura: "Se sapessi come la provincia pulisca bene sia il cuore che lo spirito! Macinare chilometri dando la schiena a questo villaggio di granchi che chiamano la capitale, ecco il modo ancora più sicuro per riconsiderare i valori e ritrovare il proprio equilibrio".
E questo ingarbuglia ancor più il significato delle parole del Buttafuoco, che non abbiamo la fortuna di conoscere personalmente, ma che da quanto scrive ci lascia alquanto perplessi.
Anche perchè una testimonianza davvero inoppugnabile a favore della provincia è proprio la vita stessa di Simenon. Appena può si stabilisce a vivere, nemmeno in una piccola città, sceglie addirittura paesini e borghi.
Nel '32 dopo aver lanciato Maigret, Simenon lascia Parigi e va a stabilirsi a La Richardiére un residenza a Marsilly, vicino a La Rochelle. Nell'autunno del '38 si trasferisce non lontano, a Nieul-sur-mer. Nell'agosto del '40 va addirittura a vivere a Vervent, nella foresta di Vouvant. Poi dopo qualche mese va ad abitare in un castello a Fontenay-le-Comte. Nel '42 ancora cambio di domicilio, ancora una volta in un paesino, Saint-Mesmine-le-Vieux fino al '45. E quando passa dieci anni in America fa lo stesso. In Canada non sceglie né Ottawa nè Toronto, ma Sainte-Marguerite-du-Lac-Masson (Quebec) prima e poi Saint-Andrews. E negli Usa non cambia nulla, non troviamo New York, Chicago, Los Angeles, San Francisco.... niente di tutto ciò. Ma Bradenton Beach (1946) e Silver Springs (1947) entrambe in Florida. Poi l'Arizona prima a Tucson (1947) e poi fino a Tumacacori (1948) al confine con il Messico. Quindi è la volta di Carmel-by-the-sea in California e ancora a Reno in Nevada nel 1950. Quindi la pausa di qualche anno (fino al 1955) nella fattoria Shadow Rock Farm a Lakeville in Connecticut. E quando torna in Europa decide di stabilirsi in Svizzera e i luoghi sono ancora provinciali. Prima qualche tempo ancora in Francia, a Mougins (Alpi Marittime), poi nelle elvetiche Echandens (1957) ed Epalinges (1963). Solo la vecchia e le malattie lo costringeranno negli ultimi diciassette anni della sua vita a trasferirsi a Losanna, alla fine del 1972.
Adesso anche voi siete chiaramente documentati sulla preferenza di Simenon per le piccole realtà provinciali.
E, se mai ci leggerà, anche il Buttafuoco, che di nome fà Pietrangelo.

domenica 30 gennaio 2011

SIMENON E IL PASSAGGIO DELLA LINEA DI MONSIEUR LE MONDE

A metà del prossimo mese Adelphi pubblicherà La Fuga del signor Monde, uno dei romanzi che fanno parte della serie che raccontano il famoso "passaggio della linea", così caro a Simenon. Come abbiamo già detto altre volte, si tratta del salto da una condizione di normalità, benessere e rispettabilità ad una di difficoltà di emarginazione e a volte anche di discesa progressiva nella criminalità, ma anche viceversa. Ne riferiva anche l'inserto "Tuttolibri" de La Stampa, in edicola ieri, che gli dedicava una presentazione recensione. Si tratta di un romanzo particolare per quanto riguarda la sua prima edizione. Il romanzo fu infatti scritto da Simenon nel 1944 quando era ancora in Francia a Saint-Mesimine-le-Vieux, con la seconda guerra mondiale in pieno svolgimento. La pubblicazione avvenne invece nel '47, a conflitto concluso, quando Simenon per sfuggire alle indagini del Fronte di Liberazione Nazionale francese, era ormai arrivato e sistemato negli Stati Uniti. Che un suo romanzo uscisse qualche anno dopo la sua scrittura non era certo una eccezione, ma piuttosto una consuetudine. Ma qui siamo in un periodo particolare. Infatti Simenon aveva consumato la traumatica (per l'editore) rottura con Gallimard ed era già apparsa la prima edizione con Presse de la Cité (Je me souviens - gennaio 1946). Ma si era ancora in un fase di passaggio. Infatti un altro romanzo uscì ancora per Gallimard (Le cercle des Mahé - 1946), ma un paio di romanzi di quel periodo furono editi da una terza casa editrice. Si trattava di un piccolo editore, La Jeune Parque, che oltre La fuite du Monsieur Monde ('47), aveva pubblicato anche La Fenetre des Rouet ('45) scritto addirittura nel '42. Il motivo stava nel fatto che il proprietario di quella casa editrice lo aveva aiutato nella sua "dipartita" dalla Francia e questi due romanzi erano un sentito segno di riconoscenza di Simenon. Ma la cosa si chiudeva lì. Infatti il suo gran successo seguente fu quello di Trois Chambre à Manhattan (1947) e fu edito da Presse de La Cité .Tornando a La fuga del signor Monde, abbiamo detto che possiamo identificarlo con i romanzi del passaggo della linea. Qui infatti uno stimato imprenditore, Lionel Monde, con famiglia e buona reputazione, un certo giorno sparisce. Cambia la sua faccia, tagliandosi i baffi, cambia la sua persona vestendosi come un vagabondo, cambia anche il suo nome. Lascia soldi, lavoro, ma anche un rapporto insoddisfacente con la seconda moglie. La sua vita da un giorno all'altro diventa così quella di un senza meta, di un "diverso" senza programmi, libero sì, ma con un sottofondo drammatico. Il protagonista ha passato la linea ed ora si trova nel mondo in cui non è più nessuno e dove nessuno si interessa a lui. Come ha commentato Simenon in una lettera a Gide "...questo è un tratto di  fredda e lucida disperazione che io credo di aver reso particolarmente tangibile ne La fuite de M. Monde".Il romanzo tra l'altro toccò particolarmente anche Colette, come dimostra una sua lettera all'autore.
Ma Lionel Monde nella sua fuga verso il Sud, incontra una giovane donna che salva dal suicido e con cui stringe una relazione. I due si stabiliscono a Marsiglia finchè un giorno, per caso, Lionel incontra la sua prima moglie. E' un colpo per entrambe e da lì inizia la rincorsa di Lionel per passare di nuovo la linea, questa volta in senso inverso, per riprendersi il suo mondo. Ma ci riuscirà?

SIMENON, UNO SCRITTORE CITTADINO DEL MONDO?

Il carattere, l'opera e la vita di Simenon hanno fatto sempre discutere. Chi lo riteneva un furbo, non privo di talento certo, ma scaltro venditore di una letteratura, in definitiva popolare, ma soprattutto di sè. Insomma un inconsapevole esperto nel marketing  di sè stesso, in un 'epoca in cui questo era un concetto ancora di là da venire. Altri, come il Nobel Andrè Gide, lo definiva il Balzac del '900 (tanto per ripetere ancora una volta un parere che tutti già conoscono). E poi paragoni e similitudini con Dickens, Dumas, Gorki, Conrad, Maupassant...Ma insomma chi era effettivamente Simenon? Certo la sua storia personale è costellata di ombre, non tutte tra sue innumerevoli opere sono dei capolavori e aveva uno spiccato senso degli affari, ma questo direbbe ben poco, si tratta per un verso o per l'altro di qualcosa comune a quasi tutti gli scrittori, meglio, agli artisti  e, meglio ancora, a tutti gli uomini.  Altra peculiarietà più volte rilevata è costituita  dai suoi continui spostamenti che vengono sovente additati come il segno di un'instabilità di carattere, di insicurezza, del fatto di non sentirsi bene, in modo completo, in nessuna parte del mondo e con nessuno.
A nostro avviso, non bisogna nel contempo dimenticare il risvolto positivo che come scrittore questo suo carattere instabile ha comportato. Esperienza personale e letteratura, per chi conosce bene biografia e bibliografia di Simenon, non può non accorgersi dello stretto legame tra le due cose. E non come succede per chiunque scriva che, indipendentemente dal fatto che trasponga sulla pagina aspetti autobiografici o racconti storie, mette comunque qualcosa di sé stesso nei suoi scritti. No, nel caso di Simenon si tratta di una più complessa rielaborazione di stati d'animi, della conoscenza spesso profonda di ambienti, mentalità, modi di vivere, di persone che si intrecciano con una storia (perchè Simenon è un narratore vero), che viene sostenuta da un consistente impianto psicologico (perchè Simenon è un profondo conoscitore e analista dell'animo umano) storie caratterizzate da atmosfere credibili e coinvolgenti (perchè Simenon è un acuto osservatore degli ambienti che frequenta, dove riesce a inserirsi e assorbirne umori, relazioni, costumi...).
Se a tutto questo aggiungiamo la sua ricerca dell' "uomo nudo", (cioé dell'essere senza sovrastruture sociali e culturali, quindi dell'essenza umana), abbiamo il profilo di qualcuno che ha avuto esperienze e conoscenze non comuni e importantissime per la sua narrativa. Tutte cose che poi si miscelavano con il suo innato talento nello scrivere e nel narrare. Qui e così nascono i romanzi di Simenon, i romans-dur, come lui li definiva.
E il suo peregrinare nel mondo attraverso continenti, nazioni, città e domicili diversi, il suo frequentare bettole, ambienti borghesi e il bel mondo non faceva altro che, da una parte, arricchire il suo bagaglio di esperienze, e, dall'altro, allargare la sua mentalità, a tutto vantaggio della qualità e della profondità di quello che scriveva.

sabato 29 gennaio 2011

SIMENON, LE MATITE E UNA MACCHINA DA SCRIVERE

Anche la tecnica ha la sua importanza. Simenon per un lungo periodo ha scritto a mano. Poi iniziò con i Maigret ad utilizzare la macchina per scrivere. Quelli li componeva direttamente alla macchina. Questa esperienza lo portò ad utilizzarla anche per i romanzi. Ma prima, nel pomeriggio, scriveva un capitolo a mano, poi la mattina dopo lo batteva a macchina. Questo spiegava lo stesso Simenon a Bernad de Fallois e a Gilbert Sigaux:" Dopo i primi romanzi americani, redatti in America, scrivevo a mano con la matita una sorta di brogliaccio il giorno prima, nel pomeriggio. La matina dopo lo battevo a macchina e poi di nuovo, il pomerigio scrivevo a mano il capitolo del giorno dopo. Alla fine, circa quattro anni fa', mi sono detto che forse con questo sistema  finivo per avere un stile letterario - letterario nel senso negativo del termine - a forza di scrivere a mano, si è tentati di ripegarsi su di sé. Perché non scrivere, come per i miei primi Maigret, cioè  direttamente a macchina? Ed  è con Le Chat (1966) che ho iniziato con la macchina per scrivere. Ho messo da parte tutte le mie matite. E credo che questo abbia contato non poco, perché così mi sono ritrovato a scrivere in diretta".Scrivere "in diretta". Un po' tardi, ormai Simenon erano più di quarant'anni che sfornava romanzi e di li a sei anni avrebbe smesso di scrivere. Ma ci sono delle altre motivazioni. "Quando uno scrive direttamente a macchina, oppure registra, è trascinato dal ritmo dell'apparecchio, che si tratti della macchina per scrivere o del registratore. Non si ci si ferma per rileggere o revisionare gli ultimi periodi, per fare delle correzioni ... Ebbene infine mi sono accorto che prima non resistevo a tagliare certe parole inutili, avverbi, frasi che forse erano eleganti, ma non erano vive... Allora da un giorno all'altro, come per succede per tante le cose, ho ripreso la mia vecchia abitudine di improvvisare direttamente sulla mia machina". (Dictée - dicembre 1978)

venerdì 28 gennaio 2011

SIMENON NEL WEST

Segnalazione breve • Nell'Almancco del West, edizione 2011, che è da poco uscito per i tipi della Sergio Bonelli Editore, e compilato da Mauro Boselli  per i testi e da Giacomo Danubio per i disegni, vogliamo ricordare che oltre ai fumetti raccoglie una rassegna su film, libri e videogiochi dell’anno appena trascorso. Questa volta, tra gli altri, è stato inserito anche Georges Simenon con il suo romanzo, considerato  "western", Il ranch della giumenta perduta scritto nel 1947, quando viveva in Arizona, a Tucson.