Dell'ammirazione che André Gide provava per Simenon abbiamo già accennato varie volte in queso blog. Cerchiamo questa volta di andare un po' più a fondo e partiamo dalla prima lettera che Gide scrisse a Simenon, fu una sorta di consacrazione e diceva "...si è creato un disdicevole equivoco su di voi. Siete considerato un autore popolare, mentre non vi rivolgete al grande pubblico, ma in realtà solo ai più raffinati...". E questo è un vero e proprio sdoganamento, perché, nonostante avesse iniziato a scrivere per le prestigiose edizioni Gallimard, Simenon per la critica si portava dietro l'immagine del prolifico autore di romanzi popolari e tutt'al più quella di un bravo narratore di vicende poliziesche. Ma non era quel riconoscimento come romanziere cui Simenon aspirava e per cui si era puntigliosamente preparato. E non a caso nella loro corrispondenza Simenon lo chiamava mon cher maitre. E di contro Gide " ...più mi immergo nel vostro lavoro e più vorrei continuare..".E il Nobel francese aveva un grande interesse per l'opera di quello scrittore così diverso da lui, opera senz'altro meno intellettuale e meno filosofica, ma con un autore capace di grande spontaneità, di andare dritto al cuore delle situazioni, di scrutare nell'animo e nelle passioni più profonde dell'animo umano. Quasi fosse intrigato dal capire come riusciva in quell'impresa. Il loro fu però sempre un rapporto dove l'amicizia si fermava ad un certo punto e in cui Gide comunque rimaneva il maestro. Ed era infatti una delle rarissime persone cui SImenon permetteva di leggere i suoi libri prima di consegnarli all'editore e forse l'unico da cui accettava consigli, suggerimenti e anche critiche. E d'altronde Gide non sembrava andare troppo per il sottile quando dichiarava: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi». Per un premio Nobel della Letteratura, che per almeno venticinque-trenta anni era stato considerato un punto di riferimento imprescindibile per il milieu culturale e letterario francese, non era certo poco.
Questo rapporto fece un gran bene alla considerazione di Simenon, non tanto da parte della gente, ma di quel sistema di critici letterari e scrittori che Simenon non amava frequentare. Ma la predilezione e la protezione di Gidecontirbuì non poco a fare pulizia di luoghi comuni, invidie, antipatie.
Ecco una frase per tutte, scritta nel '45 da Gide in merito a La veuve Couderec (1940) : "... c'è una straordinaria anologia con L'étranger di Camus (1942), di cui si è tanto parlato, ma va molto più lontano, pur senza averne l'aria, quasi inavvertitamente, il che, come sappiamo, rappresenta la massima dimostrazione dell'arte".
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