sabato 14 gennaio 2012

SIMENON. UNA MADRE LONTANA...UNA LETTERA TARDIVA

Che tra Georges e sua madre non corresse buon sangue è ormai cosa nota a cui abbiamo accennato più d'una volta. Più esatto sarebbe affermare che da sempre le preferenze della madre erano andate al figlio più piccolo, Christian. Georges aveva come riferimento il padre. Desiré, anche se recessivo come carattere rispetto a quello forte e dominante della moglie, il genitore era nella considerazione del futuro scrittore un uomo saggio, quieto, che sapeva godere di quello che aveva.
E il suo pudore, quella sua tendenza a non esternare le proprie emozioni, faceva parte anche del carattere del piccolo Simenon che di solito, in cantuccio della casa, con un libro davanti agli occhi sembrava il ritratto in sedicesimo del padre che, tornato dal lavoro, si sedeva a leggere il giornale. S'intendevano con un colpo d'occhio i due, senza bisogno di parole. Invece non s'intendeva con Henriette, la quale ad esempio lo rimproverava di starsene sempre lì seduto a leggere. Questa relazione complicata e difficile andò avanti negli anni. Basta ricordare che quando, alla fine della seconda guerra mondiale, Christian si era messo nei guai seri (era ricercato dal Fronte Nazionale di Liberazione belga per aver preso parte a dei raid con i nazisti, dove erano state uccise intere famiglie colpevoli di essere comuniste o ebree). Crimini di guerra. E Chistian Simenon rischiava la forca. Allora la madre si rivolse a Georges, nonostante non avesse mancato di esprimere il suo disappunto per il successo e la ricchezza che aveva conseguito. Lo scrittore si dette da fare, mettendo in moto le conoscenze che la sua posizione gli permetteva (posizione che Henriette aveva spesso criticato). Alla fine riuscì a farlo arruolare nella Legione straniera e farlo sparire. Quando nell'ottobre del '47 Christian morì nel golfo del Tonkino, durante un'operazione militare, la madre addossò la colpa a Georges, perché era stato lui a farlo entrare nella Legione Straniera.
Il tema del rapporto tra madre e figlio ricorre spesso nei romanzi dello scrittore, in questo ambito va ricordato quell'imperdibile Lettre mà ma mére (1974), scritto quattro anni dopo la scomparsa di Henriette, dove pur scoprendo il vero aspetto dell'animo della genitrice, continua a chiamarla mère invece di un più affettuoso maman. Lei a 91 anni sul letto di morte, lui il figlio lontano quasi settantenne, in quel momento tragico è come se continuassero una lotta sotterranea, frutto dell'incomprensione di una vita. E in questo libro Simenon le confida:
"...non ci siamo mai amati, lo sai bene. Tutti e due abbiamo sempre fatto finta... - Perché sei venuto Georges? (lo scrittore era corso al capezzale della mdre morente) - Questo piccolo inizio della tua frase può essere la spiegazione di tutta la tua vita...". Parole amare, che danno idea del tono di questa "lettera" in cui viene fuori la figura di una donna, sì, segnata dal destino, ma ferrea nella sua volontà di sembrare agli altri più bisognosa del reale, ma solo per dimostrare alla gente che lei non aveva mai avuto bisogno di nessuno e non aveva mai chiesto nulla a nessuno.
"...Tra noi due non c'è stato che un legame  - si rammarica Simenon nella "lettera" - Questo legame era la tua volontà feroce di essere buona, per gli altri, ma forse soprattutto per te stessa...".

venerdì 13 gennaio 2012

SIMENON. SAINT-FIACRE IL PEDIGREE DI MAIGRET?

Ottant'anni fa', precisi. Gennaio 1932. Simenon si trova a svernare nel sud della Francia, a Cap d'Antibes, per la precisione, nella villa Les Roches-Grises (di proprietà dello scrittore Henry Duvernois). Lì e allora completò la stesura della quattordicesima inchiesta del commissario Maigret: L'Affaire Saint-Fiacre. Aveva appena venduto il suo Ostrogoth e così passava i mesi più freddi sulla Costa Azzurra. Ma nessuna mondanità. Simenon deve lavorare sodo e infatti in due mesi scrive, oltre al già citato, altri due Maigret: L'Ombre Chinoise e Chez les Flamands.
L'Affaire Saint-Fiacre è la storia di un crimine annunciato. Vittima? La vecchia contessa di Saint-Fiacre che spira in una chiesa proprio sotto gli occhi di Maigret che era corso sul posto, che tra l'altro conosceva bene per essere stato il luogo della sua infazia. Infarto? Forse provocato dallo spavento di uno stralcio di giornale, infilato ad arte tra le pagine del suo messale, dove l'anziana nobildonna aveva appreso della morte del figlio? L'inchiesta per il commissario è anche un tuffo negli anni della propria gioventù, con le illusioni e le delusioni di chi non torna nel posto natìo da oltre trent'anni. Il tutto è poi caratterizzato da un certo distacco di Maigret dal cuore dell'indagine. Caso difficile, non ci sono prove, tutto è successo lì sotto i suoi occhi e non sembra certo un omicidio, ma... Per altro chi conduce i giochi per scoprire l'assassino è qualcuno che proprio non dovrebbe...
La trama segue un andamento un po' strano per Maigret, con questo tuffo nel suo passato, quando il padre era il contabile delle terre dello scomparso conte di Saint-Fiacre... Anche se tutto é molto cambiato, la nostalgia i ricordi si fanno sentire, insomma sembra essere un piccolo Pedigree di Maigret. Chi l'avesse perso, e non lo trovasse nell'edizione Adelphi, sappia che, con un po' di pazienza, lo potrà acquistare con Il Sole 24 Ore che tra i quaranta titoli che porterà in edicola, ha previsto per la 26a uscita, il 4 luglio, proprio Il caso Saint-Fiacre.
Dal romanzo venne tratto nel '59 un omnimo film diretto da Jean Delannoy, dove Jean Gabin interpreta il commissario, (lo era già stato nel '58 in "Maigret tend un piége" sempre di Delanoy e lo sarà ancora nel '63 in "Maigret voit rouge" di Gilles Grangier). L'interpretazione di Gabin nonostante sia magistrale, forza un po' i comportamenti di un Maigret che, come abbiamo detto, nel romanzo rimane un po' ai margini dell'inchiesta, mentre la sceneggiatura del film punta molto sul protagonismo dell'attore. D'altronde con un occhio al romanzo e uno al botteghino, i produttori come facevano a non sfruttare al massimo l'accoppiata Maigret-Gabin?

giovedì 12 gennaio 2012

SIMENON, SEX ADDICTED ANTE LITTERAM?

L'uscita domani di Shame un film americano sulla dipendenza dal sesso, e da qui al sesso a pagamento, ha dato l'occasione al quotidiano La Repubblica di oggi di dedicare ben due pagine a questo fenomeno, a quanto pare niente affatto episodico e che anzi sembra stia assumendo (almeno negli Usa) una rilevanza sociale come altre dipendenze, droga, alcol, etc... In pagina, oltre alle riflessioni sul tema che il film tratta in modo molto serio, anche l'intervista al regista (l'afro-americano Steve McQueen, 42 anni) e una rassegna, con tanto di foto, di personaggi famosi colpiti da quello che l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera una malattia e definisce sex-addiction. Tra gli altri l'ex-direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Khahn, il campione di golf Tiger Woods, gli attori Warren Beatty e Michael Douglas e David Duchovny e...neanche a dirlo... lo scrittore Georges Simenon. Motivo? La strafamosa affermazione di aver avuto nella sua vita rapporti con diecimila donne, di cui ottomila prostitute (L'Express - 1977 - Intervista a Felini).
E' una delle performance extra-letterarie che colpisce di più l'immaginario collettivo e quindi uno di quei segni distintivi che non cade mai nel dimenticatoio e, ogni volta che si presenta l'occasione, in modo o in un altro il nome di Simenon e delle sue maratone sessuali salta fuori.
Anche Simenon Simenon ne ha parlato più volte  (vedi ad esempio il post di lunedì 13 dicembre 2010 Simenon. Sesso, sesso, sesso oppure quelli del 20 febbraio 2011 Il sesso extra-coniugale dei coniugi SImenon/1 e 2 ) ma c'è qualche puntualizzazione che ci sembra doveroso fare.
Questo comportamento, come abbiamo detto, viene spiegato come una malattia che si cura con ricoveri in cliniche specializzate, dove i divi di Hollywood arrivano a pagare 1200 dollari al giorno. Simenon invece, stando almeno alle sue dichiarazioni, ha sempre vissito la sua intensa attività sessuale con una grande semplicità, come l'espletamento di un'impellenza, che non gli creava problemi e, contrariamente a quello che afferma di loro il regista di Shame "...sono come gli alcolizzati, non conoscono il piacere...", Simenon lo faceva con grande soddisfazione e senza nessuna vergogna.
"...da questo punto di vista mi considero un uomo perfettamente normale. Quello che dovrebbe sorprendere qualcuno è il fatto che io non mischio mai sessualità, sentimento e amore. Con una sola donna, D. (Denyse, la seconda moglie), sesso e amore si sono intrecciati e si intreciano ancora. Con le altre no - spiegava Simenon in Quand jétais vieux nel 1961 - E non si tratta di cinismo, né di vizio. Considero la sessualità e tutti gli atti sessuali come naturali e belli...".
 E sulla iperattività dello scrittore non ci sono dubbi. La era cosa era troppo risaputa e in diversi ambienti per non essere vera. E d'altronde, quando lo portavano a parlare dell'argomento, Simenon non aveva l'aria di vantarsi, ma piuttosto quella preoccupata di chi vuol far capire di come si trattasse di un comportamento normale. Certo alcune sue parole sembrerebbero confermare l'ipotesi della dipendenza: "...mi ricordo per esempio dei miei primi tempi a Parigi, quando mi capitava di svegliarmi alle undici di mattina tra le braccia di una donna... e dopo solo qualche minuto ritrovarmi ed essere spinto ad abbordare una prostituta o ad entrare in un casa d'appuntamenti, per ricominciare poi un paio di volte nello stesso pomeriggio...".
Certo si dirà, allora era ancora giovanissimo, non ancora ventenne, si trovava a Parigi, lui piccolo provinciale di Liegi... le tentazioni erano non poche... ma quattro volte  al giorno anche non sono poche! Ma tornano le parole dello scrittore per spiegare che "...faccio l'amore semplicemente, in modo sano, tanto spesso quante volte è necessario, ma non obbedisco a nessun assillo. Non sono spinto da nessun complesso, solamente per un bisogno...".
Simenon, come abbiamo riportato prima, non mischiava sessualità, sentimento e amore. Ma allora oltre al piacere fisico, cosa provava a letto con quelle donne (spesso professioniste, ma anche semi-professioniste, come le definiva lo stesso scrittore) verso cui il "bisogno" lo spingeva? Ecco come lo spiega: "... per tutte provo, nel possederle, una sorta di tenerezza, quella che potrei chiamare tenerezza umana. Non è sentimento. Non mi pongo problemi al loro riguardo. Non mi interesso alla loro sorte. E' un'interesse per l'essere umano, per la carne vivente, per un corpo che per un determinato istante, nelle mie braccia, rappresenta la vita...".
A chi ci segue più assiduamente, queste parole forse ne fanno rieccheggiare altre. Quelle della ricerca, nei suoi romanzi, dell'uomo nudo, spogliato dalle convenzioni sociali, dai condizionamenti e che privato di tutti gli orpelli e delle apparenze, si presenta nudo con i suoi bisogni veri, quelli primari, quelli tipici dell'Uomo con la U maiuscola. Certo questa semplificazione può risultare eccessiva, anche se il suo comporamento sessuale e la ricerca dell'uomo nudo, a nostro avviso, partono da una stessa base...

mercoledì 11 gennaio 2012

SIMENON. UN AVVENTURIERO METODICO E ORDINATO

Quante volte la vita di Simenon è stata definita movimentata se non avventurosa?  Il periodo delle navigazioni fluviali sui canali di tutta Europa. Quello dei viaggi ai quattro angoli del mondo. Il suo spostarsi continuamente da Parigi alla Vandea, da Porquerolles alla Normandia. E poi gli stati: il Belgio, la Francia, il Canada, gli Usa, la Svizzera. Le sue trenta abitazioni, le due mogli, i quattro figli, ma anche le diecimila amanti...
Si sarebbe portati a pensare ad una vita disordinata, di quel disordine creativo che nell'immaginario collettivo circonda gli artisti.
No. Siemenon era tutto tranne che disordinato. Preciso, ordinato, programmato al limite del maniacale, nelle piccole e nelle grandi cose. Basti pensare a tutti i rituali della scrittura che a prima vista sembrerebbero quasi dei preparativi propiziatori. Una minuziosa ripetizione di gesti e una metodica preparazione di oggetti e strumenti che non devono cambiare il procedimento della scrittura sia che si trovi a Tucson, a Parigi, in viaggio nella Nuova Zelanda o a bordo del suo Ostrogoth in uno dei porti europei.
Ma anche la programmazione della sua attività di scrittore, che aveva già chiara quando nel '22 sbarcò a Parigi, dimostra il suo ordine mentale. Diciannovenne infatti aveva già previsto le sue tappe letterarie: l'apprendistato con il romanzo popolare, la semi-letteratura e infine i romanzi. E per di più dichiarava che il Nobel non gli sarebbe arrivato prima dei quarant'anni (invece ci andò vicino un paio di volte, ma non l'ebbe mai).
Simenon era disciplinato, soprattutto quando scriveva, andava a letto presto, non beveva, usava sempre le due solite camicie, appuntava su un calendario il lavoro compiuto nella giornata. Tutto con una ripetitività e una costanza che non gli costavano fatica.
Anche dal punta di vista sentimentale la sua iperattività sessuale non interferiva minimamente con la sua famiglia, con i rapporti con le mogli, anche se alla prima Tigy, che era gelosissima,  era costretto a nascondere i suoi numerosi amplessi extra-coniugali, mentre nella seconda, Denyse, trovò quasi una complice che assecondava questa sua "impellenza" e gli favoriva una quieta e ordinata vita familiare. Anche i suoi rapporti sessuali con la Boule, la sua maitresse-femme de chambre di una vita, era fatta di appuntamenti puntuali e metodici, per anni dopo pranzo durante la siesta pomeridiana. Insomma nessun rapporto sentimentale che sconvlgesse il suo ordine precostituito. Una sola volta ci andò vicinissimo, con Josephine Baker, ma allora era ancora molto giovane, ancora in cerca della popolarità e con il timore di essere schiacciato dalla fama della diva del momento. Si fermò ad un passo dal precipizio e fuggì d Parigi con la prima moglie.
Lui stesso dichiarò più volte che "...una mia biografia darebbe l'impressione di una vita tumultuosa e brillante. Non c'è nulla di più falso. Ho viaggiato molto, é vero. Ho visuto in un certo numero di paesi, di case, di castelli. Dappertutto seguivo lo stesso orario. Ogni ora della mia giornata é programmata..." (Mes Dictées/2 - 1975).


SIMENON. PERCHE' PROPRIO MAIGRET?

Già. E' una domanda lecita. Come mai per passare dalla letteratura popolare su ordinazione, alla semi-letteratura  Simenon scelse proprio Maigret? Non ci riferiamo alla scelta tra lui e altri protagonisti polizieschi che aveva provato precedentemente. Lasciamo da parte anche la versione "simenoniana" sulla nascita del personaggio e quella più "storica" che lo vedeva crescere in romanzi che però non avevano ancora le coordinate delle inchieste del commissario.
Maigret, lo ha detto chiaramente Simenon più volte, non è certo una propria proiezione nelle pagine del protagonista di un seriale poliziesco. Altre volte però ha ammesso che volentieri si è servito del commissario per esprimere considerazioni e convincimenti che gli erano propri  (e che ritroviamo anche nei romans-durs). Alcuni tratti, dai più esteriori a quelli più profondi chiaramente coincidono, dal maniacale legame con la pipa, alla sua massima preferita: "comprendere e non giudicare".
Insomma attraverso questo personaggio semplice per il quale il sesso, così importante per Simenon, consisteva solo in alcuni momenti di fugace tentazione, attraverso un uomo che non aveva le grandi ambizioni del suo autore (rifiutò ad esempio la direzione generale della Polizia Giudiziaria di Parigi) Simenon riuscì in una sofisticata operazione... insomma per molti tratti sembra che lo scrittore si sia impegnato a costruire un personaggio double face. Da un parte vicino a lui e dall'altra molto lontano. Almeno noi la vediamo così.
Ma perchè avrebbe fatto questa scelta?
Crediamo che la costruzione del personaggio Maigret sia più complessa di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Non abbiamo elementi certi per affermare che questa sia stata coscientemente creata così appositamente. Forse c'entra quell'inconscio junghiano di cui Simenon parlava spesso con Fellini. Ma torniamo alla domanda. Probabilmente questi due livelli (l'identità e la diversità) servivano da una parte a permettergli di esprimere sé stesso, le proprie idee, la propria visione del mondo e della vita. E dall'altra di poterlo fare con un personaggio che invece per molti versi era molto distante da lui, in modo da evitare una facile e banale identificazione con lui stesso.
Come tenere il piede in due staffe. Un gioco di equilibrio che alternava consonanze e dissonanze con il proprio personaggio. Questo gli consentiva quella libertà di approccio grazie alla quale poteva costruire intrecci e ambientazioni "maigrettiane", ma che gli permetteva di inserire temi e atmosfere tipicamente "simenoniane"
In questo senso forse Maigret ha costituito in realtà un salto più lungo di quello che allora era sembrato: non tanto dalla letteratura popolare alla semi-letteratura ma, se ci si consente l'allocuzione, ad una più sofisticata pre-letteratura romanzesca. Ed è anche per questo che abbiamo più volte sostenuto che, aldilà dei paletti del genere e della serialità, la distanza tra i Maigret e i romanzi è davvero impalpabile.

lunedì 9 gennaio 2012

SIMENON, MEZZ'ORA A RUOTA LIBERA

Oggi vi proponiamo un'altra chicca in video, sempre tratta da quell'invidiabile archivio dell'I.N.A (l'Istituto Francese Audivisivo) nella sezione Arte e Cultura. Qui c'è Simenon che parla in libertà di sé stesso per oltre mezz'ora. Il programma del canale francese ORTF propose questo "Simenon par Georges Simenon" il 22 ottobre del 1970. Ovviamente è in francese e senza sottotitoli. 

domenica 8 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET 40 VOLTE ALLA LUCE DEL "SOLE"

Apertura alla grande su Maigret, per la prima pagina dell'inserto Domenica de Il Sole 24 Ore di oggi. Motivo: il lancio da parte del quotidiano economico della Confindustria di un'operazione editoriale che vedrà in edicola ben 40 titoli delle inchieste del commissario simenoniano dal prossimo mercoledì 11 gennaio. Vi si annuncia: con il Sole al prezzo di 6,90 euro (ma non si capisce se con o senza il giornale,  anche perchè sul web si legge invece 3,90 euro, vedi Con la Domenica del Sole 24 Ore inizia il viaggio per leggere e capire il metodo scientifico di Maigret). Sull'inserto, titolone a cinque colonne  Maigret, il riparatore di destini per un articolo di Goffredo Fofi, titolo che fa da cappello a un'altro articolo, Inchiodati al suo metodo, di Armando Massarenti.
E' difficile per gli assidui lettori di Simenon Simenon, non fare il parallelo con l'altra grande operazione su Simenon, Le Monde de Simenon, i venti volumi editi dal quotidiano parigino (ognuno con tre titoli, tra romanzi e Maigret), conclusasi ad ottobre scorso.
Qui c'è solo Maigret, e scusate se è poco,  con quaranta delle oltre settanta inchieste scritte da Simenon.
Non ci viene spiegato il criterio con cui sono state scelte. E... non lo vogliamo sapere. Fosse imposta a noi una scelta del genere, avremmo avuto un grosso imbrazzo a scegliere. Non che non ci siano Maigret migliori di altri, ma obiettivamente, scartarne ben trentasei deve cosituire una bella rogna. D'altronde come scrive Fofi "...è difficile per un lettore di Simenon distinguere tra un buon Maigret e un Maigret medio (di cattivi non ne conosco)...", figurarsi le difficoltà per il responsabile della selezione.
Fofi batte sull'annoso problema della letteratura alta e quella bassa e di come la critica accademica abbia contribuito a farne un caposaldo duro da abbattere, e invece Simenon che scriveva per tutti, scardina questa convinzione, infatti il suo intento era proprio quello di "... scrivere  per tutti e inserire nelle pieghe della letteratura di genere problematiche invero altissime - sottolinea Fofi - scavi nella natura umana e nella sua fragilità, nella difficoltà di intendere e praticare il bene pur intuendone la verità...".
Per ora sulla Domenica 24 Ore di oggi vengono anticipate le prime dieci uscite: Maigret e il caso Nahour (11 gennaio), Maigret e il corpo senza testa (18 gennaio), La trappola di Maigret (25 gennaio), Maigret e il ladro indolente (1 febbraio), Maigret e l'affittacamere (8 febbraio), L'impiccato di Saint-Pholien (15 febbraio), Il porto delle nebbie (22 febbraio), L'ispettore Cadavre (29 febbraio), Il pazzo di Bergerac  (7 marzo) e L'amica della signora Maigret (14 febbraio).
Ottima occasione per coloro che avessero perso anche un sol titolo, potrebbero trovarlo in uno di questi quaranta del Sole. Per chi fosse competamente a digiuno un consiglio, inizi a leggere il primo e troverà almeno un elemento che lo colpirà, il secondo gli servirà per entrare "come si deve" nel mondo di Maigret (o meglio dal mondo creato da Simenon per Maigret), alla lettura del terzo sarà completamente conquistato. E poi magari, dopo una decina di inchieste del commissario, gli verrà voglia di leggere un romanzo di Simenon che, contrariamente a quanto dicono in molti, non è certo così lontano dai Maigret.

sabato 7 gennaio 2012

SIMENON. PROFESSIONE REPORTER... A SEDICI ANNI

C'è chi dice il 6, chi dice il 7. Le informazioni non concordano. Ma in fondo ventiquattr'ore non fanno la differenza per l'ingresso dell'adolescente Georges nel mondo del giornalismo. Era dal giugno del 1918, che in seguito alla malattia del padre che non gli aveva più permesso di lavorare, aveva dovuto intraprendere la ricerca di un lavoro. Prima tentò come garzone di una pasticceria, ma la cosa non funzionò e, dopo un paio di mesi, fu alla ricerca di un nuovo impiego. La seconda esperienza, come commesso in una libreria, sembrava più confacente alle sue preferenze e alla sua preparazione. Ma anche qui le frizioni con il padrone resero le cose difficili. La goccia che fece traboccare il vaso sembra fosse stato un rimprovero dell'adolescente Simenon al padrone, di fronte a dei clienti che avevano chiesto il Capitain Pamphile. Il proprietario lo cercava tra i romanzi di Théoèphile Gautier, confondendolo con Capitaine Fracasse. Simenon gli fece platealmente notare che andava cercato alla lettera "D" come Dumas, Alexandre Dumas. Licenziato. La sua carriera in libreria era durata circa un mese.
Decise quindi di presentarsi a La Gazette de Liége, almeno questo è quello che racconta Simenon, dove fu ricevuto addirittura dal direttore, Joseph Demarteau, al quale disse che come referenze aveva quella di un suo cugino, negoziante di spezie che faceva parte del consiglio d'amministrazione della casa editrice del quotidiano.  Dopo aver controllato, il direttore lo assunse. In realtà era una balla, suo cugino era un vescovo di Liegi, solo un omonimo del consigiere d'amministrazione. 
Ma la versione di Simenon, secondo diversi suoi biografi, non è veritiera. Nemmeno il vescovo di Liegi era suo cugino e non era neanche tale, si trattava di un lontano parente, per di più solo vicario generale della diocesi cittadina. Insomma il suo ingresso fu certamente spinto da una consistente raccomandazione, ma da chi e come questo non è dato da sapere con certezza.
Comunque è un fatto che a sedici anni Simenon si ritrovò a fare la sua gavetta nella redazione del quotidiano di Liegi, e che fu il suo precoce ingresso nel modo del giornalismo ad essere un passaggio della linea... in positivo. Quella occasione lo proietterà nel mondo della scrittura, per allora solamente cronachistica, ma in seguito il giovane Georges svilupperà delle aspetttive e degli obiettivi ben più ambiziosi.
Non gli volle molto a farsi apprezzare in redazione. Bruciò le tappe e in breve gli furono affidati incarichi di sempre maggiore responsabilità. Era un reporter dal brillante futuro. Ma ad un certo punto lasciò tutto la sicurezza, gli affetti, la città natale, per l'incerta avventura nel mondo della letteratura a Parigi. E fu la prima di una serie di déplacement che gli avrebbero cambiato la vita. 

venerdì 6 gennaio 2012

SIMENON. DAI "SIMONON" DEL '600 AI GENITORI DI GEORGES

Desiré Simenon e Henriette Brull, padre e madre di Georges
Oggi diamo un 'occhiata all'abero genealogico degli antenati di Simenon e lo facciamo grazie ad una segnalazione fatta da Pierre Assouline, in un vechio articolo su Le Nouvel Observateur, dell'opera di Mathieu Rutten, professore di filologia tedesca all'università di Liegi e grande ammiratore di Simenon, il quale dedicò una buona parte dei propri studi ad una rucerca genelogica degli antenati dello scrittore. Tutto questo é racchiuso nel suo libro Simenon, ses origines, sa vie son ouevre (Eugene Whale Editeur - 1986). Nella sua ricerca Rutten si inoltra sia nel ramo paterno dei Simeon (quello vallone e fiammingo) che in quello materno dei Brull (di ascendenze olandesi e prussiane). Risultati? Il gran lavoro di ricerca arriva fino all'ottavo grado di avi, scoprendo così un certo Lambertus Simonon (proprio Simonon) del 1659. I Simenon erano stati poi contadini, lavoratori a giornata, operai. Il coté materno invece era più levato, composto da proprietari terrieri, fornai, commercianti di legname, ma spesso caduti in disgrazia.
Queste origini, così certosinamente documentate dal professor Rutten, ebbero la loro influenza anche su Desiré (classe 1877) ed Henriette (classe 1880), i genitori di Georges che avevano caratteri profondamente diversi, fatto che alla lunga provocò una serie di crisi. La storia però era sempre la stessa. Lei, figlia di Guillome, un commerciante di spezie, rimproverava il marito di non avere ambizioni, di non aver voluto far carriera e di costringere la famiglia, se non proprio alla povertà, a rinunciare a quello standard di vita cui aspirava e che avrebbe voluto che gli altri le invidiassero. Lui invece, figlio di Chrétien cappellaio di  Liegi, era di tutt'altra pasta, era un individuo felice di quello che aveva, non desiderava di più tanto che sul lavoro aveva anche rifiutato un posto di responsabilità nell'all'ora nuovo ramo "vita" della compagnia d'assicurazioni in cui lavorava.
La storia poi andò a finire male, con Desirè, malato e non più in grado di lavorare, la madre che prese in mano le redini della famiglia e che trasformò la loro casa in camere in affitto per studenti stranieri, i quali, dalle sistemazioni ai pasti, avevano la preminenza e la precedenza su Desiré e Georges. Poi il Desiré morì ed Henriette prese in mano del tutto la situazione, continuando a preferire Christian, il secondogenito, mentre Georges già aveva dovuto interrompere gli studi e trovarsi un lavoro.

giovedì 5 gennaio 2012

SIMENON. PERICOLOSO SOVVERSIVO?

Abbiamo più volte detto della posizione tutto sommato conservatrice di Simenon, che pure non si esprimeva sulle questione squisitamente politiche. Certo, molti dei suoi comportamenti erano contraddittori. Ad esempio durante la seconda guerra mondiale da un parte svolse con grande coscienziosità e convinzione il suo ruolo di Commissario per i rifugiati belgi che arrivavano da un Belgio invaso dalle truppe di Hitler. D'altra parte però, durante l'occupazione in Francia, portò a termine diversi affari con una società di produzione cinematografica, la Continental, che tutti sapevano essere in mano tedesca, ma che forse non tutti sapevano che facesse capo addirittura ad Himmler. Questi rapporti  procurarono a Simenon denaro, e a quei tempi ce n'era bisogno, ma anche dei favori, come il lasciapassare per nuoversi in una Francia dove gli spostamenti erano vietati. Questo lo mise ovviamente in cattiva luce con il Fronte di Liberazione francese che, a guerra finita, aveva aperto un dossier su di lui, per la verità scarno, ma che per più d'uno doveva essere l'inizio di un'indagine per un'accusa di collaborazionismo.
Ma Simenon, che nella sua vita si tenne sempre lontano dalla politica attiva, non rinunciava però a proclamare le sue idee e anche nei suoi romanzi e persino nei Maigret. Non di rado dimostrava poca fiducia nella società o per lo meno nel sistema e nei valori su cui era fondata. Un'esempio è quello di aver fatto di Maigret un aggiustatore di destini, una cosa non da poco. La reponsabilità di un funzionario di polizia cui competevano solo le indagini, che si arrogava il diritto di giudicare, compito che competeva  alla magistraura. Ma in alcuni casi la sfiducia nel sistema giudiziario portava Maigret (o meglio portava l'autore a far agire Maigret) i n modo da sostituirsi al sistema giudicante.
Ma anche la società non girava, secondo lui nel modo giusto. Lo vediamo nei suoi romanzi, come i protagonisti sono trattati dal sistema sociale. Finché si trovano di qua dalla famosa "ligne" sono rispettati ben voluti e integrati, quando qualcosa va storto e la linea viene varcata, scatta l'emarginazione, si attivano alcuni meccanismi fondamentali di una società borghese che deve difendere la propria autoconservazionie che quindi li isola e talvolta li porta  all'eliminazione come fossero dei corpi dannosi per il sistema.
Ma non basta. Infatti, in modo se volete anche sorprendente, ci  sono anche affermazioni forti di Simenon che non possiamo non definire politiche e che in un periodo di crisi e di ripensamento dei modelli di governance economici-politici a livello mondiale, come quello che stiamo passando, tornano di grande attualità.
"...io sono anticapitalista e non mi nascondo certo. Credo di averlo già detto. Il capitalismo è uno dei rari fenomeni che non abbiamo importato dagli Stati Uniti. E' cominciato in Europa  con l'inizio dell'era industriale, con il lavoro dei banbini di dodici anni nelle fabbriche, con i tuguri di White Chapel, che per di più appartenevano non solo all'aristocrazia, ma in certi casi addirittura ai membri della famiglia reale..." (Dictées - 1975).