mercoledì 10 agosto 2011

SIMENON, MAIGRET E... LA CHANSONNETTE



Come abbiamo avuto modo di vedere alcune volte, i casi per Maigret sono particolarmente difficili. Quando, ad esempio, c'é di mezzo un criminale professionista: uno che non canta, non cade nei tranelli, che non ha lasciato tracce, che può contare sull'omertà e la collaborazione della malavita. In alcuni di questi casi, quando non c'è una prova risolutiva, una testimonianza decisiva, una scoperta, magari inaspettata, che si rivela la chiave della soluzione del caso, allora l'ultima speranza è che un interrogatorio possa piegare la resistenza del sospettato e che sia proprio la sua confessione a chiudere il caso.
Allora si mette in scena la cosiddetta "chansonnette". Una procedura usata a Quai des Orfévres e che Simenon ha voluto inserire come una caratteristica delle inchieste del commissario Maigret, quando ha costruito il personaggio (vedi il post del 20 marzo Simenon. Come ti costruisco un personaggio).
Prima si convoca il sospettato e poi lo si lascia per delle ore a "marinare" in quella famosa sala d'aspetto con una parete tutta vetri, che viene soprannominata l'Acquario.
Il tipo, per quanto malvivente duro e incallito possa essere, viene inevitabilmente fiaccato da quell'attesa... non sa cosa lo aspetta...
Poi Maigret per caso passa lì davanti e fà finta di stupirsi.
- Ma come, tu sei qui e nessuno me l'ha detto! Ma che idiozia... E io che avevo bisogno di te! D'altronde si tratta solo di una banale formalità, pochi minuti... ma mi potevano avvertire!...
Dopodichè lo porta nel suo ufficio lo fa accomodare sulla sedia proprio davanti a lui. Loro due faccia a faccia.
- Vuoi una sigaretta? ... tuo fratello sta bene? Lo ha incontrato l'altro giorno un mio collega a Marsiglia...
Chiacchiere, convenevoli, atmosfera tranquilla, il commissario sembra non dare peso a quell'incontro. Anzi a volte addirittura si scusa per essere stato impegnato con il suo capo e non essersi accorto che lui era lì da tutto quel tempo.
Il culmine della "chansonnette" si raggiunge con la finta amnesia.
-  Ma scusami, perchè ti ho fatto chiamare..? Oddio, cosa volevo chiederti..?
A quel punto sembra quasi una cosa senza nessuna importanza, o comunque un'inezia.
Questo rende il sospettato relativamente tranquillo, a quel punto non si aspetta certo che quella "formalità" si trasformerà in un interrogatorio che magari durerà tutta la notte, che vedrà alternarsi toni bruschi, a momenti più concilianti, a urla e minacce. E' il commissario si darà il cambio con i suoi ispettori. Gli faranno sempre le stesse domande, facendolo ricominciare sempre dall'inizio. Uno stress cui pochi resistono. I più duri reggono fino alle prime luci dell'alba, c'è chi crolla molto prima, ma certo qualche volta nemmeno la "chansonnette" funziona.
Ma nella maggioranza dei casi è un metodo che, se il sospettato è quello giusto, riesce a chiudere il caso. Anche questa "chansonnette" è entrata a far parte del famoso metodo d'indagine Maigret di cui abbiamo già parlato (vedi il post del 12 giugno Simenon. Maigret e i criminali).



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