"... mi piacerebbe creare i mei personaggi con un maggior peso, più tridimensionali... Tento di rendere ciascuno di loro pesanti come una statua e fratelli di tutti gli uomini della terra...". Lo diceva Simenon nel '58 in una conferenza a Bruxelles. E' una parte importante degli obiettivi dello scrittore che la considerava come una sorta di vocazione. E lo aveva affermato esplicitamente più volte. Se non fosse riuscito nell'intento di raccontare la realtà e l'uomo così come sono, nudi e crudi, tutta la sua opera non sarebbe servita a niente.
In realtà ci è riuscito benissimo e non siamo soli in questa valutazione. A tale proposito la professoressa universitaria Marie-Paul Boutry nel suo Les 300 vies de Simenon (C.M. du Garde éditeur - 1990) scrive "... si legge Simenon un po' come lui scrive, ciascuno vi ritrova ombre, luci e riflessi della propria vita. Questo immenso universo simenoniano, dove volteggiano dei geni inquieti, senza riferimenti e senza illusioni su sè stessi, costituisce una delle più magistrali raffigurazioni del nostro secolo..."
A distanza di oltre vent'anni quest'affermazione non è sempre condivisa. O perlomeno c'è ancora chi trova degli alti e dei bassi nella produzione simenoniana e, per esempio, non riesce a non considerare tutto il cotè Maigret come una zavorra che abassa il livello dell'intera produzione. Indubbiamente ci sono dei romanzi meglio riusciti ed altri meno. Ma questa è un'ovvia considerazione, resa ancor più banale da una produzione tanto imponente. Quello che ci interessa qui è però analizzare quanto della sua opera abbia una presenza viva e quanto influenzi ancora oggi la letteratura. Il tema è di quelli che fanno tremare i polsi e oltrettutto questa sede non è la più idonea ad approfondire in modo esausitivo l'argomento. Ma ci sembra doveroso accennare alcune considerazioni...
• Primo. E' un fatto che la presenza dei suoi titoli tra i
best-seller più venduti ancora oggi sia una testimonianza della sua
modernità. La sua prosa asciutta e stringata fa ancora larga breccia in
un publico trasversale ed eterogeneo. Il suo tratteggiare personaggi,
vicende e atmosfere con poche parole è sulla lunghezza d'onda del
linguaggio odierno sempre più conciso e sintetico.
• Secondo. E'
vero. Simenon nelle sue storie è sempre alla ricerca dell'uomo nudo,
come spiegava lui stesso, l'uomo al netto di sovrastrutture, convenzioni
e condizionamenti sociali. Ma per fare questo passa inevitabilmente
attraverso un'analisi delle caratteristiche sociali, della mentalità
dominante, dei meccanismi che producono disuguaglianza ed
emarginazione.. Con questo questo non vogliamo etichettare l'opera di
Simenon come sociologica, ma evidenziare, come, a nostro avviso, questo
aspetto non viene sufficientemente sottolineato e come, oltre l'uomo,
anche la società e le sue dinamiche entrano nel mirino dello scrittore. E
pure questo lo avvicina ad una sensibilità odierna dove è sempre più difficile per un autore estraniarsi dalla realtà
.
• Terzo. Simenon non è ancora considerato un classico,
accademicamente parlando, ma una sorta battitore libero, di livello
certo, ma che non ha conseguito una consacrazione definitiva. E' forse
ancora considerato troppo isolato e nemmeno capostipite di una scuola o
di un romanzo simenoniani. Molto spesso, analizzando un romanzo di un
nuovo autore, in questi anni si è scritto "... e poi, come Simenon, dimostra un capacità di....".
Ma, a quanto ci risulta nessuno è considerato un suo erede. Non si
contano le affermazioni che al tempo definirono Simenon "il Balzac del
'900".
Nessuno scrittore è stato etichettato come "il Simenon del 2000".
Qualche
suo tratto stilistico, un certo suo approccio alle storie, alcuni suoi
temi, li ritroviamo singolarmente qua e là in diversi autori. Ma sono
tutti "pezzetti" di Simenon che vanno a... concimare le opere di alcuni
scrittori. Ma la sua globale espressione letteraria non ha generato
eredi.
• Quarto. In questo essere solo, conta probabilmente anche la sua naturalezza, diremmo quasi disinvoltura, a passare dalla
letteratura alta a quella più popolare (divisione tipica della critica italiana).
Anche quel ritrovarsi a suo agio su vari registri, altra capacità rara
da trovare ed evidentementte anche da replicare, per qualcuno è lungi da
essere un talento e considerato una versatilità non positiva.
Ci
sarà chi ci rimproverà di aver sbrigativamente archiviato la domanda
posta all'inizio, ma speriamo comunque di aver fornito spunti per
riflessioni, per critiche e per precisazioni, magari utili anche per un
eventuale
dibattito.
mercoledì 1 febbraio 2012
martedì 31 gennaio 2012
SIMENON. CAMBIA TUTTO, MA MAIGRET FA SEMPRE CENTRO
In fondo dalla data del suo lancio, nel 1931, fino a qualche settimana fa' per le inchieste di Maigret poco era cambiato. Nel senso che i libri pubblicati da Adelphi poco differiscono da quelli di Fayard che i francesi iniziarono a leggere ottant'anni fa'. Una copertina, fogli di carta stampata, una rilegatura, si acquistavano in librerie o in qualche chiosco.
Certo oggi nel 2012, le procedure di stampa sono migliorate, i caratteri sono più definiti, la composizione della carta è molto cambiata, la diffusione e la vendita dei libri si è capillarizzata. Ma sostanzialmente il prodotto è sempre quello.
Adesso invece il salto. Come vi avevamo accennato in un nostro precedente post (vedi il 17 gennaio Simenon. Dieci volte digitale), l'editore milanese dopo qualche titolo di Simenon, ha iniziato a mettere sul mercato la serie completa delle inchieste del commissario in ebook, partendo dai primi cinque titoli.
Questa è, come abbiamo più volte detto, un vera rivoluzione. Niente carta, nessun inchiostro... niente libro. In sua vece un immateriale "file" di testo che può essere visualizzato da tutta una serie di strumenti (ereader, computer, pc, notebook, tablet, smartphone, etc) e letto con maggiore o minore facilità sul loro schermo.
E ai primi rilevamenti, sembra che anche in versione digitale, il nostro commissario abbia fatto centro. Secondo BooksBlog (16-22 gennaio) tre titoli su cique appena affacciatisi in classifica hanno conquistato il quinto posto. Su Amazon, ad oggi li ritroviamo al 2°, 3°, 5°, e 7° posto. Invece su Bookrepublic, altro portale di diffussione degli ebook, i quattro titoli di Maigret hanno fatto piazza pulita, occupando i primi quattro posti dei più venduti. E ancora, sulla graduatoria di Feltrinelli per l'editoria digitale, i quatto Maigret sono al 4°, 5°, 7° e 8° posto.
Insomma un successone, che però non ci stupisce. E vero che il pubblico degli ebooks è diverso (anche se in parte sovrapponibile) a quello dei libri tradizionali, e con una notevole componente di una fascia giovane, più in confidenza con l'ultima tecnologia elettronica. Ma in ottant'anni quante volte sarà cambiato il pubblico di Maigret? Quante diverse generazioni di lettori, per motivi diversi, hanno scoperto le inchieste del commissario e sono poi diventati appassionati fedeli? Da oggi la scoperta di Maigret passerà anche per gli ebook... E se il buongiorno si vede dal mattino...
• Doverosa annotazione. - Su Simenon-Simenon, avrete sicuramente trovato refusi, qualche accento sbagliato, dei plurali sballati, doppie mancanti o in sovrabbondanza. Errori. Che siano dovuti alla fretta, all'ignoranza, alla disattenzione sono comunque errori. Ce ne scusiamo con i nostri lettori e cercheremo di farne sempre meno. Questo cappello è per spiegare un grossolano errore che avete letto nella nostra rassegna stampa. Nell'incipit dell'articolo di ieri de Il Sole 24 Ore, Simenon. Ce l'ho. Mi manca, proprio sul successo dei Maigret in ebook, si trova scritto "...gli ebook di Simenon (quelli a pagamento) hanno fatto l’amplein...". Ecco "amplein" non è farina nostra, ma di chi ha firmato l'articolo in questione. Non ci pare sia francese e nemmeno inglese, l'unica ipotesi che ci viene in mente è che sia la trasposizione scritta della pronuncia di "en plein" (in francese: in pieno, appieno, etc...), a meno che non si tratti di un neologismo, a noi ancora ignoto, forse tratto dal suono dell'allocuzione francese... Mah... Chi ne sa più di noi, per favore, ci dia lumi.
Certo oggi nel 2012, le procedure di stampa sono migliorate, i caratteri sono più definiti, la composizione della carta è molto cambiata, la diffusione e la vendita dei libri si è capillarizzata. Ma sostanzialmente il prodotto è sempre quello.
Adesso invece il salto. Come vi avevamo accennato in un nostro precedente post (vedi il 17 gennaio Simenon. Dieci volte digitale), l'editore milanese dopo qualche titolo di Simenon, ha iniziato a mettere sul mercato la serie completa delle inchieste del commissario in ebook, partendo dai primi cinque titoli.
Questa è, come abbiamo più volte detto, un vera rivoluzione. Niente carta, nessun inchiostro... niente libro. In sua vece un immateriale "file" di testo che può essere visualizzato da tutta una serie di strumenti (ereader, computer, pc, notebook, tablet, smartphone, etc) e letto con maggiore o minore facilità sul loro schermo.
E ai primi rilevamenti, sembra che anche in versione digitale, il nostro commissario abbia fatto centro. Secondo BooksBlog (16-22 gennaio) tre titoli su cique appena affacciatisi in classifica hanno conquistato il quinto posto. Su Amazon, ad oggi li ritroviamo al 2°, 3°, 5°, e 7° posto. Invece su Bookrepublic, altro portale di diffussione degli ebook, i quattro titoli di Maigret hanno fatto piazza pulita, occupando i primi quattro posti dei più venduti. E ancora, sulla graduatoria di Feltrinelli per l'editoria digitale, i quatto Maigret sono al 4°, 5°, 7° e 8° posto.
Insomma un successone, che però non ci stupisce. E vero che il pubblico degli ebooks è diverso (anche se in parte sovrapponibile) a quello dei libri tradizionali, e con una notevole componente di una fascia giovane, più in confidenza con l'ultima tecnologia elettronica. Ma in ottant'anni quante volte sarà cambiato il pubblico di Maigret? Quante diverse generazioni di lettori, per motivi diversi, hanno scoperto le inchieste del commissario e sono poi diventati appassionati fedeli? Da oggi la scoperta di Maigret passerà anche per gli ebook... E se il buongiorno si vede dal mattino...
• Doverosa annotazione. - Su Simenon-Simenon, avrete sicuramente trovato refusi, qualche accento sbagliato, dei plurali sballati, doppie mancanti o in sovrabbondanza. Errori. Che siano dovuti alla fretta, all'ignoranza, alla disattenzione sono comunque errori. Ce ne scusiamo con i nostri lettori e cercheremo di farne sempre meno. Questo cappello è per spiegare un grossolano errore che avete letto nella nostra rassegna stampa. Nell'incipit dell'articolo di ieri de Il Sole 24 Ore, Simenon. Ce l'ho. Mi manca, proprio sul successo dei Maigret in ebook, si trova scritto "...gli ebook di Simenon (quelli a pagamento) hanno fatto l’amplein...". Ecco "amplein" non è farina nostra, ma di chi ha firmato l'articolo in questione. Non ci pare sia francese e nemmeno inglese, l'unica ipotesi che ci viene in mente è che sia la trasposizione scritta della pronuncia di "en plein" (in francese: in pieno, appieno, etc...), a meno che non si tratti di un neologismo, a noi ancora ignoto, forse tratto dal suono dell'allocuzione francese... Mah... Chi ne sa più di noi, per favore, ci dia lumi.
lunedì 30 gennaio 2012
SIMENON E IL '68. DALLA PARTE DEL... MOVIMENTO
Siamo andati a ripescare una corposa intervista fatta allo scrittore, da un simenonologo doc, Francis Lacassin, fatta per Le Magazine Letteraire nel 1975. In quell'occasione, Lacassin chiede tra l'altro qual era il giudizio di Simenon sul maggio '68, sul movimento studentesco e sull'aria di rivolta, se non di rivoluzione, che si respirava allora a Parigi e in tutta Europa.
Sono delle risposte abbastanza sorprendenti, in considerazione che ormai Simenon non era più un giovanotto... aveva settantadue anni, un'età in cui spesso le opinioni conservatrici prevalgono.
Arrivati a parlare d'attualità lo scrittore afferma che "...seguo l'attualità da vicino, ma non mi tocca. E' una curiosità, come la televisione che accendo, quando sono troppo stanco per leggere: la guardo sì, ma se mezz'ora dopo mi chiedete quello che ho visto, faccio fatica a rispondere. L'attualità... è un po' stesso la solità roba: gli stessi vincitori, gli stessi sconfitti. Spero che gli sconfitti un giorno abbiano la meglio sugli altri, ma spero di non dover passare prima un epoca ancora più reazionaria di oggi...".
Il Simenon anziano che vive nella sua casetta rosa al 12 di rue des Figuiers a Losanna, in compagnia di Teresa, è in effetti un'uomo ormai distaccato dal mondo, anche da quello letterario, non scrive più da qualche anno, passa il tempo con il registratore ad incidere quelli che saranno i Dictées. Ma è lucido e ha le idee ben chiare su quello che sa succedendo nel mondo. E a questo proposito Lacassin gli chiede se al riguardo sia pessimista e come valuta le conseguenze del movimento del '68.
"... Enormemente, Tutti i goveri di destra hanno avuto paura. E quello che ora dà più soddisfazione.... Quando Giscard si è accorto che Mitterand aveva una forza politica equivalente cosa ha fatto? Ha copiato il programma di Mitterand e ora si sforza di realizzarne un certa parte: la legge sull'aborto, la pillola, il divorzio, il voto a diciott'anni. Ma, vedrete, non riuscirà a rimanere in carica.
Sperano in questo modo di canalizzare la rivoluzione. Ma qualsiasi cosa essi facciano, questa ormai è partita. Ci sarà prima un nuovo fascismo, come quello che rischiano di avere in Italia dove le destre sono molto ben armate e hanno molti uomini importanti al loro servizio o meglio "nelle loro tasche", perchè questi gli devono molti soldi. In Francia vedete come si parla sempre più di milizie private e dell'aumento dei guardiani della pace, dell'aumento dei poteri della polizia... etc. E' un brutto segno. Ma in fondo è un buon segno: il Francese reagirà quando questi continueranno così...".
Ecco un Simeon davvero indito molto schierato contro la conservazione e le politiche delle destre.
E se non fosse chiaro, rincara la dose quando Lacassin gli chiede cosa avrebbe fatto se nel '68 avesse avuto diciotto anni.
"... sarei di sinistra. Ma più a sinistra dei comunisti. Nei paesi occidentali come la Francia, l'Italia, i comunisti sono borghesi, starei per dire capitalisti. Von Darwel, che ho consociuto bene, che era presidente della Seconda Internazionale Socialista, diceva 'Se non vogliamo una rivoluzione sanguinosa, occorre dare ad ogni famiglia e che noi abbiamo le nostre coperative e le nostre banche'. A Liegi ho visto nascere le grandi coperative e le banche socialiste. Sul piano pratico in Belgio i socialisti si relazionano assai bene con la borghesia. Si può dire che siano degli uomini di sinistra? Io non credo. O almeno è una sinistra molto...rosa...".
A questo punto non c'è molto da dire, il pensiero del Simenon settant'enne è chiaro e netto. E l'intervista racconta come Simenon abbia passato gli anni del '68.
"...ero elettrizzato. Passavo le giornate davanti alla radio e alla televisione. Mio figlio Johnny, che ora studia ad Harvard, era allora sulle barricate di boulevard Saint-Michel. Ha rimediato un bel po' di botte dai poliziotti. Me lo raccontava al telefono e i domandava 'Non sei arrabbiato, vero?'. E io gli rispondevo 'Al contrario, continua'..."
Sono delle risposte abbastanza sorprendenti, in considerazione che ormai Simenon non era più un giovanotto... aveva settantadue anni, un'età in cui spesso le opinioni conservatrici prevalgono.
Arrivati a parlare d'attualità lo scrittore afferma che "...seguo l'attualità da vicino, ma non mi tocca. E' una curiosità, come la televisione che accendo, quando sono troppo stanco per leggere: la guardo sì, ma se mezz'ora dopo mi chiedete quello che ho visto, faccio fatica a rispondere. L'attualità... è un po' stesso la solità roba: gli stessi vincitori, gli stessi sconfitti. Spero che gli sconfitti un giorno abbiano la meglio sugli altri, ma spero di non dover passare prima un epoca ancora più reazionaria di oggi...".
Il Simenon anziano che vive nella sua casetta rosa al 12 di rue des Figuiers a Losanna, in compagnia di Teresa, è in effetti un'uomo ormai distaccato dal mondo, anche da quello letterario, non scrive più da qualche anno, passa il tempo con il registratore ad incidere quelli che saranno i Dictées. Ma è lucido e ha le idee ben chiare su quello che sa succedendo nel mondo. E a questo proposito Lacassin gli chiede se al riguardo sia pessimista e come valuta le conseguenze del movimento del '68.
"... Enormemente, Tutti i goveri di destra hanno avuto paura. E quello che ora dà più soddisfazione.... Quando Giscard si è accorto che Mitterand aveva una forza politica equivalente cosa ha fatto? Ha copiato il programma di Mitterand e ora si sforza di realizzarne un certa parte: la legge sull'aborto, la pillola, il divorzio, il voto a diciott'anni. Ma, vedrete, non riuscirà a rimanere in carica.
Sperano in questo modo di canalizzare la rivoluzione. Ma qualsiasi cosa essi facciano, questa ormai è partita. Ci sarà prima un nuovo fascismo, come quello che rischiano di avere in Italia dove le destre sono molto ben armate e hanno molti uomini importanti al loro servizio o meglio "nelle loro tasche", perchè questi gli devono molti soldi. In Francia vedete come si parla sempre più di milizie private e dell'aumento dei guardiani della pace, dell'aumento dei poteri della polizia... etc. E' un brutto segno. Ma in fondo è un buon segno: il Francese reagirà quando questi continueranno così...".
Ecco un Simeon davvero indito molto schierato contro la conservazione e le politiche delle destre.
E se non fosse chiaro, rincara la dose quando Lacassin gli chiede cosa avrebbe fatto se nel '68 avesse avuto diciotto anni.
"... sarei di sinistra. Ma più a sinistra dei comunisti. Nei paesi occidentali come la Francia, l'Italia, i comunisti sono borghesi, starei per dire capitalisti. Von Darwel, che ho consociuto bene, che era presidente della Seconda Internazionale Socialista, diceva 'Se non vogliamo una rivoluzione sanguinosa, occorre dare ad ogni famiglia e che noi abbiamo le nostre coperative e le nostre banche'. A Liegi ho visto nascere le grandi coperative e le banche socialiste. Sul piano pratico in Belgio i socialisti si relazionano assai bene con la borghesia. Si può dire che siano degli uomini di sinistra? Io non credo. O almeno è una sinistra molto...rosa...".
A questo punto non c'è molto da dire, il pensiero del Simenon settant'enne è chiaro e netto. E l'intervista racconta come Simenon abbia passato gli anni del '68.
"...ero elettrizzato. Passavo le giornate davanti alla radio e alla televisione. Mio figlio Johnny, che ora studia ad Harvard, era allora sulle barricate di boulevard Saint-Michel. Ha rimediato un bel po' di botte dai poliziotti. Me lo raccontava al telefono e i domandava 'Non sei arrabbiato, vero?'. E io gli rispondevo 'Al contrario, continua'..."
domenica 29 gennaio 2012
SIMENON. SANCETTE L'ANTI MAIGRET O L'ANTE MAIGRET?
Sappiamo senza ombra di dubbio, che apparizioni di Maigret si ritrovano in altri titoli di Simenon, ben prima che il personaggio del commissario assumesse la configurazione definitiva con cui fu lanciato nel '31 e che lo rese famoso in tutto il mondo.
Tracce di Maigret, se così possiamo dire, si trovano in tre titoli antecedenti al lancio ufficiale fin dal settembre 1929 in Train de Nuit, ne La Jeune Fille aux perles dell'estate del '29 e ne La femme rousse del 1930. Ma c'erano stati altri tentativi di creare un seriale di genere poliziesco. Vi abbiamo parlato di Ives Jarry comparso in quattro romanzi fin dal 1927 e di altri personaggi (vedi il post del 29/03/2011 Nasce Maigret. Come è andata davvero). Ma nessuno di loro attecchì. Evidentemente non convinsero per primo l'autore. Però la strada imboccata era quella giusta. Infatti un altro tentativo Simenon lo fece con l'ispettore Sancette, detto anche l'ispettore 107, che fà al sua comparsa nel '29 proprio contemporaneamente all'uscità del citato Train de nuit. Il titolo è Captain S.O.S, la sua prima inchiesta. La serie poi continuerà sulla rivista Ric et Rac con ben quattordici racconti, pubblicati come la serie Les Exploit de Sancette tra il maggio '29 e il febbraio 1930. Poi assistiamo ad un'evoluzione, Sancette diventa l'ispettore G.7 per una raccolta di racconti dal titolo Les Treize Enigmes uscita sul magazine Détective (e poi per Fayard in un omonimo volume nel '32). Ma la fine di Sancette è vicina. Nell'ottobre del '31 esce un'altra sua avventura La folle d'Itteville, ma nel frattempo è arrivato l'uragano Maigret che tra febbraio e settembre di quell'anno ha già lanciato sul mercato ben nove titoli! Il successo era nell'aria, ma il gradimento da parte del pubblico del commissario di Quai des Orfévres a quel punto era ormai una solida realtà. Al contrario, La Folle d'Itteville si era rivelato un mezzo flop. Non c'era storia e quella fu l'ultima apparizione di Sancette.
Ma cerchiamo di capire differenze e analogie tra il povero Sancette e il fortunato Maigret.
Primo e non secondario aspetto. L'autore di Sancette era ancora tale Christian Brulls. Con Maigret nacque lo scrittore Georges Simenon.
Qualcosa in comune l'ispettore e il commissario ce l'hanno. Il primo infatti dichiara in Captain S.O.S. "...un vero poliziotto è un confessore al quale nessuno dirà nulla e che dovra scoprire tutto!... - oppure - Cos'è un crimine? Un atto commesso da un uomo! Quello che mi interessa è la mentalità dei criminali... E' stato commesso un crimine... io mi metto al posto di colui che l'ha compiuto... Cerco di avere gli stessi pensieri che lui ha avuto..."
Sembra in effetti per certi versi il "metodo Maigret". Anche Sancette mangia in un bistrot di place Dauphine. Abbiamo prima detto della sua sigla 107... in effetti in francese la pronuncia del numero centsept é quasi indentica a quella del suo nome. Ma anche questo è un nome ombra, quello vero è Joseph Boulines, sembra che usasse questo espediente per nascondere il fatto che era figlio di un alto funzionario.
Giovane, allegro, gioviale, Sancette, scapolo dagli occhi azzurri, è un bravo ragazzo, niente a che fare con il burbero, massiccio e a volte brusco commissario, ma tutti e due fumano la pipa (anche se allora in Francia era un'abitudine molto più diffusa di oggi). E poi non ha certo il fisique du role di un funzionario di polizia, dove era entrato a soli diciotto anni e dove, grazie al suo fiuto straordinario per la soluzione dei casi, fà un'incredibile carriera. E' il beniamino della polizia giudiziaria, chiamato spesso gamin, cioè ragazzo. Il "ragazzo" ha una convinzione: se nei primi tre giorni dell'inchiesta troverà un indizio, per piccolo che sia, poi il resto sarà un gioco da ragazzi.
Come maialla fine Maigret vinse su Sancette? Forse un certo spessore che si ritrova nel primo manca nel secondo? Probabilmente la caratterizzazione del commissario risultava più originale e marcata. Quella di Sancette, per quanto si distaccasse dai cliché del poliziesco allora in voga, non era poi così diverso... Era pur sempre un giovane, brillante, scapolo, in carriera... insomma molti suoi tratti erano in comune con tanti e tanti altri protagonisti della letteratura di genere.
Maigret invece fu una vera rottura, un decisa inversione di rotta che inoltre permise all'autore anche allargarsi più di un volta alla letteraura tout court, aldilà delle regole che allora vigevano per il polar.
Forse il commissario vinse perchè era un personaggio più vicino alla gente comune, con le sue umili origini, i suoi anni di gavetta in polizia, il suo gusto per le cose semplici?
Magari vinse perché nelle sue inchieste si presagiva la trasformazione di Simenon da scrittore a romanziere... Le vicende del commissario non costituivano forse l'anticamera di quel tipo di letteratura cui fin da giovanissimo l'autore aveva aspirato?
Tracce di Maigret, se così possiamo dire, si trovano in tre titoli antecedenti al lancio ufficiale fin dal settembre 1929 in Train de Nuit, ne La Jeune Fille aux perles dell'estate del '29 e ne La femme rousse del 1930. Ma c'erano stati altri tentativi di creare un seriale di genere poliziesco. Vi abbiamo parlato di Ives Jarry comparso in quattro romanzi fin dal 1927 e di altri personaggi (vedi il post del 29/03/2011 Nasce Maigret. Come è andata davvero). Ma nessuno di loro attecchì. Evidentemente non convinsero per primo l'autore. Però la strada imboccata era quella giusta. Infatti un altro tentativo Simenon lo fece con l'ispettore Sancette, detto anche l'ispettore 107, che fà al sua comparsa nel '29 proprio contemporaneamente all'uscità del citato Train de nuit. Il titolo è Captain S.O.S, la sua prima inchiesta. La serie poi continuerà sulla rivista Ric et Rac con ben quattordici racconti, pubblicati come la serie Les Exploit de Sancette tra il maggio '29 e il febbraio 1930. Poi assistiamo ad un'evoluzione, Sancette diventa l'ispettore G.7 per una raccolta di racconti dal titolo Les Treize Enigmes uscita sul magazine Détective (e poi per Fayard in un omonimo volume nel '32). Ma la fine di Sancette è vicina. Nell'ottobre del '31 esce un'altra sua avventura La folle d'Itteville, ma nel frattempo è arrivato l'uragano Maigret che tra febbraio e settembre di quell'anno ha già lanciato sul mercato ben nove titoli! Il successo era nell'aria, ma il gradimento da parte del pubblico del commissario di Quai des Orfévres a quel punto era ormai una solida realtà. Al contrario, La Folle d'Itteville si era rivelato un mezzo flop. Non c'era storia e quella fu l'ultima apparizione di Sancette.
Ma cerchiamo di capire differenze e analogie tra il povero Sancette e il fortunato Maigret.
Primo e non secondario aspetto. L'autore di Sancette era ancora tale Christian Brulls. Con Maigret nacque lo scrittore Georges Simenon.
Qualcosa in comune l'ispettore e il commissario ce l'hanno. Il primo infatti dichiara in Captain S.O.S. "...un vero poliziotto è un confessore al quale nessuno dirà nulla e che dovra scoprire tutto!... - oppure - Cos'è un crimine? Un atto commesso da un uomo! Quello che mi interessa è la mentalità dei criminali... E' stato commesso un crimine... io mi metto al posto di colui che l'ha compiuto... Cerco di avere gli stessi pensieri che lui ha avuto..."
Sembra in effetti per certi versi il "metodo Maigret". Anche Sancette mangia in un bistrot di place Dauphine. Abbiamo prima detto della sua sigla 107... in effetti in francese la pronuncia del numero centsept é quasi indentica a quella del suo nome. Ma anche questo è un nome ombra, quello vero è Joseph Boulines, sembra che usasse questo espediente per nascondere il fatto che era figlio di un alto funzionario.
Giovane, allegro, gioviale, Sancette, scapolo dagli occhi azzurri, è un bravo ragazzo, niente a che fare con il burbero, massiccio e a volte brusco commissario, ma tutti e due fumano la pipa (anche se allora in Francia era un'abitudine molto più diffusa di oggi). E poi non ha certo il fisique du role di un funzionario di polizia, dove era entrato a soli diciotto anni e dove, grazie al suo fiuto straordinario per la soluzione dei casi, fà un'incredibile carriera. E' il beniamino della polizia giudiziaria, chiamato spesso gamin, cioè ragazzo. Il "ragazzo" ha una convinzione: se nei primi tre giorni dell'inchiesta troverà un indizio, per piccolo che sia, poi il resto sarà un gioco da ragazzi.
Come maialla fine Maigret vinse su Sancette? Forse un certo spessore che si ritrova nel primo manca nel secondo? Probabilmente la caratterizzazione del commissario risultava più originale e marcata. Quella di Sancette, per quanto si distaccasse dai cliché del poliziesco allora in voga, non era poi così diverso... Era pur sempre un giovane, brillante, scapolo, in carriera... insomma molti suoi tratti erano in comune con tanti e tanti altri protagonisti della letteratura di genere.
Maigret invece fu una vera rottura, un decisa inversione di rotta che inoltre permise all'autore anche allargarsi più di un volta alla letteraura tout court, aldilà delle regole che allora vigevano per il polar.
Forse il commissario vinse perchè era un personaggio più vicino alla gente comune, con le sue umili origini, i suoi anni di gavetta in polizia, il suo gusto per le cose semplici?
Magari vinse perché nelle sue inchieste si presagiva la trasformazione di Simenon da scrittore a romanziere... Le vicende del commissario non costituivano forse l'anticamera di quel tipo di letteratura cui fin da giovanissimo l'autore aveva aspirato?
sabato 28 gennaio 2012
SIMENON. MAIGRET "RACCONTATO" DA PINTER E NON SOLO...

E anche la cabala ci ha messo del suo. Infatti Pintèr è nato insieme a Maigret, nel 1931, nello stesso anno in cui veniva lanciata la serie dei Maigret con il famoso Bal Anthropométrique.
Il piacere di parlare ancora una volta di questo artista ce lo fornisce l'uscita di Tutti gli Oscar di Pintér per i tipi della Little Nemo, un volume curato da Santo Alliago che comprende ben 800 copertine create dal grande illustratore per la famosa collana mondadoriana (prezzo 35 euro)
Vale ricordare che Pintér italiano, di Alassio, ma che, a nemmnon dieci anni, si trasferì in Ungheria per dei problemi di salute del padre che infatti morì di lì a qualche anno. Nel '56, durante la rivolta ungherese contro l'invasione russa, riuscì a fuggire da Budapest e a tornare in Italia dove dal 1960 iniziò a lavorare per Mondadori.
La sua inconfondibile mano non si cimentò solo su Maigret, ma i suoi quadri (scusate, ma noi quelle copertine le consideriamo dei veri e propri quadri), per gli appassionati del commissario simenoniano, costituiscono un'icona nel loro immaginario collettivo, e questo libro dà l'occasione a chi, per ragioni anagrafiche ha conosciuto solo quelli di Adelphi, di scoprire l'universo creativo di Pintér che oltretutto si attaglia perfettamente allo stile di Simenon. Anche lui riesce a creare con pochi essenziali tratti un 'atmosfera coinvolgente. La stessa capacità dello scrittore di individuare quei particolari che ci raccontano una storia. Anche lui, come l'autore, esprimendosi senza ridondanze è capace di realizzare un opera completa che non manca di nulla, ma dove non c'è una pennellata di troppo.
Tutti gli Oscar di Pintér, completa tra l'altro la triologia della Little Nemo sul grande illustratore, scomparso nemmeno quattro anni fa', aggiungendosi a Tutti i Maigret di Pintér e a Tutti gli Omnibus Gialli di Pintér formando, con i contributi di Ferenc Pintér, Antonio Pintér, Stefano Salis, Vittore Armanni e Massimo Romano, il confanetto Ferenc Pintér (al prezzo speciale fino al 3 marzo di 99 euro invece di 130).
• Chiunque volesse, potrà acquistarli on line. Cliccare qui
giovedì 26 gennaio 2012
SIMENON. MAIGRET CATALOGATO COME MOZART?
![]() |
L'eclettico Steve Trussel |
Pochi lo sapranno, ma esiste anche una catalogazione per le inchieste del commissario Maigret, romanzi e racconti. Questa è dovuta all'eclettico ed enciclopedico Steve Trussel che ha ideato un sistema in inglese che si basa però sui titoli orginali in francese. La classificazione in questo caso non ha nessun ordine cronologico. Dal titolo originale vengono estratte tre lettere, che nel titolo sono consecutive e ritenute significative e non si tratta quindi nemmeno di acronimi. Queste sigle vengono poi ordinate alfabeticamente dal 1° AMI per Mon ami Maigret del '49, fino al 103° VOY per Maigret voyage del '57.
Va sottolineato che le sigle sono in maiuscolo per i romanzi, ma variano e sono invece tutte in minuscolo per i racconti. Ad esempio la sigla del 91° Stan le tueur, racconto del '37 è sta, tutto minuscolo. Qualche altro esempio. Al numero 52 troviamo LOG, Maigret, Lognon et les gangsters, sempre romanzo del '51, al 13° posto c'è ceu che corrisponde al racconto Ceux du Grand Café del '38.
Non è proprio quella che si definisce una catalogazione intuitiva. Sembra piuttosto un codice a chiave. Il primo Maigret (almeno convenzionalmente) Pietr-le-Letton pubblicato nel '31, lo troviamo al 50° posto come LET e l'ultimo Maigret et Monsieur Charles del 1972 è 14° e siglato CHA.
Ma come in tutte le discpline, nulla è immobile e immutabile. Nulla vieta che qualcuno, chssà un italiano, elabori una nuova e diversa (speriamo meno criptica) classificazione che magari potrebbe includere tutte le opere di Simenon, compresi i romanzi e la letteratura popolare. Chi se la sente, faccia un passo avanti.
• Per chi volesse l'elenco completo (con evidenziate in rosso le lettere che formano la sigla) può cliccare qui su Catalogazione Trussel.
mercoledì 25 gennaio 2012
SIMENON NON DIVENTA AMERICANO PER IL MACCARTISMO
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Il senatore americano Joseph McCarthy |

E inoltre va anche segnalata l'esperienza del periodo del maccartismo negli Usa a cavallo degli anni '40 e '50. Simenon aveva fatto domanda di naturalizzazione da poco, proprio quando si alzava l'onda della caccia alle streghe da parte del senatore Joseph McCarthy e della sua commissione nei confronti dei comunisti americani o presunti tali.
Accuse portate senza prove o peggio con prove false. Questo colpì molto Simenon che si era fatto dell'America l'idea di un paese libero dove professioni di pensiero, religiose e politiche avessero piena cittadinanza. E invece vide amici come Hammett, finire in prigione e ridotto al lastrico dalla confisca i tutti i suoi beni. Charlie Chaplin dovette partire per l'Europa. La caccia si concentrava soprattutto sul mondo dello spettacolo e della cultura dove le simpatie per le idee della sinistra erano piuttosto diffuse. Simenon vide alcuni colleghi, amici e conoscenti, confessare reati inesistenti, accusare altri colleghi. Altri invece tennero duro a costo di non riuscire più a lavorare, nel migliore dei casi, o di finire spesso in manette.
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Simenon e la moglie Denyse nella loro casa, Shadow Rock Farm |
"... Nella primavera del '51, in pieno disgelo, mentre i nostri ruscelli si trasformavano in torrenti, un certo senatore McCarthy otteneva dal Senato la presidenza di una comissione incaricata di giudicare numerose personalità accusate di sovversione, vale a dire di attività non conformi all'interesse del Paese. Le sedute di questa commissione, eretta a tribunale, venivano integralmente trasmesse per radio e alla televisione, e ho passato giornate intere a seguirle davanti al mio apparecchio. Quel periodo è rimasto tristemente famoso sotto il nome di caccia alle streghe..."
Simenon fu colpito particolarmente dall'audizione di Oppenheimer, docente di fisica all'Università di Princeton, braccio destro di Einstein, che aveva collaborato di persona alla messa a punto della bomba atomica di Hirohsima.
"... decine di intellettuali e di artisti rinomati si succedettero davanti al collerico senatore dalla voce tonante. Quella vicenda mi appassionava e io e D, quando ci allontavamo da casa, seguivamo i processi in macchina alla radio... Avevamo già parecchi amici a Lakeville, ma di questa cosa non si parlava mai, come se ciascuno di noi avesse paura di compromettersi.... Quello che davvero mi sbalordiva era che la sua caccia alle streghe potesse aver luogo nella libera America, di cui conoscevo quasi a memoria la Costituzione e il famoso discorso di Lincoln... ce l'avevo con McCarthy e con i suoi simili perché sporcavano la "mia" America... ho rinunciato alla domanda di naturalizzazzione, che forse mi era stata ispirata dall'atmosfera particolare di Shadow Rock Farm e dei suoi dintorni...".
Erano già anni tra il '52 e il '53. A marzo del 1955 Simenon abbandona gli Stati Uniti e ritorna definitivamente in Europa.
Non si può dire che la decisione fosse maturata in seguito alla tragedia del maccartismo, ma certo anche questo ebbe la sua influenza.
lunedì 23 gennaio 2012
SIMENON SIMENON IL 500° POST
Una breve nota sul post precedente che è il cinquecentesimo da quando abbiamo iniziato qesto blog a fine novembre del 2010. Insomma un primo traguardo, simbolico certamente, ma che testimonia la ricchezza di argomenti che troviamo attorno a Simenon, ai suoi romanzi, alla sua vita e al suo inossidabile Maigret. E poi l'attualità che riguarda le uscite dei suoi libri, le manifestazioni a lui dedicate, anniversari e quant'altro, non fanno che aumentare la mole di argomenti da trattare.
Simenon Simenon si è dato anche l'obbiettivo di far conoscere meglio il romanziere, l'uomo, per riuscire a stabilire un nesso sempre più stretto tra l'autore e le sue opere. Questo soprattutto per capire meglio i suoi romanzi, conoscere i retroscena e le motivazioni delle sue scelte letterarie nonché la genesi di un personaggio come Maigret.
Grazie anche a tutti quelli che ci hanno seguito, sempre più numerosi nelle loro visite, e che ci hanno dato il sostegno per continuare ed arrivare a questo cinquecentesimo post.
Simenon Simenon si è dato anche l'obbiettivo di far conoscere meglio il romanziere, l'uomo, per riuscire a stabilire un nesso sempre più stretto tra l'autore e le sue opere. Questo soprattutto per capire meglio i suoi romanzi, conoscere i retroscena e le motivazioni delle sue scelte letterarie nonché la genesi di un personaggio come Maigret.
Grazie anche a tutti quelli che ci hanno seguito, sempre più numerosi nelle loro visite, e che ci hanno dato il sostegno per continuare ed arrivare a questo cinquecentesimo post.
SIMENON. IL ROMANZO, IL NOIR, LA STORIA....
Un corposo articolo a firma di Giuseppe Genna è comparso ieri sulle pagine dell'inserto La Lettura del Corriere della Sera, titolato Il romanzo oltre la storia, ovvero Svolte. Una nuova rappresentazione del reale (crisi compresa) per superare i canoni del noir.
In qualche modo si torna a dibattere dunque sul tema della letteratura noir. Ce ne occupiamo perché più volte Simenon è stato tirato per i capelli, ma non sempre a torto, nel recinto del noir e poi perché quella del noir-non noir è una discussione su cui sono rimasto a lungo coinvolto.
Genna parte da un'analisi sia sul ruolo della Storia nel romanzo, anche quello noir, citando quello che definisce "maestro del genere nero", James Ellroy. Riporta l'incipit infatti dell'ultimo volume della triologia della storia sotterranea americana, come la definisce lo stesso Ellroy, Il sangue é randagio. Poi passa in rassegna i nomi italiani del giallo (noir, crime fiction o thriller che sia) partendo da De Cataldo, Carofiglio, fino a Lucarelli, che, a suo avviso, avrebbero dei "debiti stilistici nei confronti di Ellroy.
Qui la nostra prima osservazione. La capacità di intrecciare la storia, con personaggi realmente esistiti, con la fiction romanzesca (magari realistica) e con le proprie ossessioni è un cifra stilistica dello scrittore americano così originale che non ci pare che, anche fatti i dovuti distinguo, si possa in qualche modo riprorre per i succitati scrittori italiani. E' la base, direi culturale, di un paese come l'America che genera scrittori come Ellroy. Sappiamo quanto la nostra narrativa si porti sulle spalle un fardello (o si giovi di invidiabile substrato) di esperienze culturali e letterarie stratificate che partono dalla letteratura latina e transitano per Dante, Manzoni, Leopardi, tanto per buttare lì qualche nome in modo casuale. E questo, a mio avviso, è al tempo stesso un background che arricchisce, ma che condiziona chiunque si metta a scrivere.
Gli americani non hanno questa fortuna. Ma d'altra parte godono di una sorta di "memoria corta" che somiglia molto ad una tabula rasa che non comporta condizionamenti e lascia più libero il narratore da riverenze anche inconsce. Questo, a nostro avviso, fà la differenza. C'è una leggerezza e una naturalezza con cui si pongono davanti alla storia, con una capacità di critica a volte violenta (ed Ellroy ne é un esempio lampante) con cui taluni scrittori affrontaano le istituzioni, la società, la mentalità dominante. Questo non è certo applicabile a tutta la letteratura made in Usa e tanto meno è garanzia di buona letteratura, ma si tratta di un fatto che va considerato.
"Il trhiller seriale non incanta più" scrive Genna. su questo siamo d'accordo. Alcuni (troppi?) scrittori sono entrati in quella macchina industriale editoriale che li trasforma in ingranaggi. Vogliamo fare un esempio concreto? John Grisham e Scott Turow, quasi coetanei, entrambi avvocati "prestati" al mystery, come dicono negli Usa, iniziano a scrivere entrambe nel 1987, i romanzi di tutti e due sono diventati anche film di successo, ma... Ma Grisham dal '87 al 2010 ha scritto venticinque romanzi. Turow nello stesso periodo una decina. Questo vuol dire che il primo ha scritto almeno un romanzo all'anno, il secondo ha pubblicato un romanzo ogni due anni mezzo circa. Questione di ispirazione? Ricchezza creativa e velocità di scrittura? Certo, ognuno ha i suoi tempi. Ma uno scrittore che ogni anno presenta regolarmente la sua nuova opera, ci fa pensare più alle esigenze di una programmazione editoriale che non ad una genuina impellenza di creare.
Non possono mica essere tutti dei Simenon, che tra Maigret e romanzi arrivava a scrivere mediamente quattro titoli all'anno! Ci si scusi l'osservazione partigiana. Ma il dubbio rimane. Certo anche Simenon è stato a lungo tacciato di essere uno scrittore dai ritmi industriali (era soprannominato addirittura il Citroen della letteratura), e anche dai romanzi di Simenon sono stati tratti dei film (una sessantina).
Quello che intendevo dire è che molti scrittori di oggi sembrano ormai troppo funzionali alla grande industria dell'entertainment dove lo show business miscela letteratura, cinematografia, televisione, videogame, web applications. E gli scrittori vengano spremuti in nome del successo, delle vendite, del profitto. Questo negli Usa è ormai consuetudine e se il mystery o il noir non tirano più vanno contaminati con quel tanto di fantasy, horror o di sci-fi a seconda delle tendenze e delle mode del momento. E alla fine certa produzione letteraria finisce per seguire gli stessi criteri dei film o dei serial televisivi... Ecco che allora quando Genna si chiede "..il thriller seriale non incanta più, le classifiche languono per autori come Grisha e Cornwell..." non fa che confermare l'avvicendamento veloce che lo show business di cui parlavamo prima impone, che accomuna tanto i serial televisivi quanto gli scrittori che non tirano più.
Quello che ci risulta più difficile è cogliere quella linea di continuità che Genna vede tra il fantasy-horror di certo Stephen King e il crime novel di Ellroy, facendo un parallelo tra il nostrano Camilleri nella sua versione di scrittore "storico" e in quella di autore del famoso Montalbano. Insomma tra quello che Genna definisce genere storico e quello identificato come nero ci sarebbe un'indossolubilità per confermare la quale chiama in causa il Theodor W. Adorno della famosa scuola di Francoforte.... continua qui >>>
In qualche modo si torna a dibattere dunque sul tema della letteratura noir. Ce ne occupiamo perché più volte Simenon è stato tirato per i capelli, ma non sempre a torto, nel recinto del noir e poi perché quella del noir-non noir è una discussione su cui sono rimasto a lungo coinvolto.
Genna parte da un'analisi sia sul ruolo della Storia nel romanzo, anche quello noir, citando quello che definisce "maestro del genere nero", James Ellroy. Riporta l'incipit infatti dell'ultimo volume della triologia della storia sotterranea americana, come la definisce lo stesso Ellroy, Il sangue é randagio. Poi passa in rassegna i nomi italiani del giallo (noir, crime fiction o thriller che sia) partendo da De Cataldo, Carofiglio, fino a Lucarelli, che, a suo avviso, avrebbero dei "debiti stilistici nei confronti di Ellroy.
Qui la nostra prima osservazione. La capacità di intrecciare la storia, con personaggi realmente esistiti, con la fiction romanzesca (magari realistica) e con le proprie ossessioni è un cifra stilistica dello scrittore americano così originale che non ci pare che, anche fatti i dovuti distinguo, si possa in qualche modo riprorre per i succitati scrittori italiani. E' la base, direi culturale, di un paese come l'America che genera scrittori come Ellroy. Sappiamo quanto la nostra narrativa si porti sulle spalle un fardello (o si giovi di invidiabile substrato) di esperienze culturali e letterarie stratificate che partono dalla letteratura latina e transitano per Dante, Manzoni, Leopardi, tanto per buttare lì qualche nome in modo casuale. E questo, a mio avviso, è al tempo stesso un background che arricchisce, ma che condiziona chiunque si metta a scrivere.
Gli americani non hanno questa fortuna. Ma d'altra parte godono di una sorta di "memoria corta" che somiglia molto ad una tabula rasa che non comporta condizionamenti e lascia più libero il narratore da riverenze anche inconsce. Questo, a nostro avviso, fà la differenza. C'è una leggerezza e una naturalezza con cui si pongono davanti alla storia, con una capacità di critica a volte violenta (ed Ellroy ne é un esempio lampante) con cui taluni scrittori affrontaano le istituzioni, la società, la mentalità dominante. Questo non è certo applicabile a tutta la letteratura made in Usa e tanto meno è garanzia di buona letteratura, ma si tratta di un fatto che va considerato.
"Il trhiller seriale non incanta più" scrive Genna. su questo siamo d'accordo. Alcuni (troppi?) scrittori sono entrati in quella macchina industriale editoriale che li trasforma in ingranaggi. Vogliamo fare un esempio concreto? John Grisham e Scott Turow, quasi coetanei, entrambi avvocati "prestati" al mystery, come dicono negli Usa, iniziano a scrivere entrambe nel 1987, i romanzi di tutti e due sono diventati anche film di successo, ma... Ma Grisham dal '87 al 2010 ha scritto venticinque romanzi. Turow nello stesso periodo una decina. Questo vuol dire che il primo ha scritto almeno un romanzo all'anno, il secondo ha pubblicato un romanzo ogni due anni mezzo circa. Questione di ispirazione? Ricchezza creativa e velocità di scrittura? Certo, ognuno ha i suoi tempi. Ma uno scrittore che ogni anno presenta regolarmente la sua nuova opera, ci fa pensare più alle esigenze di una programmazione editoriale che non ad una genuina impellenza di creare.
Non possono mica essere tutti dei Simenon, che tra Maigret e romanzi arrivava a scrivere mediamente quattro titoli all'anno! Ci si scusi l'osservazione partigiana. Ma il dubbio rimane. Certo anche Simenon è stato a lungo tacciato di essere uno scrittore dai ritmi industriali (era soprannominato addirittura il Citroen della letteratura), e anche dai romanzi di Simenon sono stati tratti dei film (una sessantina).
Quello che intendevo dire è che molti scrittori di oggi sembrano ormai troppo funzionali alla grande industria dell'entertainment dove lo show business miscela letteratura, cinematografia, televisione, videogame, web applications. E gli scrittori vengano spremuti in nome del successo, delle vendite, del profitto. Questo negli Usa è ormai consuetudine e se il mystery o il noir non tirano più vanno contaminati con quel tanto di fantasy, horror o di sci-fi a seconda delle tendenze e delle mode del momento. E alla fine certa produzione letteraria finisce per seguire gli stessi criteri dei film o dei serial televisivi... Ecco che allora quando Genna si chiede "..il thriller seriale non incanta più, le classifiche languono per autori come Grisha e Cornwell..." non fa che confermare l'avvicendamento veloce che lo show business di cui parlavamo prima impone, che accomuna tanto i serial televisivi quanto gli scrittori che non tirano più.
Quello che ci risulta più difficile è cogliere quella linea di continuità che Genna vede tra il fantasy-horror di certo Stephen King e il crime novel di Ellroy, facendo un parallelo tra il nostrano Camilleri nella sua versione di scrittore "storico" e in quella di autore del famoso Montalbano. Insomma tra quello che Genna definisce genere storico e quello identificato come nero ci sarebbe un'indossolubilità per confermare la quale chiama in causa il Theodor W. Adorno della famosa scuola di Francoforte.... continua qui >>>
domenica 22 gennaio 2012
SIMENON. DA DOMANI MAIGRET INDAGA ANCHE DAGLI EBOOK
Come già vi avevamo preannunciato nel nostro post del 17 gennaio, sono in arrivo nell'edicola elettronica, dopo i romanzi, anche i Maigret. Per la precisione da domani le inchieste del commissario si svolgerano anche nell'intagibile mondo del digitale. L'Adelphi ha infatti programmato l'intera serie con uscite che raggruppano cinque romanzi. In questa versione ebook i titoli seguiranno un ordine cronologico e quindi domani potrete iniziaare a scaricarli su vostro pc, o sul tablet o sull'ereader (compratene uno per leggere gli ebook, è l'unico strumento davvero ad hoc per la lettura). Domani quindi Pietro il Léttone, convenzionalmente considerato il primo Maigret, sarà gratis per il lancio insieme agli altri quattro L'impiccato di
Saint-Pholien, La ballerina del Gai-Moulin, Il defunto
signor Gallet, Il porto delle nebbie, che invece costeranno ognuno 1,99 euro (anche sul trading-on-line non si rinuncia ai prezzi-richiamo da bancarella. Così 1,99 anche qui funziona meglio di 2,00. Questo centesimo in meno fà davvero miracoli, commercialmente parlando?). Poi la cadenza sarà quella mensile ad un prezzo di 4,99 euro a titolo. Siamo al limite con i prezzi della Bibiloteca Minima Adelphi (ad esempio La pazza di Itteville a 5,50 euro). Comunque lo sbarco sul digitale dell'opera completa è una bella notizia per gli appassionati, ma anche un'occasione per certi target, quello giovanile e quello tecnologicamente evoluto, che magari non conoscono Simenon.
L'appuntamento è per il quarto lunedì del mese, una scelta un po' inconsueta dettata da motivi che alla casa editrice non hanno esplicitato. Certo il primo del mese sarebbe stato più facile da ricordare, ma ad appassionati e collezionisti questo piccolo sforzo non costerà granchè.
L'appuntamento è per il quarto lunedì del mese, una scelta un po' inconsueta dettata da motivi che alla casa editrice non hanno esplicitato. Certo il primo del mese sarebbe stato più facile da ricordare, ma ad appassionati e collezionisti questo piccolo sforzo non costerà granchè.
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