venerdì 14 gennaio 2011

E SIMENON MANGIA GRAZIE ALLA LETTERATURA... ALIMENTARE

Nel 1928 scriveva Simenon sulla rivista popolare Le Merle Blanc, "...Per ora, questo è un mese tranquillo, poco impegnato, infatti ho promesso soltanto sette romanzi e ventitre racconti...". Sì, avete letto bene sette romanzi e ventitre racconti. Siamo nell'epoca più frenetica della produzione simenoniana, quella appunto dei racconti e dei romanzi popolari, per scrivevere i quali era capace anche di tenere un ritmo di lavoro di undici ore al giorno. I suo editori si chiamavano allora Fayard, Ferenczi, Prima, Tallandier, Rouff, Margot.. A quel punto erano già due o tre anni che l'Uisine Simenon lavoravava a tutto vapore. Il termine Usine (Officina) non è casuale, infatti, com'è noto, il suo ritmo di produzione letteraria era così alto che tanto da ispirare una vignetta a Ralph Soupault (famoso disegnatore dell'epoca) che lo ritraeva sulla sua barca, L'Ostrogoth, mentre era alla macchina per scrivere e sfornava fogli che passava ad un fattorino, il quale li passava  ad un altro che era a terra e così, di mano in mano, arrivavano alla tipografia che era raffigurata sullo sfondo. Da questa poi uscivano dei carrelli pieni di copie di libri, evidentemente dello stesso Simenon. E il commento sottostante recitava, "Georges Simenon, le Citroen de la Litterérature".
Qualche numero? Nel 1928 pubblica ben 44 romanzi, sono soprattutto romanzi sentimentali (22), ma anche romanzi d'avventura (14) anche se non potevano mancare i racconti allora cosiddetti "galanti" (8), cioè un po' maliziosi, sottilmente erotici. Negli anni precedenti niente del genere, ma non era certo stato con le mani in mano: diciassette pubblicazioni nel '25, diciotto nel '26 e "solo" dodici nel '27. Ma dopo il 1928 il ritmo torna a crescere, con 35 uscite nel 1929, ancora tanti romanzi sentimentali (19) ma anche d'avventura (14) e per finire 2 raccolte di racconti galanti.
La produzione del 1930 è ancora in media, ma già si vedono le conseguenze del lavoro di preparazione che Simenon sta facendo per Maigret, che sarà lanciato l'anno seguente. Nel '30 sono comunque 25 le pubblicazioni, come al solito la maggior parte sentimentali (16) e a seguire quelle avventurose (9). Nel '31 ulteriore calo si arriva a 13 pubblicazioni, ma quello che interessa Simenon ormai sono le inchieste del commissario Maigret, che per lui costituiscono il salto da quella letteratura popolare e che gli era servita per far gavetta, ma soprattutto per sopravvivere, a quella semi-alimentare che invece si avvicinava di più alla letteratura da romanzo che Simenon considerava il suo traguardo.
Andiamo a renderci conto del ritmo che Simenon doveva tenere per garantire ai suoi editori una tale quantità. Tre giorni per scrivere un romanzo di 10.000 linee (allora in Francia si contava così e non a "battute" come si fà oggi o, come succedeva per Hemingway, che nel suo periodo d'oro percepiva un dollaro a parola). Ma torniamo ai ritmi di Simenon. Un romanzo di 20.000 linee in una settimana. Per un paio di dozzine di racconti non gli occorreva più di tre /quattro giorni. Gli editori erano serviti e Simenon rispettava sempre i tempi di consegna.

SIMENON, QUALITA' O QUANTITA'

Abbiamo spesso scritto  di quante alte siano state le vendite dei titoli di Simenon in tutto il mondo.  Però se andiamo a esaminare il periodo che va dalla metà degli anni '30  alla metà dei '40, vedremo le cose sotto un'altra prospettiva. Sono gli anni dell'esordio in Gallimard per cui Simenon ha iniziato a scrivere i romans-durs, ma i risultati delle vendite non sono poi così esaltanti. Ad esempio nel '34 il trentatrenne autore belga del suo Le Locatire vende, secondo i resoconti della Gallimard, poco più di 25.500 copie. Ma poi si scende. Nello stesso anno Les Suicidés non arriva a 21.000 copie. Nel '35 Les Pitards dimezza quasi le vendite con neanche 11.000 di venduto. E su questo livello troviamo  Le Bourgmastre de Furnes con poco più di 12.200 copie e nel '41 e Le Voyager de la Touissant con neanche 11.500 copie. Nel '38 la sua raccolta di racconti (che ad onor del vero non era il suo pane... e a nostro avviso non può far testo) vende appena 3800 copie.  Gallimard commenta:"E' chiaro, l'abbandono da parte vostra del genere poliziesco ha diminuito la vendita dei vostri libri, questo era prevedibile...". Ma il patron sa di avere un puledro di razza, per altro assai prolifico, e non ha nessuna voglia di farselo scappare. Anche perché la critica era in magioranza schierata con Simenon. La qualità c'era e non si poteva discutere. Però di fronte al mancato guadagno un editore pur sensibile, ma pur sempre un uomo d'affari come Gallimard, alla fine perde le staffe e lo scontro con Simenon è inevitabile. Lo scrittore gli rimprovera di non spendere nella promomozione per i libri. L'editore risponde secco con le cifre. Fino a quel momento (1938) rivendicava di aver versato anticipi a Simenon per 500.000 franchi e di averne spesi altri 400.000 per i costi di produzione e di organizzazione. Insomma quasi un milione di franchi: una cifra troppo elevata anche per un editore come Gallimard, per non tenerne conto.
Dopo la guerra però le cose iniziano a cambiare. Simenon (1947) ha lasciato Gallimard per Presse de la Cité di Sven Nielsen e le vendite prendono respiro, non per tutti i titoli, ma alcuni iniziano a fare numeri più consistenti e soprattutto nel tempo, perchè il pregio dei romanzi di Simenon e che sono dei long-seller che si vendevano negli anni '30 e si vendono ancora oggi 2011. Questo lo aveva capito Nielsen. E infatti al dicembre del 1962 i numeri erano diversi. Trois chambres a Manhattan (1947) aveva fato 45.000 copie, Les Volets Verds (1950)  41.000 questi gli alti, ma ci sono anche i bassi Pedigree (1948) 18.000, Une vie comme neuve (1951) 10.000 copie. E Maigret lo salva sempre. Con lui i numeri schizzano in alto, se consideriamo le inchieste del commissario: Une pipe de Maigret 77.000 copie, Maigret et l'inspecteur Malgracieux 88.000, Maigret à New York 92.000 copie. E gli anni che passano gli danno ragione. E anche la stampa. Un quotidiano canadese  nel 1949, in un rubrica intitolate "Pronostici per l'anno 2000" indicava Simenon tra gli scrittori che sarebbero arrivati a quella data vendendo ancora i loro libri. E così è stato.

SIMENON E I SOLDI


Nonostante le sue inclinazioni politiche decisamente conservatrici, la  contrarietà al sistema capitalistico di Simenon non può essere messa in dubbio. Basterebbe quello che ha scritto in Quand j'étais vieux (1961): " Il capitalismo mi fa orrore. Mi sembra così odioso che il denaro porti altro denaro. E questo è tutto". Così nero su bianco. E il tono della frase non lascia spazio ad interpretazioni.D'altronde anche se non in modo così netto e preciso, Simenon aveva sempre parlato del denaro come un tema forte nelle sue storie, ma dandone una definizione a dir poco singolare. Il denaro? Nient'altro che dell'uomo in scatola. Con questo intendeva dire che i soldi rappresentano ore di lavoro, giorni, settimane, insomma è il corrispondente di un periodo di vita, lungo o breve che sia, che l'uomo impiega nell'occupazione che alla fine si tramuterà in moneta sonante. Ecco in quelle monete, secondo Simenon, c'è un pezzo dell'esistenza di un uomo. E quindi chiuderle in una banca o in una cassaforte é come imprigionare un periodo della propria vita e questo Simenon non lo concepiva, arrivando a sostenere che in alcuni casi gli era capitato di spendere soldi per ritrovarsi a secco ed essere in qualche modo obbligato a mettersi al lavoro e sentirsi così vivo e libero.
Simenon non ha mai negato beninteso il piacere di possedere soldi e di spenderli, in certi periodi anche senza  sapere quanti ne spendesse. Ma, come teneva a puntalizzare, erano i proventi del suo lavoro, a volte forsennato, e, aggiungiamo noi del suo talento. D'altronde le sue condizioni di partenza erano state difficili. In casa dei suoi genitori i pochi soldi si contavano e si ricontavano e quindi lui conosceva bene il valore del denaro. Quello che non gli interessava era far denaro con il denaro, anzi i giochi in borsa, le speculazioni erano cose che stigmatizzava senza mezzi termini. Lui piuttosto spendeva, comprava case, castelli, faceva costruire ville hollywoodiane (vedi Epalinges), ma poi alla fine rivendeva tutto e con i soldi che ci aveva speso per migliorie e ristrutturazioni, il saldo era sempre negativo. Andava fiero del fatto che la sua ricchezza provenisse solo dalla scrittura. E quando era ormai vecchio si era trasferito in una piccola casa ad un piano con un piccolo giardino (avenue des Figuiers 12 *), dopo aver vissuto quasi un anno e mezzo in un appartamento all'ottavo piano di un grande condominio. A tale proposito in un'intervista del 1981 dichiarò "In fondo sono tornato alle mie origini davvero modeste e ne sono molto contento". Certo non era proprio così. Quando Simenon era diciassettenne e il padre non poteva più lavorare per un problema al cuore, l'unico provento era quello che proveniva dall'affitto ai giovani studenti stranieri che arrivavano a Liegi per frequentare l'università, insomma la situazione era un po' diversa. Ma è anche vero che negli ultimi anni lo scrittore condusse una vita molto ritirata e con un tenore di vita estremamente parco. Lui d'altronde si considerava un artigiano. Pierre Assouline in un suo libro riporta un'intervista con C.Collins del 1956 " dove Simenon affermava "...Ho bisogno di lavorare con le mie mani. Mi piacerebbe scolpire un mio romanzo in un blocco di legno". E in quegli anni in cui non scriveva più, come un artigiano che aveva lavorato duramente tutta la vita, Simenon si riposava.
* Chi vuole può vedere l'ultima casa di Simenon su Gogle Maps all'indirizzo <span class="fbUnderline">http://maps.google.it/maps?f=q&source=s_q&hl=it&geocode&q=Avenue+des+Figuiers+12%2C+Lausanne%2C+Suisse&sll=43.715535%2C1.345825&sspn=1.949368%2C5.125122&ie=UTF8&hq&hnear=Avenue+des+Figuiers+12%2C+1007+Lausanne%2C+Vaud%2C+Svizzera&ll=46.517857%2C6.608169&spn=0.00725%2C0.02002&z=16&iwloc=A</span>

lunedì 10 gennaio 2011

GEORGES SIMENON EDITORE ? SI', MA DELL'J.B. MAGAZINE...

Che Simenon fosse ben a conoscenza dei meccanismi editoriali si sa. Che avesse esperienza anche della stampa quotidiana e che avesse lavorato (e imparato) da editori che non andavano troppo per il sottilecome Eugene Merle fa parte della storia dei suoi inizi. Ma che Simenon volesse diventare editore... beh, questo è un po' meno risaputo.  Ovviamente fare l'editore costa e se non c'è una motivazione finanziaria consistente l'interesse va cercato da qualche altra parte. Nel caso di Simenon dobbiamo guardare al 1927, quando il giovin scrittore viveva la sua infuocata storia d'amore con Josephine Baker. E sulle ali dell'innamoramento più cieco si era tuffato nella progettazione del Josephine Baker's Magazine. Una rivista mondana che doveva sfruttare l'enorme popolarità che la vedette afro-americana viveva in quel momento a Parigi. La M di magazine  seccondo lo scrittore significava mensile, mondano, moderno, e mondiale. Le intenzioni volavano alto. Josephine era del tutto d'accordo. Il creativo che venne chamato per l'immagine e l'impaginazione della rivista era il talentuoso Paul Colin. Intanto Simenon è un ribollire d'idee, le firme sono assicurate anche grazie alla popolarità di lei. Oltre alla stessa Baker, l'altro finanziatore è il suo manager, Pepito Abatino, più tardi suo marito.La redazione è in Pace des Vosges, 21 (l'abitazione dello scrittore) e il direttore era... Georges Simenon.
Insomma è lui che pensa a quasi tutto e ormai è tutto pronto? Sì, ma all'amore non si comanda, nemmeno qundo questo finisce. Infatti proprio alla vigilia dell'uscita del magazine, Simenon prende la decisione di lasciare la Baker e così tutto rimane allo stato di progetto. In realtà al Fondo Simenon presso l'Università di Liegi sono conservati due pre-impaginati ultimi superstiti di un amore che era arrivato anche all'editoria...
Noi per dare un'idea di come il creativo-ilustratore  Paul Colin vedeva la Baker e quale potesse essere il look del magazine vi forniamo una sintetica galleria di affiche e disegni sulla star.

domenica 9 gennaio 2011

SIMENON, PAURA DI MORIRE O FIUTO PER LA COMUNICAZIONE?

Siamo nel giugno del 1940. Simenon con tutta la famiglia si trova nella fattoria di Pont Neuf, nella foresta di Mervent-Vouvant al centro della Francia, in un zona boscosa e scarsamente popolata, insomma una zona fuori mano, adatta a non farsi notare nell'anno in cui la Francia capitola, firma l'armistizio e quando si insedia il governo di Vichy capeggiato da Pétain. Simenon giocando con il figlio Marc nel bosco subisce un forte trauma al petto e quindi decide di fare una visita di controllo.Il medico che gli effettua la radiografia,sentenzia che Simenon è affetto da una patologia cardiaca che gli darà circa due anni di vita. Questo medico di Fontenay-Le-Comte gli ordina di smetterla con l'alcol, il tabacco, la scrittura, gli vieta di fare l'amore... Insomma la morte civile, per un iperattivo come Simenon non ancora quarantenne. il pensiero va subito al padre, ammalatosi a poco più di quarant'anni e morto a quarantaquattro.  Simenon decide di scrivere l'autobiografico Je me souviens. L'intento ufficiale è quello di lasciare quacosa di sè al proprio figlio, ma in realtà è per lui una sorta di bilancio, con la fine che vede appropinquarsi inesorabilmente. Si tratta di una resa "Mi è stato ordinato di evitare qualsiasi sforzo. Io non ho protestato mai - rivendicava Simenon - Come disobbedire al destino?".
E invece tre anni dopo, facendosi visitare dal migliore radiologo di Parigi, come racconta il romanziere in Mémories intimes, viene a sapere che non solo il suo cuore è perfettamente normale, ma anche che il medico di Fontanay-Le-Comte era un gran buffone.
Insomma anni di attesa della morte... Mah, qualcuno non ne è proprio convinto. Anzi è portato a credere che in realtà le cose siano andate in modo diverso e che lo scrittore molto attento anche alla comunicazione in senso lato, abbia sfruttato abilmente l'occasione. Infatti il solito Pierre Assouline, ben informato e sempre alla ricerca di conferme o di smentite ci presenta il fatto sotto un altro aspetto. Tra le due viste passarono in realtà due settimane e non due anni. Ha raccolto la testimonianza di Tigy, allora sua moglie, ma anche quella di Boule. Disse infatti la sua femme de chambre "Dopo quindici giorni aveva ripreso la sua vita normale..." . Insomma ancora un volta Simenon sfrutta tutti gli avvenimenti della sua vita per volgerli in una continua comunicazione sulla sua persona, sulle sue opere, come vedremo farlo per il lancio di Maigret o per la disastrosa fine del suo secondo matrimonio. Simenon sapeva manovrare le leve della comunicazione che riguardava la propria vita, anche quella più privata. Aveva intuito prima di tanti altri l'importanza della propria immagine, non tanto per la promozione del libro, ma per la costruzione della figura dell'autore e della sua visibilità.

sabato 8 gennaio 2011

UNA TORTA DI RISO PER ADDOLCIRE IL WEEKEND

Maigret buongustaio, viene assecondato dal suo creatore che quasi in ogni inchiesta gli crea un angolino di pace dove il commissario può godersi un po' di paradiso gastronomico. Oggi prendiamo in considerazione Una confidenza di Maigret (1959) dove il commissario e M.me Maigret sono invitati a cena dai loro amici, i coniugi Pardon. Durante la cena il padron di casa, di professione medico, deve assentarsi, nonostante gli ospiti, perchè raggiunto da una chiamata d'urgenza. Questo dà il destro a Maigret, anche lui obbligato dal suo lavoro a lasciare cene a metà, per ricordare una delle sue inchieste più controverse. Ma il primo capitolo di questa inchiesta Simenon la dedica proprio al momento del dessert."... La cameriera aveva posato la torta di riso in mezzo alla tavola rotonda e Maigret era costretto a fare uno sforzo per assumere un'aria sopresa e nello stesso tempo beata, mentre M.me Pardon, arrossendo, gli lanciava una occhiata maliziosa. Era la quarta torta di riso dai quattro anni in cui i Maigret avevano preso l'abitudine di cenare una volta al mese dai Pardon, e questi ultimi quindici giorni dopo, si recavano in Boulevard  Richard-Lenoir, dove M.me Maigret faceva gli onori di casa. Il quinto o il sesto mese M.me Pardon aveva servito una torta di riso. Maigret ne aveva preso due volte, dicendo che gli ricordava la sua infanzia  e da quant'anni non ne aveva mangiata di così buona..."
Bene, questa torta di riso occupa un posto importante nell'immaginario gastronomico di Maigret (e forse anche di Simenon?) tanto che il famoso cuoco francese, Robert  J. Courtine nel suo libro di ricette, scelte tra i piatti che Simenon descrive nelle inchieste di Maigret, (Le cahier de recettes de madame Maigret - 1974),
nella sezione dessert non può mancare di descrivere la ricetta di questo dolce di di riso alla normanna.
Riportimo quindi integralmente la ricetta come la fornisce Courtine:
• Far bollire un litro di latte con una stecca di vaniglia ed un pizzico di sale
• Versarvi dentro a pioggia, 120 gr. di riso, mescolandolo con una spatola. Quando il latte ricomincia a bollire, porre sul recipiente un coperchio e mettere in forno a calore moderato (80°) per 35 minuti. Estrarre poi dal riso la stecca di vaniglia.
• Togliere il recipiente dal forno e far intiepidire la preparazione. Addolcire con 60 gr. di zucchero. Aggiungervi quindi 4 tuorli d'uovo, ben stemperati in una scodella con un po' di latte bollito e 25 gr. di burro a pezzetti. Mescolare con la forchetta senza rompere i grani di riso.
• Pulire 5 belle mele ranette. Tagliarle a spicchi. Eliminare i semi e farle cuocere dolcemente nel burro in una padella per fritti. Durante la cottura spolverizzarle  con un po' di zucchero vanigliato e la scorza grattuggiata di un limone.
• Schiacciare la metà degli spicchi di mela con una forchetta. Legarli con un po' di panna liquida bollita e unire il tutto al riso, rimescolandolo con cura.
• Versare il riso in uno stampo cosparso di caramello. Disporvi sul fondo i pezzettini rimanenti delle mele. Versarvi sopra il riso, lasciando nello stampo almeno 3 cm di altezza.
• Mettere al forno con calore moderato (180°) per 40 minuti, proteggendo la superficie con un foglio di carta pergamenata e imburrata.
• Lasciar intiepidire il dolce prima di rovesciarlo su un piatto di servizio.

Questa la ricetta del dolce, ma concludiamo con la nota di Courtine che correda tutte le ricette e nella quale consiglia il tipo di bevanda che Maigret avrebbe preferito abbinare a quel piatto.
"Accompagnare questo piatto con una crema o uno sciroppo. Uno sciroppo di ribes o di lamponi freschi, messo in rilievo da una cucchiata o due di calavdos, risulta eccellente. Con il dolce di riso alla normanna, Maigret beve del Saint Péray." (vino bianco frizzante della denominazione d'origine di Côtes du Rhône, prodotto secondo il metodo champenois)
Buon appetito...

venerdì 7 gennaio 2011

LA GUERRA DEI SIMENON

Dalla seconda metà degli anni '50 il loro menage non procedeva certo nel migliore dei modi. Ma negli ultimi tempi tra Denyse e Georges la situazione era divenuta assai tesa. Le crisi depressive e la dipendenza dall'alcol di lei avevano più volte acceso la miccia di scenate memorabili, cui seguiva non di rado il suo ricovero in case di cura o centri di riabilitazione (già nel 1962). Denyse già aveva dato segnali di un certo malessere psichico... non solo per l'alcol, ma anche l'interruzione della maternità nel '55, per un marcato complesso di inferiorità nei confronti del marito, soprattutto in occasioni mondane, per una crescente esigenza di egocentrismo: per esempio dal '56 al '62 gli addetti al suo servizio passarono  da sei ad undici. Tornati in Europa e stabilitisi in Svizzera, l'organizzazione della vita, anche professionale, di Simenon era ormai mutata  e l'apporto, alcune volte fondamentale, che Denyse aveva fornito al marito negli anni americani, adesso non era più necessario. Soprattutto perché la tendenza all'invadenza rendeva la sua presenza addirittura ingombrante e non sempre positiva per il lavoro di Georges. Queste manifestazioni rafforzavano la convinzione di Simenon che la sua amata Denyse fosse affetta da qualche seria turba mentale, cosa che poi gli fu confermata dai consulti con psichiatri e analisti. Si era ormai del tutto dissolto quel melange di classe e magnetismo che l'aveva sedotto a New York, fin dal loro primo incontro.Oramai nel 1964, in quell'enorme villa ne pressi di Losanna, Simenon non sentiva più nessuna attrazione, anche se in qualche modo tentava di difenderla da lei stessa. Ma ben presto capì che era un tentativo di difendere non più la sua compagna, ma la madre dei suoi figli.  Un ultimo litigio e poi la partenza definitiva da casa Simenon destinanzione un clinica di lusso. E così alla fine anche lui si rassegnò al suo nuovo stato, nella convinzione almeno di aver salvato i figli dalla propria madre. Ma la guerra tra Denyse e Georges non era finita. Pur lontani, continuarono. Simenon aveva trasposto la fine della loro storia in Lettre à mon Juge. Lei rispose una decina di anni più tardi con Un oiseau pour le chat che certo non era tenero con il romanziere. Polemiche finiti sui media, vari botta e risposta tra i due resi pubblici, anche perché Simenon era così famoso, che qualsiasi cosa lo riguardasse faceva notizia e specialmente i settimanali sfruttavano tutto fino al'ultimo. E ancora denuncia dei liniti e degli errori di Denyse Simnon li inserisce in Mémoires intimes (1981), cui Denyse risponderà con una'zione legale e con un romanzo firmato con uno pseudonimo, Odile Dessane intitolato  Le phallus d'or (sottotitolo Ritratto intimo di un uomo celebre - 1981). Certo Simenon nelle Mémoires intimes aveva violato la privacy di Denyse, raccontando fatti e riportando scritti che potevano violare la privacy ed essere lesivi dell'onorabiltà di madame Ouimet. Ci fu così anche una battaglia legale che Simenon vinse, perchè il libro non fu ritirato dalle vendite, ma che perse perchè dovette censurare su ogni copia alcune righe che riguardavano uno scabroso argomento.
Ecco le righe incriminate di Mémoires intimes.
"Questo segreto che tanto mi ha tormentato, non voglio scoprirlo con le mie parole. Preferisco riportare qualche frase che tu hai voluto utilizzare in una cassetta registrata, secondo la tua agenda (Simenon si sta rivolgendo a Marie-Jo, la sua figlia suicida), nel marzo del 1978. Riporto qui il testo esatto, ma come poter rendere il tono spezzato della tua voce? Si tratta di una scena che ha avuto luogo a Villars, quando ad undici anni tu ti ritrovasti sola con tua madre.
Tu mi hai sempre detto, (é Marie-Jo che si rivolge alla madre) quando avevo undici anni, che io non ne sarei stata mai più capace, io non sarei stata più capace nella mia vita di essere una vera femmina davanti ad un uomo perché avrei avuto in mente sempre un'immagine, la vista del tuo sesso aperto, davanti a me, proprio davanti ai miei occhi l'immagine delle tue dita che cercano il piacere e la tua tazza di tè lì di fianco, accanto al letto, e io che ti guardavo guardarmi durante tutto il tempo".
Denyse respinse questa scena definendola "una falsità ignobile, totalmente inventata, basata sul nulla"
Simenon rispose: "D. ha ottenuto che si censurasse una morte".
Il suicidio della figlia pesa come un macigno non solo sui singoli genitori, ma costituì un elemento deflagrante nel rapporto Denyse-Georges

mercoledì 5 gennaio 2011

SIMENON E LA TELEVISION...

Un mezzo di comunicazione che Simenon non sapeva bene se temere o se sfruttare per ampliare la sua impellenza di raccontare storie. Riportiamo qui a tal proposito un brano di Quand j'étais viex (1961): " ... la telvisione mi intriga da un dozzina d'anni, D'altra parte non si tratta del mio mestiere. Ho paura di un fiasco. Ho paura dei giorni e delle settimane d'angoscia che questo mi procurerebbe. Lascerò correre? O più probabilmente cederò al desiderio di provare un mezzo di comunicazione del tutto nuovo per me? ... Rifletterò una settimana, durante la revisione dell'ultimo Maigret  e poi andando a Cannes... se mi venisse il soggetto giusto..."Eppure all'epoca aveva avuto già un'esperienza con il Maigret televisivo made in England (1960-1963) con Rupert Davies cui seguirà nell'88 un film televisivo con interprete l'irlandese Richard Harris, cui andranno poi aggiunte quelle italiane (1964-1972) con Gino Cervi, poi quelle francesi sia con Jean Richard (1967-1990) che con Bruno Cremer (1991-2005) e poi di nuov una itialiana, sia pure poco rilevante, con Sergio Castellitto. Man mano che il personaggio diventava famoso, furono prodotte serie televisive anche in Olanda, come in Russia, in Ucraina e addirittura in Giappone.

martedì 4 gennaio 2011

E SIMENON CREO' MADAME MAIGRET

E' proprio il caso di dirlo. Maigret non sarebbe stato Maigret senza M.me Louise Leonard in Maigret. Simenon li ha fatti conoscere (almeno così è riportato ne Le memorie di Maigret) ad un festa da certi zii di lei. Maigret non è certo un ottimo partito, anche se da poco è stato promosso: dalle ronde di quartiere, in divisa e bicletta, a segretario del commissario di Saint Georges. Ma il suo stipendio è ancora basso, quasi cento franchi per tredici ore di turno. La famiglia di lei è dell'Alsazia e lavorano tutti per il Genio civile e l'appartenenza di Jules ai bassi ranghi della polizia ne fa quasi un estraneo... Nei desideri dei suoi genitori, Louise avrebbe dovuto sposare un ingegnere, uno del loro ambito. E invece l'amore trionfò anche sul Genio civile. Jules e Louise si sposaneranno nel mese di ottobre dl 1912 e lei entrerà ufficialmente nel ruolo di M.me Maigret, moglie del comissario divisionario della polizia giudiziaria parigina. Ad una prima analisi può sembrare un elemento secondario della narrativa seriale dei Maigret, non sempre compare nelle inchieste, non viene mai chiamata con il suo nome, nemmeno dal marito, è sempre la signora Maigret. Sembrerebbe una sorta di appendice, che però fà da rimando ad una serie di elementi che ci rendono più completo e conferiscono un maggior spessore alla figura del commissario. Le sue piccole manie, le abitudini casalinghe, lui, così burbero e intrattabile a Quais des Orfèvres, così coccolato e premurosamente curato a Boulevard Richard Lenoir. La prunella dopo cena, quella fatta dalla sorella di lei in Alsazia, la pipata prima di andare a letto, chiedere cosa c'è per cena, cercando di intuirlo dallo sfrigolìo delle pentole sui fornelli. E lei che ormai indovina oltre la porta di casa i pesanti passi del marito che, tornando a sera, sale le scale. E la sua pazienza a raccogliere cenere e tabacco che le pipe di Maigret lasciano dappertutto. Tutte abitudini che, grazie alla vita casalinga ci presentano l'altra faccia di Maigret. E ancora, le serate a cena dai loro amici, i signori Pardon, le domeniche passate al cinema, dove lui spesso si addormenta. Insomma M.me Maigret è sì un espediente narrativo che ci svela l'altra faccia del commissario, ma pian piano prende forma e corpo, tanto da diventare co-protagonista  o addirittura protagonista di alcune inchieste. E poi si emancipa sempre di più, restando sempre una casalinga, ma adeguandosi ai tempi. Ad esempio nelle ultime inchieste è lei che guida l'automobile, avendo preso la patente. Lui no. Ma d'altronde la vera importanza di M.me Maigret è un'altra. Simenon ha tratteggiato in lei la donna ideale, meglio la sua compagna ideale. Ne scrive infatti sempre con una certa attenzione e con un pizzico d'invidia. Se pensiamo bene, alla fin fine somiglia un po' a Teresa  Sburelin che, anche una volta cambiato il suo stato da femme de chambre a compagna ufficiale di Simenon, non mancò di essergli dedita, in modo discreto e affettuoso, profonda conoscitrice del suo uomo e attenta ai più piccoli dettagli del loro menage.  In uno dei suo famosi Dictée (1974) Simenon confessa infatti "... oggi pomeriggio ho farfugliato una piccola frase che non può essere scappata a tutti. Quando mi hanno domandato se il mio ideale di compagna fosse M.me Maigret, io ho candidamente risposto di sì...".Ma M.me Maigret è in realtà un personaggio chiave che non può essere esaurito in queste righe. Torneremo su di lei, sulle sue capacità culinarie e su altre caratterstiche non meno importanti.

SIMENON SOTTO IL MIRINO DELLA CRITICA

Una delle più diffuse critiche alla letteratura simenoniana era quella di essere considerata soprattutto una letteratura poliziesca. Questo veniva pubblicato ai tempi di Simenon, sule pagine culturali giornali e sulle riviste letterarie, sia pure con toni benevoli, ma con un intento ghettizzante. A stare alle dichiarazioni di Simenon, la critica non aveva nessuna influenza sul suo modo di scrivere.
Ad esempio il fatto che secondo la critica dominante (metà anni '50) erano maturi i tempi affinché Simenon scrivesse un romanzo corale con almeno una ventina di personaggi, lo scrittore rispondeva " Quelli non capiscono nulla. Io non scriverò mai un grosso romanzo. Il mio grosso romanzo è il mosaico di tutti i miei piccoli romanzi". E d'altronde non correva buon sangue soprattutto con la critica francese e lui buttava benzina sul fuoco sostenendo che i critici che meglio avevano compreso la sua opera erano quelli russi e quelli americani. Poi Simenon era davvero convinto di quello che scriveva e di come lo scriveva. La lucida e lungimirante pianificazione del proprio lavoro di scrittore per diventare romanziere ne è un esempio. Già arrivato a Parigi sapeva che avrebbe dovuto, per una decina d'anni almeno, esercitarsi con la letteratura popolare, racconti, romanzi semplici, personaggi e trame stereotipate, che gli sarebbero serviti a prendere confidenza con la scrittura, ma che lo fecero diventare veloce nella stesura. E' quella che lui stesso definiva letteratura-alimentare e faceva parte del periodo di apprendmento. Poi, con la creazione di Maigret, arrivò alla letteratura semi-alimentare dove personaggi e situazioni iniziavano ad avere uno spessore più consistente. Nonostante i binari della serialità, lo scrittore poteva iniziare a costruire storie e creare atmosfere non molto dissimili a quelle  del terzo periodo. In questo affiancò ai Maigret i romans-romans o i romans-durs, come li chiamava lui, quelli che gli permisero di cambiare il suo stato professionale sul passaporto (da scrittore a romanziere). Insomma era un individuo che non lasciava nulla al caso e che bruciava le tappe. Aldilà del proprio talento, aveva programmato la sua crescita come scrittore dandosi quindici, vent'anni per diventare romanziere, e invece solo dopo dodici anni dal suo arrivo a Parigi era già approdato ad un editore come Gallimard. Insomma era uno sicuro di sè, almeno nella scrittura, e non sembrava avere bisogno del sostegno della critica. Infatti in una lettera a Gide, scriveva. " La critica è sempre un anno in ritardo sul mio lavoro, poiché ho sempre sei romanzi già pronti... E così vado avanti da solo..."